Prospettive assistenziali, n. 154, aprile - giugno 2006

 Editoriale

CHIEDIAMO AL NUOVO PARLAMENTO E AL NUOVO GOVERNO PROVVEDIMENTI CHE SUPERINO LA DISCREZIONALITÀ/BENEFICENZA E RICONOSCANO DIRITTI ESIGIBILI AI SOGGETTI DEBOLI

  

Negli anni ’60-’70, anche a seguito della fortissima pressione esercitata dalle forze sociali, sono stati approvate dal Parlamento importanti leggi, veri atti di giustizia che hanno profondamente e positivamente cambiato le condizioni di vita di decine di migliaia di persone che si trovavano in gravi difficoltà. Ricordiamo, in particolare, le leggi:

- n. 431/1967 e 184/1983 che hanno riconosciuto il diritto alla famiglia ai fanciulli privi di sostegno morale e materiale da parte dei genitori e degli altri congiunti. Finora sono stati adottati oltre 100 mila minori. Inoltre dalla legge 184/1983 sono stati previsti (purtroppo non come diritti esigibili) gli interventi alternativi al ricovero in istituto (aiuti psico-sociali ai nuclei familiari in difficoltà, affidamenti familiari a scopo educativo, comunità alloggio);

- n. 132/1968 che ha esteso a tutti i cittadini il diritto alle cure ospedaliere;

- n. 482/1968 concernente il collocamento obbligatorio al lavoro delle persone con handicap;

- n. 118/1971 in base alla quale alle persone con handicap sono stati sanciti diritti esigibili riguardanti le prestazioni sanitarie, la pensione di inabilità e l’assegno di accompagnamento. La stessa legge ha altresì stabilito che «l’istruzione dell’obbligo deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvo i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive e da menomazioni fisiche di tale gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l’apprendimento o l’inserimento nelle predette classi normali». Dalla legge 118/1971 sono state altresì definite norme per i corsi di formazione professionale, per l’istituzione delle scuole per educatori e assistenti sociali, nonché per l’abbattimento delle barriere architettoniche e per l’assegnazione di alloggi dell’edilizia economica e popolare ai soggetti con handicap (1);

- n. 405/1975 istituiva dei consultori familiari;

- n. 517/1977 che ha abolito le classi differenziali e stabilito il diritto degli alunni con handicap di essere inseriti nelle normali classi delle scuole elementari e medie;

- n. 382/1975 e decreto del Presidente della Repubblica 616/1977 in base ai quali sono state trasferite dallo Stato alle Regioni ed ai Comuni numerose competenze e sono stati sciolti migliaia di enti (Eca; enti di assistenza per varie categorie di orfani, di soggetti con handicap e di anziani; Patronati scolastici, ecc.) (2);

- n. 180/1978 che ha sancito la chiusura dei manicomi, spesso luoghi di violenza contro i malati e le altre persone ricoverate, ad esempio soggetti con handicap intellettivo;

- n. 833/1978 istitutiva del Servizio sanitario nazionale che ha riconosciuto a tutti i cittadini il diritto esigibile alle cure sanitarie.

 

Il rilancio dell’emarginazione dei più deboli

Mentre a seguito delle leggi sopra citate e di altre vi è stata una riduzione consistente dei minori ricoverati in istituto (dai 320 mila del 1962 agli attuali 20 mila), nonché dei soggetti con handicap e degli anziani totalmente o parzialmente autosufficienti, a partire dagli anni ’80 (decreto Craxi dell’8 agosto 1985) sono stati approvati dal Parlamento provvedimenti del tutto insoddisfacenti in quanto, ponendosi nella scia della discrezionalità e della beneficenza, non hanno riconosciuto alcun diritto esigibile, tant’è che attualmente – fatto sconcertante – bisogna far riferimento agli articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931 “Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza” per obbligare i Comuni a provvedere al ricovero di minori, di soggetti con handicap e di anziani non autosufficienti in tutto o in parte che non sono in grado di vivere autonomamente.

Ricordiamo come provvedimenti impostati sulla discrezionalità/beneficenza soprattutto le leggi 104/1992 sui soggetti con handicap e 328/2000 di riforma dell’assistenza, che non stabiliscono alcun nuovo diritto ai cittadini in gravi difficoltà (3).

 

Che cosa chiediamo al nuovo Parlamento e al nuovo Governo

Al nuovo Parlamento e al nuovo Governo chiediamo di assumere provvedimenti concreti che riconoscano diritti esigibili ai soggetti deboli, in particolare a coloro che non sono in grado di autotutelarsi, al fine di assicurare a queste persone accettabili condizioni di vita (4). A nostro avviso le esigenze più pressanti riguardano:

- l’aumento dell’importo della pensione di invalidità (attualmente di euro 238,07 al mese!) erogata a coloro che non posseggono alcuna risorsa e che, a causa dell’handicap che li ha colpiti, non sono in grado di svolgere alcuna attività lavorativa proficua;

- il riconoscimento della condizione di malati dei giovani, degli adulti e degli anziani colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza, delle persone affette dal morbo di Alzheimer e dei soggetti con altre forme di demenza senile, assicurando loro, senza alcuna interruzione, la continuità delle indispensabili cure sanitarie e socio-sanitarie, comprese quelle contro il dolore (5);

- l’attuazione del decreto del Presidente della Repubblica concernente il progetto obiettivo della salute mentale, garantendo i necessari finanziamenti in modo da assicurare l’effettiva presa in carico delle persone colpite da disturbi psichiatrici con la predisposizione dei piani personalizzati di intervento e l’istituzione dei servizi di prevenzione e cura, dei centri diurni, dei gruppi appartamento, nonchè delle comunità alloggio terapeutiche e residenziali;

