Prospettive assistenziali, n. 149, gennaio - marzo 2005
due giovani
con handicap FISICO gravissimo terminano con lode il loro percorso
universitario
Valeria Carletti e Roberto Russo, entrambi colpiti da handicap fisico gravissimo, nei
mesi scorsi si sono laureati con lode rispettivamente presso l’Università e il
Politecnico di Torino.
Riportiamo i commenti dei due neo
laureati e quelli della madre di Valeria e di Isabella
Signorile del Politecnico di Torino, che abbiamo tratto dal n. 118,
novembre-dicembre 2004 di Handicap & Scuola, pubblicazione
del Comitato per l’integrazione scolastica degli handicappati, Via Artisti 36,
10124 Torino, tel. 011-88.94.84, fax 011-815.11.89, e-mail:
handicapscuola@libero.it, http//digilander.libero.it/
handicapscuola.
La parola a Valeria
Carletti
Il 6
aprile di quest’anno mi sono laureata. Mi danno
abbastanza fastidio le persone che si complimentano
con eccessivo entusiasmo per questo traguardo raggiunto, quasi fosse un
obiettivo irraggiungibile. Mi considero una ragazza normale che dopo cinque
anni di università (ebbene sì, ci ho messo un anno in
più del dovuto) si è laureata. Ho semplicemente studiato come hanno fatto tutti
i miei compagni che, come me (anzi, molti prima di me!) hanno conquistato
l’agognato “pezzo di carta”.
Il
percorso all’università è stato, anzi, abbastanza in discesa. Quando mia madre
si recò presso la segreteria della facoltà di Scienze politiche per dire che, molto probabilmente, la figlia diversamente abile
l’anno successivo si sarebbe iscritta alla suddetta facoltà, fu accolta con
straordinaria disponibilità. Nessun problema e, anzi, fu proprio in quell’occasione che incontrò per caso un professore che le
parlò di un nuovo e interessante corso di laurea, del quale era ideatore e
presidente, e le disse che gli sarebbe piaciuto avermi
tra gli allievi. Il corso era Scienze internazionali e
diplomatiche e caso vuole che in quei mesi ad Amnesty international, dove facevo volontariato,
avessi incontrato una ragazza che si era iscritta l’anno prima proprio a questo
nuovissimo corso. La considerai una “strana” coincidenza, e dopo aver
riflettuto sul fatto che una laurea in Scienze internazionali e diplomatiche mi
avrebbe dato la possibilità di un lavoro che comportasse, come ho da sempre
desiderato, un impegno nel sociale (nell’ambito, per esempio, dei diritti umani
o della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo) tentai il test d’ingresso
e... lo passai. È stato quindi anche grazie alla spinta
di quel professore che mi sono iscritta a questo corso, colpita dal fatto che
con poche parole avesse dimostrato, non solo disponibilità ad accogliere una
studentessa con problemi, ma vero e
proprio entusiasmo. Quando ho saputo che lo stesso
professore sarebbe stato il presidente della mia seduta di laurea mi sono quasi
tranquillizzata e sono stata contenta che sia stato lui a proclamarmi
dottoressa con la votazione di 110 e lode!
L’Università
di Torino, o almeno Scienze politiche, ha dei servizi efficientissimi per i diversabili. Io desideravo andare alle lezioni da sola e
non più accompagnata da mio padre come al liceo, ma temevo non sarebbe stato possibile. Invece per tutti gli anni di università ho avuto a disposizione una persona che mi
aspettava davanti all’entrata, dove arrivavo in taxi (ho i buoni taxi del
Comune), mi accompagnava in aula e poi mi veniva a riprendere. Prima si è
trattato di un obiettore di coscienza, poi si sono avvicendate delle ragazze
che facevano le “150 ore”, ossia vengono pagate
dall’università per lavorare 150 ore e possono scegliere di assistere i
diversamente abili a seconda delle loro esigenze. Per esempio, quando si è
trattato di raccogliere il materiale della tesi, ho potuto
avvalermi dell’aiuto di alcune ragazze che mi aiutavano ad
andare a consultare i libri e fare le fotocopie. Mi ha colpito sapere che
l’ultima ragazza che mi ha aiutato contemporaneamente a me dava una mano ad uno
studente cieco che aveva bisogno di qualcuno che gli trascrivesse un libro sul pc, in modo da poterlo studiare. Questo per spiegare le
innumerevoli opportunità offerte dall’università ai diversamente abili (senza
considerare che oltre un determinato grado d’invalidità si è esenti dalle tasse
universitarie)!
