Prospettive assistenziali, n. 153, gennaio - marzo 2006
Livelli
essenziali di assistenza SOCIALE E DIRITTI ESIGIBILI
Giuseppe D’angelo
In data 11 novembre 2005 si è tenuto a Città di Castello (Pg) un convegno interregionale sui livelli essenziali di assistenza sociale dal titolo “Liveas - Funzione
sociale pubblica e diritti sociali”. Il convegno è stato organizzato dalla
Regione Umbria e dai Comuni dell’Ambito territoriale 1 Alta Umbria. Di seguito
riproduciamo la comunicazione effettuata da Giuseppe D’Angelo, segretario della
Fondazione promozione sociale.
Introduzione
Volevo innanzitutto
ringraziare per l’invito a partecipare a questo convegno sui Liveas (Livelli essenziali di assistenza sociale) e per la
possibilità di riportare una testimonianza.
Il Comitato per la difesa dei
diritti degli assistiti di Torino, che in questa occasione
ho il piacere di rappresentare, vanta dal 1978 una partecipazione attiva nel
campo del volontariato dei diritti a favore delle persone non autosufficienti e
incapaci di autotutelarsi (minori in situazione di
abbandono, soggetti con handicap intellettivo, anziani malati cronici non
autosufficienti, …).
Ricordo ancora
che il Comitato dal novembre 2003 opera in seno alla Fondazione promozione
sociale (sito internet: www.fondazionepromozionesociale.it).
Diritti sì, ma esigibili
L’attività per la definizione dei
Liveas, a nostro avviso, offre una occasione
inderogabile per fissare diritti esigibili, anche in ossequio agli articoli 2,
38 (primo comma) e 117 (comma secondo, lettera m) della Costituzione (1).
Diritti esigibili, è bene
ricordare, sono quelli che l’ente preposto ha il dovere di soddisfare: qualora
non lo facesse, l’interessato può ottenere soddisfazione ricorrendo ai vari
organi della giustizia.
Aggiungo che, in considerazione
del fatto che l’interessato è soggetto “debole”, sarebbe
altresì molto importante prevedere all’interno della normativa sui Liveas possibilità di ricorso anche da parte delle
organizzazioni di rappresentanza.
Il dramma delle
fasce più deboli della popolazione
L’urgenza di fissare adeguati
diritti esigibili a garanzia di un livello essenziale di assistenza
sociale nasce anche dalla constatazione della seguente grave situazione
esistente:
1. nessun nuovo diritto esigibile
è stato previsto dalla tanto attesa legge n. 328/2000
“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e
servizi sociali”. Essa, in estrema sintesi, ha condizionato il diritto alle
prestazioni alle disponibilità finanziarie: un siffatto diritto certamente non
è annoverabile tra i diritti esigibili (2);
2. dunque,
per ottenere assistenza da parte dei Comuni che non intendono intervenire,
occorre ancora fare riferimento agli articoli 154 e 155 del regio decreto n.
773/1931 “Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”, la cui unica
prestazione prevista per i minori, i soggetti con handicap e gli anziani in
gravi difficoltà socio-economiche, considerati “inabili al lavoro”, è il
ricovero in istituto (3);
3. è di sole 233,87 euro mensili
(aumentabili in certi casi di euro 10,33) l’importo
della pensione versata dallo Stato nel
4. ai soggetti inabili totali,
che devono essere assistiti 24 ore su 24, lo Stato eroga oltre alla suddetta
pensione mensile di 233,87 euro, l’indennità di accompagnamento
di 443,83 euro al mese, corrispondente a meno di 15 euro al dì, che non sono di
sicuro sufficienti per pagare chi li assiste nel corso delle 24 ore;
5. drammatica è in tutte le Regioni la situazione degli anziani malati cronici non
autosufficienti e delle persone colpite dal morbo di Alzheimer o da altre forme
di demenza senile. In violazione alle leggi vigenti (la prima è la n. 692 del
1955) sono molto spesso dimessi da ospedali e case di cura private
convenzionate e scaricati alle famiglie nonostante permanga la necessità della
prosecuzione delle prestazioni sanitarie (a domicilio o presso strutture
residenziali sanitarie o socio-sanitarie) (5);
6. analogo
“scarico” è
avvenuto e avviene per gli ammalati psichiatrici gravi con limitata o nulla
autonomia, espulsi dalla piena competenza del Servizio sanitario nazionale (6);
7. la stragrande maggioranza dei
Comuni italiani continua illegalmente a pretendere contributi economici dai
parenti degli assistiti maggiorenni e, in particolare, di ultrasessantacinquenni
non autosufficienti e di soggetti colpiti da handicap grave, laddove per legge
deve essere presa in considerazione solo la situazione economica
dell’interessato (7);
Prevenire è meglio che assistere
Ora, nell’attività di definizione
dei Liveas, ovvero nella
determinazione di adeguati livelli di prestazioni e servizi, occorre ribadire –
e laddove necessario aggiornare – gli attuali, spesso bistrattati, diritti
stabiliti dalle norme esistenti.
