Prospettive assistenziali, n. 154, aprile - giugno 2006

 

 

APPROVATA DALLA REGIONE PIEMONTE UNA VALIDA LEGGE PER IL SOSTEGNO ALLE GESTANTI E MADRI IN CONDIZIONE DI DISAGIO

 

 

Il disegno di legge predisposto dalla Regione Piemonte per il sostegno alle gestanti e madri in condizioni di disagio socio-economico (1) è stato approvato all’unanimità il 26 aprile 2006 con 30 voti favorevoli e 1 non votante (2).

Si tratta di una legge estremamente importante in quanto gli interventi previsti sono rivolti non solo alle partorienti in gravi difficoltà, ma anche alla prevenzione degli infanticidi e degli abbandoni che mettono in pericolo la vita dei neonati (3).

La legge della Regione Piemonte n. 16/2006 stabilisce che «le funzioni relative agli interventi socio-assistenziali nei confronti delle gestanti che necessitano di specifici sostegni in ordine al riconoscimento o non riconoscimento dei loro nati e al segreto del parto sono esercitate dai soggetti gestori individuati dalla Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare e previa concertazione con i Comuni».

Per il Piemonte le deleghe di cui sopra sono previste nei riguardi di tre-quattro enti (Comuni singoli o associati) che già gestiscono attività socio-assistenziali, come previsto dalla legge piemontese n. 1/2004 (4).

Questa scelta da un lato consente di ridurre a tre-quattro gli attuali otto enti gestori (le Province) ed evita la creazione di nuovi organismi.

Poiché i servizi destinati alle gestanti e madri in serie condizioni di disagio saranno solamente tre-quattro per tutto il Piemonte, c’è la concreta possibilità di predisporre le attività occorrenti affinché le donne possano decidere con la loro massima responsabilizzazione possibile se riconoscere o non riconoscere i loro nati.

Ciò comporta, come aveva giustamente rilevato l’on. Antonio De Poli, Assessore alle politiche sociali della Regione Veneto e Coordinatore interregionale degli Assessori alle politiche sociali, che «gli interventi siano forniti da personale non solo specializzato (psicologi, assistenti sociali, educatori), ma anche in possesso di una preparazione specifica riferita anche alle conseguenze negative a medio e lungo termine derivanti dai riconoscimenti forzati, che purtroppo ancora avvengono e che determinano frequentemente abbandoni tardivi dei bambini con effetti negativi molto difficilmente recuperabili» (5).

 

Diritti delle gestanti e madri

Per quanto riguarda gli aspetti giuridici, riportiamo nuovamente la parte della relazione del disegno di legge della Giunta della Regione Piemonte in cui era precisato quanto segue: «Le vigenti leggi riconoscono alle donne tre importanti diritti: il diritto alla scelta se riconoscere come figlio il bambino procreato, il diritto alla segretezza del parto per chi non riconosce il proprio nato, il diritto all’informazione, compresa quella relativa alla possibilità di un periodo di riflessione successivo al parto per decidere in merito al riconoscimento.

«Per quanto riguarda il diritto alla scelta, la sentenza n. 171 del 5 maggio 1994  della Corte costituzionale recita:qualunque donna partoriente, ancorché da elementi informali risulti trattarsi di coniugata, può dichiarare di non volere essere nominata nell’atto di nascita”.

«È da sottolineare che la gravidanza può innestarsi in una condizione di disagio preesistente della donna, ed essere quindi vissuta con estrema difficoltà e fatica.  Laddove la gravidanza  si colloca in un percorso di grave problematicità sono necessari interventi di sostegno mirati, per consentire alla donna stessa una maggiore serenità, per valutare  la possibilità del riconoscimento  o del non riconoscimento. 

«Il diritto alla segretezza del parto, che deve essere garantito da tutti i servizi sanitari e sociali coinvolti, è assicurato dalla redazione dell’atto di nascita da parte dell’Ufficiale di Stato civile. I passaggi istituzionali successivi (dichiarazione dello stato di adottabilità, sua eventuale sospensione per un periodo massimo di due mesi, nonché particolari casistiche relative alle partorienti minorenni) sono normati dalla legge 183/1984  e successive modifiche e disposte dal Tribunale per i minorenni.

«Il diritto all’informazione va inteso come il diritto di ogni donna a ricevere una corretta e tempestiva conoscenza della disciplina legislativa e degli aiuti sociali, per poter decidere liberamente nei riguardi del riconoscimento.

«L’esercizio dei diritti di cui sopra può essere adeguatamente garantito soltanto in un’ottica globale d’intervento che prenda in esame e tenda al superamento della situazione complessiva della gestante fin dalle prime fasi della gravidanza o comunque dal manifestarsi dello stato di difficoltà.