Prima
degli esami mia madre mi accompagnava dal professore di turno per concordare le
modalità d’esame. La maggior parte degli esami li ho
dati per iscritto invece che oralmente, modalità certo un po’ penalizzante ma
che ho sempre accettato di buon grado... Considerando che magari una persona
con cui non ho rapporti frequenti fa fatica a capirmi (e, soprattutto, ha paura
di non capirmi) a causa delle mie difficoltà di linguaggio, preferivo scrivere
in modo da poter effettivamente dimostrare ciò che sapevo. Alcuni professori
non hanno invece dimostrato la minima paura, optando
quindi (con mia grande gioia!) per l’esame orale. Per esempio la professoressa
di Diritto internazionale quando le ho posto la
fatidica domanda mi ha semplicemente risposto che non vedeva perché dovessi
fare per iscritto un esame orale quando lei non aveva poi grandi difficoltà a
capirmi… Non è un caso che io abbia poi deciso di fare la tesi con lei! (Certo, ho avuto la fortuna che la materia mi interessava
molto e ho potuto trattare un tema a me molto caro, quello del diritto
d’asilo). Mi ha consigliato di preparare una pagina in cui riassumevo i punti
chiave della tesi da distribuire alla Commissione, in modo che tutti i membri
potessero seguire più agevolmente la discussione. È stato certo un consiglio
utilissimo, anche se con mia grande soddisfazione ho
scoperto che i due controrelatori avevano
attentamente letto l’intera tesi (il cui titolo, per dovere di completezza, era
“La tutela del diritto d’asilo nella giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo) dal momento che mi hanno fatto i complimenti (tesi
interessante e ben fatta) mi hanno rivolto delle domande molto specifiche, cosa
importante per me che non volevo mi fosse regalato nulla.
Devo comunque dire che la quasi totalità dei professori con cui
ho dato esami mi ha accolto benissimo, a
parte qualche eccezione che non poteva mancare, dal momento che ho dato 23
esami! Mi ricordo ad esempio un episodio divertentissimo: mi
reco con una compagna a farmi registrare un voto sul libretto, il professore lo
apre in una pagina sbagliata e, convinto, lo restituisce alla mia compagna
esclamando: “Ma non ci sono esami!”. Considerando che ero al quarto
anno, l’affermazione era alquanto fuori luogo! (e poi,
anche se fosse stato il primo esame, non era forse tenuto a registrarmelo?!!) Quando
noi, allibite, gli mostriamo la pagina giusta con, ovviamente, una sfilza di
esami, il professore in questione si mostra quasi... stupito! In altre, poche,
occasioni ho avuto la sensazione (o meglio la quasi
certezza) che il professore mi capisse poco o mi rivolgesse troppo poche
domande, ma si è trattato, ripeto, di casi isolati e comunque non gravi.
