Prospettive assistenziali, n. 154, aprile - giugno 2006
Notizie
NUOVE NORME PER L’ACCERTAMENTO DELL’INVALIDITÀ
La legge
9 marzo 2006 n. 80 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge
10 gennaio 2006, n. 4, recante misure urgenti in materia di organizzazione
e funzionamento della pubblica amministrazione” introduce alcune novità per
quanto concerne l’accertamento dell’invalidità.
Infatti,
l’articolo 6 stabilisce quanto segue: «1.
Le Regioni, nell’ambito delle proprie competenze, adottano disposizioni dirette
a semplificare e unificare le procedure di accertamento
sanitario di cui all’articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, per
l’invalidità civile, la cecità, la sordità, nonché quelle per l’accertamento
dell’handicap e dell’handicap grave dì cui agli articoli 3 e 4 della legge 5
febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, effettuate dalle apposite
Commissioni in sede, forma e data unificata per tutti gli ambiti nei quali é
previsto un accertamento legale».
Inoltre,
il 2° comma dell’articolo 97 della legge 23 dicembre
2000, n. 388 è sostituito dalle seguenti disposizioni: «I soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, inclusi i soggetti affetti da sindrome da talidomide, che abbiano dato luogo
al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento o di comunicazione sono
esonerati da ogni visita medica finalizzata all’accertamento della permanenza
della minorazione civile o dell’handicap. Con decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sono
individuate, senza ulteriori oneri per lo Stato, le
patologie e le menomazioni rispetto alle quali sono esclusi gli accertamenti di
controllo e di revisione ed é indicata la documentazione sanitaria, da
richiedere agli interessati o alle commissioni mediche delle aziende sanitarie
locali qualora non acquisita agli atti, idonea a comprovare la minorazione».
Viene
altresì stabilito che «l’accertamento
dell’invalidità civile ovvero dell’handicap, riguardante soggetti con patologie
oncologiche, è effettuato dalle commissioni mediche di cui all’articolo 1 della
legge 15 ottobre 1990, n. 295, ovvero all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992,
n. 104, entro quindici giorni dalla domanda dell’interessato. Gli esiti
dell’accertamento hanno efficacia immediata per il godimento dei benefici da essi derivanti, fatta salva la facoltà della commissione
medica periferica di cui all’articolo 1, comma 7, della legge 15 ottobre 1990,
n. 295, di sospenderne gli effetti fino all’esito di ulteriori accertamenti».
POSITIVO Provvedimento DEL COMITATO DEI
SINDACI DELL’AMBITO TERRITORIALE DI JESI SUI
CONTRIBUTI ECONOMICI
Con la deliberazione n. 2 del 20
gennaio 2006, il Comitato dei Sindaci dell’Ambito territoriale di Jesi (comprendente i Comuni di Apiro, Belvedere, Castelbellino, Castelplanio, Cingoli, Cupramontana,
Filottrano, Jesi, Maiolati Spontini, Mergo, Monsano, Montecarotto, Monte Roberto, Morro
d’Alba, Poggio S. Marcello, Poggio S. Vicino, Rosara,
S. Marcello, S. Paolo di Jesi, Santa Maria Nuova e Staffolo) ha
approvato un “Atto di indirizzo e coordinamento per la determinazione del
concorso al costo delle prestazioni assistenziali rivolte a persone in
situazione di handicap”, in cui, per quanto concerne la “Convenzione per la
gestione associata dei servizi per l’integrazione e
l’assistenza ai soggetti in situazione di handicap” (Centri socio-educativi-riabilitativi,
trasporti ai centri suddetti, attività laboratoriali
motorie e ricreative, assistenze educative e aiuti alla persona) viene deciso
che ai fini della contribuzione economica per l’utilizzazione dei servizi sopra
elencati «viene presa in considerazione
la situazione economica del solo assistito».
È inoltre previsto che nei casi in cui
l’Isee (Indicatore della situazione economica
equivalente) sia inferiore a euro 6 mila, l’accesso ai
servizi è esente da ogni contribuzione.
Sono particolarmente importanti le
considerazioni svolte nella delibera in oggetto per quanto concerne l’annosa
questione della mancata emanazione da parte del Presidente del
Consiglio dei Ministri del decreto legislativo 109/1998, come risulta
modificato dal decreto legislativo 130/2000.
Come abbiamo più volte rilevato, detta
mancata emanazione è stata ed è spesso strumentalizzata
da enti pubblici (Comuni singoli e associati, Asl,
ecc.) per non far riferimento alla situazione economica personale dei soggetti
con handicap grave e degli ultrasessantacinquenni non autosufficienti e
continuare a pretendere contributi economici sulla base del reddito del nucleo
familiare di appartenenza dell’assistito.
