Prospettive assistenziali, n. 149, gennaio - marzo 2005
PER UNA EFFETTIVA PROTEZIONE DEI MINORI: PROPOSTE DI MODIFICA DEL CODICE
PENALE E CREAZIONE DEGLI UFFICI PROVINCIALI DI PUBBLICA TUTELA
Alfredo Carlo Moro, già
Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma e dell’Associazione giudici
minorili, nell’articolo “Tutela di minori, strumenti legislativi e possibilità di intervento”, pubblicato sul n. 228, novembre-dicembre
2004 della rivista
A conferma di quanto sopra,
l’Autore rileva quanto segue: «Il reato di abbandono di minore sussiste solo se con esso si pone in
pericolo l’incolumità fisica del ragazzo, non prendendo in alcuna
considerazione le conseguenze psichiche di un abbandono; il reato di violazione
degli obblighi di assistenza familiare è letto principalmente come la
violazione dell’obbligo di somministrare mezzi economici; il reato di abuso dei
mezzi di correzione è punibile solo se ne deriva una malattia accertabile
clinicamente, non se si devasta l’itinerario formativo del ragazzo; il reato di
circonvenzione di incapace sussiste se qualcuno – abusando delle passioni, dei
bisogni o dell’inesperienza di una persona minore – la induce a compiere atti
giuridici per lui/lei matrimonialmente dannosi, ma non esiste un analogo reato
per chi, usando gli stessi strumenti, induce a scelte di vita gravemente
pregiudizievoli per il ragazzo/a; il reato di incesto è ancora punibile solo se
ne derivi pubblico scandalo come se una così grave distorsione delle relazioni
familiari potrebbe essere accettabile se rimanesse nel chiuso delle pareti
domestiche e non turbasse i benpensanti».
Evidenziata l’urgenza di «una riscrittura
delle norme penali a tutela della personalità minorile», Alfredo Carlo Moro
segnala, altresì, la necessità di rivedere le norme
penali in quanto «non convince la
disposizione che consente di procedere di ufficio, e non su querela, soltanto
per i reati sessuali commessi nei confronti degli infradecenni:
la non infrequente corrività genitoriale in questi
reati, e la impossibilità di proporre direttamente querela per il minore infraquattordicenne, rischia di lasciare senza alcuna
tutela una fascia di età – tra i dieci e i quattordici anni – fortemente a
rischio; è assai opportuno che sia stata estesa la tutela del minore da abusi
sessuali commessi in famiglia anche nei confronti del partner del genitore affidatario: sembrerebbe però opportuno prevedere una
analoga tutela anche nei confronti di parenti, pur se non conviventi, dato che
non sono infrequenti gli abusi commessi da chi, pur non essendo convivente,
utilizza relazioni parafamiliari; non convince la previsione del reato di
corruzione di minorenni solo nel caso in cui si sia fatto assistere il minore
al compimento di atti sessuali: la corruzione può avvenire anche inducendo il
minore a commettere in proprio atti sessuali o somministrandogli materiale
pornografico a scopo corruttivo: non è solo la visione di atti sessuali che può
avere effetti devastanti per il regolare processo di sviluppo; sarebbe
opportuna la previsione del reato di molestie sessuali per frenare
comportamenti per esempio esibizionistici diffusi specie nei confronti di
minori: il generico reato di atti osceni può non coprire tutte le ipotesi
possibili (è in particolare sussistente solo se compiuto in luogo pubblico, o
aperto o esposto al pubblico) e comunque prevede una pena edittale
che non consente alla polizia giudiziaria di procedere all’arresto mentre ciò
sarebbe opportuno nei confronti degli esibizionisti davanti alle scuole».
Inoltre, afferma che «sarebbe assai utile la previsione della
misura interdittiva dell’inibizione a svolgere
attività con i giovani di chi abbia posto in essere
abusi sessuali: è assurdo che professori, maestri,
educatori di comunità, sacerdoti condannati per delitti di violenza sessuale
nei confronti di minori possano continuare o riprendere attività che li pongano
in relazione diretta con soggetti deboli e potenzialmente vittime di nuovi
abusi».
Molto opportunamente l’Autore mette in rilievo che «il
giudice minorile non è abilitato ad intervenire nei confronti di istituzioni
che pure possono porre in essere, attraverso i propri operatori, comportamenti
gravemente abusanti nei confronti di minori (si pensi all’istituzione
scolastica, sanitaria, assistenziale, ai mezzi di comunicazione di massa e così
via). La impossibilità per il giudice di porre
obblighi di fare alla pubblica amministrazione rende di fatto assai debole la
tutela del minore abusato o maltrattato in istituzioni pubbliche anche perché
non è prevista alcuna altra autorità in grado di imporre per esempio – a
garanzia non solo della vittima attuale ma anche di tutte le altre potenziali
vittime future – il trasferimento di un maestro o di un educatore di comunità
abusante».
Infine, Alfredo Carlo Moro
propone l’istituzione del Difensore civico per i minori con il compito di «intervenire tempestivamente in settori in
cui oggi manca o è puramente formale una tutela dei minori».