Infine,
due parole sui compagni di corso. Impossibile generalizzare:
come dovunque ci sono stati quelli che mi hanno emarginata e quelli che non
l’hanno fatto. Dopo sei mesi abbastanza infernali (ero capitata in un
gruppetto che m’ignorava completamente), ho conosciuto alcune ragazze con cui
sono diventata grande amica. È stato anche grazie a
loro che mi sono laureata… Spesso non avevo neanche bisogno dell’obiettore
perché c’erano loro che mi accompagnavano (una mia grande amica,
poveretta, si è fatta per sei mesi cinque piani a piedi ogni giorno per seguire
spagnolo perché ero terrorizzata dall’idea di prendere i vecchissimi ascensori
di Palazzo nuovo, una delle sedi dell’Università, che sembra si debbano fermare
da un momento all’altro!). Non ho mai avuto il problema degli appunti, me li
hanno sempre passati, e ho avuto la grande fortuna di
avere delle amiche bravissime negli studi che non solo avevano una calligrafia
comprensibilissima ma avevano appunti che più completi non si può! (cosa fondamentale per andare bene agli esami!). E non
dimentico le pause al bar, le camminate per spostarsi da una sede
dell’Università all’altra, i pranzi sui gradini di Palazzo nuovo... Sono queste
le cose che ora mi mancano insieme ad alcune di queste
amiche che si sono trasferite, purtroppo. Insomma, quegli anni un po’ mi mancano (anche se, a dire la verità, non avrei più voglia di
studiare e gli ultimi esami sono proprio stati pesanti da preparare, anche
perché non frequentavo più e contemporaneamente ho svolto il servizio civile
volontario!), e ribadisco che la laurea è stato un importante traguardo
raggiunto dopo cinque anni molto... normali!
I “doverosi
ringraziamenti” della madre di Valeria
La
ragazza si trova al centro di una grande stanza. La voce del Presidente, prof. Bonanate, è forte e chiara quando dice: “... La proclamo dottore in scienze internazionali e diplomatiche
con voto 110 su 110 con lode”. Nella grande stanza posta al centro di Torino
siamo venticinque persone, provenienti da più parti d’Italia, e nessuno di noi
per un attimo reagisce a questo annuncio, forse
eravamo tutti troppo emozionati. Un altro docente componente
della Commissione si rivolge a noi “supporters” e ci dice con un sorriso: “Che cosa aspettate
ad applaudire?” e qui si scatena il finimondo che potete tutti immaginare di
lacrime, baci, applausi, strette di mano, fotografie e brindisi. La ragazza è
mia figlia Valeria di ventiquattro anni e la sua laurea ha
un peso ed un valore enorme per noi della sua famiglia e per un nutrito gruppo
di persone, in quanto Valeria è diversamente abile. La storia personale, ma
soprattutto quella scolastica, di mia figlia rappresenta una forma di riscatto
morale per tutti coloro che sono stati bollati dalla
nostra società come persone “di serie B”. Per anni ho raccontato a tutti quelli
che mi era possibile avvicinare (e quando non potevo
più raccontare scrivevo) quanto è sempre stata brava Valeria a scuola, i suoi
risultati scolastici sono sempre stati brillanti, “ottimo” alle medie,
“sessanta/sessantesimi” alla maturità classica e adesso “centodieci e lode”
alla laurea. La gioia di questo momento è stata enorme, più di quanto si possa immaginare, un insieme di emozioni così forti da non
poter raccontare, ma ciò che provo è un insieme di sentimenti complessi. Il mio
pensiero però va soprattutto ad alcune persone:
• Al
medico che, a ventiquattro ore dalla nascita di Valeria, ci disse di portarla a
casa e tenerla come una pianta.
• Alla
puericultrice del nido dell’ospedale dove Valeria è nata che ci disse che mia figlia “aveva lo sguardo spento”.
•
All’insegnante di sostegno della prima media che non riconobbe la sua
intelligenza.
• Alla dottoressa dell’Asl che mi pregò di
impedire a Valeria di fare il liceo classico “perché, se poi non riesce, sarà
frustrante”.
• Alla Preside del Liceo Alfieri che mi ricevette nel suo studio, all’atto
della pre-iscrizione, con queste parole: “Signora,
faremo il possibile per accogliere al meglio sua figlia perché non vogliamo
finire sui giornali”.
• Alla
stessa Preside che cercò, con tutti i mezzi possibili, che Valeria non
partecipasse alla gita d’istruzione a Parigi nel corso dell’ultimo anno di
liceo.
