Prospettive assistenziali, n. 153, gennaio - marzo 2006
LE DRAMMATICHE CONSEGUENZE DELL’ADOZIONE “FAI DA
TE”: UN MONITO PER IL NUOVO PARLAMENTO
Francesco Santanera
Migliaia sono i bambini adottabili che dovrebbero fare
salti di gioia per il fatto che i Capi Gruppo del Senato hanno bloccato la
prosecuzione del disegno di legge n. 3373 “Modifiche ed integrazioni alla
disciplina in materia di adozione e di affidamento internazionali”, depositato
al Senato il 6 aprile 2005 dai Ministri Stefania Prestigiacomo,
Gianfranco Fini, Beppe Pisanu e Roberto Castelli (1),
anche se la maggioranza delle Commissioni riunite “Giustizia” e “Speciale
infanzia” del Senato l’aveva approvato in sede referente.
Infatti, detta iniziativa aveva lo scopo di «svuotare la valutazione di idoneità,
riducendola a una mera presa d’atto della disponibilità dichiarata delle
coppie» (2) che intendono adottare minori stranieri.
Allo scopo, era previsto che i Tribunali per i minorenni, presa visione
della certificazione prodotta dai coniugi aspiranti all’adozione internazionale
per quanto concerne la loro disponibilità (3), potessero
dichiarare l’idoneità all’adozione delle coppie senza richiedere ai servizi
sociali di valutare le loro reali motivazioni, di accertare le loro capacità
educative e di provvedere all’assunzione delle altre necessarie informazioni.
Tragiche conseguenze della inidoneità
degli adottanti e del “fai da te”
Fin dalla costituzione dell’Anfaa, Associazione
nazionale famiglie adottive e affidatarie (1962), e dalla pubblicazione di Prospettive assistenziali
(1968), abbiamo sempre sostenuto che ai servizi sociali territoriali, e
cioè a quelli più a contatto con la popolazione, dovevano essere attribuite le
competenze e le relative risorse in modo che fossero in grado di svolgere una
attenta attività di selezione/preparazione delle coppie adottive.
La scelta era stata determinata dalle esperienze
realizzate in vari Paesi e in particolare in Francia.
Dalle informazioni e dalla documentazione raccolta
era emersa in modo incontrovertibile che l’adozione dei bambini privi di
famiglia era il percorso più rispettoso delle loro esigenze fondamentali di
vita, a condizione che i genitori adottivi fossero in
possesso di adeguate capacità educative (4).
Nello stesso tempo erano state acquisite le
esperienze in base alle quali risultava che non sempre
il desiderio di adottare era sorretto da motivazioni e capacità idonee e quindi
tali da garantire un sereno futuro dei bambini.
Com’è confermato dagli episodi che citeremo in questo articolo, si erano verificate non solo situazioni
lesive delle esigenze dei minori, ma anche crudeli maltrattamenti e uccisioni
dei fanciulli inseriti in famiglie adottive, apparentemente del tutto normali.
Ne conseguiva e ne deriva tuttora la necessità di
una severa selezione/preparazione, che non solo è doverosa per rispettare i
bisogni dei fanciulli, ma è anche praticabile essendo
il numero delle coppie disponibili di gran lunga superiore ai bambini italiani
e stranieri adottabili.
Era, inoltre, risultato – valutazione tuttora
valida – che nella scelta degli adottanti, occorreva tenere in vigile
considerazione le maggiori difficoltà nei rapporti familiari interni e nelle relazioni
sociali esterne incontrate dai genitori adottivi rispetto a quelli biologici
sia per gli effetti negativi patiti dai fanciulli a causa della carenza di cure
affettive prima di essere accolti nella nuova famiglia, sia a seguito delle
conseguenze sfavorevoli provocate dalla cultura dominante che considera ancora
il rapporto biologico come fondamento della filiazione e della genitorialità.
