Prospettive assistenziali, n. 153, gennaio - marzo 2006
Specchio nero
GLI INGANNEVOLI
PRESUPPOSTI DELLA PROPOSTA DI LEGGE DEI SINDACATI DEI PENSIONATI CGIL, CISL E
UIL SULLA NON AUTOSUFFICIENZA
Nell’articolo “Sulle ragioni di
una legge di iniziativa popolare per la non
autosufficienza” (1), apparso sul numero 4, 2005 de La rivista delle politiche sociali, Michele Mangano, Segretario
nazionale dello Spi Cgil e
Alfonsina Rinaldi, Consulente per le politiche sociali di diverse
amministrazioni pubbliche di sinistra (2), travisano la realtà presente nel
settore delle persone (anziani, adulti, giovani) colpiti da patologie
invalidanti e da non autosufficienza affermando che «le misure ad oggi adottate dallo Stato, se si fa eccezione della legge
328/2000 e dei provvedimenti in materia di livelli di assistenza sanitaria e
socio-sanitaria (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre
2001), sono del tutto insufficienti e non organiche», aggiungendo che «solo in una parte delle Regioni italiane,
per iniziativa delle stesse, degli enti locali e degli attori sociali, esistono
provvedimenti finalizzati ad una rete di servizi socio-sanitari che individuano
modalità di accesso, risposte assistenziali domiciliari e residenziali e altre
prestazioni di tipo economico» (3).
Assai inquietante è
l’affermazione a cui ricorrono Michele Mangano e Alfonsina Rinaldi per motivare
la presentazione della proposta di legge. Segnalano, infatti, che nel testo
elaborato dai Sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil è stata inserita «la significativa
innovazione secondo la quale le prestazioni sanitarie vengono erogate senza
restrizioni quando la persona sia classificata come non autosufficiente». Dunque,
secondo gli Autori dell’articolo in oggetto non ci sarebbe in Italia alcuna
legge dello Stato che garantisca le necessarie cure
agli anziani (nonché ai giovani e agli adulti) affetti da patologie e da non
autosufficienza. Questa affermazione, estremamente
grave da parte del Segretario nazionale dello Spi Cgil, è ancora più sconvolgente tenuto conto che Alfonsina
Rinaldi ha ricoperto il ruolo di Sindaco di Modena e quindi è stata per anni la
massima autorità sanitaria della sua città.
Come ripetiamo
da anni, fin dall’entrata in vigore della legge 692/1955 (è trascorso quindi
più di mezzo secolo), la sanità è obbligata a curare senza limiti di durata e
gratuitamente gli anziani malati, compresi quelli colpiti da cronicità e da non
autosufficienza (4). Il diritto alle cure sanitarie, comprese quelle praticate presso ospedali e case di cura private, previsto
dalla sopra citata legge 692/1955 solamente per i pensionati del settore
privato e per i loro congiunti conviventi di qualsiasi età, è stato esteso,
anche in questo caso a titolo gratuito e senza limiti di durata, a tutti i
cittadini dalla legge 132/1968 e dalla ancora vigente n. 833 del 1978 (5). Inoltre
l’articolo 54 della legge 289/2002 sui Lea, Livelli essenziali di assistenza, che ha dato valore di legge al decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001, stabilisce il
diritto degli anziani cronici non autosufficienti alle cure socio-sanitarie
senza limiti di durata.
Rammentiamo che il diritto alle
cure sanitarie, confermato dalla sentenza della Corte suprema di Cassazione n.
10150 del 1996 (6), è riconosciuto anche dall’Asl 1
del Piemonte, che nel libretto informativo sui propri servizi
precisa quanto segue: «Quando una
persona anziana viene ricoverata in ospedale per una
malattia può succedere che guarisca oppure che restino degli esiti tali da
determinare una condizione di non autosufficienza. In questo caso l’ospedale
non può dimettere la persona se non sono garantite le cure necessarie presso il
domicilio oppure presso una casa di cura oppure presso una struttura
residenziale (Raf o Rsa)» (7).
È altresì allarmante
che nell’articolo in oggetto non venga rilevata un’altra pericolosa carenza
contenuta nella proposta di legge dei Sindacati e cioè il mancato riferimento
al comma 2 ter dell’articolo 3 del testo unificato
dei decreti legislativi 109/1998 e 130/2000 in base al quale per il ricovero
presso le strutture socio-sanitarie gli ultrasessantacinquenni non
autosufficienti ed i soggetti con handicap in situazione di gravità (ad esempio
i malati di Alzheimer aventi meno di 65 anni) devono corrispondere
la quota alberghiera esclusivamente in base alle loro personali risorse
economiche (redditi e beni) senza alcun onere per i congiunti, compresi quelli
conviventi prima del ricovero con l’anziano malato. Si tratta di un’altra
omissione clamorosa che getta ombre inquietanti sull’intera proposta di legge
dei Sindacati dei pensionati Cgil,
Cisl e Uil e sull’articolo
in oggetto.
CITTADINANZATTIVA NEGA I VIGENTI DIRITTI DEGLI
ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI ALLE CURE SANITARIE RESIDENZIALI E INVENTA
OBBLIGHI ECONOMICI A CARICO DEI LORO CONGIUNTI
Il 10 dicembre 2005 un esponente
di Cittadinanzattiva ha partecipato alla trasmissione di Rai
Uno, “Uno mattina”, esprimendo nel suo intervento valutazioni fuorvianti in
merito alle dimissioni ospedaliere forzate, soprattutto per quanto riguarda i
soggetti anziani. Ha, infatti, affermato che la causa delle difficoltà, per le
persone che necessitano ancora di prestazioni
sanitarie, sarebbe da imputare alla mancanza di collegamenti fra le varie
strutture sanitarie, i malati ed i loro congiunti.