• Ai
compagni di liceo che l’hanno totalmente emarginata.
A queste
persone va il mio ringraziamento personale. Grazie, ci avete aiutato a
diventare più forti.
L’impegno di
Roberto Russo
Espongo brevemente la mia
problematica di disabile, poiché il mio lavoro di
ricerca universitaria era teso ad affrontare un aspetto specifico delle
difficoltà da me incontrate nel cammino verso l’autonomia e l’inserimento nella
società.
La mia personale situazione di
disabilità si manifesta con caratteristiche di spasticità
e di distonia in sindrome mista. Ciò comporta problemi in tutto l’apparato
motorio con limitazioni nello sviluppo dei movimenti e nella coordinazione
degli stessi.
La patologia, che mi accompagna
dalla nascita, ha comportato, e tuttora
comporta, una lunga sequenza di interventi fisioterapici per realizzare, per
quanto possibile, miglioramenti del quadro generale e per mantenere nel tempo
quanto faticosamente conquistato. È stato inoltre necessario ricorrere ad
ausili diversi per agevolare l’espletamento delle funzioni motorie e
consentirmi di avere una sufficiente autonomia funzionale per relazionarmi con gli altri e vivere la mia vita nel modo
migliore possibile.
Nei primi anni di scuola, oltre alla impossibilità di deambulazione, i miei problemi erano
le grosse
difficoltà nel parlare e nello scrivere, difficoltà che furono risolte nella
scuola elementare grazie alla disponibilità dell’insegnante, mentre
comportarono affaticamento e stress nella scuola media al punto che fui
costretto ad interrompere il corso regolare di studi.
In quegli anni erano nati i primi
computer, Vic 20 e Commodore
64, dai quali ero stato immediatamente affascinato: interrotta la scuola, feci
dei corsi di informatica e venni a conoscere il Dos e
successivamente il Db3. Iniziò così il mio percorso personale di crescita.
Potei riprendere la scuola
regolare dopo tre anni di pausa. Incominciavo ad usare il computer, però
comunicavo abitualmente con l’ausilio di una tabella alfanumerica che mi
consentiva di comporre le parole. Tuttora ho sempre con me una versione
aggiornata della tabella, che mi permette di comunicare
quando non ho un computer a portata di mano.
Ho frequentato le magistrali a
Torino.
Il percorso è stato molto buono,
avevo un po’ di paura ma per fortuna sono riuscito ad
avere un insegnante d’appoggio. Anche se non è stato
sempre lo stesso per tutti i quattro anni, mi ha permesso di proseguire al meglio
gli studi.
Molti compiti in classe li facevo al computer, che mi è servito anche per svolgere il
tema della maturità. L’abilità acquisita mi ha permesso di costruire un
programma per archiviare le poesie scritte dai compagni dell’Istituto durante
l’attività di scrittura creativa.
Mi sono iscritto al Politecnico anche se mi spaventava stare otto ore a scuola
tutti i giorni. Poi sono venuto a conoscenza del
Nettuno: percorsi a distanza, oltre tutto non erano più cinque anni ma tre e si
poteva andare al Politecnico solo due ore al giorno: mi sembrava più fattibile.
Non sapevo che c’era la
possibilità di avere un aiuto direttamente dal Politecnico con borse lavoro
date a studenti che, oltre alle materie di studio, mi hanno aiutato nelle
questioni burocratiche e nel contatto con gli insegnanti
Un grosso problema nella mia
conquista di autonomia era l’impossibilità di usare il
telefono. Nel
L’acquisto fu piuttosto oneroso,
ma mi consentì finalmente di comunicare con amici e conoscenti.
Ben presto, però, si evidenziarono grosse limitazioni della tecnologia e del
programma: il tutto funzionava solo in ambiente Dos e
non fu possibile convertirlo a Windows;
inoltre non si potevano utilizzare frasi già fatte per sveltire la
conversazione.
Oggi riesco a comunicare con i
messaggi sul telefono cellulare e con internet, mentre sono impedito nella
comunicazione vocale.