L’Autore constata «con grande
rammarico che nel dibattito parlamentare aperto su questo tema va prendendo
corpo una figura di difensore nazionale dell’infanzia del tutto inadeguata e
per molti versi inutile se non addirittura dannosa».
Difatti, si va delineando
«un organo da una parte confusivo, perché duplica funzioni già affidate ad altri
organi già esistenti (…), e dall’altro inefficace, perché è francamente
impensabile che un organo nazionale possa effettivamente vigilare sulle duemila
strutture di ricovero di minori che esistono dalle Alpi alla Sicilia ed è
assolutamente velleitario pensare che un organo centralizzato possa intervenire
in rappresentanza del soggetto in età evolutiva nelle migliaia di procedimenti
civili che concernono i minori (…). Oltretutto gli vengono
attribuite una infinità di funzioni senza avere le strutture per adempierle: è
veramente singolare – precisa Moro – che
si preveda che quest’organo sia indipendente dal
potere politico nella nomina ma poi debba avvalersi sul territorio delle
antiche prefetture e delle autorità di polizia ovviamente alle dirette
dipendenze del Governo».
Gli uffici
provinciali di pubblica tutela
Fermo restando la nostra piena
adesione alle proposte di Alfredo Carlo Moro rivolte
all’adeguamento delle leggi penali alle esigenze di tutela dei minori, in
alternativa al difensore civico, continuiamo a ritenere valida la costituzione
degli uffici provinciali di pubblica tutela.
La nostra richiesta di istituzione di detti uffici tiene conto della necessità
di difendere i diritti non solo dei minori in difficoltà, ma anche degli adulti
e degli anziani incapaci di provvedervi autonomamente.
D’altra parte occorre che detta
protezione non subisca interruzioni al raggiungimento della maggiore età, nei
frequenti casi in cui il soggetto, ad esempio perché colpito da handicap
intellettivo, deve continuare ad essere tutelato dopo il 18° anno di età.
Infatti, qualora detta funzione venisse esercitata da un difensore civico per i minori, come
richiesto da Alfredo Carlo Moro, le sue funzioni cesserebbero inevitabilmente
al compimento del diciottesimo anno di età dei soggetti posti sotto la sua
giurisdizione.
Come è già evidenziato (1), a detti
uffici dovrebbero essere attribuiti i seguenti compiti:
a) esercizio delle funzioni di
tutore, curatore, amministratore di sostegno, amministratore
provvisorio assegnate dall’autorità giudiziaria;
b) prestazioni della consulenza
sulle funzioni di cui alla precedente lettera a) alle persone ed alle
organizzazioni che ne facciano richiesta;
c) promozione
del volontariato singolo od organizzato al fine di incentivare la
personalizza-zione delle funzioni di cui alla precedente lettera a) (2).
Con la creazione degli uffici
provinciali di pubblica tutela, potrebbe essere posto termine all’attuale
situazione giustamente definita da Alfredo Carlo Moro «burocratizzazione della funzione tutelare”
essendo “tutt’altro
che infrequente la nomina, come tutore di molti bambini allontanati dalla
propria famiglia, del Sindaco del Comune. Ciò da una parte rende di fatto
impossibile una tutela personalizzata (il Sindaco, che può essere nominato tutore
di centinaia di ragazzi, non ne può seguire in realtà alcuno) e dall’altra
vanifica una esigenza di tutela di soggetti
particolarmente a rischio, attribuendo allo stesso la figura di controllore e
di controllato (il Sindaco è contemporaneamente erogatore di assistenza, ma
anche rappresentante di chi usufruendo di essa può vedere conculcati i suoi
fondamentali interessi)».
In merito alle nostre proposte,
ricordiamo che l’articolo 5 della legge della Regione Piemonte n. 1/2004,
mentre sottrae alle Province la gestione delle residue competenze assistenziali concernenti i minori, le gestanti e neonati, i
ciechi ed i sordi, attribuisce alle stesse la «istituzione, con le modalità e secondo i criteri stabiliti dalla
Giunta regionale, informata la competente commissione consiliare, dell’ufficio
provinciale di pubblica tutela, con compiti di supporto a favore dei soggetti
ai quali è conferito dall’autorità giudiziaria l’esercizio delle funzioni al
tutore» (3).
(1) Cfr.
“Proposta di legge n. 3801 (On. Novelli - Camera dei deputati) per
l’istituzione degli uffici di pubblica tutela e il trasferimento delle funzioni
assistenziali dalle Province ai Comuni”, Prospettive assistenziali, n. 120, 1997.
(2) Maria
Grazia Breda, Donata Micucci
e Francesco Santanera, La riforma dell’assistenza e dei servizi sociali. Analisi della legge
328/2000 e proposte attuative, Utet Libreria.
(3) Cfr.
Giuseppe D’Angelo, “La nuova legge regionale piemontese sull’assistenza”, Prospettive assistenziali,
n. 147, 2004.
www.fondazionepromozionesociale.it