Prospettive assistenziali, n. 155, luglio - settembre 2006

 

 

LA REALTÀ DEI MINORI STRANIERI A TORINO: ASPETTI GIURIDICI E SOCIOLOGICI

laura marzin *

 

 

 

I cittadini stranieri non comunitari, residenti a Torino al 1° dicembre 2004 erano 65.613, pari al 7,8% della popolazione torinese (840.000 abitanti circa).

Negli ultimi 10 anni la popolazione immigrata a Torino è più che quadruplicata; nel 1993 i cittadini stranieri residenti erano infatti poco più di 13.500.

Su 65.613 cittadini extra comunità economica europea residenti (27.780 maschi e 23.357 femmine), i minori sono 12.476, il 19% circa dei residenti stranieri.

Le nazionalità presenti a Torino sono 147.

I dati riguardanti i principali Paesi di provenienza sono i seguenti (vedi la Tabella n. 1).

 

Dal progetto individuale al progetto familiare: stabilizzazione del fenomeno

Possiamo sicuramente affermare che a Torino il fenomeno immigrazione è in piena fase di assestamento e stabilizzazione, anche se esistono ancora alcune sacche di emergenza, in particolare riferite alla presenza dei minori non accompagnati e all’area materno infantile.

Gli indicatori della stabilizzazione del fenomeno si possono individuare come segue:

1) incremento dei ricongiungimenti familiari. Nel 2002 sono state censite a Torino 25.474 famiglie con almeno un componente straniero, l’80% composto da tutti stranieri;

2) nel 2004 il Comune di Torino ha ricevuto 2.500 richieste di certificazione di idoneità abitativa ai fini del ricongiungimento familiare. È stato accertato il riequilibrio dei generi: 52% maschi adulti (27.780) e 48% femmine adulte (25.357).

La crescita della componente femminile passa attraverso alcuni fattori:

• i ricongiungimenti familiari che coinvolgono in misura maggiore le donne;

• la crescita di alcuni gruppi a prevalente presenza femminile (vedi Paesi dell’Europa dell’Est e/o ex sovietici);

• maggiore offerta di opportunità di lavoro per profili professionali tradizionalmente svolti da donne (in particolare nell’ambito del lavoro di cura e dei servizi domestici);

• il diffondersi di matrimoni interetnici o cosiddetti misti, per la maggior parte (75%) tra uomo italiano e donna straniera. I matrimoni misti a Torino costituiscono il 12,5% del totale dei matrimoni;

3) il costante aumento del numero di minori che sono circa il 19% della totalità dei residenti stranieri (12.476);

4) i nati a Torino nel 2004 da almeno un genitore straniero costituiscono il 14% dei nati, gli incrementi del numero dei frequentanti le scuole di ogni ordine e grado sono: 5,4% alle materne; 6,2 % alle elementari; 5,7% alle medie; 3,2% alle superiori.

Si va da un minimo di un allievo ad un massimo di 186 per scuola. Vi sono infatti scuole in cui l’incidenza degli allievi stranieri è superiore al 50%.

 

I minori stranieri

L’immigrazione minorile a Torino ha cominciato a rendersi visibile sul finire degli anni Ottanta e si è accentuata con gli effetti della “Legge Martelli” del 1990.

Infatti, se un certo numero di minori si sono ricongiunti regolarmente alla propria famiglia, per molti altri, a causa delle lunghe complesse e costose pratiche di regolarizzazione, sono avvenuti ricongiungimenti di fatto; che hanno originato il cosiddetto fenomeno dei “colorati ma invisibili”, cioè bambini e ragazzi senza permesso di soggiorno ma presenti sul territorio cittadino.

La Città nell’affrontare il fenomeno dell’immigrazione minorile si è attivata soprattutto per garantire a tutti i minori una reale fruibilità dei servizi, per accogliere tutelare e proteggere i minori in stato di pregiudizio, ma anche per favorire processi di integrazione sociale e confronto tra le diverse culture.

