Prospettive assistenziali, n. 154, aprile - giugno 2006

 

 

i trucchi messi in atto da enti pubblici per non curare le persone colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza, NONCHé per pretendere contributi economici non dovuti

 

 

Continuano a pervenire al Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti (1) richieste di chiarimento sulla questione relativa sia alle dimissioni da ospedali e case di cura private convenzionate di persone, soprattutto anziane, colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza, sia alla richiesta di contributi economici ai congiunti dei suddetti soggetti (2).

 

Per una effettiva priorità delle cure domiciliari

Il ricovero dei soggetti di cui sopra dovrebbe essere disposto esclusivamente nei casi in cui non siano praticabili le cure domiciliari.

Questo fondamentale principio è troppo spesso attuato scaricando sulle famiglie dei malati cronici non autosufficienti i compiti e gli oneri assegnati dalle leggi vigenti al Servizio sanitario nazionale.

Si tratta non solo di una prassi fondata sulla falsa affermazione di obblighi (inesistenti sul piano giuridico) dei congiunti, ma anche sul disinteresse delle Asl nei confronti delle esigenze dei vecchi malati cronici.

Allo scopo di promuovere effettivamente la priorità delle cure domiciliari, nella petizione popolare il cui testo è stato allegato allo scorso numero di Prospettive assistenziali, viene avanzata alla Regione Piemonte come prima richiesta l’approvazione di una legge specifica (3).

 

Il diritto alle cure sanitarie residenziali è facilmente esigibile

Com’è ovvio, pur assegnando alle cure domiciliari una effettiva priorità, rimane l’esigenza della predisposizione di strutture di degenza.

In merito al diritto alle cure sanitarie sancito dalle leggi vigenti, sono purtroppo molto numerosi i cittadini che vengono tratti in inganno dalle affermazioni di amministratori e operatori delle istituzioni pubbliche, secondo cui gli ospedali e le case di cura private convenzionate non sarebbero obbligati dalle leggi vigenti a curare gli anziani cronici non autosufficienti e le persone colpite dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile.

Queste asserzioni - si noti bene - sono avanzate sempre e solo a voce e mai per iscritto (4). Succede, quindi, che i congiunti accettino le dimissioni dalle strutture del Servizio sanitario nazionale perché si fidano degli operatori e ritengono quindi che competano ai parenti le cure dei loro familiari non autosufficienti (5).

In realtà non esiste alcuna normativa che obblighi i congiunti a fornire le prestazioni sanitarie e socio-assistenziali alle persone colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza, ma è proprio con l’accettazione delle dimissioni che il parente assume la piena responsabilità penale, civile ed economica di sostituirsi ai compiti del Servizio sanitario nazionale, con la conseguenza che deve garantire al malato le necessarie cure sanitarie (6).

 

Opposizioni alle dimissioni da ospedali e case di cura

Sulla base delle esperienze ultraventennali del Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, l’opposizione alle dimissioni da ospedali e da case di cura private convenzionate è estremamente semplice e poco costosa: consiste infatti nell’invio di lettere raccomandate A.R. al Direttore generale dell’Asl di competenza in base alla residenza del soggetto malato (7), al Direttore sanitario della struttura di ricovero e al Sindaco del Comune in cui risiede la persona interessata (8).

A seguito dell’opposizione, la struttura di degenza o continua a curare la persona malata e non autosufficiente o la trasferisce a spese del Servizio sanitario in un’altra sede sanitaria oppure, se è sopraggiunta una condizione di cronicità e di non autosufficienza e la persona non può rientrare a domicilio, l’Asl può disporre il ricovero presso una Rsa (Residenza sanitaria assistenziale) o in una struttura similare (9).

Le norme di legge, che consentono l’opposizione alle dimissioni, sono indicate nell’allegato 1.

 

La richiesta di pagamenti non dovuti: un trucco molto praticato da Comuni e Asl

Come ripetiamo da anni, per le cure sanitarie e le prestazioni socio-assistenziali delle persone colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza ricoverate presso Rsa o analoghi complessi, le Asl sono obbligate a versare, quale quota sanitaria, almeno il 50% della retta complessiva.

I Comuni, invece, devono corrispondere la differenza fra l’importo della quota alberghiera e la somma risultante a carico del ricoverato. Gli ultrasessantacinquenni non autosufficienti e gli infrasessantacinquenni con handicap in situazione di gravità devono versare la quota alberghiera nei limiti delle loro personali risorse economiche (redditi e beni).

