Prospettive assistenziali, n. 152, ottobre - dicembre 2005
idonea PROPOSTA
DI LEGGE DELLA REGIONE PIEMONTE PER IL SOSTEGNO ALLE GESTANTI E MADRI IN
CONDIZIONE DI DISAGIO
Come è emerso nel
convegno di Torino del 21 ottobre 2005 “Il diritto di tutti i bambini fin dalla
nascita alla famiglia e la prevenzione dall’abbandono” vi è l’assoluta e
urgentissima necessità di adeguare alle odierne esigenze la tuttora vigente
legge 2838 del
Riproduciamo integralmente il disegno di legge (relazione e testo), confidando
che analoga iniziativa venga assunta anche dalle altre
Regioni.
Relazione
Oggetto e finalità del disegno di legge
Poiché le linee guida dell’art. 58 sono rivolte all’“esercizio delle
competenze”, l’attribuzione della competenza istituzionale a soggetti gestori
diversi da quelli individuati dall’art. 5, comma 4, della legge regionale n.
1/2004 (2) deve necessariamente essere prevista con una modifica legislativa;
si è scelto quindi di predisporre un testo snello che si limita a sancire la
competenza istituzionale demandando ad un successivo atto di giunta regionale il dettaglio
dell’esercizio della funzione. Ciò appare più confacente allo spirito della
legge regionale n. 1/2004 che sancisce principi e competenze più che disciplina
di dettaglio e consente inoltre di approfondire le modalità di
esercizio della funzione con un atto amministrativo, per propria natura più
agile e facilmente modificabile nel tempo.
Con questo disegno di legge si intende quindi modificare la legge regionale n. 1/2004
nel senso di affidare solo ad alcuni enti gestori delle funzioni
socio-assistenziali istituzionali del Piemonte, individuati dalla Giunta
regionale di concerto con i Comuni, le competenze relative agli interventi
socio-assistenziali nei confronti delle gestanti che necessitano di specifici
sostegni in ordine al riconoscimento o meno dei loro nati, compresi quelli
volti a garantire il segreto del parto, ed ai necessari interventi a favore dei
loro neonati. Per i neonati non riconosciuti gli interventi sono garantiti fino
all’adozione definitiva.
Obiettivi dell’intervento
Le vigenti leggi riconoscono alle
donne tre importanti diritti: il diritto alla scelta se riconoscere come figlio
il bambino procreato, il diritto alla segretezza del parto per chi non
riconosce il proprio nato, il diritto all’informazione, compresa quella relativa alla possibilità di un periodo di riflessione successivo
al parto per decidere in merito al riconoscimento.
Per quanto riguarda il diritto
alla scelta, la sentenza n. 171 del 5 maggio 1994 della Corte costituzionale recita: «qualunque
donna partoriente, ancorché da elementi informali risulta
trattarsi di coniugata, può dichiarare di non volere essere nominata nell’atto
di nascita». È da sottolineare che la gravidanza
può innestarsi in una condizione di disagio preesistente della donna, ed essere
quindi vissuta con estrema difficoltà e fatica.
Laddove la gravidanza
si colloca in un percorso di grave problematicità sono necessari
interventi di sostegno mirati, per consentire alla donna stessa una maggiore
serenità, per valutare la possibilità
del riconoscimento o del non
riconoscimento.
Il diritto alla segretezza del
parto, che deve essere garantito da tutti i servizi sanitari e sociali
coinvolti, è assicurato dalla redazione dell’atto di nascita da parte dell’Ufficiale di Stato civile. I passaggi istituzionali
successivi (dichiarazione dello stato di adattabilità,
sua eventuale sospensione per un periodo massimo di due mesi, nonché
particolari casistiche relative alle partorienti minorenni) sono normati dalla legge 183/1984 e successive modifiche e disposte dal
Tribunale per i minorenni.
Il diritto all’informazione va
inteso come il diritto di ogni donna a ricevere una
corretta e tempestiva conoscenza della disciplina legislativa e degli aiuti
sociali, per poter decidere liberamente nei riguardi del riconoscimento.
L’esercizio dei diritti di cui
sopra può essere adeguatamente garantito soltanto in un’ottica globale d’intervento che prenda in esame e tenda al
superamento della situazione complessiva della gestante, fin dalle prime fasi
della gravidanza o comunque dal manifestarsi dello stato di difficoltà.
La presente modifica di legge
nasce dalla considerazione che i predetti diritti in capo alle gestanti e madri
possano essere efficacemente ed efficientemente tutelati da parte di soggetti
istituzionali di ampia dimensione territoriale
(soprattutto in ordine all’esigenza di segretezza), e in grado di garantire
operatori con specifica preparazione professionale in una materia oltremodo
delicata.
Aspetti contabili e finanziari
Il disegno di legge non comporta ulteriori oneri a carico dell’amministrazione regionale
rispetto a quanto già previsto nella legge regionale n. 1/2004, bensì solo una
diversa allocazione delle risorse.