Va detto che solo le recenti norme sull’immigrazione (Testo unico 286) hanno trasformato l’approccio giuridico al minore straniero, che da soggetto senza specifici diritti è passato come figlio di lavoratore regolare (ex legge Martelli) fino ad essere riconosciuto finalmente soggetto di diritto in quanto minorenne e quindi sottoposto alle norme di protezione e tutela previste dal nostro ordinamento.

La posizione giuridica del minore straniero nel corso di questi anni ha condizionato le politiche sociali messe in atto dalle singole realtà locali. La Città di Torino fin dal nascere del fenomeno, precorrendo anche la legislazione specifica, ha inteso rispondere ai bisogni di protezione e tutela dei minori stranieri istituendo uno specifico Ufficio minori stranieri (siamo nel 1992). L’ufficio si occupa di:

1. minori stranieri non accompagnati con progetti individuali che prevedono accoglienza, supporto relazionale e accompagnamento educativo;

2. minorenni vittime della tratta e della prostituzione per cui diventa sempre più necessario intervenire per la loro protezione sociale;

3. minori appartenenti a nuclei famigliari irregolari multiproblematici o figli di madri sole, spesso provenienti dal mondo della prostituzione, soggetti a provvedimenti dell’Autorità giudiziaria;

4. minori richiedenti asilo;

5. minori segnalati dal servizio sociale del Mini­stero della giustizia.

Nel corso di questi ultimi anni si è reso necessario un continuo adeguamento degli interventi e dell’organizzazione per rispondere con maggior efficacia ed efficienza alla crescita e alla complessità della domanda.

Sono aumentate le richieste di accoglienza urgente dei minori fermati dalle Forze dell’ordine o segnalati da altri enti o da cittadini perché soli e in grave situazione di pregiudizio o perché sorpresi a commettere reati.

A questa necessità l’Amministrazione ha risposto istituendo nel giugno del 2002 l’Ufficio di pronto intervento, operativo dalle 8 alle 20 e con un sistema di reperibilità telefonica notturna e festiva.

I minori stranieri si possono trovare in Italia in condizione diversa, pertanto risulta diversa la loro condizione giuridica e sociale: minori stranieri adottati; minori stranieri temporaneamente accolti; minori stranieri con uno o entrambi i genitori; minori stranieri non accompagnati.

 

I minori stranieri adottati

La nuova legge sull’adozione internazionale (legge 476/1998) che recepisce e rende esecutiva la Convenzione dell’Aia del 29 maggio 1993 assicura al bambino straniero adottato una serie di garanzie sulla trasparenza e linearità della procedura.

I bambini adottati all’estero sono stranieri fino alla trascrizione sui registri dello stato civile del decreto di adozione e pertanto per questo periodo, che di solito oggi è di pochi mesi, sono sottoposti all’autorizzazione amministrativa al soggiorno (art. 34 comma 3, della legge 114/1983 come risulta modificata dalla legge 476/1998).

 

I minori stranieri temporaneamente accolti

Negli ultimi anni si è notevolmente sviluppata la consuetudine di accogliere per brevi periodi bambini che provengono da Paesi in cui le loro condizioni sono precarie soprattutto dal punto di vista sanitario (vedi Chernobyl). Il fenomeno oggi ha raggiunto notevoli dimensioni: più di 50.000 bambini soggiornano temporaneamente in Italia, ospiti di famiglie che li accolgono per motivi religiosi o solidaristici o perché facenti capo ad alcune associazioni. Questo fenomeno, nato spontaneamente, doveva essere regolamentato per riuscire a continuare a garantire a questi bambini di vivere un’accoglienza impor­-tante per la loro salute e per il loro percorso di crescita, ma limitando i rischi che un’accoglienza temporanea potesse trasformarsi in una adozione non autorizzata.

Con il decreto del Presidente della Repubblica del 9 dicembre 1999 n. 535 è stato attribuito al co­mitato minori stranieri, di cui parleremo più avanti, il compito di autorizzare e vigilare su questi programmi.