Nel calcolo dell’importo da versare si dovrebbe tener conto dei loro obblighi (ad esempio il mantenimento del coniuge privo di sufficienti mezzi) e degli impegni sottoscritti prima del ricovero (ad esempio, rate del mutuo e scadenze di prestiti) (10).

Nessun contributo economico può essere imposto ai congiunti, compresi quelli conviventi (11).

In base alle leggi vigenti da anni (12) le cure mediche, infermieristiche e riabilitative devono essere erogate dal settore sanitario, mentre le prestazioni socio-assistenziali rientrano fra i compiti dei Comuni.

 

I pericoli derivanti dalla firma di contratti privati

Oltre alla falsa affermazione concernente il dovere (inesistente sul piano giuridico) dei parenti di fornire le cure sanitarie ai loro congiunti colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza, il trucco più praticato riguarda la richiesta di sottoscrivere veri e propri contratti privati per il ricovero dei suddetti soggetti presso le Rsa.

Se il familiare (o una qualsiasi persona anche non parente) firma l’impegno di corrispondere alla struttura di degenza una retta, risulta evidente che deve versare i relativi importi fino a quando dura il rico­vero.

Nel caso in cui la persona sia ricoverata in una istituzione alla quale la legge impone le funzioni di cura e assistenza (Asl, Comune singolo e associato, ecc.), colui che ha sottoscritto l’obbligo di versare l’importo non coperto dalle risorse economiche dell’assistito, può, dopo aver ottenuto il ricovero del proprio congiunto o conoscente, inviare la disdetta del proprio impegno mediante lettera raccomandata A.R. (13).

La disdetta di cui sopra è la risposta corretta nei confronti dell’illegittimo comportamento dell’ente tenuto dalla legge ad intervenire, ente che spesso ricatta i congiunti imponendo la sottoscrizione dell’impegno relativo al versamento dell’intera retta, quale condizione sine qua non per l’ammissione nella struttura di ricovero dell’anziano colpito da patologie invalidanti e da non autosufficienza.

L’invio della disdetta non è, invece, praticabile se il ricovero è stato disposto autonomamente (e cioè senza che l’Asl abbia assunto l’impegno di corrispondere la quota sanitaria), in quanto le persone malate non hanno alcuna possibilità di imporre ai gestori privati e a quelli assimilabili (ad esempio le Ipab, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) di fornire le prestazioni di cura e assistenza.

 

Le liste di attesa: la negazione dei diritti e della dignità dei malati

Un altro espediente, largamente praticato dalle Asl e dai Comuni, consiste nell’inserire in apposite liste di attesa le richieste di ricovero di anziani cronici non autosufficienti e delle persone colpite dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile.

Si tratta in tutti i casi di malati che hanno diritto alle cure sanitarie e alle prestazioni socio-assistenziali (14) e che abbisognano di interventi medici e infermieristici e a volte anche riabilitativi.

Da un lato i Ministri e gli Assessori regionali alla sanità approvano provvedimenti per la riduzione dei posti letto destinati ai malati acuti, ma dall’altro non assumono adeguate iniziative per le risorse da destinare all’Asl perché assicurino il ricovero nelle strutture socio-sanitarie (Rsa) destinate alle persone affette da patologie invalidanti e da non autosufficienza.

, come abbiamo detto, vi sono obblighi per garantire le cure domiciliari, che non dovrebbero essere però a totale carico della famiglia.

Questi comportamenti la dicono lunga sul rispetto della dignità degli anziani non autosufficienti.

Inseriti i malati cronici nelle liste di attesa, le Asl ed i Comuni realizzano risparmi economici rilevanti.

Infatti, durante tutto il periodo in cui non vengono fornite dai suddetti enti le prestazioni loro assegnate dalle leggi vigenti, il congiunto, o il non parente che ha accettato le dimissioni da ospedali o da case di cura private convenzionate, deve provvedere a tutte le spese occorrenti per la cura e l’assistenza del malato.

Se è costretto a disporne il ricovero presso una struttura per malati cronici, deve versare l’intera retta (e quindi non solo la quota alberghiera, ma anche quella sanitaria) che ammonta a 60-80 euro al giorno.

Poiché le Asl provvedono al versamento della quota alberghiera solamente al termine del periodo di attesa, che può durare anche tre anni (15), si può arrivare a dover sborsare 65-85 mila euro!