Altresì, occorre aver ben
presente la necessità di operare prioritariamente per prevenire il bisogno assistenziale: solo riconoscendo alle persone incapaci di
autodifendersi le stesse esigenze e gli stessi diritti degli altri cittadini è
possibile superare l’emarginazione sociale.
Eventuali interventi assistenziali devono essere aggiuntivi e non sostitutivi
delle prestazioni della sanità, della casa, della scuola e delle altre attività
di interesse collettivo (onnicomprensività dei servizi) (9).
Priorità agli interventi domiciliari
Nei Liveas
occorre garantire prestazioni e servizi assistenziali
– in primo luogo di tipo domiciliare – a quelle persone, e solo a quelle, in
stato di bisogno ovvero a quelle che altrimenti sono destinate al baratro
dell’emarginazione sociale o alla morte. Si tratta prioritariamente di:
– minori in situazione di abbandono (per cui occorre prevedere l’obbligo da parte
dei Comuni singoli e associati di assicurare, se praticabili, i necessari
interventi verso i nuclei familiari di origine e, in caso contrario, di
garantire, a seconda dei casi, l’inserimento presso idonee famiglie affidatarie
o adottive, o eventualmente in comunità familiari, non accorpate, da non più di
10 posti letto);
– adulti non autonomi a causa di
handicap invalidanti e privi di adeguato sostegno
familiare (da prevedere interventi domiciliari, centri diurni, convivenze
guidate, gruppi appartamento, comunità alloggio con al massimo 8-10 posti letto
non accorpate);
– gestanti e
madri in gravi difficoltà psico-socio-economiche (da
prevedere il necessario sostegno psico-sociale per il
loro reinserimento sociale e per il riconoscimento o meno dei loro nati come previsto dalle
leggi vigenti).
Il diritto esigibile agli
interventi e servizi sociali dovrebbe essere anche esteso: alle persone che
vogliono uscire dalla schiavitù della prostituzione, alle persone senza fissa
dimora, ai carcerati ed ex carcerati.
È necessario definire un minimo
vitale e istituire obbligatoriamente il “reddito minimo di inserimento”.
Inoltre, occorre finalmente
attribuire tutte le funzioni gestionali ai Comuni
eliminando in tal modo le attuali discriminazioni dei nati fuori o nel
matrimonio (Province/Comuni).
La “mancanza” di risorse, un falso problema
Il pretesto della carenza delle risorse è in realtà un falso problema. Anche per questi motivi:
1. tutti i diritti
costituzionalmente garantiti (e anche quello all’assistenza lo è) costano. Anzi, quelli “classici” (proprietà, libertà, difesa, ecc.) costano
molto di più;
2. la questione centrale non è
l’esistenza o meno delle risorse bensì la loro dislocazione. Esperienza insegna
che se, per esempio, le associazioni di tutela degli utenti fanno adeguate
pressioni le risorse “improvvisamente” si trovano;
3. occorre
pertanto distribuire le risorse con giustizia; evitare gli sprechi;
pianificare gli interventi; non farsi carico di attività che competono agli
altri settori sociali, anche per quanto accennato prima in relazione alla
prevenzione dell’emarginazione sociale (10).