Il rappresentante
dell’organizzazione ha omesso di dire, fatto estremamente
allarmante, che:
2. l’accettazione delle dimissioni, anche se forzate, di
soggetti ancora necessitanti di cure, significa sul piano giuridico assunzione
volontaria, da parte dell’interessato o del congiunto, degli impegni di
competenza del Servizio sanitario nazionale, comprese le responsabilità penali,
civili ed economiche;
3. accettate le dimissioni dagli ospedali, gli oneri a carico del malato e/o
dei suoi congiunti nei casi di ricovero presso una casa di cura ammontano a
150-200 euro al giorno, mentre se si tratta di una
Rsa sono di 80-120 euro al dì;
4. l’opposizione alle dimissioni è prevista dalle norme
vigenti (articolo 41 della legge 12 febbraio 1968 n. 132, articolo 4 della
legge 23 ottobre 1985 e articolo 14, n. 5 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502) e consiste nell’invio di 2-4 raccomandate AR con una spesa
inferiore ai 20 euro. Con la spedizione delle lettere di cui sopra, le
dimissioni sono bloccate. Sono solo ammessi i trasferimenti a cura e spese
delle Asl da un reparto all’altro dello stesso
ospedale o in un altro nosocomio o in una casa di cura privata convenzionata;
5. terminata la fase acuta, le Asl
possono trasferire il malato cronico in una Rsa. In questo caso la quota
alberghiera (il cui importo non può superare il 50% della retta totale) è a carico del ricoverato nell’ambito delle sue risorse personali,
senza alcun obbligo per i congiunti, compresi quelli conviventi.
Anche consultando il sito di CittadinanzAttiva, www.cittadinanzattiva.it, si riscontrano
notizie decisamente distorte per i cittadini che vi
accedono.
Oltre alle suddette errate
informazioni in merito alle dimissioni dall’ospedale, infatti, non è vero
quanto risulta dal sito relativamente alle strutture
di ricovero extra ospedaliere, e cioè che «quando
il paziente in dimissione necessita ancora di assistenza sanitaria non
effettuabile presso il proprio domicilio (riabilitazione e/o cura per patologie
croniche), l’ospedale dovrebbe indicare la struttura dove proseguire le cure».
Difatti, in base alle leggi vigenti, è il Servizio sanitario nazionale che deve
garantire la continuità delle prestazioni (i parenti non hanno alcun obbligo
giuridico di sostituirsi al Servizio sanitario nazionale) e quindi deve provvedere a sua cura e spese al trasferimento presso altre
strutture sanitarie o presso Rsa.
È altresì molto grave che nel
sito sia scritto che «per l’ingresso in
Rsa è necessario (…) l’inserimento in lista d’attesa».
In base alla legge sui Lea
(Livelli essenziali di assistenza) n. 289/2002,
articolo 54, il Servizio sanitario nazionale deve garantire la continuità
terapeutica anche per i vecchi cronici non autosufficienti, mentre le liste
d’attesa sono un vergognoso abuso, segnalato invece da CitadinanzAttiva
come procedura normale e quindi legittima.
Altro gravissimo errore è
contenuto nel sito per quanto concerne l’affermazione secondo cui «qualora la persona ricoverata non abbia
mezzi finanziari per far fronte al pagamento della retta debbano provvedere i parenti o, in
subordine, il Comune di residenza».
In materia di contribuzione
economica, in base agli articoli 8, 18 e 25 della legge 328/2000, devono essere
obbligatoriamente applicati i decreti legislativi 109/1998 e 130/2000.
Come ripetiamo
da anni, essi stabiliscono, in base all’articolo 2 del testo unificato dei
suddetti decreti legislativi, che nessun onere può essere richiesto ai
congiunti non conviventi e, se si tratta di ultrasessantacinquenni non
autosufficienti, non possono essere chiamati a contribuire nemmeno i parenti
conviventi.
(1) Cfr. l’editoriale
dello scorso numero “Una irragionevole e controproducente proposta di legge dei
Sindacati dei pensionati Cgil, Cisl
e Uil sulla non autosufficienza”.
(2) Ricordiamo che Alfonsina Rinaldi, che è stata anche
consulente dell’allora Ministro per la solidarietà sociale On. Livia Turco durante l’iter parlamentare della legge
328/2000 ha ammesso (cfr. Prospettive assistenziali, n. 135, 2001),
che la legge suddetta non solo non riconosce alcun diritto esigibile, ma ne ha
cancellati alcuni.
(3) Michele Mangano e Alfonsina Rinaldi sostengono,
inoltre, che «il fenomeno della non
autosufficienza coinvolge in termini ravvicinati 2.800.000 cittadini italiani»
e riguarda «prevalentemente le
generazioni anziane». Mentre è noto che la non autosufficienza concerne
soprattutto gli anziani, non ci risulta che vi siano
ricerche svolte con rigore scientifico che confermino la presenza in Italia di
2.800.000 persone non autosufficienti.
(4) Da notare che la legge 692/1955 è stata promossa dai
Sindacati.
(5) L’approvazione delle leggi 132/1968 e 833/1978 è stata
fortemente appoggiata da Cgil, Cisl
e Uil.
(6) Cfr. Francesco
Santanera e Maria Grazia Breda, Come difendere
i diritti degli anziani malati, Utet Libreria e
il sito www.fondazionepromozionesociale.it.
(7) Per Raf si intendono le
Residenze assistenziali flessibili, mentre le Rsa sono le Residenze sanitarie
assistenziali. In Piemonte le suddette strutture sono preposte al ricovero di anziani cronici non autosufficienti.
www.fondazionepromozionesociale.it