Da parte nostra avevamo sostenuto che
la mancata emanazione del decreto avente lo scopo di «favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza» non poteva essere addotta come
motivazione valida per non applicare i citati decreti legislativi in quanto il
decreto stesso, essendo un atto meramente amministrativo, non può modificare in
nulla e per nulla una disposizione di legge
e per il fatto che l’emanazione del decreto era inutile in quanto la
legge 328/2000 prevede in modo dettagliato le misure necessarie per «favorire la permanenza dell’assistito
presso il nucleo familiare di appartenenza».
Nella delibera del Comitato dei Sindaci
dell’ambito territoriale di Jesi
è esposta un’altra validissima considerazione.
Viene infatti
precisato che «secondo autorevoli
interpretazioni della dottrina, il decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri non potrà né dovrà essere emanato, in quanto l’entrata in vigore della
legge costituzionale n. 3/2001 ha sostanzialmente sottratto alla potestà
regolamentare dell’esecutivo statale ogni residua possibilità di procedere alla
sua adozione».
Dunque, nel citato provvedimento viene giustamente affermato che le disposizioni dei decreti
legislativi 109/1998 e 130/2000 sono pienamente applicabili e che, di
conseguenza, come da anni sosteniamo, nessun contributo economico può essere
richiesto dagli enti pubblici:
a) ai parenti non conviventi con
l’assistito al momento della richiesta di assistenza;
b) ai parenti,
compresi quelli conviventi, nei casi di soggetti con handicap in situazione di
gravità e di ultrasessantacinquenni non
autosufficienti.
VALIDA DELIBERA DELLA REGIONE MARCHE SULLE CONTRIBUZIONI ECONOMICHE
In data 10 aprile
2006
Gli oneri a carico
dei ricoverati sono calcolati sulla base di tutti i
redditi personali compresa l’indennità di accompagnamento.
La delibera
prevede, inoltre, che «per le spese
personali (abbigliamento, cure personali, farmaci non
gratuiti) dovrà rimanere a disposizione dell’utente una cifra non inferiore a
238 euro mensili».
Da notare che
nella delibera, ai fini del calcolo della quota a carico del
ricoverato, non si fa alcun riferimento ai beni mobili e immobili posseduti
dallo stesso ricoverato.
OTTENUTO IL RISPETTO DELLE LEGGI VIGENTI IN MERITO AI
RICOVERI DI SOLLIEVO DI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI
In data 21 novembre 2005 il Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di
base) ha segnalato al Direttore generale dell’Asl 8
del Piemonte di essere «venuto a conoscenza che l’Asl da
Lei diretta ha predisposto un modulo per i ricoveri di sollievo in Rsa di
anziani cronici non autosufficienti, in cui il richiedente è tenuto, quale
condizione sine qua non per ottenere detto
intervento, a sottoscrivere un impegno in cui è previsto che l’intera quota
alberghiera è a carico della famiglia».
Il Csa
osserva, altresì, che «nel modulo non c’è
alcuna indicazione circa la possibilità, nel caso di
insufficienza del reddito del malato, di poter fare istanza per ottenere
l’integrazione della retta da parte degli enti gestori dei servizi
socio-assistenziali».
Inoltre veniva
contestato che il richiedente fosse tenuto ad assicurare «il rientro a domicilio dell’interessato al termine del periodo di
degenza stabilito, salvo diversa destinazione prevista dal progetto Uvg» e che nel modulo da sottoscrivere fosse previsto
che «la permanenza ulteriore del paziente
presso la struttura residenziale oltre il termine stabilito dall’Uvg non essendo più coperta da pagamento da parte dell’Asl 8 sarà a completo carico della famiglia».
Nell’istanza
avanzata dal Csa veniva chiesto «al Direttore generale dell’Asl 8 di
apportare le modifiche occorrenti in modo da assicurare il rispetto delle leggi
vigenti che obbligano il Servizio sanitario nazionale ad intervenire, mentre
nessun obbligo è previsto per i parenti dei malati».
Con lettera del 15 dicembre 2005, il Direttore generale dell’Asl
UN ALTRO RICONOSCIMENTO DEL VALORE DELL’OSPEDALIZZAZIONE
A DOMICILIO
Nel
Purtroppo il servizio, a causa della insufficienza numerica degli operatori (medici e
infermieri), opera in una zona ridotta di Torino.
Dal 1985 ad oggi le persone malate
colpite da gravi patologie, curate a domicilio, sono state oltre diecimila.
In merito alla validità del servizio
(2), riportiamo integralmente la lettera di Gilda Marchese Negrelli,
apparsa su
«Dopo lunga malattia, è mancato mio marito. Quando,
dopo una brevissima degenza presso il pronto soccorso delle Molinette,
mi è stato chiesto se ero disponibile all’ospedalizzazione domiciliare, ho
avuto un momento di grande sconforto, perché ho pensato che ci stavamo
avvicinando all’inesorabile, dolorosa conclusione della vita e temevo che egli
non potesse avere le stesse assidue cure ospedaliere.