 

I minori stranieri con uno o entrambi i genitori possono essere:

c nati in Italia;

c ricongiunti.

I minori stranieri nati in Italia o che hanno fatto tutto il percorso scolastico e formativo in Italia sono detti di “seconda generazione”.

 

I minori stranieri nati in Italia

La legge 5 febbraio 1992, n. 91 (nuove norme sulla cittadinanza) e le relative e successive modifiche ed integrazioni, sebbene abbia recepito alcune innovazioni per gli stranieri in merito alla concessione di cittadinanza, di fatto mantiene l’impostazione basata sullo jus sanguinis.

I bambini nati in Italia da entrambi i genitori stranieri non sono cittadini italiani, lo diventeranno, avendo soggiornato legalmente mantenendo la residenza ininterrottamente fino al compimento della maggiore età. Tale richiesta va fatta entro un anno dal compimento della maggiore età.

Lo jus soli è previsto solo per i figli di genitori ignoti o apolidi o per i figli che non seguono la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato a cui appartengono.

L’unica possibilità per un minore straniero di diventare cittadino italiano prima dei 18 anni è che il genitore diventi cittadino italiano e quindi possa trasmettere la cittadinanza al figlio se convivente.

I minori stranieri, quindi, anche se nati in Italia seguono la condizione dei genitori in merito al permesso di soggiorno e in caso di espulsione seguono il genitore.

La condizione giuridica è ben diversa, per esempio, per i figli di una coppia in cui uno dei genitori è italiano; infatti, come abbiamo visto, questi ultimi secondo il principio dello jus sanguinis sono italiani a tutti gli effetti.

Questa condizione tuttavia non esclude che entrambi siano accomunati dalle stesse problematiche derivanti dall’appartenere a due culture, dall’avere in qualche modo una duplice identità.

Tra i bimbi nati da coppie miste possiamo distinguere bambini che, pur avendo un genitore straniero, possono facilmente includersi nel gruppo maggioritario perché somaticamente invisibili, mentre altri, per il colore della pelle, anche se italiani, sono considerati stranieri. Il colore della pelle continua ad essere una variabile discriminatoria che non favorisce i processi di integrazione, resi più difficili dai pregiudizi e dagli stereotipi, da ciò che appare, piuttosto che dall’appartenenza etnica delle persone.

Molti bambini stranieri nati in Italia, in particolare tra i filippini e i cinesi, sono costretti a vivere l’esperienza del distacco precoce dalla mamma. I genitori, per motivi legati al lavoro e per la mancanza della famiglia allargata, rimandano nei paesi d’origine i loro bambini, affidandoli alle cure dei nonni o degli zii per poi riportarli in Italia verso i 5/6 anni facendo loro nuovamente ripercorrere l’esperienza del distacco affettivo da persone per loro significative.

Ci sono, in conclusione, i bimbi stranieri con famiglie monoparentali, costituite prevalentemente da madri senza partner, molto spesso irregolari, senza risorse abitative ed economiche o costrette nella tratta e nella prostituzione. Altre, poiché impegnate nei lavori di cura (colf, assistenza anziani), spesso si trovano in grande difficoltà nell’accudire il proprio figlio, perché non hanno reti parentali o di sostegno che le supportino. Per alcuni di questi casi, in presenza di gravi situazioni di pregiudizio e/o inadeguatezza genitoriale, si rende necessario sollecitare l’intervento del Tribunale per i minorenni e ricorrere o a inserimenti in strutture residenziali (comunità per mamma e bambino) o nei casi più gravi all’allontanamento del bambino.

 

I minori stranieri ricongiunti

Abbiamo visto come l’immigrazione sia ormai un fatto strutturale delle nostre città, dei nostri quartieri, alcuni dei quali sono la rappresentazione della multietnicità.