«La presente modifica di legge nasce dalla considerazione che i predetti diritti in capo alle gestanti e madri possano essere efficacemente ed efficientemente tutelati da parte di soggetti istituzionali di ampia dimensione territoriale (soprattutto in ordine all’esigenza di segretezza) e in grado di garantire operatori con specifica preparazione professionale in una materia oltremodo delicata».

 

Interventi garantiti

La legge della Regione Piemonte n. 16/2006 stabilisce che gli enti a cui verranno assegnate le funzioni attualmente di competenza delle Province «durante i sessanta giorni successivi al parto, garantiscono alle donne già assistite come gestanti e ai loro nati gli interventi socio-assistenziali finalizzati a sostenere il loro reinserimento sociale» e che «dopo tale periodo ai medesimi beneficiari è assicurata la continuità assistenziale» secondo i criteri, le procedure e le modalità che verranno definiti dalla Giunta regionale.

Inoltre, la legge 16/2006 sancisce che gli interventi alle gestanti e madri «sono erogati su richiesta delle donne interessate e senza ulteriori formalità, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica».

Pertanto le prestazioni di cui sopra, che costituiscono a tutti gli effetti diritti esigibili da parte degli utenti, devono essere fornite anche alle donne extracomunitarie prive del permesso di soggiorno in Italia.

 

Le vigenti leggi 2838/1928 e 328/2000

Giova ricordare che l’obbligo di assistere le gestanti e madri risale alla legge 6 dicembre 1928 n. 2838 in base alla quale le Amministrazioni provinciali dovevano, e devono tuttora salvo diversa normativa regionale, assistere le gestanti e le madri, nonché i fanciulli figli di ignoti ed i bambini nati fuori del matrimonio.

Era ed è, altresì, previsto che «nelle Province, nelle quali lo consiglino le condizioni locali, l’assistenza del fanciullo deve, ove sia possibile, avere inizio all’epoca della gestazione della madre».

La sopra citata legge 2838/1928 è richiamata dal 5° comma dell’articolo 8 della legge 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” in cui viene attribuito alle Regioni il compito di disciplinare il trasferimento ai Comuni, oppure (purtroppo) «agli altri enti locali», delle funzioni relative al sostegno alle gestanti e madri, ai bambini non riconosciuti o nati fuori del matrimonio, nonché ai ciechi e ai sordi poveri rieducabili (così definiti dal regio decreto 383/1934).

Mediante la legge di cui sopra, le Regioni devono anche definire il passaggio ai Comuni o agli altri enti locali delle risorse umane, finanziarie e patrimoniali occorrenti per l’esercizio delle succitate funzioni.

 

Le Regioni devono garantire il segreto del parto

In attuazione delle sopra citate leggi 2838/1928 e 328/2000, le Regioni devono prevedere una organizzazione dei servizi socio-assistenziali, in modo tale da garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati.

Ricordiamo che, ai sensi dell’articolo 93 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 “Codice in materia di protezione dei dati personali”, il certificato di assistenza al parto e la cartella clinica in cui siano contenuti dati personali che rendono identificabile la donna che non ha riconosciuto il proprio nato, possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi ha interesse in conformità della legge, solamente decorsi cento anni dalla formazione del documento.

Purtroppo vi sono Regioni (Calabria, Emilia Ro­magna, Liguria, Lombardia, Puglia e Toscana) (6) che hanno approvato leggi senza tener conto del­l’esigenza delle donne in gravi difficoltà psico-sociali di essere supportate per quanto riguarda la delicatissima decisione di riconoscere o non riconoscere i loro nati e di poter partorire in modo assolutamente anonimo.

È vero che le strutture sanitarie sono tenute ad assicurare il segreto del parto, ma è altrettanto vero che le delicate e impegnative decisioni in merito non possono essere assunte durante la brevissima degenza delle partorienti presso ospedali e case di cura private.

Il sostegno, come prevedeva e prevede la legge 2838/1928, dovrebbe «avere inizio all’epoca della gestazione».

Occorre altresì tener conto che vi sono ragazzine anche di 13-14 anni, che essendo incinte, sono cacciate di casa e che necessitano di assistenza anche di tipo residenziale. Le stesse esigenze sono presenti nelle donne aventi una personalità fragile.

Gli aiuti psico-sociali – lo ripetiamo – sono indispensabili sia per prevenire gli infanticidi, sia per evitare riconoscimenti forzati, che in molti casi sono la causa di abbandoni tardivi quasi sempre deleteri per i bambini.

Inoltre, occorrerebbe rispettare la scelta delle donne che non intendono abortire e non vogliono riconoscere i loro nati.

Per la corretta attuazione delle norme vigenti in materia di segreto del parto e per fornire alle donne in condizioni di disagio il necessario sostegno, è priva di ogni logica l’attribuzione delle relative competenze socio-assistenziali a tutti i Comuni, come hanno stabilito le Regioni sopra elencate.