Conclusioni
Nell’attività di
definizione dei Liveas, ovvero
nella determinazione di adeguati livelli di prestazioni e servizi, in estrema
sintesi a nostro avviso occorre:
1. aver ben presente
che occorre impegnarsi innanzitutto per evitare
l’emarginazione sociale e quindi prevenire il bisogno assistenziale;
2. prevedere diritti
esigibili – anche recuperando e aggiornando le garanzie esistenti – a favore
dei soggetti in stato di bisogno socio-economico;
3. garantire
realmente servizi e prestazioni, in primo luogo domiciliari. Casomai si potrà,
all’inizio, regolare il perimetro degli aventi
diritto;
4. evitare, pertanto, di far dipendere i diritti dalle risorse
disponibili. Un diritto subordinato alle risorse, deve essere chiaro, è
semplicemente un non diritto;
5. recepire la normativa sui Liveas
con atto avente forza di legge al fine di poter garantire l’esigibilità;
6. prevedere
all’interno della normativa sui Liveas la possibilità
di ricorso anche da parte delle organizzazioni di rappresentanza.
In ultimo, ma non
per ultimo, occorre evidenziare che, attualmente,
anche in assenza di Liveas pienamente definiti, nulla
impedisce alle singole Regioni di emanare norme che prevedano diritti cogenti
in campo assistenziale a favore delle fasce più deboli della popolazione: come
si sa l’assistenza è materia che lo Stato ha trasferito loro completamente.
Cito un esempio riportando la
realtà piemontese, ove anche grazie alle azioni di pressione svolte dalle
organizzazioni del volontariato dei diritti, è stata
approvata la legge n. 1/2004 di recepimento della
328/2000 sull’assistenza, che riconosce diritti esigibili per alcune fasce più
deboli della popolazione (11).
(1) L’articolo 2 della Costituzione stabilisce quanto
segue: «
L’articolo
38, primo comma, così recita: «Ogni
cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha
diritto al mantenimento e all’assistenza sociale».
Altresì, l’articolo 117, secondo comma, lettera m, stabilisce che lo Stato
ha legislazione esclusiva relativamente alla «determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale».
(2) Nessun nuovo diritto esigibile era stato a suo
tempo previsto anche dalla legge n. 104/1992 sull’handicap, a parte i permessi
lavorativi.
(3) Cfr. l’articolo
del giurista Massimo Dogliotti, “I minori, i soggetti con handicap, gli
anziani in difficoltà… ‘pericolosi per l’ordine pubblico’
hanno ancora diritto ad essere assistiti dai Comuni”, Prospettive assistenziali, n. 135, 2001.
Qualora
i Comuni non intendano predisporre gli interventi
occorrenti per i minori, per i soggetti con handicap e gli anziani in
difficoltà e privi dei mezzi necessari per vivere, comprese le prestazioni
legate al “dopo di noi”, si può mettere in atto la procedura prevista dai regi
decreti n. 773/1931, articoli 154 e 155, e n. 635/1940, articolo 278, procedura
la cui inottemperanza da parte degli enti pubblici preposti dà luogo a
responsabilità penali:
1. segnalazione (da parte di
chiunque), da effettuare con lettera raccomandata con
ricevuta di ritorno, all’autorità di pubblica sicurezza (Carabinieri o Polizia)
che l’inabile al lavoro (minore, soggetto con handicap, anziano) signor …………
abitante in ……via……….… n.…, sprovvisto dei mezzi necessari per vivere,
necessita di assistenza, precisando l’intervento richiesto;
2. l’autorità
di pubblica sicurezza deve, in base alle norme vigenti, diffidare i parenti
tenuti agli alimenti affinché intervengano sul piano economico. I parenti
possono ignorare la diffida senza subire conseguenze di qualsiasi genere;
3. l’autorità
di pubblica sicurezza chiede all’Asl di attestare la
condizione di inabilità del soggetto interessato. L’attestazione deve, di
norma, essere redatta nel termine di cinque giorni;
4. l’autorità
di pubblica sicurezza segnala la situazione al Sindaco del luogo in cui il
soggetto si trova;
5. il Sindaco è obbligato a
provvedere direttamente (ad esempio mediante il ricovero in una struttura
disponibile) oppure tramite i servizi socio-assistenziali comunali o
consortili;
6. la
procedura suddetta può essere attivata anche quando l’inabile al lavoro può
sostenere parzialmente le spese per il suo mantenimento.
