Prospettive assistenziali, n. 152, ottobre - dicembre 2005

 

Libri

 

Pontificio Consiglio per la famiglia, La dignità dei bambini e i loro diritti, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2002, pag. 335, euro 18,50.

Com’è stato affermato nell’Enciclica “Centesimus Annus«i diritti dei bambini sono antecedenti ad ogni convenzione o accordo politico ed è importante che la società internazionale, prendendo di ciò coscienza, si impegni a formulare adeguatamente tali diritti, a proclamarli con decisione e a farli osservare con la necessaria energia. Il grado di civiltà di una società, infatti, emerge anche, e talora soprattutto, dalla capacità di difendere i diritti dei più deboli». Queste affermazioni sono il filo conduttore del volume in cui sono raccolti documenti del Pontefice Giovanni Paolo II: lettera ai bambini del 13 dicembre 1994, messaggi sui diritti dei fanciulli (19 giugno 1992) e sui bambini di strada (27 luglio1994); discorsi del 13 giugno 1997 ai partecipanti al simposio “La famiglia davanti alle alterazioni cerebrali dei propri figli” e del 4 dicembre 1999 in occasione del congresso internazionale su “La famiglia e l’integrazione del disabile nell’infanzia e nell’adolescenza”, nonché in quello tenuto il 14 ottobre 2000 al III incontro mondiale con le famiglie su “I figli, primavera della famiglia e della società”.

Sono, inoltre, contenuti i testi di dichiarazioni, conclusioni e raccomandazioni del pontificio Consiglio per la famiglia in merito ai diritti dei bambini, con particolare riguardo ai fanciulli con handicap, al lavoro minorile, allo sfruttamento sessuale di minori attraverso la prostituzione e la pornografia.

Sulle stesse problematiche sono riportati i più significativi interventi di eminenti personalità della Chiesa. Particolarmente importante la dichiarazione finale del simposio internazionale su “Famiglia e adozione”, promosso dal Pontificio Consiglio per la famiglia in collaborazione con “Accion Familiar”, svoltosi a Siviglia il 25-27 febbraio 1994, in cui, fra l’altro, viene affermato che «solo quando il bambino è privo della sicurezza e della garanzia del suo proprio focolare o quando nel suo Paese non è possibile trovare famiglie che lo accolgono, si ricorrerà – con le dovute condizioni – all’adozione nazionale o internazionale».

Purtroppo nel volume non è riportata l’importantissima dichiarazione fatta dal Papa Giovanni Paolo II in occasione dell’incontro del 5 settembre 2000 con le famiglie adottive promosso dalle Missionarie della carità che riportiamo integralmente: «Adottare dei bambini, sentendoli e trattandoli come veri figli, significa riconoscere che il rapporto tra genitori e figli non si misura solo sui parametri genetici. L’amore che genera è innanzitutto dono di sé. C’è una “generazione” che avviene attraverso l’accoglienza, la premura, la dedizione… Il rapporto che ne scaturisce è così intimo e duraturo, da non essere per nulla inferiore a quello fondato sull’appartenenza biologica. Quando esso, come nell’adozione, è anche giuridicamente tutelato, in una famiglia stabilmente legata dal vincolo matrimoniale, esso assicura al bambino quel clima sereno e quell’affetto, insieme paterno e materno, di cui egli ha bisogno per il suo pieno sviluppo umano. Proprio questo emerge dalla vostra esperienza. La vostra scelta e il vostro impegno sono un invito al coraggio e alla generosità per tutta la società, perché questo dono sia sempre più stimato, favorito e anche legalmente sostenuto».

 

MERY LA ROSA, Ci siamo adottati ovvero tre famiglie in una, Magi Edizioni, Roma, 2003, pag. 177, euro 10,00.

Il volume contiene il diario, o meglio, il racconto di una donna che ripercorre le tappe della storia che l’ha portata a diventare, attraverso l’adozione internazionale, madre di quattro bambini: due viaggi in Brasile per l’adozione di due coppie di fratellini, la permanenza nel paese, il ritorno, l’inserimento in famiglia e a scuola, i rapporti con i. servizi, le gioie e le difficoltà di una scelta che cambia la vita.

Lo stile è molto piacevole, colloquiale, e le situazioni vengono presentate, anche quando sono molto problematiche, in modo appassionato e ottimista; spesso vengono viste nei loro tratti comici. Gli aspetti burocratici del procedimento vengono presentati non dal punto di vista “tecnico”, ma nei loro risvolti umani ed emotivi, nell’impatto sulle persone.

Il fatto che il titolo suoni “ci siamo adottati” ben risponde al modo in cui l’adozione viene presentata, come un reciproco scegliersi ed imparare a convivere tra genitori e figli e tra fratelli, in cui ciascun membro della famiglia partecipa con le proprie caratteristiche e i propri limiti. Il sottotitolo “tre famiglie in una” richiama il fatto che il primo nucleo familiare, costituito dalla coppia, si è andato arricchendo di un seconda famiglia, i primi due fratellini adottati, e poi, con la seconda adozione di due fratelli, di un altro nucleo. L’entusiasmo per le scelte compiute fa apparire superabili tutte le difficoltà del presente, e soprattutto sembra promettere una facile risoluzione dei problemi che si presenteranno: per un verso tale ottimismo propone ai lettori un atteggiamento di fiducia nei confronti delle possibilità, per una famiglia adottiva, di “fare miracoli”, per l’altro rischia di mostrare tutto come facile e scontato.

 

ENNIO GALLO (a cura di), La continuità assistenziale nei rapporti tra ospedale e territorio, Fon­dazione Zancan, Padova, 2003, pag. 167, € 15,00.

