Prospettive assistenziali, n. 150, aprile - giugno 2005
Specchio nero
CONTINUA L’EUTANASIA DA ABBANDONO DI ANZIANI MALATI
Segnaliamo alcuni fatti di vera eutanasia da abbandono che, nonostante la
loro gravità, non hanno sollevato obiezioni non solo
da parte delle autorità sanitarie nazionali, regionali e locali, ma nemmeno
dagli esponenti religiosi e dai comitati etici (1).
10 dicembre 2004 (Avvenire). «A villa Elisa, casa di
riposo abusiva, gli ospiti tra i 70 e i 95 anni, erano sedati e legati a
gruppi. Per cibo ricevevano carne marcia». Nella struttura, sita alle porte di Roma, i
ricoverati, quasi tutti colpiti da demenza senile, erano 20; la retta mensile
ammontava a mille euro. Per evitare che i parenti si accorgessero della
situazione, le visite erano programmate e si effettuavano
presso un apposito locale;
11 febbraio 2005 (La Repubblica). A. B., 79 anni, abitante a Polignano a Mare (Bari) «morirà
dopo un’agonia lunga sette ore, quando finalmente, quanto ormai inutilmente
riescono a ricoverarla in un ospedale distante duecento chilometri da dove
abitava». A. B. era «scivolata a casa
sua e aveva battuto la testa contro lo spigolo di un mobile (…). L’odissea
attraverso il pianeta della “malasanità”, secondo
l’esposto presentato al Pubblico Ministero Infante è straziante: l’ambulanza
del “118” impiega un’ora prima di soccorrere la signora A. B., che trascorre
altre tre ore all’ospedale di Conversano, fa una Tac: però non può essere
operata “con urgenza” perché non c’è la neurochirurgia; alla fine, dopo mille
insistenze, stabiliscono di trasferirla agli ospedali riuniti di Foggia, ma è
troppo tardi»;
15 febbraio 2005 (La Stampa -
Specchio dei Tempi). Riportiamo integralmente la lettera firmata “Guido Contini”: «Desidero portare a
conoscenza quanto capitato a mio suocero di 86 anni. Lunedì 7 febbraio,
verso le 22, si è sentito male all’improvviso. La guardia medica è accorsa in
pochi minuti e, accertata la gravità del malore, lo ha fatto accompagnare in
ambulanza al pronto soccorso del
San Luigi di Orbassano, dove è entrato verso le 23 ed
ha ricevuto la prima assistenza. Verso l’una, tuttavia, dal Pronto soccorso ci
hanno telefonato per dirci che stava meglio e che
avremmo dovuto riportarlo a casa. Così alle 2 nel freddo pungente della notte
con la nostra auto, lo abbiamo portato a casa sua. Pochi minuti dopo moriva tra
le nostre braccia»;
17 febbraio 2005 (La Repubblica -
Salute). Pubblichiamo
le parti più significative della nota sottoscritta da
Chiara Iacono: «Mi permetto di riferire
di un caso di malasanità
accaduto a me e che ha coinvolto mia nonna novantunenne giovedì 27 gennaio
2005. Ai primi sintomi di difficoltà di respirazione di
mia nonna, giovedì sera, intorno alle ventuno, abbiamo cercato di contattare la
Guardia medica per una visita d’urgenza, ma il telefono ha squillato per lungo
tempo a vuoto: abbiamo quindi chiamato il 118 per un’ambulanza, il cui
personale prontamente accorso, ha deciso, contrariamente alla nostra volontà e
pur sapendo come sarebbe stata trattata al pronto soccorso, di trasferirla alla
clinica X di Milano. È entrata come codice rosso e subito
sottoposta a esami per i quali non hanno chiesto alcun permesso né ci
hanno spiegato nulla. Verso le ventitrè il medico di turno al pronto soccorso,
dott. X, ci ha annunciato che le era stato diagnosticato un edema polmonare
aggravato da una broncopolmonite destra, che probabilmente non avrebbe passato
la notte e che pertanto sarebbe stato inutile restare lì perché la nonna era
semicosciente. È appena il caso di precisare che la nonna è stata colpita tre
anni fa da ischemia cerebrale e che, pur essendo
vigile, aveva già da tempo perso la capacità di riconoscere cose e persone. La clinica giovedì sera non disponeva di letti liberi:
quindi il personale intendeva far passare la notte alla nonna nella sala
emergenze del pronto soccorso. Quando siamo riusciti a vederla, infatti, la
nonna era buttata su una barella, completamente nuda, coperta solo in parte da
un lenzuolo, in una stanzina dove tutti noi indossavamo il cappotto per il
freddo, in quanto quell’ala della clinica è in ristrutturazione e molte aperture sono senza finestre.
