Prospettive assistenziali, n. 151, luglio - settembre 2005
IL
CONSIGLIO DI STATO CONFERMA
Sul ricorso in
appello proposto dal Sindaco del Comune di Tremestieri
Etneo (Catania) contro le Unità sanitarie locali n. 3 di Catania e n. 23 di
Cremona, la quinta Sezione del Consiglio di Stato si è pronunciato con la
sentenza n. 7766/2004 del 18 maggio 2004, depositata in Cancelleria il 29
novembre 2004.
Il Tar regionale per la Lombardia aveva «accolto la domanda proposta in primo grado dall’Istituto ospedaliero
di Sospiro dichiarando il diritto dell’istituto ricorrente ad ottenere il
pagamento delle rette di degenza del paziente G.B. nei confronti del Comune di Tremestieri Etneo con il conseguente obbligo di quest’ultimo a provvedere il versamento di lire 331.228.310
per le rette di degenza relative al periodo dal 1°
novembre 1990 al 16 febbraio 200» avendo ritenuto che «le prestazioni rese dall’Istituto ospedaliero di Sospiro nei confronti
del sig. G.B. fossero di natura socio-assistenziale,
consistenti in mere attività di sorveglianza ed assistenza e non di tipo
sanitario dirette cioè, in via prevalente o esclusiva, alla riabilitazione o
rieducazione funzionale dell’assistito».
Pertanto «sulla base di tale
presupposto di fatto», il Tar aveva «affermato l’obbligo del Comune di residenza
del sig. G.B. al momento del ricovero, Comune attuale
appellante, al pagamento delle rette di degenza dovute all’Istituto ospedaliero
di Sospiro di Cremona».
Nel provvedimento
della quinta Sezione del Consiglio di Stato viene
segnalata l’acquisizione agli atti della relazione del Prof.
A. E., direttore del Dipartimento di salute mentale
dell’Azienda ospedaliera “Ospedali riuniti di Brescia”.
«In detta relazione, nella sua parte conclusiva - precisa la sentenza - si afferma che il sig. G.B., esaminato direttamente in data 24 novembre 1998, presenta
una patologia ed uno stato clinico riassumibili nella diagnosi formulata dai
medici dell’Istituto dove era ricoverato “in cui accanto ad una patologia neuropsichica si associa una patologia internistica.
Il trattamento sanitario a cui il G.B. viene
sottoposto dal 1990/1997 sino ad oggi è stato ed è, nella attualità, volto alla
cura di un debole di mente (insufficiente mentale medio-grave)
che vive in situazione clinica di cronicità. La componente
epilettica di origine cerebropatica che rientra nel
quadro clinico della patologia neurologica del G. B. è risultata
ben controllata dal trattamento farmacologico in atto
(Gardenale compresse da 100 mg 2 al dì). Il G.B.
abbisogna di una assistenza sanitaria che può essere
svolta da medici di base con eventuale controllo di uno specialista neurologo o
psichiatra».
Nella seconda parte
delle conclusioni dell’esperto si afferma che «il medesimo sig. G.B. ha presentato in passato anomalie comportamentali ma non ha mai avuto
necessità di ricoveri in istituti psichiatrici, che le cure cui viene
sottoposto sono essenzialmente assistenziali e solo secondariamente
neurologiche ed internistiche, destinate ad una
persona che presenta una infermità “tendenzialmente irreversibile e
stabilizzata” e che deve essere considerata più disabile che malata
psichicamente, nei cui confronti, perciò, la assistenza esclusiva o prevalente
non deve essere quella sanitaria (destinata al recupero o alla cura) ma al mantenimento
di buone condizioni psico-fisiche di un soggetto minorato cronico».
Opposta è la
valutazione della quinta Sezione del Consiglio di
Stato. Infatti il provvedimento in oggetto si esprime
nei seguenti termini: «appare al Collegio evidente che in
detta relazione sia confermato in primo luogo che il
sig. G.B., in quanto affetto da epilessia di origine cerebropatica, era sottoposto ad uno specifico trattamento
sanitario e ciò da solo è sufficiente per annoverare le prestazioni rese nei
suoi confronti come sanitarie. A ben vedere l’elemento che ha indotto il
consulente ad affermare che egli aveva bisogno più di assistenza
che di cura (elemento che ha indotto in errore il primo giudice) è da
rinvenirsi nella affermata cronicità della malattia senza reale possibilità di
recupero o guarigione con la conseguenza che da tale premessa si faceva
discendere la opportunità di prestazioni essenzialmente assistenziali per
mantenere il suo stato di salute in condizioni stabili posto che la guarigione
o un sostanziale recupero non erano prevedibili. La difesa del Comune
appellante ha colto pienamente questa incongruità
della relazione del consulente che nel constatare l’impossibilità del recupero
ha ritenuto che le prestazioni sanitarie, pur rese in misura significativa e
comunque necessarie per il trattamento del sig. G.B.,
mutassero natura e potessero essere qualificate come prestazioni di mera
assistenza in quanto finalizzate solo al mantenimento delle sue condizioni
cronicamente critiche ma, in ciò vi è, con evidenza, ed in modo prevalente se
non esclusivo, la cura del paziente che pur non essendo destinato alla
guarigione ha necessità di assistenza sanitaria e, in modo strumentale per
l’efficacia della cura, anche di assistenza. (...) Tanto basta
per l’accoglimento dell’appello».
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