«Ma il mio
timore è stato subito fugato. Fin dal primo momento dal rientro a casa, medici
ed infermieri della équipe del servizio di assistenza domiciliare si sono prodigati con dedizione
per cinque mesi per alleviare in tutto il dolore fisico, psicologico e morale
di mio marito, che è sempre rimasto lucidissimo. Insieme a parenti e amici ho potuto constatare la discrezione, la gentilezza, il
grande rispetto nei confronti del malato, anche perché sempre disponibili,
sorridenti e garbati. A queste presenze competenti e ricche di
umanità, devo la “grazia” di aver potuto assistere senza affanno,
sostenuta dalla loro affettuosa vicinanza, mio marito fino alla sua serena
fine. E così ho scoperto il grande valore di questo
servizio di assistenza domiciliare, che consente ai malati terminali di morire,
come avveniva tempo fa, nel proprio letto, nella propria casa, in mezzo ai più
cari parenti e amici, e non nella fredda stanza di un ospedale».
COMUNICATO STAMPA DELL’UNIONE DELLE ASSOCIAZIONI PER
Riportiamo il comunicato stampa della Presidente nazionale, Gisella Trincas, dell’Unasam (Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale) in data
18 dicembre 2005, le cui richieste dovrebbero essere tenute presenti dal nuovo
Parlamento e dal nuovo Governo.
Il Ministro Storace ha dichiarato di
voler mettere mano alla legge 180 per dare «una prospettiva di sicurezza alle famiglie»
e perché «dopo 30 anni ci sono cose che
vanno ridiscusse».
Rappresento
Conosciamo quindi
molto bene la gravità della situazione esistente laddove la legge non è stata correttamente e puntualmente applicata (in gran
parte del Paese).
Sappiamo
bene cosa chiedono le famiglie e di cosa hanno necessità, così come conosciamo
le esigenze e le attese delle persone colpite dalla sofferenza mentale. Conosciamo
anche i luoghi dove le buone pratiche sono la norma e
quelli dove le cattive pratiche (contenzione, porte chiuse, ambulatori
inadeguati, assenza di risorse) resistono, danneggiando gravemente le persone.
Il punto quindi non sta nel toccare la
legge ma nel mettere mano alla sua attuazione.
Creare quindi, nel Paese, le condizioni
politiche, finanziarie e culturali, affinché una legge così avanzata (rispetto
alla legislazione europea e mondiale) venga finalmente
applicata. Non solo in quei luoghi dove amministratori
sensibili e illuminati ne hanno compreso l’importanza, ma su tutto il
territorio nazionale. È stato grazie alla legge 180
se in Italia sono stati chiusi i manicomi, luoghi vergognosi e terribili che hanno
prodotto follia, dolore e disperazione.
Non si può dire (noi familiari non lo
permettiamo) che le famiglie sono disperate per colpa della legge 180, che la
gente muore per colpa della legge 180, che le persone
sono abbandonate per colpa della legge 180. Bisogna riconoscere che per 30 anni
il Governo e il Parlamento non hanno portato a compimento questo straordinario
processo di cambiamento.
Ciò che serve lo sappiamo tutti: risorse finanziarie certe e continue nel
tempo che il Governo centrale, le Regioni e le Aziende sanitarie locali mettano
in campo per realizzare i centri di salute mentale aperti 24 ore su 24; servizi
ospedalieri di diagnosi e cura che abbandonino qualunque pratica coercitiva e
siano in grado di far fronte tempestivamente a tutte le richieste di ricovero
urgente o volontario; piccole strutture residenziali (comunità terapeutiche,
comunità alloggio, ecc.) in cui le persone con sofferenza mentale possano
intraprendere un percorso di ripresa e di emancipazione; sostegno forte e
adeguato alle famiglie che vivono il problema della sofferenza mentale. Sostegno
e alleggerimento del carico assistenziale che può
essere garantito solo da un servizio territoriale di salute mentale
immediatamente attivabile e da una comunità sensibile e accogliente.
(1) Le prime esperienze sono state illustrate nel volume di Fabrizio Fabris e Luigi Pernigotti, Cinque anni di ospedalizzazione a domicilio
- Curare a casa malati acuti e cronici: come e perché, Rosenberg
& Sellier, Torino, seconda edizione aggiornata 1990.
(2) Cfr. AA.VV.,
“L’anziano malato: dal pronto soccorso alle cure domiciliari”, Prospettive assistenziali, n. 152, 2005.
www.fondazionepromozionesociale.it