Compete, dunque, ai parlamentari (in primo luogo) e a tutti coloro che operano nel campo delle adozioni assumere
provvedimenti e iniziative rivolte a tutelare adeguatamente i minori,
ricordando che il loro interesse presente e futuro deve essere salvaguardato
con assoluta priorità. Pertanto, occorre altresì che le autorità giudiziarie e
gli enti locali operino per i tempestivi accertamenti relativi
alla stato di adattabilità.
Alcuni fatti da tener presente per evitare sofferenze ai
bambini adottati
Riportiamo, in gran parte ricavandoli da Prospettive assistenziali, alcuni episodi
significativi che ricordano da un lato gli interventi assurdi praticati da
alcune autorità preposte all’attuazione della legge 431/1967 istitutiva
dell’adozione legittimante (conseguenza diretta dell’arretratezza culturale
allora esistente) e d’altro lato segnaliamo alcuni episodi assolutamente da non
dimenticare nella scelta delle coppie adottive, anche se finora le sofferenze
patite dai minori adottati da coppie assolutamente inidonee, che quasi sempre
hanno utilizzato il “fai da te”, non ha insegnato nulla a Ministri e a
Parlamentari del nostro Paese, come appare evidente dalla presentazione da
parte dei Ministri Prestigiacomo, Fini, Pisanu e Castelli del citato disegno di legge n. 3373 e della
già ricordata sua approvazione (cfr. la nota 1) da parte della maggioranza della Commissioni
riunite “Giustizia” e “Speciale infanzia” del senato.
Proprio a causa della inammissibile situazione
esistente, riproponiamo l’esigenza di una valida selezione/preparazione delle
coppie aspiranti all’adozione, sperando, altresì, che la mancata approvazione
del disegno di legge di cui sopra non venga utilizzato dal nuovo Governo e dal
prossimo Parlamento per la riproposizione di norme
orientate al “fai da te”.
Fra gli episodi a nostra conoscenza, segnaliamo i seguenti.
Bambini: una merce a scelta per il Presidente del
Tribunale per i minorenni di Catanzaro
Nel n. 8/9, 1969-1970 di Prospettive assistenziali avevamo denunciato «il modo a dir poco sconcertante con il quale il Presidente del
Tribunale per i minorenni di Catanzaro, a oltre due anni dall’entrata in vigore
della legge 5 giugno 1967, n. 431, sull’adozione speciale, dispone
l’affidamento dei bambini adottabili, che avviene con modalità simili a quelle
usate dai rappresentanti di commercio quando essi propongono la scelta di un
oggetto qualsiasi. Infatti, ai coniugi che avevano presentato domanda di adozione, il Presidente del Tribunale per i minorenni di
Catanzaro ha inviato il 16 settembre 1969 la seguente lettera: “
La posizione dell’Anfaa
Certamente nessuno può sostenere che non sono state assunte le necessarie
iniziative informative per segnalare alle autorità preposte l’esigenza di
stroncare il mercato dei bambini e di vietare il “fai da te”.
A esempio nel documento approvato dall’Assemblea
nazionale dei soci dell’Anfaa, svoltasi a Casaglia
(Milano) il 3 e 4 aprile 1976, viene predisposto un documento in cui, dopo aver
«preso atto che in questi ultimi giorni è
riemerso il problema del mercato dei bambini» ed aver rilevato che «i casi riferiti dai giornali sono
evidentemente solo una piccola parte del fenomeno», ricorda che «il problema del mercato dei bambini era
stato oggetto di una interrogazione parlamentare (17 novembre 1972) alla quale
il Governo aveva risposto in data 24 luglio 1973 senza assumere alcuna
iniziativa, tant’è che il fenomeno continua, anzi è
dilagato».
Dunque, fin dagli anni ’70 il Parlamento e il Governo erano a conoscenza
dell’appropriazione illegale dei bambini adottabili, ma non avevano provveduto a stroncarlo.
Torino: le sevizie inferte ai
minori X e Y
Grande scalpore aveva suscitato negli anni ’80 la vicenda dei minori X e Y,
adottati con il metodo del “fai da te” da una coppia appartenente all’alta
società del capoluogo piemontese.