Il tentativo fatto nella mia tesi
era proprio quello di realizzare uno strumento capace di offrire la possibilità
di usare il telefono a chi come me ha limitazioni
vocali che ne impediscono l’uso diretto.
La ricerca si rivolge quindi al
vasto mondo dell’handicap, considerando quali sono le problematiche della
comunicazione inserite nel quadro generale della formazione della persona e successivamente propone un software che contiene un aiuto nella scrittura adattabile ad alcune
tipologie di handicap.
Nello specifico la mia tesi
affronta il problema della comunicazione telefonica. Il programma Handyphone è un’interfaccia utente, che permette a un portatore di handicap di scrivere a video e, col
sintetizzatore, vocalizzare le frasi scritte.
Il programma è in grado di
gestire un modem voice per comporre il numero
telefonico e aprire una conversazione tramite linea telefonica.
Il problema che intendevo
risolvere nella mia ricerca era ridurre il tempo di scrittura
per velocizzare il dialogo.
Per questo sono stati
implementati tre modi di scrittura:
1. frasi codificate (srr - sono roberto russo),
2. predizione
di parola abbinata a quattro categorie (nomi, verbi, aggettivi e avverbi),
3. t9:
usato molto nei cellulari
Un consiglio che vorrei dare agli
studenti che hanno terminato la scuola superiore e sono inde-
cisi sulla prosecuzione degli studi all’Università è
che vale comunque la pena di tentare anche perché è
sempre possibile smettere, l’importante è capire cosa piace e vedere come
avvengono gli sviluppi.
Per informazioni:
info@romaruss.it.
Il commento di Isabella Signorile (1)
Roberto si è iscritto per la
prima volta al Corso di Diploma a Distanza in Ingegneria Informatica del
Politecnico di Torino nel 1996; adesso, dopo tanto sforzo, impegno e coraggio,
è giunto al termine del suo percorso di studi. Il 23 luglio scorso ha ottenuto
il suo Diploma in Ingegneria Informatica discutendo una tesi dal titolo “Handyphone: un ausilio per la comunicazione telefonica”.
Roberto è affetto da tetraparesi spastica, si muove su di una
sedie a rotelle e comunica con gli altri attraverso una tabella cartacea
(che porta sempre con sé) su cui sono riportate le varie lettere dell’alfabeto che lui indica, velocemente, col dito fino a
comporre le parole che vuole comunicare agli altri.
Roberto coltiva una pluralità di interessi ed attività: lavora part-time presso una ditta
di software, gestisce nella sua città natale un internet-point
ed è presidente dell’Audido (Autogestione diversamente
dotati), un’associazione che si occupa di promuovere l’autonomia delle persone
disabili.
Lo strumento di comunicazione
prediletto da Roberto è sicuramente il computer, grazie al quale lui comunica,
naviga in internet, studia e lavora. Roberto è appassionato di
informatica ed ha un’ottima dimestichezza con gli strumenti tecnologici:
lo dimostra in parte il lavoro di tesi svolto.
Si tratta di un’interfaccia software, ideata da Roberto, che permette ad un
utente con gravi disabilità motorie di sostenere una conversazione telefonica.
L’interfaccia permette di
scrivere, usando la tastiera del computer, e successivamente
confermare, dei messaggi che, letti da un sintetizzatore vocale, vengono
inviati alla persona con cui si vuole comunicare.
Il lavoro di Roberto si è
incentrato soprattutto sullo sviluppo di un metodo per accelerare la scrittura
delle parole, un metodo simile a quello usato per gli Sms dei telefoni cellulari, che cerca di
“indovinare” la parola che si vuole scrivere a par-tire da alcune sue lettere,
basandosi su un elenco di frasi e parole frequenti e sul ruolo che gioca tale
parola nel contesto della frase che si sta scrivendo.
Roberto ha presentato il suo
programma nell’ambito di Ability
2004, il salone torinese dedicato alla disabilità e ai vari metodi per
superarla.