 

Gli artifici delle case di cura private convenzionate

Anche in Piemonte vengono utilizzate le case di cura private convenzionate. Nei casi in cui non vengano accettate le dimissioni, molto spesso gli ospedali trasferiscono, a cura e spese del Servizio sanitario, gli anziani non autosufficienti presso dette case di cura. La degenza è gratuita per i malati.

Con le suddette strutture la Regione Piemonte ha stabilito che, nei casi di permanenza superiore ai 60-120 giorni di persone colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza, la retta a carico della stessa Regione viene decurtata del 20-40% a seconda dei casi.

Ne deriva che, trascorso il suddetto periodo, le case di cura insistono nelle dimissioni al fine di poter accogliere pazienti a tariffa intera.

Purtroppo quasi tutti gli operatori  del settore pubblico non informano gli anziani malati ed i loro congiunti circa la vera ragione della richiesta di dimissioni.

Ne consegue che esse vengono accettate ritenendo erroneamente che, trascorsi 60-120 giorni di degenza, la prosecuzione delle cure non sia più a carico del Servizio sanitario nazionale.

In tutti i casi in cui non sia praticabile la permanenza a casa degli anziani cronici non autosufficienti e delle persone colpite da demenza senile e non sia assicurato dall’Asl di residenza il trasferimento diretto e definitivo in una Rsa, l’opposizione alle dimissioni da ospedali e case di cura private convenzionate è l’unico intervento che permette di ottenere il rispetto delle leggi vigenti da parte del Servizio sanitario nazionale e, quindi, la prosecuzione delle cure nella stessa struttura o presso altri complessi gestiti direttamente dal Servizio sanitario nazionale o con lo stesso convenzionati.

Come abbiamo visto, detta opposizione è semplicissima e le spese relative sono modestissime.

La Fondazione promozione sociale e il relativo Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti restano a gratuita disposizione di tutti coloro (organizzazioni e persone) che sono interessati alla tutela delle esigenze e dei diritti dei malati cronici non autosufficienti.

 

Allegato 1: Fac-simile della lettera di opposizione alle dimissioni da ospedali e da case di cura private convenzionate degli anziani cronici non autosufficienti, dei malati di Alzheimer e delle persone colpite da altre forme di demenza senile (16).

 

- RACCOMANDATA A.R.

- Egr. Direttore generale Asl (vedere nota A) _____________________________________

Via __________________________________

Città _________________________________

 

- RACCOMANDATA A.R.

- Egr. Direttore generale Asl (vedere nota A) _____________________________________

Via __________________________________

Città _________________________________

 

- RACCOMANDATA A.R.

- Egr. Direttore sanitario (Ospedale o Casa di cura privata convenzionata)

_____________________________________

Via __________________________________

Città _________________________________

 

- RACCOMANDATA A.R.

- Egr. Sig. Sindaco (o Presidente del Consorzio) (vedere nota B)

_____________________________________

Via __________________________________

Città _________________________________

 

- LETTERA NORMALE PER CONOSCENZA                     

e p.c. - Fondazione Promozione sociale

Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti

Via Artisti, 36 - 10124 Torino

 

Oggetto: opposizione alle dimissioni

 

_l_ sottoscritt_ ________________________________ abitante in___________________________________ via _______________________ n. ___ visto l’art. 41 della legge 12 febbraio 1968 n. 132 (che prevede il ricorso contro le dimissioni, e tenuto conto che l’art. 4 della legge 23 ottobre 1985 n. 595 e l’art. 14, n. 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 consentono ai cittadini di presentare osservazioni e opposizioni in materia di sanità), chiede che _l_ propri ____________________________ abitante in_____________________________________ via ___________________________________ n. _____ attualmente ricoverat_ e curat_ presso _______________ non venga dimess_ o venga trasferit_ in un altro reparto dell_ stess _ ____________________________ o in altra struttura sanitaria per i seguenti motivi:

1) il paziente è gravemente malato e non autosufficiente (se del caso, aggiungere che non sempre è capace di programmare il proprio futuro);

2) lo scrivente non è in grado di fornire le necessarie cure al proprio congiunto e non intende assumere oneri di competenza del Servizio sanitario.