Dopo molte rimostranze e discussioni verso la mezzanotte il posto letto è stato trovato nel reparto ortopedia. La badante della
nonna ed io abbiamo deciso di passare la notte con lei
nonostante il divieto di una delle infermiere. La notte fra giovedì e venerdì è
passata in modo tranquillo: alla nonna era stata infilata una camicia da notte
in nontessuto dell’ospedale, le era stato applicato
un catetere e portava una mascherina per l’ossigeno. Verso le cinque di mattina
ha iniziato a interagire con noi: sorrideva nel
sentire che presto l’avremmo riportata a casa. Alle sei sono arrivate due
persone, che non penso fossero infermieri, maleducati
e infastiditi dalla nostra presenza. Hanno proceduto come da regolamento con i
prelievi del sangue. Alle nostre richieste se tale procedura fosse
obbligatoria siamo state allontanate dalla stanza. Quando ci
hanno fatto rientrare, il letto, le lenzuola e il pavimento erano sporchi di
sangue e le braccia della nonna piene di lividi. Subito dopo le hanno inserito una flebo di una sostanza idratante. Il
liquido nella boccetta non diminuiva e in compenso il braccio della nonna
continuava a gonfiarsi e a diventare livido. Ho dovuto insistere perché le venisse tolto l’ago e non ne mettessero un altro.
Finalmente, verso le nove, siamo riusciti a dare inizio alla procedura per la
dimissione sotto la nostra responsabilità. Al momento del trasporto in
ambulanza, le infermiere, evidentemente seccate dalla dimissione anticipata, si
sono rifiutate di vestirla con i suoi abiti e la nonna ha dovuto fare il
percorso all’aperto e dentro l’ambulanza, peraltro gelida, coperta solo dal
piumino che la mia mamma si è tolta per coprirla alla meglio. La nonna è poi
deceduta nel pomeriggio (…)»;
4 marzo 2005 (La Stampa). C.D. di anni
71 è deceduta «al pronto soccorso delle Molinette dopo essere stata dimessa dal pronto soccorso
dell’ospedale Santa Croce di Moncalieri (…) per le conseguenze dell’infezione
diffusa che ha colpito tutti gli organi vitali. I figli della donna hanno
deciso di non sporgere denuncia contro il Santa Croce per evitare l’autopsia. (…) La C.D. lunedì mattina, dopo un pomeriggio con la febbre
altissima in uno stato quasi soporifero era stata trasportata in ambulanza al
Santa Croce, dove l’hanno dimessa in serata “spiegandoci – raccontano sempre i
figli – che le lastre escludevano sia la bronchite sia la polmonite e che
sarebbe stato meglio tenerla a casa visto che il pronto soccorso era zeppo di
barelle”. Poche ore dopo essere tornata a casa, le condizioni di C. D. sono
precipitate, è stata chiamata un’ambulanza e la donna è
stata trasportata in rianimazione alle Molinette con
una setticemia in corso», dove è deceduta. Da notare che l’ospedale Santa
Croce di Moncalieri fa parte dell’Asl 8 del Piemonte
a cui appartiene anche il reparto di pediatria di Carmagnola
dove nel gennaio 2005 una infermiera aveva scambiato
le fiale di sodio e di potassio, provocando la morte di un bambino di due anni,
ricoverato per una infezione all’orecchio;
3 aprile 2005 (La Repubblica e La Stampa). «Farmaci scaduti,
cibi avariati, una situazione igienica assai precaria, anziani malati, curati
alla meno peggio e altri spesso immobilizzati sulle
sedie con cinghie e lacci per impedire che si muovessero e che dessero
fastidio. (…) L’ospizio era tutt’altro
che una casa di cura, era un lager dove 60 ospiti non godevano di alcuna
assistenza, anzi venivano maltrattati e tenuti segregati». «È quanto ha
scoperto la
polizia sulla casa di cura “Santa Chiara” nella frazione Talsano
(Taranto) (…). In carcere sono finiti G. O., 55 anni;
geriatra e – secondo l’accusa – gestore di fatto della casa e sua moglie A. P.,
di 53 anni, amministratrice della struttura».