D’altra parte i Comuni sono tenuti, in base alle leggi delle suddette Regioni, ad assistere esclusivamente i cittadini residenti nei loro ambiti territoriali, né, per ovviare a detto condizionamento, si può far riferimento ad una situazione di emergenza, in quanto detta condizione non vale per le prestazioni di sostegno alle gestanti e madri in gravi difficoltà che devono essere fornite per periodi spesso lunghi e quasi sempre anche dopo il parto al fine di favorire il loro reinserimento sociale.

Dunque, le leggi regionali, così come ha stabilito la Regione Piemonte, dovrebbero prevedere – insistiamo su questo aspetto di fondamentale importanza – che gli interventi:

a) «sono erogati su richiesta delle donne interessate e senza ulteriori formalità, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica», come prevede la più volte citata legge 16/2006;

b) sono assicurati da servizi altamente specializzati e, occorrendo, in grado di provvedere anche all’accoglienza residenziale delle gestanti e madri con la precisazione che detti servizi vanno assegnati a enti gestori di attività socio-assistenziali al fine di evitare doppioni e separazioni;

c) sono garantiti anche dopo il parto al fine di sostenere il reinserimento sociale delle donne.

Inoltre, detti servizi dovrebbero essere tenuti a fornire le necessarie prestazioni ai minori non riconosciuti fino all’avvenuta adozione.

Una iniziativa a livello nazionale

Alle gravissime carenze riscontrate nella legislazione delle Regioni sopra elencate si deve aggiungere il mancato rispetto da parte di non poche Province delle norme stabilite dalla già ricordata legge 2838/1928 in materia di sostegno alle gestanti e madri.

Di conseguenza Prospettive assistenziali ha predisposto la seguente proposta di legge che confidiamo venga presentata e approvata dal Parlamento.

 

 

Testo della proposta di legge

“Riordino delle norme riguardanti il sostegno alle gestanti e madri in condizione di disagio socio-economico e le misure volte a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati”

 

Articolo unico

 

1. Al fine di assicurare una uniforme attuazione in tutto il territorio nazionale delle norme di cui al 5° comma dell’articolo 8 della legge 8 novembre 2000 n. 328, le Regioni istituiscono uno o più servizi con il compito di assicurare le consulenze e le prestazioni socio-assistenziali diurne e residenziali occorrenti alle gestanti e madri che necessitano di specifici sostegni socio-economici in ordine al riconoscimento o non riconoscimento dei loro nati e alla garanzia del segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati.

2. Le Regioni aventi meno di … abitanti possono concordare con una Regione confinante l’istituzione del servizio nel territorio di quest’ultima.

3. Il servizio di cui ai commi precedenti è assegnato a un soggetto già gestore delle prestazioni socio-assistenziali di cui alla legge 328/2000.

4. Nei primi novanta giorni dopo il parto, i soggetti di cui al precedente comma garantiscono alle donne già assistite come gestanti e ai loro nati i necessari interventi socio-assistenziali al fine di sostenere il loro reinserimento sociale. Dopo tale periodo ai medesimi soggetti è assicurata la continuità socio-assistenziale secondo i criteri e le modalità previste dalle Regioni in attuazione alla legge 328/2000.

5. Gli interventi socio-assistenziali a favore dei neonati non riconosciuti sono garantiti dai medesimi soggetti di cui al terzo comma fino all’adozione definitiva.

6. Gli interventi alle gestanti e madri sono erogati su semplice richiesta delle donne interessate e senza ulteriori formalità, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica.

 

 

 

(1) Cfr. “Idonea proposta di legge della Regione Piemonte per il sostegno alle gestanti e madri in condizioni di disagio”, Prospettive assistenziali, n. 152, 2005.

(2) Legge della Regione Piemonte 2 maggio 2006 n. 16 “Modifiche all’articolo 9 della legge regionale 8 gennaio 2004, n. 1 (Norme per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento)”.

(3) Precisiamo nuovamente che il neonato non riconosciuto e affidato dalla donna che l’ha partorito alle istituzioni (ospedale, Comune, Tribunale per i minorenni, ecc.) non può e non deve essere ritenuto in stato di abbandono; va considerato tale solo il bambino che viene lasciato in un luogo dove la sua vita è messa a repentaglio (cfr. “Proposte per un linguaggio appropriato in materia di adozione”, Prospettive assistenziali, n. 149, 2005).

(4) Cfr. Giuseppe D’Angelo, “La nuova legge regionale piemontese sull’assistenza”, Ibidem, n. 147, 2004.

(5) Cfr. “Lettera dell’on. Antonio De Poli”, Ibidem, n. 153 bis, 2006.

 

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