Considerato che il fenomeno su
cui interviene la presente modifica di legge non è prevedibile, poiché la spesa
storica distinta riguarda soltanto gli interventi relativi ai
nati non riconosciuti, la delibera della Giunta regionale prevista al comma 9
contemplerà una fase sperimentale e transitoria anche ai fini dell’assegnazione
delle risorse.
Testo
Art. 1
1. Dopo il comma 5 dell’articolo
9 della legge regionale 8 gennaio 2004, n. 1 (Norme per la realizzazione del
sistema regionale integrato di interventi e servizi
sociali e riordino della legislazione di riferimento) (3), sono aggiunti,
infine, i seguenti commi:
«5 bis. Le funzioni relative agli interventi socio-assistenziali nei confronti
delle gestanti che necessitano di specifici sostegni in ordine al
riconoscimento o non riconoscimento dei loro nati e al segreto del parto sono
gestite dai soggetti gestori individuati dalla Giunta regionale, sentita la
competente Commissione consiliare e previa concertazione con i comuni.
5 ter.
Nei primi sessanta giorni dopo il parto, tali soggetti gestori garantiscono
alle donne di cui al comma 5 bis, già assistite come gestanti, e ai loro nati,
gli interventi socio-assistenziali, al fine di sostenere il loro reinserimento
sociale. Dopo tale periodo ai medesimi soggetti è assicurata la continuità assistenziale secondo i criteri e le modalità attuative
previsti dal comma 5 quinquies. Gli interventi
socio-assistenziali a favore dei neonati non riconosciuti sono
garantiti dai medesimi soggetti fino alla adozione definitiva.
5 quater.
Gli interventi di cui al comma 5 bis sono erogati su
richiesta delle donne interessate e senza ulteriori formalità, indipendentemente
dalla loro residenza anagrafica.
5 quinquies.
Con il provvedimento di individuazione dei soggetti
gestori competenti di cui al comma 5 bis,
5 sexties.
Le risorse necessarie a finanziare le attività trovano specifico stanziamento
nel fondo regionale di cui all’articolo 35, comma 7».
(1) Si tratta del disegno di legge regionale
“Modifiche all’articolo 9 della legge regionale 8 gennaio 2004 n. 1 (Norme per
la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi
sociali e riordino della legislazione di riferimento)”.
(2) Il 4° comma dell’articolo 5 della legge della Regione
Piemonte n. 1/2004 stabilisce quanto segue: «Entro
i termini e sulla base di indicazioni individuati
dalla Giunta regionale di concerto con le Province e gli enti gestori
istituzionali, le Province trasferiscono agli enti gestori istituzionali del
proprio territorio la gestione delle funzioni di cui all’articolo 5 della legge
18 marzo 1993, n. 67 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto
legge 18 gennaio 1993, n. 9, recante disposizioni urgenti in materia sanitaria
e socio assistenziale) relative ai non vedenti, agli audiolesi, ai figli minori
riconosciuti dalla sola madre, ai minori esposti all’abbandono, ai figli minori
non riconosciuti ed alle gestanti e madri in difficoltà, mettendo a
disposizione di tali enti le risorse umane, patrimoniali e finanziarie
utilizzate alla data di entrata in vigore della legge nazionale».
(3) (N.d.R.)
L’articolo 9 della legge della Regione Piemonte n. 1/2004 sancisce quanto
segue: «1.
«2. La
gestione in forma singola dei Comuni capoluogo di
provincia è idonea a garantire l’efficacia e l’efficienza degli interventi e
dei servizi sociali.
«3. Per
la gestione associata delle funzioni, i Comuni adottano le forme associative
previste dalla legislazione vigente che ritengono più idonee ad assicurare una ottimale realizzazione del sistema integrato degli
interventi e servizi sociali, compresa la gestione associata tramite delega
all’Asl, le cui modalità gestionali vengono definite
con l’atto di delega.
«4. Gli
enti gestori istituzionali che esercitano le attività secondo le forme
associative di cui al comma 3 applicano, qualora previsto dai rispettivi dai
rispettivi statuti, le norme relative all’ordinamento
finanziario e contabile di cui alla parte II del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali), nonché, in quanto applicabili, le norme di
cui al titolo IV del medesimo decreto legislativo al
personale dipendente.
«5. Le
attività sociali a rilievo sanitario per la tutela materno-infantile
e dell’età evolutiva nonché per adulti ed anziani con
limitazione dell’autonomia, le attività di formazione professionale del
personale dei servizi sociali e quelle relative all’autorizzazione,
accreditamento e vigilanza sui servizi e sulle strutture sono obbligatoriamente
gestite in forma associata ai sensi dei commi 1, 2 e 3 o dai Comuni capoluoghi
di provincia o dalle Asl delegate. I soggetti gestori
assicurano le attività sociali a rilievo sanitario garantendone l’integrazione,
su base distrettuale, con le attività sanitarie a rilievo sociale e con le
prestazioni ad elevata integrazione sanitaria di competenza delle Asl».
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