Alcuni nostri
interrogativi
Per quanto riguarda le strutture
abusive, non comprendiamo per quali motivi i parenti degli anziani malati non
autosufficienti ne vengano a conoscenza e le autorità
ne ignorino l’apertura. Non sarebbe opportuno:
– prevedere adeguate condanne
penali nei casi di funzionamento di case di riposo e di Rsa non previamente autorizzate?
– imporre agli amministratori e
ai segretari comunali l’obbligo di segnalare alle Asl
tutte le strutture sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali
esistenti?
– in merito alle carenze dei pronto soccorsi non sarebbe il caso che l’Autorità
giudiziaria accertasse se vi sono stati rifiuti ingiustificati?
Inoltre, crediamo che i cittadini
abbiano il diritto di sapere se l’eventuale carenza di
posti letto nei pronto soccorsi fosse dovuta a situazioni imprevedibili, oppure
se la loro insufficienza è la conseguenza di politiche sanitarie fondate sul
risparmio anche nei casi in cui viene messa a repentaglio la vita dei malati.
Dovrebbe, altresì, essere accertato se il personale dei
pronto soccorsi è numericamente adeguato alle esigenze e se è professionalmente
preparato e, infine, se i normali orari e turni di lavoro vengono rispettati o
se sono imposti tempi insostenibili. Com’è ovvio, i pronto
soccorsi sono un servizio di fondamentale importanza per la salvaguardia
della salute di tutti noi e spesso per la nostra stessa sopravvivenza: è dunque
interesse di ciascuno di noi che il loro funzionamento risponda alle nostre
esigenze.
Non è sicuramente accettabile,
salvo che si tratti di una situazione assolutamente eccezionale, che si arrivi
al blocco del pronto soccorso com’è avvenuto a Bari. A questo proposito, su La Repubblica del 2 marzo 2005 Cristina Zagaria scrive: «Pronto soccorso “chiuso” e sanità pugliese sempre più in crisi. Gli ospedali sono in ginocchio. Dopo le
operazioni ferme per mancanza di posti letto, ora sono
a rischio persino le emergenze. Al Policlinico di Bari c’è gente ricoverata in
sala d’attesa. Nei reparti i letti sono tutti esauriti e la gente è sistemata
sulle barelle a scatto, prese in fretta dalle ambulanze. I medici sono allo
stremo». Sono addirittura sistemati nella sala d’attesa tre pazienti «uno con un infarto, l’altro con un’aneurisma all’aorta e il terzo
con una crisi respiratoria acuta». Di conseguenza il dirigente del pronto
soccorso ha chiesto al responsabile del 118 di “bloccare l’arrivo dei pazienti acuti”. Rispondono i responsabili
del 118: «Non è solo il Policlinico in
emergenza. Anche negli altri ospedali di Bari, per non
dire di tutta la Regione, c’è il tutto esaurito».
Urgono, dunque, provvedimenti
urgentissimi, al fine di evitare il protrarsi di questa denunciata situazione a
Bari e in Puglia e di impedire che simili fatti avvengano anche nelle altre
Regioni del nostro Paese.
(1) Nell’allegato 1 dell’editoriale dello scorso numero
sono elencati gli articoli sulle violenze apparsi su Prospettive assistenziali dall’inizio della sua pubblicazione,
comprese quelle inflitte ad anziani.
www.fondazionepromozionesociale.it