Significativo il provvedimento del loro allontanamento dai
genitori adottivi assunto dal Tribunale per i minorenni di Torino che
riportiamo integralmente (5): «Visti gli
atti relativi ai minori; rilevato l’impressionante
quadro clinico relativo al piccolo X quale indicato nella documentazione
ospedaliera e precisato nella deposizione della dott. Z; ritenuto che la
pluralità delle fratture, ecchimosi, lesioni di ogni genere riscontrate sul
corpo del bambino depongono per una altrettanto pluralità di episodi causali e
non quindi per l’ipotesi di un unico episodio; ritenuto che detto quadro sta ad
indizio di continuati maltrattamenti ad opera di persone che stanno
abitualmente accanto al bambino, sembrano allo stato da escludersi la
possibilità di lesioni accidentali provocate nel corso di giochi o altre
attività del bimbo (risulta infatti che all’asilo il bambino correva molto e
mai ebbero a riscontrarsi episodi di cadute con conseguenze rilevanti; né
all’esame neurologico sono emersi disturbi di equilibrio o di deambulazione o
altri disturbi neurologici); ritenuto che, comunque, al di là del quadro ora
descritto, risultano dati obiettivi di grave sofferenza di X:
1) il bambino non è cresciuto di
un grammo dal giorno della sua entrata in Italia fino al momento dell’ingresso
in ospedale mentre in questi sette giorni di ricovero
è aumentato di due chili;
2) il bambino presenta una
fortissima anemia, verificatasi in periodo successivo al 1° ottobre 1980 (data
di un primo esame del sangue);
3) il bambino è stato presentato
in ospedale ben tre volte prima di questo ricovero ed ogni volta per lesioni
anche di una certa gravità che perlomeno stanno ad indicare una notevole
disattenzione da parte dei genitori;
4) il bambino è stato portato
all’ospedale per quest’ultimo ricovero dopo due
giorni dal fatto – che i genitori sostengono essere accidentale – che gli aveva
provocato una frattura del braccio e di alcune
costole: il che è ulteriore indizio perlomeno di obiettiva e scarsa attenzione
per la salute fisica del bambino, che anzi, ancora la sera dopo l’episodio
della frattura, fu obbligato a preparare la tavola ai genitori (così come loro
hanno narrato).
«Considerato ancora che dalle
dichiarazioni rese dai suoi genitori a questi giudici è emersa una serie di episodi che rivelano una sostanziale inaccettazione
di X e di Y e cioè per esempio:
1) uso sistematico di punizioni
corporali tutt’altro che lievi. Sculacciate
pesanti tanto da lasciare per giorni i lividi che furono riscontrati dalla
maestra d’asilo sul corpo del bambino; schiaffoni in faccia;
2) ricorso al
sistema di sottrazione e diminuzione del cibo come pressione psicologica, dagli
stessi genitori considerata efficace per via della famelicità dei bambini (tali proprio perché
provenienti da anni ed anni di fame);
3) chiusura dei bambini nella
stanza da bagno: a questo proposito è di estrema
gravità il fatto, narrato appunto dai genitori, che Y si sia da solo chiuso nel
box della doccia per quattro giorni e ivi, per quattro giorni, sia rimasto
senza mangiare e senza dormire e senza che i genitori, rivolgendosi magari a
terzi più avveduti, in alcun modo intervenissero per far cessare tale
straziante dimostrazione di bisogno di attenzione e di rifiuto della
situazione;
4) incuria grave nelle due volte
in cui Y dichiarò di volersene andare da quella casa. Infatti
la prima volta il bambino, di otto anni, fu invitato ad andarsene davvero se
voleva e, quando egli prese la strada, fu seguito passo a passo dal padre, lui
in automobile fino a che il bambino cedette e rientrò. La seconda volta, Y venne lasciato a lungo piangente seminudo di notte nel
giardino; tanto a lungo da risvegliare l’attenzione dei vicini che chiamarono
la polizia.
