Prospettive assistenziali, n. 152, ottobre - dicembre 2005
Libri
Pontificio
Consiglio per
Com’è stato affermato nell’Enciclica “Centesimus
Annus” «i
diritti dei bambini sono antecedenti ad ogni convenzione o accordo politico ed
è importante che la società internazionale, prendendo di ciò coscienza, si impegni a formulare adeguatamente tali diritti, a
proclamarli con decisione e a farli osservare con la necessaria energia. Il
grado di civiltà di una società, infatti, emerge anche, e talora soprattutto,
dalla capacità di difendere i diritti dei più deboli». Queste affermazioni
sono il filo conduttore del volume in cui sono raccolti documenti del Pontefice
Giovanni Paolo II: lettera ai bambini del 13 dicembre
1994, messaggi sui diritti dei fanciulli (19 giugno
1992) e sui bambini di strada (27 luglio1994); discorsi del 13 giugno 1997 ai
partecipanti al simposio “La famiglia davanti alle alterazioni cerebrali dei
propri figli” e del 4 dicembre
Sono, inoltre, contenuti i testi di dichiarazioni,
conclusioni e raccomandazioni del pontificio Consiglio per la famiglia in
merito ai diritti dei bambini, con particolare riguardo ai fanciulli
con handicap, al lavoro minorile, allo sfruttamento sessuale di minori
attraverso la prostituzione e la pornografia.
Sulle stesse problematiche sono riportati i più significativi interventi di eminenti personalità della
Chiesa. Particolarmente importante la dichiarazione finale del simposio
internazionale su “Famiglia e adozione”, promosso dal Pontificio Consiglio per
la famiglia in collaborazione con “Accion Familiar”, svoltosi a Siviglia il
25-27 febbraio
Purtroppo nel volume non è riportata
l’importantissima dichiarazione fatta dal Papa Giovanni Paolo II in occasione dell’incontro del 5 settembre 2000 con le
famiglie adottive promosso dalle Missionarie della carità che riportiamo
integralmente: «Adottare dei bambini,
sentendoli e trattandoli come veri figli, significa riconoscere che il rapporto
tra genitori e figli non si misura solo sui parametri genetici. L’amore che
genera è innanzitutto dono di sé. C’è una
“generazione” che avviene attraverso l’accoglienza, la premura, la dedizione… Il
rapporto che ne scaturisce è così intimo e duraturo, da non essere per nulla
inferiore a quello fondato sull’appartenenza biologica. Quando esso, come
nell’adozione, è anche giuridicamente tutelato, in una famiglia stabilmente
legata dal vincolo matrimoniale, esso assicura al bambino quel clima sereno e quell’affetto, insieme paterno e materno, di cui egli ha bisogno per il suo pieno sviluppo umano. Proprio questo
emerge dalla vostra esperienza. La vostra scelta e il vostro
impegno sono un invito al coraggio e alla generosità per tutta la società,
perché questo dono sia sempre più stimato, favorito e anche legalmente
sostenuto».
MERY
Il volume contiene il diario, o meglio, il racconto di
una donna che ripercorre le tappe della storia che l’ha portata a diventare,
attraverso l’adozione internazionale, madre di quattro bambini: due viaggi in
Brasile per l’adozione di due coppie di fratellini, la permanenza nel paese, il
ritorno, l’inserimento in famiglia e a scuola, i rapporti con i. servizi, le gioie e le difficoltà di una scelta che cambia
la vita.
Lo stile è molto piacevole, colloquiale, e le situazioni vengono presentate, anche quando sono molto problematiche,
in modo appassionato e ottimista; spesso vengono viste nei loro tratti comici. Gli
aspetti burocratici del procedimento vengono
presentati non dal punto di vista “tecnico”, ma nei loro risvolti umani ed
emotivi, nell’impatto sulle persone.
Il fatto che il
titolo suoni “ci siamo adottati” ben risponde al modo in cui l’adozione viene presentata, come un reciproco scegliersi ed imparare a
convivere tra genitori e figli e tra fratelli, in cui ciascun membro della
famiglia partecipa con le proprie caratteristiche e i propri limiti. Il
sottotitolo “tre famiglie in una” richiama il fatto che
il primo nucleo familiare, costituito dalla coppia, si è andato arricchendo di
un seconda famiglia, i primi due fratellini adottati, e poi, con la seconda
adozione di due fratelli, di un altro nucleo. L’entusiasmo per le scelte
compiute fa apparire superabili tutte le difficoltà del presente, e soprattutto
sembra promettere una facile risoluzione dei problemi che si presenteranno: per
un verso tale ottimismo propone ai lettori un atteggiamento di fiducia nei
confronti delle possibilità, per una famiglia adottiva, di “fare miracoli”, per
l’altro rischia di mostrare tutto come facile e scontato.
ENNIO GALLO (a cura di), La continuità assistenziale
nei rapporti tra ospedale e territorio, Fondazione Zancan,
Padova, 2003, pag. 167, € 15,00.
Come giustamente rileva nella
presentazione Mons. Giuseppe Benvegnù
Pasini, presidente della Fondazione Zancan, la «progressiva
riduzione della percentuale di ospedalizzazione, con
la conseguente riduzione dei letti negli ospedali per acuti (…) ha evidenziato
ulteriormente i problemi di continuità assistenziale, già presenti ma
accentuati dalla necessità di ridurre i tempi di degenza e di evitare i rischi
di creare, con dimissioni mal gestite, ripercussioni negative per le persone e
le famiglie e conseguente necessità di ricoveri ripetuti».