Fa presente che le cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere, sono dovute anche agli anziani cronici non autosufficienti ai sensi delle leggi 4 agosto 1955 n. 692, 12 febbraio 1968 n. 132 (in particolare art. 29), 17 agosto 1974 n. 386 (le prestazioni ospedaliere devono essere fornite “senza limiti di durata”), 13 maggio 1978 n. 180 e 23 dicembre 1978 n. 833 (in particolare art. 2 punti 3 e 4 lettera f). Si ricorda, inoltre, che il Pretore di Bologna, Dr. Bruno Ciccone, con provvedimento del 21 dicembre 1992 ha riconosciuto il diritto della Signora P.F., nata nel 1913, degente in ospedale dal 1986, di «poter continuare a beneficiare di adeguata assistenza sanitaria usufruendo delle prestazioni gratuite del Servizio sanitario nazionale presso una struttura ospedaliera e non di generica assistenza presso istituti di riposo o strutture equivalenti».

 

Si segnala, altresì, la sentenza della 1ª Sezione civile della Corte di Cassazione n. 10150/1996 in cui viene riconfermato che:

– le leggi vigenti riconoscono ai cittadini il diritto soggettivo (e pertanto esigibile) alle prestazioni sanitarie, comprese le attività assistenziali a rilievo sanitario;

– le cure sanitarie devono essere fornite sia ai malati acuti che a quelli cronici;

– essendo un atto amministrativo, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 agosto 1985 non ha alcun valore normativo.

Per quanto concerne il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001 “Definizione dei livelli essenziali di assistenza” (Lea), diventato legge ai sensi dell’art. 54 della legge 289/2002 (Finanziaria 2003), si rileva che fra «le prestazioni di assistenza sanitaria garantite dal Servizio sanitario nazionale» sono compresi gli interventi di riabilitazione e di lungodegenza, nonché quelli relativi alle «attività sanitarie e socio-sanitarie rivolte alle persone anziane non autosufficienti».

L__ scrivente richiede l’applicazione delle norme sul consenso informato. Inoltre, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990 n. 241, chiede che gli venga inviata una risposta scritta.

L__ scrivente si impegna di continuare a fornire al proprio congiunto tutto il possibile sostegno materiale e morale compatibilmente con i propri impegni familiari e di lavoro. Chiede pertanto che, nel caso di trasferimento in altre strutture, non venga allontanato dalla città di__________________________

(Nel caso in cui non si accetti il ricovero presso una Rsa, occorre cancellare la parte seguente).

L__ scrivente è disponibile ad accettare il trasferimento del proprio congiunto presso una Rsa (Residenza sanitaria assistenziale) a condizione che (vedere la nota c):

– detto ricovero sia definitivo;

– la struttura sia situata ____________________;

– il trasferimento venga effettuato a cura e spese dell’Asl;

– la quota della retta a carico del__ ricoverat_ sia prelevata esclusivamente dai redditi pensionistici dell_ stess_ (ammontante a euro ______________ mensili) e dall’indennità di accompagnamento se e quando verrà corrisposta;

– la quota suddetta sia comprensiva di tutte le prestazioni alberghiere e socio-assistenziali, comprese quelle occorrenti per i soggetti non autosufficienti: igiene personale, mobilizzazione, imboccamento, ecc.

– il Comune rinunci a qualsiasi richiesta relativa ai beni del malato e all’azione di rivalsa nei confronti dei suoi eredi.

Ringrazia e porge distinti saluti.

 

Data _____________

Firma __________________________

 

Nota A - Una raccomandata A.R. va inviata al Direttore generale dell’Asl di residenza del malato; un’altra (se del caso) al Direttore generale dell’Asl in cui ha sede l’ospedale o la casa di cura. Nel caso in cui l’ospedale pubblico sia amministrato in modo autonomo rispetto all’Asl, la raccomandata A.R. non va indirizzata al Direttore generale dell’Asl, ma al Direttore generale dell’Azienda ospeda­liera.

Nota B - È opportuno scrivere al Sindaco (se i servizi assistenziali sono gestiti dal Comune di residenza del ricoverato) o al Presidente del Consorzio (qualora la gestione dei servizi assistenziali sia stata affidata al Consorzio) per rendere note le condizioni in base alle quali si accetta il ricovero presso Rsa e per evitare che il Comune (o il Consorzio) possa richiedere agli eredi dell’anziano malato la restituzione delle somme erogate dall’ente per integrare la parte della retta non versata dal ricoverato.

