Prospettive assistenziali, n. 147, luglio - settembre 2004
Notiziario dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie
Alla fine di luglio di quest’anno,
le cronache hanno ampiamente riferito della vendita di neonati bulgari
nell’ambito di una vasta indagine della Direzione
distrettuale antimafia di Trieste.
I piccoli venivano messi al
mondo per essere comprati in Italia da aspiranti “genitori”, che li
registravano come figli loro.
I falsi riconoscimenti di paternità sono
uno degli espedienti più odiosi per procurarsi un neonato. Per
“legalizzare” la compravendita del piccolo, viene
utilizzata una norma introdotta nel nostro ordinamento per consentire il
riconoscimento di un figlio nato fuori
dal matrimonio da parte di un uomo coniugato.
«Questi casi
violano profondamente i più elementari diritti dei bambini – ha ribadito Donata Micucci,
presidente dell’Anfaa nella lettera pubblicata da
«Il
commercio di bambini è un fatto turpe perché, al di là dei
guadagni di chi lo organizza, mina alla base anche l’istituto dell’adozione e
compromette, irrimediabilmente, per gli adulti che lo hanno perpetrato, la
possibilità di costruire un rapporto sereno con il bambino, ridotto a merce al
fine di soddisfare la volontà di procurarsi un “figlio” ad ogni costo. Come
potrà accettare il bambino, una volta diventato grande, di essere stato
comprato? Come potrà pensare che sia stato un atto d’amore e non di prepotenza
quello di chi, forte del proprio denaro, ha violato tutte le norme previste
dalla nostra legislazione pur di perseguire il proprio scopo? Tutto ciò
offende le famiglie che, nel rispetto delle garanzie previste dalla legge, e
nella certezza dell’effettivo stato di adottabilità del minore, si accostano all’adozione,
consapevoli che essa è uno strumento per rendere operante il diritto di un bambino che ne è privo, ad avere una
famiglia».
È opportuno ricordare che, per intervenire
tempestivamente su queste situazioni, l’Anfaa ha sostenuto, nel corso del
dibattito che ha portato alla approvazione della legge
n. 84/1983 e delle successive modifiche, l’introduzione degli articoli n. 71 e
Per quanto riguarda poi in specifico i falsi
riconoscimenti, l’art. 4 dispone che «gli
ufficiali di stato civile trasmettono immediatamente al competente tribunale
per i minorenni comunicazione, sottoscritta dal
dichiarante, dell’avvenuto riconoscimento da parte di persona coniugata di un
figlio naturale non riconosciuto dall’altro genitore. Il tribunale dispone
l’esecuzione di opportune indagini per accertare la
veridicità del riconoscimento. Nel caso in cui vi siano
fondati motivi per ritenere che ricorrano gli estremi dell’impugnazione
del riconoscimento, il tribunale per i minorenni assume, anche d’ufficio, i
provvedimenti di cui all’articolo 264, secondo comma, del codice civile».
Per i neonati bulgari era stata fatta questa segnalazione
al Tribunale per i minorenni competente?
L’Anfaa ha scritto ai Presidenti dei Tribunali per i
minorenni e alle relative Procure per richiamare la loro attenzione sulla norma
di legge sopra citata. Iniziativa analoga è stata assunta nei confronti del
Ministro dell’interno.
I LIMITI DI ETÀ DEI MINORI STRANIERI ADOTTABILI CONTENUTI NEI DECRETI DI
IDONEITÀ DEI TRIBUNALI PER I MINORENNI DEVONO ESSERE MOTIVATI
Riportiamo il commento dell’Avv. Sibilla Santoni a due recenti
provvedimenti della Corte di appello di Firenze, su
cui l’Anfaa concorda.
I decreti traggono origine dal fatto che quando il
Tribunale per i minorenni di Firenze riconosce le coppie idonee all’adozione
internazionale, limita l’età del minore che le coppie stesse possono adottare
stabilendo – di norma – che la stessa non può essere superiore a “sei anni” o
che deve essere “prescolare”, anche in presenza di
coppie desiderose di accogliere minori più grandi.
Ebbene: in primo luogo le due pronunce della Corte di appello hanno sancito che la limitazione, apposta dal
Tribunale, alla possibilità di adottare minori d’età superiore a sei anni,
nonostante la positiva valutazione sull’idoneità generale della coppia, non è
conforme alla disciplina relativa all’adozione. Quest’ultima
si fonda sul diritto del minore a essere educato
nell’ambito della propria famiglia (in primis quella di origine e, altrimenti,
in quella adottiva), «senza alcuna forma
di discriminazione, e perciò prescindendo dal sesso, dall’etnia, dalla lingua,
dalla religione e dall’età, salvo che distinzioni non siano giustificate
dall’esigenza di tutelare il minore stesso».
Pertanto la limitazione dell’età del minore adottabile da
una coppia si pone contro lo spirito della legge. Non solo: pare porsi anche contro
L’esigenza di attuare un’effettiva tutela al minore che viene dato in adozione, potrebbe giustificare l’eventuale
limitazione dell’età del minore che può essere adottato da una coppia soltanto
in presenza di elementi concreti, a cui, viceversa, non si riferiscono i due
decreti del Tribunale per i minorenni riformati dalla Corte di appello. Così,
diverso sarebbe stato il caso, se il Tribunale per i minorenni avesse portato
ragioni concrete che giustificavano la scelta di limitare l’età del minore
adottabile, facendo ad esempio, riferimento alla storia personale dei coniugi o
ad altri fattori specifici che imponevano di limitare l’età del minore
adottabile.
In assenza di tali elementi,
Inoltre, entrambi i provvedimenti di riforma della Corte di appello fanno riferimento all’Anfaa, affermando che
l’appartenenza alla stessa ed il fatto di avere seguito i corsi sull’adozione
organizzati dall’associazione sono elementi che, insieme ad altri, attestano la
preparazione di una coppia ad affrontare situazioni che si potrebbero rivelare
difficili, quali quelle connesse con l’adozione di un minore grandicello di età.
Un bel successo per l’associazione, che vede riconosciuto
dal giudice specializzato in materia minorile l’attività di informazione
e supporto che da anni svolge nei confronti delle famiglie adottive o aspiranti
tali.
www.fondazionepromozionesociale.it