«Considerato infine che lo stato di infelicità dei bambini risulta testimoniato da persone
che ebbero a conoscerli a scuola: la maestra di Y infatti ha riferito di avere
constatato sul bambino ferite alla testa, alla mano, alla gamba destra,
all’orecchio, al naso: che il bambino – che aveva fiducia in lei – diceva
essergli state causate da percosse con un bastone, con una cinghia, con una
scarpa; le maestre di X più di una volta hanno accertato lividi in faccia e
sulle natiche e una condizione psichica di isolamento e tristezza (rilevante
l’osservazione della suora che anni prima aveva lavorato in un orfanotrofio e
dice che il viso di X le ricordava quello dei bambini abbandonati in istituto).
«Ritenuto pertanto che, a parte
ogni altra misura diversa o più grave, si può affermare che ricorrono gli
estremi per un provvedimento a norma dell’articolo 333 del codice civile,
essendo evidente che il comportamento dei due genitori adottivi è stato gravemente
pregiudizievole nei confronti dei due bambini che, per la loro condizione
personale, avevano più che mai bisogno di affetto e
dedizione e comprensione:
«che il
provvedimento più conveniente è senza dubbio quello di allontanare i due
bambini dalla casa dei genitori al doppio fine di far cessare questo stato di
sofferenza e di vedere se è possibile dar loro, anche temporaneamente, un
modello di confronto;
«che per
X, purtroppo, non vi sono problemi immediati di sistemazione in quanto ancora a
lungo dovrà restare in ospedale;
«che
invece occorre provvedere per Y ad una sistemazione familiare anche solo per il
periodo estivo, affinché non ritrovi qui in Italia l’istituto nel quale già
tanto ebbe a restare nel suo paese.
«Considerato, infine, che la esecuzione del provvedimento è di estrema urgenza per
evitare ulteriori danni psico-fisici e pertanto è bene disporre l’immediata
esecutorietà nonostante reclamo; visto il parere del P. M.; visto l’articolo
333 del codice civile; dispone l’immediato allontanamento di X dalla casa dei
genitori adottivi ed il loro affidamento al Comune di Torino che in
collaborazione con
«Le visite dei genitori a X in
ospedale sono di regola vietate; è consentita una sola
visita di mezz’ora ogni quindici giorni; le visite sia a X che ad Y quando
saranno inseriti altrove verranno regolate dall’ente affidatario
se risulteranno utili ai bambini.
«Il presente decreto è
immediatamente esecutivo nonostante reclamo ed eseguito se necessario col
ricorso della forza pubblica».
Da notare che la 6ª Sezione penale del Tribunale
di Torino, con sentenza dell’11 febbraio
Altre dolorose vicende
Oltre i maltrattamenti dei minori X e Y descritti in precedenza, ricordiamo la vicenda della
signorina M. B., insegnante di una cittadina situata nelle vicinanze di Torino,
che con il metodo “fai da te” aveva accolto quattro bambini di nazionalità
indiana, che venne ricoverata con trattamento sanitario obbligatorio per «stato delirante, agitazione psicomotoria e
mania di persecuzione» (6).
A seguito dell’aggravamento dei suoi disturbi
psichici, peraltro presenti prima dell’accoglienza dei quattro minori, i
ragazzi furono allontanati da M. B. dopo aver vissuto per anni in un ambiente
molto negativo.
L’abuso dei minori può addirittura arrivare allo
sfruttamento, come faceva A.D.M. di Caserta nei
confronti della figlia adottiva di 17 anni costretta a
prostituirsi (7).
Notevole scalpore aveva suscitato il caso di M., presa nello Zaire prima dell’entrata in vigore della legge 184/1983 con
il sistema del “fai da te” da coniugi di Gorgonzola e restituita come un pacco
al Tribunale per i minorenni di Milano all’età di 15 anni dopo 9 anni di
permanenza presso una famiglia adottiva (8).