Come giustamente rileva nella presentazione Mons. Giuseppe Benvegnù Pasini, presidente della Fondazione Zancan, la «progressiva riduzione della percentuale di ospedalizzazione, con la conseguente riduzione dei letti negli ospedali per acuti (…) ha evidenziato ulteriormente i problemi di continuità assistenziale, già presenti ma accentuati dalla necessità di ridurre i tempi di degenza e di evitare i rischi di creare, con dimissioni mal gestite, ripercussioni negative per le persone e le famiglie e conseguente necessità di ricoveri ripetuti».

Mons. Pasini richiama l’attenzione sul fatto che questi problemi sono tuttora presenti «per le persone più deboli, in particolare anziani con polipatologie e persone non autosufficienti, che cioè hanno bisogno di una presa in carico continuativa e di una maggiore capacità professionale di gestire responsabilmente il percorso di aiuto».

Anche Tiziano Vecchiato, direttore scientifico della Fondazione Zancan, rileva che «il problema della continuità assistenziale è una questione cruciale che investe la responsabilità del distretto, i suoi rapporti con l’ospedale, la sua capacità di governare i diversi fattori produttivi interni ed esterni al sistema di offerta pubblico e privato accreditato» e sottolinea che «la continuità assistenziale assume una rilevanza tutta particolare nell’assistenza alle persone disabili, agli anziani non autosufficienti, alle persone affette da patologie in fase terminale, alle persone che richiedono cure domiciliari integrate di lungo periodo, nelle situazioni in cui si richiede una maggiore integrazione tra medici di famiglia, altri servizi distrettuali e servizi di continuità assistenziale».

Nel volume viene dato ampio spazio alle cure domiciliari, senza però precisare che in base alle leggi vigenti i malati non hanno alcun diritto esigibile in merito anche nei casi in cui il loro costo sia inferiore alle rette praticate da ospedali e da case di cura private convenzionate; inoltre non c’è alcun cenno al fatto che i congiunti di persone malate non autosufficienti non hanno alcun obbligo giuridico di sostituirsi alle competenze mediche, infermieristiche e riabilitative del Servizio sanitario nazionale.

Come avviene attualmente presso quasi tutte le Asl, le cure domiciliari vengono attuate scaricando funzioni ed oneri ai congiunti, anche quando si tratta di ultraottantenni o addirittura ultranovantenni.

Circa gli oneri che i familiari sono costretti a sostenere, anche grazie alle informazioni fuorvianti dei servizi (numerosi ospedali continuano a sostenere che il Servizio sanitario nazionale  non è tenuto a curare i malati inguaribili!), ricordiamo che le ore della settimana sono 168 e che il costo mensile di un collaboratore familiare (il cui orario di lavoro settimanale non può superare le 40 ore) è di 1.300-1.500 euro. Ne deriva che spesso è necessario assumere più di un operatore: un onere insostenibile per la stragrande maggioranza dei nuclei familiari.

 

GIUSEPPE SALADINI, Anziani nel 2000 - Nuovi orizzonti culturali, Armando Editore, Roma, 2003, pag. 285, euro 20,00.

Molto singolari sono le valutazioni di Giuseppe Saladini, già docente di psicologia generale e applicata presso l’Istituto per i servizi sociali e turistici di Fasano (Brindisi) e attualmente direttore di una casa di riposo a Locorotondo (Bari) sull’odierna situazione sociale e sulle prospettive derivanti dall’approvazione della legge 328/2000 di riforma dell’assistenza. Ne riportiamo alcune:

- pag. 127: «Nel Welfare State si sta facendo strada una politica sensibile ai bisogni delle persone più deboli della società. Obbiettivo prioritario della concertazione delle direttrici politiche dei Governi europei consiste nell’evitare discriminazioni nei confronti dei disabili, degli anziani e di quanti versano in situazioni di disagio sociale»;

- pag. 127: «Dal risultato messo a segno nell’incontro tra il nostro allora Capo del Governo Massimo D’Alema e il primo Ministro inglese Tony Blair balza fuori una società dinamica e produttiva, aliena da esclusioni e discriminazioni, capace di creare opportunità e posti di lavoro»;

- pag. 180: «Le anomalie  in genere, e le malattie della vecchiaia in particolare, hanno finora  fatto la storia degli ultraottantenni. Rovesciare tale andamento errato della cultura della vecchiaia sarà l’obbiettivo da perseguire nella sua storia futura. Ciò dipenderà da un evento unico e mai verificatosi: accendere i riflettori della coscienza civile sul pianeta degli anziani»;

- pag. 214: «Le buone intenzioni dei governanti dagli alti pronunciamenti di principi sono diventate concreta programmazione di interventi, formalizzata in una legislazione che definisce bene i criteri di attuazione delle linee politiche enunciate […]. La politica sociale per la famiglia trova un ancoraggio certo che si fa garanzia per gli impegni assunti in sede amministrativa, nel grande principio di solidarietà familiare»;

- pag. 29: «Altro aspetto della nuova cultura della senescenza è rappresentato dalla modalità d’intervento, che risulta più in sintonia con le aspettative delle persone in stato di bisogno. La polifunzionalità del servizio assicurerà ampi margini di utilizzazione di un lavoro di cui potranno beneficiare non solo i soggetti in difficoltà, ma anche i loro familiari. Il cerchio del benessere viene così a comprendere entro la zona di efficacia del servizio altre fasce di soggetti, che vivono accanto a coloro che ne sono direttamente coinvolti».

 

www.fondazionepromozionesociale.it