Prospettive assistenziali, n. 148, ottobre - dicembre 2004
Specchio nero
DRAMMATICA ANCHE IN PIEMONTE
Continua anche in Piemonte la
tragedia dei vecchi colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza.
Infatti, essi vengono dimessi dagli ospedali frequentemente anche nei casi in
cui vi è l’esigenza della prosecuzione delle cure sanitarie.
Coloro che si rivolgono alla
Fondazione promozione sociale ottengono le informazioni necessarie per opporsi
alle dimissioni degli anziani cronici non autosufficienti e dei malati di
Alzheimer. In questi casi, il malato viene trasferito a spese della sanità in
una casa di cura privata convenzionata la cui degenza è totalmente gratuita
(1).
Invece, accettate le dimissioni, i
parenti – com’è noto – assumono a loro carico tutte le responsabilità
attribuite dalle leggi vigenti al Servizio sanitario nazionale, compresi i
relativi oneri economici.
Pertanto se i congiunti non sono in
grado di assicurare le cure presso il loro domicilio (sovente si tratta del
coniuge ultraottantenne o ultranovantenne), sono costretti a ricoverare
l’anziano malato presso una Rsa (Residenza sanitaria assistenziale) e devono
pagare 80-120 euro al giorno fino a quando, decorsi 18-24 mesi, le Asl
provvedono a versare la quota sanitaria e cioè il 50% della retta sopra
indicata. Pertanto, durante detto periodo l’interessato e/o i suoi parenti
devono complessivamente sborsare da 40 a 80 mila euro. Dunque, l’inosservanza
della legge da parte del Servizio sanitario regionale è una causa di povertà,
la seconda in ordine di importanza dopo la mancanza di lavoro.
Il comportamento della Regione Piemonte
La Regione Piemonte asserisce che
non ha sufficienti risorse economiche, ma come risulta dalle sue leggi n. 29 e
30 del 2004 «l’avanzo finanziario alla
chiusura dell’esercizio 2003 (…) è stato di euro 246 milioni». Perché la
Regione Piemonte non interviene a coprire tutte le esigenze, visto che ne ha la
responsabilità ed i mezzi?
La protesta dei gruppi di
volontariato
Preso atto della situazione, le
seguenti organizzazioni Avo (Associazione volontari ospedalieri), Sea Italia
(Servizio emergenza anziani), Cpd (Consulta per le persone in difficoltà),
Diapsi (Difesa ammalati psichici), Gruppi di volontariato vincenziano, Società
di San Vincenzo de’ Paoli, Auser, Alzheimer Piemonte, Csa (Coordinamento sanità
e assistenza tra i movimenti di base), hanno organizzato un presidio di
protesta e di proposta davanti alla sede
della Giunta regionale che ha luogo tutti i lunedì e giovedì. Allo scopo è
stato predisposto, oltre agli striscioni, anche un volantino, sottoscritto
dalle organizzazioni sopra elencate, in cui si fa presente l’allarmante
situazione delle 7.500 famiglie piemontesi di anziani cronici non
autosufficienti e di malati di Alzheimer in lista d’attesa per l’assegno di
cura o un posto letto convenzionato presso Rsa.
Nel volantino viene in particolare
denunciato l’inspiegabile destinazione di risorse da parte della Regione
Piemonte alle case di cura nei seguenti termini: «Non comprendiamo per quali motivi la Regione invia nelle case di cura
private convenzionate anziani cronici non autosufficienti e persone colpite da
demenza senile nei casi in cui le prestazioni idonee potrebbero essere fornite
dalle Rsa (residenze sanitarie assistenziali). Per la degenza presso le case di
cura private la Regione Piemonte spende
circa 160 euro al giorno, quando per le stesse persone sarebbe sufficiente la
copertura da parte delle Asl della quota sanitaria che (…) è di circa 40 euro
al giorno. Dunque, con il costo del ricovero in una casa di cura privata si
potrebbero ottenere ben quattro ricoveri convenzionati in Rsa: anche questo
sarebbe un mezzo per razionalizzare la spesa e aiutare le migliaia di famiglie
che affrontano privatamente oneri gravosi e insostenibili nel tempo».