La ricomposizione delle famiglie nel nostro paese, tuttavia, non avviene in modo indolore: occorre ricostruire le lacerazioni dei lunghi distacchi tra i due coniugi e/o tra questi e i figli che non hanno potuto essere accompagnati nelle fasi più importanti dell’età evolutiva, fatto questo che in molti casi segnerà il loro percorso di crescita.

Questi bambini, generalmente in età di scuola dell’obbligo, si trovano all’improvviso in una realtà completamente diversa da quella che hanno lasciato; spesso si sono distaccati traumaticamente da figure affettive importanti: nonni, zii, cugini, amici, ecc.

L’adattamento al nuovo paese, una nuova lingua, una scuola organizzata diversamente, tempi, spazi, colori, procura in loro quelli che alcuni esperti definiscono “stress da acculturamento”.

Ci si deve abituare al cambiamento delle abitudini e degli stili di vita, fare i conti con la nostalgia del paese d’origine, la mancanza della rete famigliare e/o della comunità. Spesso, inoltre, si assiste all’entrata in crisi del rapporto della coppia genitoriale perché le necessità quotidiane nel nostro contesto provocano il ribaltamento dei ruoli all’interno della famiglia o al completo isolamento della donna.

Per quanto concerne il problema della casa è improponibile per il costo degli affitti e scarseggiano le opportunità di trovare casa per cui molti convivono con altri componenti della famiglia allargata. Con l’affollamento e la promiscuità diventano frequenti le liti e i conflitti.

Circa il lavoro dei genitori, il capovolgimento dei ruoli all’interno della famiglia in cui spesso è la donna che lavora e il marito, più soggetto alla precarietà del lavoro, si occupa della casa e dei figli, provoca problemi che si aggravano con gli adolescenti, spesso testimoni del fallimento del progetto migratorio dei genitori: lasciano gli studi perché desiderosi di lavorare per aiutare la famiglia, a volte abbandonati troppo a loro stessi dai genitori affannati tra il cercare il lavoro o fare orari che lasciano troppo poco tempo all’ascolto dei loro problemi. A questo occorre aggiungere il conflitto intergenerazionale.

Certamente gli immigrati di seconda generazione hanno aspettative diverse da quelle dei genitori: ragazzi che hanno studiato in Italia, che sono cresciuti davanti ai nostri programmi televisivi hanno sicuramente desideri di consumismo, interessi, stili di vita uguali a quelli dei ragazzi italiani e difficilmente accetteranno il trattamento che è stato riservato ai loro genitori. I lavori umili, faticosi che hanno consentito ai loro genitori di farli crescere qui in Italia verranno rifiutati. Si troveranno probabilmente di fronte ad un bivio: potranno scegliere la strada più impervia delle opportunità che consentirà loro il salto di qualità nella scala sociale. Questa strada la sceglieranno i più determinati, sempre che la scuola li metta in condizione di muoversi e trovare lavoro nella nostra società al pari dei ragazzi italiani.

Continuando a seguire il filo della metafora del bivio, resta la strada in discesa verso il lavoro informale, dequalificato che inevitabilmente li spingerà verso la frustrazione, una falsa ma necessaria ricerca dell’identità che può portare a riconoscersi nei gruppi più integralistici e pericolosi o verso la criminalità nostrana che ormai usa ed è connivente con quella degli stranieri. Per i servizi sociali, educativi e scolastici, occuparsi della seconda generazione è indispensabile; ci aspetta comunque un compito impegnativo dove il problema della cittadinanza e quindi il pieno godimento dei diritti che ne derivano, è sicuramente il passo che si deve affrontare nell’immediato.

 

Minori stranieri non accompagnati

Un giudice minorile sulla rivista Minori Giustizia n. 3/1999, ha definito la condizione giuridica del minore straniero «come la foce di un fiume dove l’acqua dolce e quella salata si toccano confondendosi e scontrandosi». Infatti la condizione del minore si tocca e si confonde con quella dello straniero. A seconda del luogo dove il minore si trova «la marea oscilla ora verso il mare ora verso il fiume, a volte l’acqua salata del problema degli stranieri indurisce la legislazione minorile  e a volte l’acqua dolce del trattamento dei minori ammorbidisce quello stra­niero».