Nota C - Per l’accesso alle rsa è indispensabile il parere favorevole dell’Unità valutativa geriatrica, Commissione medica dell’Asl di residenza del malato. Detto parere non è necessario per la degenza presso ospedali e case di cura private convenzionate.

 

 

 

Allegato 2 - Principali caratteristiche del settore sanitario e di quello sociosanitario.

principali caratteristiche

 

settore sanitario

 

strutture: ospedali e case di cura convenzionate        

 

               

 

Diritto esigibile alle cure gratuite e senza limiti di durata durante la fase acuta e il periodo di riabilitazione       

               

 

 

Rischio: cambiamento della struttura di ricovero ogni 60-120 giorni perché dopo i suddetti periodi di degenza la regione piemonte riduce la retta versata alle case di cura private convenzionate del 40% se si tratta di centri di riabilitazione e del 20% per quelli di lungodegenza

               

Gli eventuali trasferimenti devono essere effettuati a cura e spese dell’asl

 

               

 

Per contrastare i trasferimenti, occorre documentare i rischi del malato mediante un consulto medico pagato dal richiedente          

               

 

Non si può incassare l’indennità di accompagnamento

 

settore sociosanitario

 

strutture: rsa (residenze sanitarie assistenziali). La regione piemonte ha inoltre previsto le raf (residenze assistenziali flessibili)

 

Pagamento sulla base della situazione economica dei pazienti ultrasessantacinquenni e dei soggetti con handicap in situazione di gravità (dei redditi e beni dei parenti non si deve tener conto)

 

Per il ricovero presso rsa/raf occorre ottenere la certificazione di non autosufficienza dalle uvg (unità valutative geriatriche), commissioni presenti in tutte le asl (è competente quella dell’asl in cui risiede il malato)

 

 

Il passaggio dalla sanità all’assistenza (rsa, raf, ecc.) deve essere richiesto in modo che venga effettuato direttamente dalla struttura sanitaria in cui l’interessato è degente

 

 

Se si accettano le dimissioni dalla sanità senza il trasferimento diretto, il paziente entra nelle liste di attesa per l’accesso alle rsa/raf, la cui durata può anche essere di 2-3 anni

 

Si può incassare l’indennità di accompagnamento

 

 

 

 

(1) Dal mese di novembre 2003 la gestione del Comitato è stata trasferita dal Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base), alla Fondazione promozione sociale, con sede in 10124 Torino, Via Artisti 36, tel. 011.812.44.69, fax 011.812.25.95, e-mail: info@fondazionepromozionesociale.it.

(2) Una parte delle indicazioni contenute in questo articolo sono riferibili anche ai soggetti con limitata o nulla autonomia in situazione di handicap. Ricordiamo, a questo riguardo, che i Comuni sono obbligati, ai sensi degli ancora vigenti articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931 ad assistere gli inabili al lavoro sprovvisti dei mezzi necessari per vivere. Cfr. l’articolo “Il dopo di noi: perché non sono utilizzate le disposizioni vigenti?”, Prospettive assistenziali, n. 145, 2004. Il diritto esigibile alle prestazioni socio-assistenziali dei soggetti con handicap grave è riconosciuto dalla legge n. 1/2004 della Regione Piemonte. Cfr. Giuseppe D’Angelo, “La nuova legge regionale piemontese sull’assistenza”, Ibidem, n. 147, 2004. Nei casi in cui i soggetti di cui sopra siano malati, le cure sanitarie e socio-sanitarie devono essere garantite dal Servizio sanitario nazionale.

(3) Nella petizione viene proposto che la legge regionale sancisca il diritto esigibile alle prestazioni di assistenza domiciliare integrata e di ospedalizzazione a domicilio «nei casi in cui siano temporaneamente soddisfatte le seguenti condizioni:

– non vi siano controindicazioni cliniche o di altra natura;

– il soggetto sia consenziente e gli possano essere fornite le necessarie cure mediche e infermieristiche, nonché, se occorrenti, quelle riabilitative;

– i congiunti o soggetti terzi siano disponibili ad assicurare l’occorrente sostegno domiciliare e siano riconosciuti idonei dall’ente erogatore;

– siano previsti gli interventi di emergenza sia nel caso che i congiunti o i soggetti terzi non siano più in grado di prestare gli interventi di loro competenza, sia qualora insorgano esigenze del soggetto che ne impongano il ricovero presso idonee strutture;