- la predisposizione di centri diurni e di comunità alloggio per i soggetti con handicap intellettivo o fisico grave e limitata o nulla autonomia, in modo da garantire le necessarie prestazioni del “dopo di noi”, quando non è più praticabile la permanenza in famiglia o presso la loro abitazione;

- l’applicazione delle vigenti norme (articolo 25 della legge 328/2000 e decreti legislativi 109/1998 e 130/2000) in base alle quali nessun contributo economico può essere richiesto dagli enti pubblici ai parenti non conviventi con gli assistiti, nonché a quelli conviventi nei casi in cui si tratti di ultrasessantacinquenni non autosufficienti o di individui con handicap in situazione di gravità;

- la valorizzazione, ferme restando le competenze dei servizi sanitari e socio-assistenziali, delle prestazioni domiciliari fornite dai parenti ai congiunti colpiti da malattie o da handicap invalidanti e il riconoscimento del volontariato intra-familiare anche mediante l’erogazione di un rimborso forfettario delle spese vive sostenute per le cure domiciliari, compresi gli oneri derivanti dalle sostituzioni del familiare responsabile per le sue incombenze (acquisti, commissioni, ecc.);

- l’approvazione di una legge volta a prevenire gli infanticidi e gli abbandoni che mettono in pericolo la vita dei neonati, nonché a fornire i necessari sostegni alle gestanti e madri in gravi difficoltà di natura psico-sociale, anche al fine di fornire le prestazioni occorrenti per la massima responsabilizzazione in merito al riconoscimento o non riconoscimento dei loro nati e alla garanzia del segreto del parto come previsto dalla legge 2838/1928 (6);

- l’approvazione di norme dirette a riconoscere al cittadino il diritto di designare una persona che lo rappresenti, nel caso di infermità che lo ponga nell’assoluta impossibilità di provvedere alla tutela della propria salute, fino a quando l’autorità giudiziaria provvede alla nomina del tutore o dell’amministrare di sostegno (7);

- il rispetto del termine del 31 dicembre 2006, stabilito dalla legge 149/2001, per la chiusura degli istituti di ricovero dei minori, ivi compresi i villaggi Sos, nonché le strutture aventi più di 8 posti letto anche se organizzate nei cosiddetti gruppi famiglia;

- la sospensione con effetto immediato della realizzazione di strutture destinate al ricovero di utenti con esigenze profondamente diverse e incompatibili (anziani cronici non autosufficienti, minori con handicap, persone dimesse dagli ex ospedali psichiatrici, ecc.);

- l’istituzione degli uffici provinciali di pubblica tutela al fine di evitare che i compiti di tutore, curatore e amministratore di sostegno continuino ad essere affidati ai Comuni e alle Asl con l’inaccettabile conseguenza che detti enti svolgono le funzioni di controllori del loro operato;

- l’assegnazione alle Province, alle quali dovrebbero essere sottratte tutte le funzioni gestionali nel campo dell’assistenza sociale, dei compiti di vigilanza in materia socio-sanitaria (ad esempio accreditamento delle case di cura e delle strutture di ricovero), anche in questo caso allo scopo di evitare ogni commistione fra le funzioni di gestione (assegnate alle Asl e ai Comuni) e quelle di controllo.

 

 ___________________________________________

(1) Si tenga presente che, al momento dell’approvazione della legge 118/1971, numerosi erano i ragazzi con handicap che non frequentavano alcuna scuola perché considerati “ascolastici” o erano avviati alle scuole speciali o, per i soggetti meno gravi, alle classi differenziali. L’approvazione della legge 118/1971 è stata promossa dalla presentazione al Senato, avvenuta in data 21 aprile 1970 con oltre 220 mila firme, della proposta di legge di iniziativa popolare “Interventi per gli handicappati psichici, fisici, sensoriali e per i disadattati sociali” promossa dall’Unione italiana per la promozione dei diritti del minore (ora Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale) e da Prospettive assistenziali.

(2) Questi provvedimenti sono stati approvati anche grazie alla mobilitazione creatasi a seguito della raccolta delle firme relative alla proposta di legge di iniziativa popolare “Competenze regionali in materia di servizi e scioglimento degli enti assistenziali”, promossa da numerose organizzazioni (Unione per la promozione dei diritti del minore, Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, Sindacato pensionati Cgil, ecc.) e presentata alla Camera dei Deputati l’8 marzo 1976 con altre 100 mila firme.

(3) Gli unici nuovi diritti esigibili previsti dalla legge 104/1992 riguardano l’astensione facoltativa dal lavoro ed i permessi di cui all’articolo 33.

(4) Alcuni provvedimenti potrebbero essere assunti nell’ambito della definizione dei Liveas (Livelli essenziali di assistenza sociale) di cui alla legge 328/2000.

(5) Continuiamo ad essere decisamente contrari alla creazione di un fondo per i non autosufficienti per i motivi che abbiamo precisato negli articoli pubblicati su Prospettive assistenziali: “Una irragionevole e controproducente proposta di legge dei Sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil sulla non autosufficienza”, n. 152, 2005 e “Gli ingannevoli presupposti della proposta di legge dei Sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil sulla non autosufficienza”, n. 153, 2006.

(6) Cfr. in questo numero l’articolo “Approvata dalla Regione Piemonte una valida legge per il sostegno alle gestanti e madri in condizioni di disagio”.

(7) Si veda il disegno di legge n. 3495 “Modifiche al codice civile in materia di tutela temporanea della salute dei soggetti impossibilitati a provvedervi personalmente” presentato al Senato il 16 giugno 2005 dal Sen. Elvio Fassone (cfr. l’editoriale del n. 151, 2005 di Prospettive assistenziali).

 

www.fondazionepromozionesociale.it