Danimarca: medico e infermiera
adottavano bambini con handicap per seviziarli e ucciderli
Nell’articolo “Hanno adottato dieci figli per
torturarli e ucciderli”, apparso su
In un occasionale sopralluogo è apparso nella
villa dei genitori adottivi «uno
spettacolo agghiacciante: i bambini, laceri e sporchi, erano tutti denutriti. Una
vietnamita di cinque anni, colpita dalla poliomielite, era
viva per puro miracolo, pesava soltanto nove chili».
Uno dei ragazzi adottati, bruscamente allontanato
dalla famiglia adottiva ha dichiarato di aver visto «con i propri occhi la signora H. (la
madre adottiva, n.d.r.) infierire crudelmente sulla piccola (una tailandese di 10 anni, n.d.r.) e gracile
bambina finché costei morì sotto i colpi brutali».
Per quanto riguarda i bambini deceduti, dalle autorità mediche «risultò che i
certificati di morte dei piccoli erano stati scritti tutti dal dottore Z.» e che «mai aveva fatto
ricoverare i figli in un ospedale, mai aveva richiesto le cure di altri medici.
Non soltanto aveva confezionato le bare con le proprie mani, ma le aveva
portate personalmente al crematorio cittadino, attendendo poi che gli venissero restituite le ceneri dei piccoli nelle urne». Di
conseguenza «ogni possibilità di
un’autopsia compiuta dalle autorità mediche veniva
così evitata».
Da notare che il dottor Z. aveva partecipato come
relatore alla Conferenza mondiale su “L’adozione e l’affidamento familiare”
svoltasi a Milano dal 16 al 19 settembre 1971, organizzata dal Comitato
internazionale di intesa delle Associazioni delle famiglie adottive, presieduta
da Giuseppe Civorella, affermando che
l’organizzazione umanitaria internazionale da lui rappresentata si era specializzata
«nell’aiuto a “bambini di difficile
collocamento” e in modo particolare degli handicappati fisici».
Aveva poi descritto la situazione di alcuni
bambini adottati asserendo la necessità di «guardarsi
dallo scegliere famiglie il cui interesse ai bambini handicappati è
condizionato patologicamente dal desiderio di dominarli e di proteggerli in
maniera eccessiva».
Bambini a scegliere negli Stati
Uniti
I responsabili di un importante centro per le adozioni, con sede a
Nashville, capitale della Stato del Tennessee,
predispongono nel 2000 una passerella perché i bambini senza famiglia possono
sfilare, come se fossero una merce da scegliere, davanti agli aspiranti
adottanti.
«Un’associazione – scrive Maria
Celeste Crucillà (9) – che si occupa di adottare bambini, ha avuto una pensata: perché non
fare sfilare i piccoli in attesa di una famiglia in
modo da permettere agli aspiranti genitori di sceglierli sul campo? Detto
fatto. Lo show è stato organizzato, dopo un battage
pubblicitario con annunci sui giornali e cartelloni per le strade. Le coppie
che hanno intenzione di richiedere un bambino
assistono e commentano: “quello mi piace, quell’altro
no”. Come ad un mercato degli schiavi. Maglioncini
griffati, pantaloni, giubbotti. Il pubblico applaude. Qualcuno segna su un
elenco il nome del bimbo che gli va a genio. “Ma non è
una scelta definitiva”, precisano i più. “Ci dobbiamo pensare su”. Qualcuno è
qui solo per curiosità. Qualcun altro ha portato i figli.
«I signori Jill
e Bill Brown hanno portato
alla sfilata le loro due figliole perché li aiutino nella selezione. “È molto
meglio vederli dal vivo che doverli scegliere tra le foto di un catalogo dove
non si capisce bene come sono”. Già, perché per chi non lo sapesse, in America
funziona così: l’offerta di bambini da adottare è così alta che gli aspiranti
genitori li possono scegliere sfogliando fra le foto dei cataloghi. Come si fa per i vestiti o gli elettrodomestici.