Mons. Pasini
richiama l’attenzione sul fatto che questi problemi sono tuttora presenti «per le persone più deboli, in particolare
anziani con polipatologie e persone non
autosufficienti, che cioè hanno bisogno di una presa
in carico continuativa e di una maggiore capacità professionale di gestire
responsabilmente il percorso di aiuto».
Anche Tiziano Vecchiato,
direttore scientifico della Fondazione Zancan, rileva
che «il problema della continuità assistenziale è una questione cruciale che investe la
responsabilità del distretto, i suoi rapporti con l’ospedale, la sua capacità
di governare i diversi fattori produttivi interni ed esterni al sistema di
offerta pubblico e privato accreditato» e sottolinea che «la continuità assistenziale assume una
rilevanza tutta particolare nell’assistenza alle persone disabili, agli anziani
non autosufficienti, alle persone affette da patologie in fase terminale, alle
persone che richiedono cure domiciliari integrate di lungo periodo, nelle
situazioni in cui si richiede una maggiore integrazione tra medici di famiglia,
altri servizi distrettuali e servizi di continuità assistenziale».
Nel volume viene
dato ampio spazio alle cure domiciliari, senza però precisare che in base alle
leggi vigenti i malati non hanno alcun diritto esigibile in merito anche nei
casi in cui il loro costo sia inferiore alle rette praticate da ospedali e da
case di cura private convenzionate; inoltre non c’è alcun cenno al fatto che i
congiunti di persone malate non autosufficienti non hanno alcun obbligo
giuridico di sostituirsi alle competenze mediche, infermieristiche e
riabilitative del Servizio sanitario nazionale.
Come avviene attualmente
presso quasi tutte le Asl, le cure domiciliari
vengono attuate scaricando funzioni ed oneri ai congiunti, anche quando si
tratta di ultraottantenni o addirittura ultranovantenni.
Circa gli oneri che i familiari
sono costretti a sostenere, anche grazie alle informazioni fuorvianti dei
servizi (numerosi ospedali continuano a sostenere che il Servizio sanitario
nazionale non è
tenuto a curare i malati inguaribili!), ricordiamo che le ore della settimana
sono 168 e che il costo mensile di un collaboratore familiare (il cui orario di
lavoro settimanale non può superare le 40 ore) è di 1.300-1.500 euro. Ne deriva
che spesso è necessario assumere più di un operatore: un onere insostenibile
per la stragrande maggioranza dei nuclei familiari.
GIUSEPPE SALADINI, Anziani
nel 2000 - Nuovi orizzonti culturali, Armando Editore, Roma, 2003, pag.
285, euro 20,00.
Molto singolari sono le
valutazioni di Giuseppe Saladini, già docente di psicologia generale e
applicata presso l’Istituto per i servizi sociali e turistici di Fasano (Brindisi) e attualmente
direttore di una casa di riposo a Locorotondo (Bari)
sull’odierna situazione sociale e sulle prospettive derivanti dall’approvazione
della legge 328/2000 di riforma dell’assistenza. Ne riportiamo alcune:
- pag. 127: «Nel Welfare State si sta facendo
strada una politica sensibile ai bisogni delle persone più deboli della
società. Obbiettivo prioritario della concertazione delle direttrici politiche dei Governi europei consiste nell’evitare discriminazioni
nei confronti dei disabili, degli anziani e di quanti versano in situazioni di
disagio sociale»;
- pag. 127: «Dal risultato messo a segno nell’incontro tra il nostro allora Capo
del Governo Massimo D’Alema e
il primo Ministro inglese Tony Blair balza fuori una
società dinamica e produttiva, aliena da esclusioni e discriminazioni, capace
di creare opportunità e posti di lavoro»;
- pag. 180: «Le anomalie in
genere, e le malattie della vecchiaia in particolare, hanno finora fatto la storia degli ultraottantenni. Rovesciare
tale andamento errato della cultura della vecchiaia sarà l’obbiettivo da
perseguire nella sua storia futura. Ciò dipenderà da un evento unico e mai
verificatosi: accendere i riflettori della coscienza civile sul pianeta degli
anziani»;
- pag. 214: «Le buone intenzioni dei governanti dagli alti pronunciamenti di
principi sono diventate concreta programmazione di interventi,
formalizzata in una legislazione che definisce bene i criteri di attuazione
delle linee politiche enunciate […]. La politica sociale per la famiglia trova
un ancoraggio certo che si fa garanzia per gli impegni assunti in sede
amministrativa, nel grande principio di solidarietà
familiare»;
- pag. 29: «Altro aspetto della nuova cultura della senescenza è rappresentato
dalla modalità d’intervento, che risulta più in sintonia con le aspettative delle persone in stato di bisogno. La polifunzionalità del servizio assicurerà ampi margini di utilizzazione di un lavoro di cui potranno beneficiare
non solo i soggetti in difficoltà, ma anche i loro familiari. Il cerchio del
benessere viene così a comprendere entro la zona di efficacia
del servizio altre fasce di soggetti, che vivono accanto a coloro che ne sono
direttamente coinvolti».
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