È significativo che la Regione
Piemonte non abbia accolto la proposta e continui a non spiegare per quali
motivi spende 160 euro al dì per la degenza presso una casa di cura e non
dispone di 40 euro per il ricovero degli stessi soggetti presso una Rsa!
EVASIONE FISCALE: NASCOSTI 200
MILIARDI L’ANNO
Sono sempre scandalosi i dati
sull’evasione fiscale in Italia. Dal quotidiano La Repubblica del 31 maggio 2004 apprendiamo difatti quanto segue:
«Gli ultimi dati riservati dell’Agenzia
per le Entrate sono clamorosi: alla tassazione sfuggono 200 miliardi di euro
all’anno». In sostanza, tenendo conto delle imposte che graverebbero
sull’imponibile (ovvero Irpef, Iva, Irpeg, …) ogni anno alle casse dello Stato
sfuggono circa 100 miliardi di euro.
Si tratta di un importo pari al 7%
circa del Pil - Prodotto interno lordo italiano (quasi l’equivalente della
spesa sanitaria nazionale!). Una buona fetta di quest’enorme flusso di danaro
sarebbe indirizzata verso prodotti di lusso e beni rifugio (auto di grossa
cilindrata, acquisti di case in montagna o al mare, gioielli griffati, …).
Riferisce sempre La Repubblica che la
maggior parte dell’evasione si annida nei servizi alle imprese, nel commercio e
nei servizi alle famiglie. Il Sud e le Isole costituiscono l’area geografica
ove l’evasione è più intensa (34,5%); seguono a ruota il Nord-ovest (26,5%), il
Centro (20,1%) ed il Nord-est (18,9%). I dati rilevano che il fenomeno
dell’evasione fiscale negli ultimi anni è in crescita, nonostante che
l’attività di controllo da parte degli enti preposti possa contare anche
sull’uso di tecnologie sofisticate, per esempio le elaborazioni al calcolatore
e le verifiche incrociate sui dati in possesso dai vari enti pubblici. Il
Ministero del tesoro prevede per i prossimi mesi un aumento dei controlli da
parte della Guardia di finanza; nei primi cinque mesi del 2004, peraltro, sono
stati scoperti più di 4mila evasori totali o paratotali per un imponibile
sottratto a tassazione pari a 4,3 miliardi di euro (cfr. Conquiste del lavoro del 24 giugno 2004).
È evidente, però, come tali azioni
di vigilanza si dimostrino per nulla sufficienti: una attività di contrasto
all’evasione svolta solamente sul fronte dei controlli risulta di fatto non
adeguata a porre realmente un freno all’entità del fenomeno; lo dimostra il
fatto che di anno in anno l’evasione fiscale non si arresta. Occorrerebbe
invece intervenire urgentemente a monte del problema, con una politica fiscale
orientata a prevenire un fenomeno che ha assunto oramai il ruolo di vero e
proprio “cancro” della società (cfr. Prospettive
assistenziali n. 142, 2003).
Per esempio, è risaputo che l’uso di
strumenti quali quelli del condono (utilizzati anche da questo ultimo Governo),
che in sostanza favoriscono soprattutto i cittadini che agiscono al di fuori
delle regole, non possono che accentuare il fenomeno dell’evasione fiscale.
Altresì, sarebbe invece fondamentale rendere obbligatoria la registrazione di
tutti i dati patrimoniali nella dichiarazione dei redditi ovvero anche quelli
costituiti da beni quali autovetture, gioielli, quadri di valore, ecc. (cfr.:
“Come viene fatta la dichiarazione dei redditi e dei beni in Svizzera”, Prospettive assistenziali n. 118, 1997).