«A
organizzare la surreale sfilata non è una piccola associazione stravagante e
dalle iniziative discutibili, bensì l’importante Centro delle adozioni,
collegato ai servizi sociali dello Stato del Tennessee.
«“Sono ragazzi che si fa fatica ad adottare perché di colore o con problemi fisici o ritardi
mentali, e che hanno bisogno di una promozione”, dicono al Centro. “Il fine
giustifica i mezzi. Nessuno è stato obbligato a sfilare. Ai più piccoli abbiamo
detto che è un gioco, ai grandi che, comunque vada,
avranno altre possibilità. E poi possono tenersi
alcuni dei vestiti o calzature che presentano»”.
Stati Uniti: tragiche conseguenze dell’adozione “fai da
te”
Ampia risonanza ha avuto negli Stati Uniti, in Italia e in numerosi altri
Paesi, la vicenda dei coniugi Nason. Su
«Stephen
Massey, 21 anni, ha testimoniato che altri due
bambini sarebbero addirittura morti perché costretti a vivere in condizioni
igienicamente non tollerabili».
Inoltre i giornali (10) hanno segnalato un altro tragico fatto: «Un fulgido esempio di altruismo.
Una vita dedicata all’amore per i bambini che soffrono.
Una missione meravigliosa. Nancy Reagan
non aveva badato a complimenti, aveva dato fondo a
tutta la retorica più bigotta e melliflua nel conferire quel premio a Yvonne Eldridge. Ma erano altri tempi.
Nel 1986 la first-lady tiranneggiava ancora alla Casa Bianca; e soprattutto
Yvonne sembrava veramente una “madre esemplare”, degna di ricevere ogni onore,
per quella sua casa di Walnut Creek,
una località nella California settentrionale, tutta
rigurgitante di ragazzini adottivi, di cui molti erano malati, alcuni persino
di Aids.
«Oggi, la realtà appare molto
diversa. Spiegano i collaboratori del procuratore generale della Contea Contra Costa: “Tutto lascia pensare che la signora Eldridge sarà rinviata a giudizio nelle prossime due o tre
settimane per l’avvelenamento di sette dei suoi figli adottivi, di cui tre sono
morti”».
Ricordiamo, altresì, la condanna a 25 anni di carcere inflitta a Joel Steinberg, l’intellettuale statunitense, che nel 1987 uccise di botte
la figlia adottiva di 6 anni (11).
Bambini adottati e rinchiusi in
una gabbia
Nei mesi scorsi è stata segnalata un’altra crudele vicenda successa negli
Stati Uniti: «Undici
bambini disabili adottati detenuti dentro gabbie larghe e alte poco più di un
metro. Lo spettacolo
scioccante si è offerto alla vista degli agenti dello sceriffo della Contea di Huron nello Stato
dell’Ohio, quando sono entrati nell’abitazione di Mike
e Sharen Gravelle» (cfr.
Maurizio Molinari, corrispondente da New York del
giornale torinese segnala che «gli
accertamenti fatti dalla polizia e dal centro medico di Norwalk
hanno portato ad appurare che i bambini, tutti compresi fra 1 e 14 anni di età, non avevano subito alcun tipo di abusi e non erano
denutriti ma le condizioni in cui si trovavano, assomigliavano a quelle di un
canile. Solo tre di loro, due maschi e una femmina, disponevano
di materassi e cuscini sui quali potevano dormire. Degli undici piccoli
reclusi finora non si era accorto nessuno perché figuravano nei registri
scolastici della contea come bambini che venivano
istruiti in casa dai propri genitori ed anche a causa del fatto che in questa
regione dell’Ohio la popolazione vive dispersa in grandi spazi.
«Le gabbie erano costruite in
ferro, alcune posizionate l’una sull’altra per
risparmiare spazio dentro la casa ed altre incastrate nelle pareti. Tutte si
trovavano al secondo piano della casa in legno
costruita nei pressi di un bosco ed i coniugi Gravelle
hanno spiegato che sarebbe stato uno psicologo di loro fiducia a consigliarli
di farli dormire la notte in quelle condizioni “per impedire che potessero
farsi del male l’un l’altro”. Il fine dunque sarebbe stato di proteggerli (…).