– i costi a carico delle Asl e/o dei Comuni non siano superiori a quelli di loro spettanza nei casi di ricovero presso strutture residenziali;

– ai congiunti e ai soggetti terzi venga riconosciuto il ruolo di volontariato intrafamiliare e ad essi venga versato dalle Asl, nella misura del 60% della retta corrisposta alle Rsa (Residenze sanitarie assistenziali), un rimborso forfettario delle spese sostenute per le cure domiciliari, compresi gli oneri derivanti dalle sostituzioni della persona responsabile delle cure domiciliari per le occorrenti incombenze personali e familiari (acquisti, commissioni, ecc.). Inoltre, nella petizione viene chiesto che «analoga iniziativa legislativa venga assunta dalla Regione Piemonte per favorire la permanenza in famiglia degli adulti colpiti da gravi handicap intellettivi».

(4) Al Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti non sono state finora segnalate dimissioni richieste per iscritto da ospedali e case di cura private convenzionate. Essendo state richieste solo a voce, coloro che le accettano non possono comprovare che dette dimissioni siano state imposte.

(5) I parenti devono intervenire solamente nei casi in cui la persona malata è incapace di programmare il proprio futuro. Ogni decisione spetta, invece, a coloro che sono in grado di autodifendersi.

(6) Se, ad esempio, la persona colpita da demenza senile provoca lo scoppio del gas lasciato inavvertitamente defluire, il congiunto, che si è assunto il compito di provvedere alle sue esigenze, ne risponde sul piano penale (se vi sono state persone ferite o uccise) ed economiche (per il pagamento dei danni arrecati).

(7) Nel caso in cui la struttura di degenza abbia sede in una Asl diversa da quella di residenza del malato, occorre inviare la raccomandata A.R. anche al Direttore generale della suddetta Asl. Il fac-simile della lettera è riportato nell’allegato 1.

(8) Se il Comune ha affidato la gestione dei servizi socio-assistenziali ad altro ente (Consorzio di Comuni, Comunità montana, Asl, ecc.) la raccomandata A. R. va inviata al rappresentante legale di detto ente.

(9) Le principali caratteristiche del settore sanitario e di quello socio-sanitario sono indicate nell’allegato 2. Si veda anche il libretto “Tutti hanno diritto alle cure sanitarie compresi gli anziani malati cronici non autosufficienti, malati di Alzheimer, malati psichiatrici, handicappati con gravi patologie” predisposto da Alzheimer Piemonte, Auser, Avo (Assistenza volontari ospedalieri), Consulta per le persone in difficoltà, Csa (Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti), Diapsi (Difesa ammalati psichici), Gruppo volontariato vincenziano, Sea Italia (Servizio emergenza anziani), Società di S. Vincenzo de Paoli, Utim (Unione per la tutela degli insufficienti mentali). Il libretto può essere richiesto alla redazione di Prospettive assistenziali.

(10) Cfr. “L’integrazione delle rette di ricovero assistenziale da parte degli Enti pubblici: un altro imbroglio”, Prospettive assistenziali, n. 142, 2003.

(11) Cfr. “Contribuzioni economiche abusivamente imposte dai Comuni e Asl ai parenti degli assistiti”, Ibidem, 153, 2006.

(12) La prima legge che stabiliva il diritto alle cure sanitarie gratuite e senza limiti di durata è la n. 692/1955 riguardante i pensionati del settore privato ed i loro congiunti conviventi di qualsiasi età. Detto diritto è stato esteso a tutti i cittadini dalle leggi 132/1968 e 833/1978. L’articolo 54 della legge 289/2002 ha definito le norme attualmente in vigore.

(13) Cfr. Roberto Carapelle, Giuseppe D’Angelo e Francesco Santanera, A scuola di diritti - Come difendersi da inadempienze e abusi della burocrazia socio-sanitaria, Utet Libreria, Torino, Nuova edizione, 2005.

(14) Ricordiamo nuovamente l’articolo 54 della legge 289/2002.

(15) Nella lettera del Direttore sanitario dell’asl 5 del Piemonte datata febbraio 2006, prot. 11862, viene segnalato che al primo posto della lista di attesa per l’accesso alle Rsa c’è un «utente che ha presentato la domanda il 5 marzo 2003 attualmente ricoverato presso struttura privata con pagamento a carico dello stesso».

(16) La lettera è stata predisposta dalla Fondazione promozione sociale - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti.

 

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