Peraltro, se da un lato l‘evasione
del fisco tende ad aumentare, per contro nel 2003 la spesa sociale ha subito
una riduzione della crescita pari a 4 miliardi di euro in meno rispetto
all’anno 2002 (cfr. il quotidiano
L’ORFANOTROFIO “CASA PIA” DI
LISBONA: ABUSI E VIOLENZE PER OLTRE 30
ANNI
Come riferisce La Stampa de 1° giugno 2004, dopo una laboriosa istruttoria
concernente i fatti avvenuti nell’orfanotrofio pubblico “Casa Pia”, il più
prestigioso di Lisbona, nel maggio 2004 sono stati rinviati a giudizio dieci
personaggi di spicco della società portoghese accusati di gravissime violenze
pedofile. Le vittime, bambini di 11-12 anni tra i quali alcuni sordomuti, venivano comprati e violentati
dagli imputati appartenenti alla “Lisbona bene”.
Questa orrenda situazione si
protraeva da più di trent’anni senza che nessuno avesse mai avuto il coraggio
di presentare un esposto alla magistratura.
La vicenda è stata denunciata da
un’ex vittima, l’avvocato Pedro Namora, ricoverato nell’istituto “Casa Pia”,
con sede nell’esclusivo quartiere Belem di Lisbona, nel 1975 dopo aver perso il
padre e perché la madre, domestica, non riusciva a mantenere lui e i suoi due
fratelli. Si sono poi susseguite centinaia di segnalazioni da parte di altri ex
allievi.
Il principale accusato è un ex
impiegato del collegio, responsabile di ben oltre 1.100 atti di violenza,
seguito da un ex condirettore dello stesso istituto (95 abusi), un ex
ambasciatore dell’Unesco (25) e un noto presentatore Tv (10).
Per il momento dall’inchiesta sono
usciti, sempre che il pubblico ministero non ricorra, un rappresentante
politico (accusato di 23 stupri) e un noto personaggio dello spettacolo (1
abuso).
Da notare che già nel 1975 il
principale imputato era stato colto in fragranza di stupro e nel 1982 un
Sottosegretario di Stato alla famiglia aveva cercato di denunciare gli stupri
che gli erano stati rivelati e che vedevano come protagonista il suddetto ex
impiegato del collegio, ma le relative indagini erano state archiviate.
Ricordiamo che su Prospettive assistenziali n. 119, 1997,
avevamo riportato la seguente informazione concernente lo scandalo scoperto
negli orfanotrofi del Galles (Gran Bretagna), tristemente analogo a quanto
successo nell’orfanotrofio di Lisbona: «È
stato scoperto che, da 33 anni a questa parte e nel silenzio più totale,
moltissimi piccoli ospiti sono stati oggetto di sopraffazioni e violenze, anche
sessuali, di ogni genere. Ben 650 le vittime, 10 i casi di suicidio, 180 le
testimonianze contro 80 imputati e contro 6 poliziotti, evidentemente
conniventi».
Anche nel numero 120, 1997, ci
eravamo occupati delle violenze inflitte ai ricoverati in istituto, troppo
spesso vittime di abusi. Nell’articolo “Pedofilia e altre violenze: chi tutela
le persone ricoverate in istituto?”, apparso nel n. 120, 1997, di questa
rivista avevamo avanzato una proposta per evitare che fatti simili si
verificassero anche nel nostro Paese, ma purtroppo finora non sono state
assunte iniziative al riguardo.
(1) All’evidente scopo di scoraggiare
i congiunti a pretendere l’osservanza delle leggi vigenti che assicurano la
continuità terapeutica tra gli ospedali (o le case di cura privata
convenzionate) e le Rsa, trascorsi 60-120 giorni di degenza, la retta versata
dalla Regione Piemonte alle case di cura viene ridotta del 40-20% a seconda che
si tratti di strutture di riabilitazione o di lungodegenza. Qualora i familiari
insistano sul diritto del loro parente alla prosecuzione delle cure, il malato
viene trasferito a spese della sanità dalla casa di cura in altra struttura con
degenza gratuita. Trascorsi 120-150 giorni dalla prima dimissione ospedaliera,
le rette alle case di cura non sono più versate dalla Regione, ma dalle Asl.
Queste, com’è ovvio, invece di versare 160 euro al giorno alle case di cura,
trovano immediatamente il posto in una Rsa. In tal modo risparmiano da
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