Prospettive assistenziali, n. 154, aprile - giugno 2006

 

 

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI e il difensore civico di scandicci CONFERMANO CHE PER LE PRESTAZIONI SOCIALI AGLI ULTRASESSANTACINQUENNI NON AUTOSUFFICIENTI ED AI SOGGETTI CON HANDICAP GRAVE

GLI ENTI PUBBLICI DEVONO CONSIDERARE ESCLUSIVAMENTE LE LORO RISORSE ECONOMICHE

 

 

In merito ad una richiesta avanzata dall’Utim (Unione per la tutela degli insufficienti mentali) del 23 settembre 2006, il Segretario generale del Garante per la protezione dei dati personali ha inviato in data 24 marzo 2005, prot. 6251, la risposta che riportiamo integralmente.

La posizione assunta dal Garante per la protezione dei dati personali è molto importante in quanto:

– conferma la piena validità del decreto legislativo 109/1998 come risulta modificato dal decreto legislativo 130/2000 per quanto concerne il riferimento alla situazione economica del solo assistito per le prestazioni sociali fornite agli ultrasessantacinquenni non autosufficienti e alle persone in situazione di gravità;

– precisa che l’Inps (e quindi anche gli altri enti pubblici) deve attuare quanto sopra, anche se finora non è stato emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri il decreto amministrativo previsto dall’articolo 3, comma 2 ter del citato decreto legislativo 109/1998;

– sollecita il rispetto del Codice in materia di protezione dei dati personali per quanto concerne i principi di indispensabilità, pertinenza e non eccedenza dei dati raccolti rispetto alle finalità perseguite.

Riportiamo, inoltre, il parere del Difensore civico del Comune di Scandicci (Firenze) del 23 febbraio 2005, prot. 8474, che ribadisce l’obbligo dei Comuni di adeguare i loro regolamenti sulle condizioni economiche in base alle norme stabilite dai decreti legislativi 109/1998 e 130/2000.

 

Testo della lettera del Garante

Con la nota sopra evidenziata è stato segnalato che l’Inps richiederebbe, ai fini del riconoscimento di prestazioni sociali agevolate a persone con handicap permanente grave e a soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti, dati personali relativi alla situazione economica non solo degli interessati, ma anche di componenti il loro nucleo familiare.

Codesta associazione chiede invece che i medesimi interessati possano presentare documentazione relativa esclusivamente alla loro situazione economica al fine di ottenere le suddette prestazioni sociali.

Con riferimento alle prestazioni sociali agevolate richieste da persone con handicap permanente grave e da soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti, la normativa di settore demanda ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri l’individuazione delle informazioni da dichiarare, in modo da evidenziare la situazione economica del solo assistito, favorendo la sua permanenza presso il nucleo familiare di appartenenza (articolo 3, comma 2-ter, decreto legislativo n. 109/1998).

Pur in mancanza di tale decreto attuativo, su cui questa Autorità sarà chiamata ad esprimere il proprio parere, il trattamento dei dati personali ai fini del riconoscimento di prestazioni sociali agevolate deve avvenire già in conformità ai principi del predetto quadro normativo di settore, oltre che alle disposizioni in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, “Codice in materia di protezione dei dati personali”). Devono essere rispettati, quindi, anche i principi di indispensabilità, pertinenza e non eccedenza dei dati raccolti rispetto alle finalità perseguite (articoli 9 e 22 del Codice).

Sulla base di tali principi e delle specifiche indicazioni provenienti dalla normativa di settore sopra citata, deve ritenersi che l’Istituto che legge per conoscenza possa raccogliere, ai fini del riconoscimento delle particolari prestazioni sociali sopra indicate, soltanto le informazioni personali riguardanti la situazione economica dell’interessato, anziché anche quelle del nucleo familiare di appartenenza.

 

Parere del Difensore civico del Comune di Scandicci

Oggetto: Proposta di modifica del Regolamento per l’accesso in strutture residenziali per anziani non autosufficienti

Con richiesta di intervento in data 13 febbraio 2006, acquisita al protocollo del Comune al n. 6619 di prot., il sig. A.B., genero della sig.ra C.D., si è rivolto a questo ufficio di Difesa civica, chiedendo un pronunciamento sulla legittimità del Regolamento di cui in oggetto, nella parte in cui prevede la com­partecipazione dei soggetti obbligati, così come individuati dall’articolo 433 del codice civile, alla spesa per il ricovero del familiare, ultrasessantacinquenne non autosufficiente, in strutture residenziali assistite.

Esaminata la questione in punto di diritto, sembrano sussistere, a parere dello scrivente, fondati dubbi sulla non corretta applicazione del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 109, così come novellato con decreto legislativo 2 maggio n. 130.

Dall’entrata in vigore dei citati decreti, contenenti i criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, gli Enti locali infatti non possono più richiedere il rimborso delle rette di ricovero ai parenti dei soggetti anziani ultrasessantacinquenni non autosufficienti.

Questa convinzione scaturisce dal fatto che sussiste una espressa, chiara ed incontrovertibile norma, contenuta nel menonzionato decreto legislativo e precisamente il 6° comma dell’articolo 2 che sancisae che le disposizioni contenute nel decreto stesso «non modificano la discíplina relativa al soggetti tenuti alla prestazione degli alimenti ai sensi dell’articolo 433 del codice civile e non possono essere interpretate, nel senso dell’attribuzione agli enti erogatori della facoltà di cui all’articolo 438, 1° comma, del codice civile, nei confronti dei componenti il nucleo familiare del richiedente 1a prestazione sociale agevolata».

In altre parole se l’assistito non ha redditi oppure, come nel caso in esame ha soltanto il reddito di pensione e l’indennità di accompagnamento, il Comune gli potrà richiedere solamente tali importi provvedendo a corrispendere, alla struttura convenzionata, la quota integrativa. Né si può obiettare, come tra l’altro fatto dalle S.L. con nota in data 23 gennaio 2006 n. 3252 inviata alla figlia della sig.ra C.D., che la richiesta di compartecipazione dei familiari alla spesa della retta di ricovero è legittima in quanto l’articolo 9 del Regolamento di cui in oggetto la ha espressamente prevista.

Mi preme ricordare alle S.L., qualora ve ne fosse la necessità, che il principio della gerarchia delle fonti, secondo il quale la legge prevale su qualsiasi atto amministrativo o regolamento che dir si voglia, impone l’obbligatorietà che la norma secondaria sia perfettamente coerente con la norma di valenza superiore.

Inoltre non può giustificarsi una palese illegittimità con il fatto che così operando si determinano maggiori flussi di entrate che consentono di estendere l’assistenza ad un maggior numero dì richiedenti.

Tale prassi infatti, seppur plausibile sul piano politico, non dovrebbe però coinvolgere la burocrazia che, sulla base del principio costituzionale del buon andamento, dovrebbe limitarsi a dare solo un supporto tecnico-giuridico agli organi politici, evidenziando palesi ed evidenti vizi di legittimità nell’atto sottoposto all’approvazione degli organi stessi, estraniandosi quindi dal supportare iniziative contra legem.

Alla luce di quanto sopra esposto invito le S.L. a farsi promotrici di una proposta di modifica del più volte menzionato regolamento, eliminando le parti in contrasto con il decreto legislativo 3 maggio 2000 n. 130.

Al riguardo sarà gradito rícevere comunicazione dell’accoglimento della menzionata proposta, motivando, in caso contrario, i motivi giuridici di un diverso orientamento.

 

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