«A smentire la tesi secondo cui
le gabbie venivano usate solo per dormire è stato uno
dei piccoli che ha raccontato alla polizia di essere stato per quasi tre anni
dentro una gabbia, giorno e notte, mangiandovi dentro, potendo uscire solo in
rare occasioni. Per impedire ai bambini di uscire senza essere stati notati
alcune gabbie erano state provviste dai coniugi Gravelle
di appositi sistemi d’allarme mentre altre erano
chiuse da alcuni mobili. Tali sistemi di sorveglianza lasciano aperta la strada
all’accusa di maltrattamento nei confronti di minorenni a causa di una condizione che assomiglia alla detenzione (…).
«Ad indirizzare gli agenti nella
casa-canile è stata l’indicazione di un vicino – che non ha voluto rendere nota
la propria identità – che aveva chiamato il numero di emergenza
per gli abusi contro minorenni affermando di aver osservato qualcosa di strano,
spingendo un ispettore ad avvicinarsi all’abitazione ed a poter scorgere da
lontano le gabbie posizionate al secondo piano, non lontano dalle finestre».
In crisi l’adozione di bambini russi da parte di
stranieri
Secondo quanto scrive Benedetta Verrini nell’articolo
“Russia: i figli del freddo” apparso su Vita
del 23 settembre 2005 «gli stranieri,
in questi ultimi mesi, sono stati al centro di polemiche sulla stampa
sovietica: lo choc della notizia dell’uccisione di
alcuni bambini russi adottati da coppie americane (
Conclusioni
Come abbiamo già rilevato, l’adozione da parte di
una coppia, con o senza figli, sorretta da motivazioni valide, in possesso di
idonee capacità educative e consapevole del valore della vera genitorialità, è senza dubbio l’intervento occorrente per
assicurare uno sviluppo positivo dei minori adottabili in quanto totalmente
privi di sostegno morale e materiale da parte dei genitori e dei parenti.
Negli Stati Uniti, paese che alcuni (ad esempio Furio Colombo) vorrebbero venisse assunto come riferimento in materia di prassi adozionale, il “fai da te” ha prodotto i disastri di cui
abbiamo riportato in precedenza alcune vicende.
In Italia finora non si sono verificati episodi altrettanto gravi (ci
riferiamo in particolare alle uccisioni di fanciulli
adottati avvenute negli Stati Uniti e in Danimarca) a nostro avviso per il
fatto che, a seguito dell’entrata in vigore delle leggi 431/1967 e 184/1983, i
servizi sociali ed i Tribunali per i minorenni hanno proceduto, anche se non sempre
con il necessario rigore, a selezionare e preparare le coppie adottive.
Oltre agli sconvolgenti episodi descritti in precedenza, è noto a tutti gli
studiosi che l’inserimento di minori presso famiglie adottive inidonee
determina sempre conseguenze negative più o meno gravi
non solo – e principalmente – nei confronti dei fanciulli che ne soffrono per
tutta la vita, ma anche nei riguardi degli adottanti e dei loro congiunti.
Dunque, tenuto anche conto dell’estremamente ampia
possibilità di scelta degli adottanti (le domande di adozione superano di 10-15
volte il numero dei minori adottabili), chiediamo che il nuovo Parlamento e il
nuovo Governo, nel pieno rispetto della Convenzione europea sull’adozione e di
quella dell’Aja sulla protezione dell’infanzia e la
cooperazione in materia di adozione internazionale, si pongano “dalla parte dei
bambini privi di famiglia” e approvino tutte le necessarie norme a tutela delle
loro vitali esigenze di armonico sviluppo, in particolare quelle concernenti
una adeguata selezione/preparazione delle coppie e una consistente riduzione
della differenza di età fra gli adottanti e gli adottandi, in modo che questi
ultimi vengano inseriti presso coppie capaci di assumere il ruolo di genitori e
non siano destinati a consolare nonni o persone singole senza figli (12).