(4) Cfr. “Povertà e
reddito di cittadinanza nella regione Campania”, Prospettive assistenziali, n. 151, 2005.
(5) Le conseguenze sono sovente disastrose per gli
interessati ed i loro congiunti. Nel documento “Legge quadro per la
realizzazione del sistema integrato di interventi e
servizi sociali” predisposto nell’ottobre 2000 dalla Presidenza del Consiglio
dei Ministri, Ufficio del Ministro per la solidarietà sociale Livia Turco, viene precisato che «nel corso del 1999, 2 milioni di famiglie italiane sono scese sotto la
soglia della povertà a fronte del carico di spese sostenute per la “cura” di un
componente affetto da una malattia cronica», cure che devono essere fornite
dal Servizio sanitario nazionale.
Si ricorda che anche le prestazioni relative al
settore dell’integrazione socio-sanitaria devono essere garantite dal Servizio
sanitario nazionale. In questo settore cadono tutte le prestazioni indicate
nell’allegato
(6) Questa espulsione, avviata dal decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 agosto
(7) L’art. 25 della legge 328/2000 stabilisce che «ai fini dell’accesso ai servizi (di
assistenza) disciplinati dalla presente
legge, la verifica della condizione economica del richiedente è effettuata
secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109,
come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130». Ovvero:
- il 6°
comma dell’art. 2 del decreto legislativo 109/1998, modificato dal decreto legislativo 130/2000 sancisce quanto segue: «Le disposizioni del presente decreto non
modificano la disciplina relativa ai soggetti tenuti
agli alimenti ai sensi dell’articolo 433 del codice civile e non possono essere
interpretate nel senso dell’attribuzione agli enti erogatori della facoltà di
cui all’articolo 438, primo comma, del codice civile nei confronti dei
componenti il nucleo familiare del richiedente le prestazioni sociali agevolate»;
- il
comma 2 ter dei sopra citati decreti legislativi
prevede quanto segue: «Limitatamente alle
prestazioni sociali agevolate assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a
domicilio o in ambito residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a
persone con handicap permanente grave, di cui all’articolo 3, comma 3 della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertato ai sensi dell’articolo 4 della stessa
legge, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza sia
stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali, le disposizioni del
presente decreto si applicano nei limiti stabiliti con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale
e della sanità. Il suddetto decreto è adottato, previa intesa con
- il
decreto previsto (e non ancora emanato), che ha lo scopo di «favorire la permanenza dell’assistito presso
il nucleo familiare di appartenenza» è un atto di
natura amministrativa che non può: a) modificare le disposizioni del Decreto
legislativo 130/2000 che stabiliscono che la contribuzione deve far riferimento
alla situazione economica del solo assistito; b) indurre cambiamenti nelle
norme stabilite dal decreto legislativo (che ha valore di legge) 130/2000.
Si
ricorda inoltre che il 1° comma dell’articolo 438 del
codice civile dispone che «gli alimenti
possono essere chiesti SOLO da chi versa in stato di bisogno e non è in grado
di provvedere al proprio mantenimento».
Altresì il terzo comma dell’articolo 441 del codice civile prescrive
che «se gli obbligati non sono concordi
sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di somministrazione degli
alimenti, provvede l’autorità giudiziaria secondo le circostanze».
Da tutto ciò ne deriva che i Comuni e gli altri enti pubblici non solo non
possono pretendere contributi economici dai parenti degli assistiti
maggiorenni, ma non possono stabilire con propria delibera gli importi che i
parenti sarebbero tenuti a versare.
(8) La legge 328/2000 non ha eliminato tale
discriminazione (cfr. il
comma 5 dell’articolo 8).