Finita la scuola superiore i genitori di Roberto hanno pensato, vista la sua
buona predisposizione per l’informatica, di spingerlo ad iscriversi al
Politecnico.
Ovviamente l’idea di dover
affrontare cinque anni di studi complessi, di dover adattarsi a passare buona
parte della giornata nella struttura universitaria spaventavano non poco.
Ma un amico gli parla dei corsi a
distanza del Politecnico di Torino (allora corsi di diploma
triennali trasformatosi, nel
Roberto ha
sempre avuto un buon rapporto con il computer e la tecnologia in generale,
iscrivendosi al corso in Ingegneria Informatica mirava ad ampliare le
sue conoscenze sulla materia, a diventare più bravo col computer, ad imparare
le basi della programmazione.
Lui si dichiara soddisfatto di
quanto ha appreso durante questi anni di studi, ma sicuramente la sua
determinazione e la sua forza di volontà sono stati la
leva fondamentale che gli ha permesso di arrivare al traguardo.
Essendo residente a pochi
chilometri dalla città di Torino, Roberto ha potuto, pur essendo uno studente
iscritto a distanza, usufruire delle normali strutture messe a disposizione dal
Politecnico: biblioteche, laboratori, mense.
Roberto ha sempre avuto accesso
ad uno dei laboratori informatici dell’Ateneo, presso cui
gli era stata destinata una postazione informatica che lui utilizzava per
studiare. Roberto è in grado di usare una tastiera standard del Pc, grazie ad alcuni accorgimenti di Windows (le funzionalità di accesso
facilitato).
Durante gli anni di studi sono sempre
stati affiancati a Roberto degli studenti tutori, ossia studenti del
Politecnico che svolgono normalmente attività di assistenza
in favore di compagni disabili, questo lo ha aiutato non solo nella
preparazione degli esami, ma anche a rapportarsi con gli altri e a stringere
nuove amicizie.
Roberto ha sempre seguito i tutorati serali, lezioni ed
esercitazioni offerte agli studenti iscritti a
distanza, tenute presso la sede dell’Ateneo dai docenti del Politecnico.
È sempre riuscito ad instaurare
un buon rapporto con docenti e compagni, grazie soprattutto alla sua simpatia
ed intraprendenza.
I corsi a distanza del
Politecnico di Torino sono gestiti dal Cetem (Centro
per i servizi teledidattici e multimediali del
Politecnico di Torino) che, nel corso degli anni, in seguito all’aumentato
numero di ragazzi disabili che si iscrivevano a
distanza, ha messo a punto una serie di servizi mirati al loro supporto.
È stato appunto il Cetem a seguire Roberto durante gli anni di studi, dal
punto di vista burocratico, amministrativo, di organizzazione
degli esami, dei contatti coi docenti, di reperimento degli studenti tutori, di
assistenza tecnica.
Il lavoro fatto con Roberto
rappresenta senz’altro un’esperienza importante e fondamentale per migliorare i
servizi rivolti a questa categoria di studenti e l’ottimo risultato da lui
raggiunto con il Diploma è il migliore dei riscontri che l’attività di supporto
ai disabili avrebbe mai potuto ottenere.
Secondo l’esperienza di Roberto l’Università gli ha permesso di «vedere che con opportuni aiuti puoi essere autonomo e quindi puoi confrontarti con
altri tipi di difficoltà: le difficoltà di tutti».
Sicuramente noi ringraziamo
Roberto per quello che ci ha insegnato e non possiamo che fargli
gli auguri per il suo futuro lavorativo!
(1) Lisad (Laboratorio per
l’informatica, il supporto e l’accessibilità ai disabili) del Cetem - Politecnico di Torino. Informazioni:
Politecnico di Torino - Cetem, Lisad
- Via Boggio 71A, 10138 Torino, telefono
011.564.61.29, e-mail lisad@cetem.polito.it, url http://corsiadistanza.polito.it.
www.fondazionepromozionesociale.it