(1) L’approvazione in sede referente è avvenuta il
20 dicembre 2005.
(2) Dal documento “Osservazioni sulle proposte di
modifica della legge 476/1998” predisposto in data 21 aprile 2005 da Pasquale Andria, Presidente dell’Associazione italiana dei
magistrati per i minorenni e la famiglia e del Tribunale per i minorenni di
Potenza.
(3) La documentazione richiesta alle coppie
riguardava solamente una «relazione,
sottoscritta da entrambi i coniugi, relativa alla propria condizione familiare,
con particolare riferimento all’attività lavorativa e alle condizioni di
accoglienza che intendono offrire al minore». In sostanza si tratta di una
vera e propria autocertificazione attestante l’idoneità di aspiranti
adottanti ad accogliere il bambino.
(4) Si veda, in particolare, il n. 3/4, 1968 di Prospettive assistenziali, interamente
dedicato ai problemi dell’adozione. Riteniamo tuttora estremamente
valida la pubblicazione di Michel Soulé,
Janine Noël, Françoise Bouchard, “La selezione
dei genitori adottivi”, pubblicata sul n. 7/8, 1967 di Maternità e Infanzia. Considerata l’estrema importanza della
selezione/preparazione dei genitori adottivi, l’Anfaa ha provveduto
a tradurre la suddetta pubblicazione prima dell’approvazione della legge
sull’adozione speciale n. 431/1967. Inoltre ha inviato
nel 1967 il relativo volumetto a tutti gli enti
interessati, compresi i Tribunali e le Procure per i minorenni.
(5) Fra le numerose prese di posizione contro il
commercio dei bambini apparse su Prospettive
assistenziali, segnaliamo le seguenti: “Mozione contro il mercato dei
bambini”, n. 50, 1980; “Il mercato dei bambini stranieri davanti alla Corte
costituzionale”, n. 57, 1982; “Mozione del convegno ‘Adottare oggi’”, n. 59, 1982; “Riconoscere i diritti del bambino
straniero”, n. 60, 1982; “Per una effettiva tutela dei minori stranieri
adottabili”, n. 61, 1983; “Stefania Bruna: una bambina al centro di una assurda
contesa diplomatica”, n. 66, 1984; “Nuovi principi per l’adozione
internazionale di bambini indiani”, n. 68, 1984; “Brevi riflessioni
sull’adozione di un minore straniero in Italia”, n. 70, 1985; “Come ti sistemo
la legge ovvero il bambino al servizio della coppia”, n. 75, 1986; “L’adozione
di Stefania, i diari di Licio Gelli e
(6) Cfr. l’articolo “Diritti dei minori e tentativi di stravolgimento
dell’adozione”, Prospettive
assistenziali, n. 86, 1989. Prima dell’entrata in vigore della legge
184/1983, i bambini venivano presi nel loro paese di
origine da persone singole o da coppie, la cui idoneità all’adozione non era
accertata da alcun ente. In Italia veniva
semplicemente riconosciuta dalla Corte di appello la validità giuridica del
provvedimento straniero di adozione (la cosiddetta “deliberazione”), senza
prendere in considerazione le capacità educative degli adottanti.
(7) Cfr.
(8) Cfr.
(9) Cfr. “Vergogna, i
bimbi da adottare sfilano al mercato”, Oggi,
n. 50, 6 dicembre 2000.
(10) Cfr.
(11) Cfr. il Corriere della Sera
del 26 marzo 1989.
(12) Fra le pubblicazioni concernenti le adozioni che
hanno avuto esiti negativi per i minori segnaliamo il volume curato da Jolanda
Galli e Francesco Viero, Fallimenti
adottivi, Armando Editore, Roma, 2002 e l’articolo di commento di Gabriella
Cappellaro “Considerazioni sui fallimenti adottivi”,
pubblicato sul n. 148 di Prospettive
assistenziali.
www.fondazionepromozionesociale.it