(9) Ad esempio: eventuali sussidi per la frequenza dell’asilo nido o della scuola
materna devono essere di competenza dell’Assessorato all’istruzione; i contributi economici per il sostegno
all’affitto in abitazioni private
spettano al settore della casa;
gli aiuti alle persone disoccupate devono essere predisposti
dall’Assessorato al lavoro ed essere collegati a interventi di reinserimento
attraverso riqualifiche professionali; il trasporto per gli allievi con handicap
intellettivo della formazione professionale deve essere assicurati da questo
settore in collaborazione con il settore trasporti; gli inserimenti lavorativi dei soggetti con
handicap sono di competenza del settore lavoro;
le attività sportive per le persone con handicap devono essere
assicurate dall’assessorato allo sport, ecc.
(10) In Italia le autorità preposte hanno sempre sostenuto
che la situazione della fascia più debole della popolazione è precaria per il
fatto che mancano le risorse economiche. Nello stesso tempo:
1 - è noto che nel
nostro Paese l’evasione fiscale ha assunto livelli allarmanti. Il quotidiano
2 -
oltre all’evasione fiscale, c’è anche quella riguardante i contributi
previdenziali, evasione che, secondo una ricerca effettuata dal Sindacato
pensionati Cgil, è di 40 mila miliardi all’anno delle ex lire;
3 -
continuano ad essere rilevanti le conseguenze anche
economiche degli sprechi, come ha sottolineato a fine gennaio 2003 il
Procuratore generale della Corte dei conti, Vincenzo Apicella,
nella relazione predisposta in occasione dell’inaugurazione dell’anno
giudiziario;
4 - non
tenendo conto dei patrimoni immobiliari e mobiliari in possesso dei cittadini,
lo Stato eroga contributi assistenziali anche a coloro
che non ne hanno alcun bisogno. Un esempio significativo
è costituito dall’integrazione al minimo delle pensioni, e cioè dall’importo a
carico della finanza pubblica determinato dalla differenza fra l’ammontare
mensile della pensione minima e la somma maturata a seguito dei contributi
versati;
5 -
sulla base dell’illogico principio secondo cui, nella valutazione delle
condizioni economiche dei cittadini e dei nuclei familiari, non si deve tener
conto dei patrimoni immobiliari e mobiliari posseduti ma solo dei redditi, gli
enti locali concedono l’esenzione totale o parziale del pagamento delle rette di frequenza degli asili nido e delle scuole materne ai
genitori in possesso di proprietà anche di valore consistente. Solo le
Università in questi ultimi anni si comportano correttamente per il calcolo
delle tasse scolastiche, prendendo in considerazione non solo
le entrate ma anche i beni;
6 -
quando i Comuni vogliono reperire fondi, gli strumenti
li hanno. Ad esempio, il Comune di Rivoli, in provincia di Torino (circa 50
mila abitanti) ha recuperato ben 8 miliardi all’anno
delle ex lire dagli evasori delle imposte riguardanti gli immobili, le tasse
concernenti la raccolta rifiuti e l’occupazione del suolo pubblico;
7 - alla
faccia della carenza di fondi per le persone più
deboli, negli ultimi anni sono stati sottratti dall’esclusiva destinazione ai
poveri ben 55-70 miliardi di euro. A tanto ammontavano difatti i patrimoni
mobiliari e immobiliari delle Ipab (Istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza). Si tratta di enti che operavano e in parte operano ancora
nell’assistenza ai minori, ai soggetti con handicap ed agli anziani;
8 - le spese militari in Italia nel 2005 raggiungeranno la cifra record di
20,8 miliardi di euro, quasi un miliardo di euro in
più (oltre il 5%) rispetto al 2004, al quale vanno aggiunti anche 1,2 miliardi
di un fondo speciale per le spese delle missioni militari all’estero (fonte: Sipri - Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca
sulla pace).
(11) Un commento alla legge regionale piemontese è apparso
sul numero 147, 2004, della rivista Prospettive
assistenziali.
www.fondazionepromozionesociale.it