Questa metafora rende perfettamente l’idea della complessità e delle contraddizioni in cui si muovono gli operatori che si occupano di minori stranieri, in particolare quelli non accompagnati.

Il quadro normativo a livello internazionale e nazionale è ben articolato, garantisce ai minori il massimo della protezione e tutela ma la necessità di governare e contenere il fenomeno migratorio (i dati indicano una presenza in Italia di 20.000 minori stranieri non accompagnati) demanda ad un organo amministrativo centrale (Comitato per i minori stranieri) la decisione sulla permanenza o meno del minore.

In applicazione del decreto legislativo 286/1998, articolo 33, il 9 dicembre 1999 è stato approvato con decreto n. 535, il regolamento che istituisce il Comitato per i minori stranieri, dove all’art. l, comma 2, viene definita la tipologia del «minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato» intendendo riferirsi a quel «minorenne non avente cittadinanza o di altri Stati dell’Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento ita­liano».

Al Comitato, istituito nel tentativo di governare un fenomeno che sfugge a qualsiasi controllo, sono attribuite le seguenti funzioni:

• per i “minori accolti”, cioè i minori temporaneamente ammessi nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea, il Comitato decide sulle richieste di enti, associazioni o famiglie per l’ingresso, l’affidamento temporaneo e il rimpatrio di tali minori;

• per i “minori presenti non accompagnati” sono previsti:

1. il censimento;

2. l’accertamento dello status di minori non ac­compagnati;

3. la ricerca dei familiari dei minori, avvalendosi della collaborazione delle amministrazioni pubbliche e di organismi nazionali e internazionali con i quali il Dipartimento per gli affari sociali può stipulare convenzioni;

4. il rimpatrio assistito;

5. la proposta al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni e finanziare programmi finalizzati all’accoglienza e al rimpatrio dei minori non accompagnati.

La normativa che riguarda i minori non accompagnati fa riferimento:

• alle norme relative ai minori (Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, Codice civile, legge 28 marzo 2001, n. 149 “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184”, recante “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” nonché al titolo VIII del libro primo del Codice civile);

• alla normativa sull’immigrazione (Testo unico sull’immigrazione 286/1998 e successive modificazioni, legge 30 luglio 2002, n. 189 “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo oltre alle risoluzioni, direttive e circolari in materia”).

Se si escludono i minori richiedenti asilo, la cui competenza in merito al loro status è della commissione asilo e le minorenni vittime della tratta e sfruttate nella prostituzione che hanno diritto al percorso sociale, sono considerati indistintamente minori non accompagnati non solo i minori migranti per ragioni economiche, sociali, sportive e i minori devianti o che vivono situazioni di vita marginale, ma anche quelli arrivati al seguito di parenti o conoscenti.

L’affidamento familiare è contemplato dai servizi del Comune di Torino quale possibile misura di intervento per minori appartenenti a nuclei in difficoltà, ancor prima dell’entrata in vigore della legge 184/1983.

Il lavoro svolto in tutti questi anni ha consentito la verifica di un processo evolutivo che è stato possibile applicare anche ad altre categorie di risposte ai bisogni, oltre a quelli tradizionali, per esempio per i disabili e gli anziani, con possibili diversificazioni dall’affidamento diurno, residenziale all’affidamento temporaneo.

Gli affidi a famiglie o singoli immigrati, peraltro già sperimentati dal nostro ufficio su alcuni casi sia sotto forma di affido diurno che residenziale, risultano, in generale, ancora prematuri per l’attuale situazione delle famiglie immigrate.

Le esperienze avviate non ci consentono ancora di ritenere consolidato un positivo risultato, perché sono numericamente contenute e perché le famiglie disponibili appartengono ad una ristretta categoria di immigrati per lo più operanti nell’ambito dei servizi alla persona.

Intendiamo, comunque, continuare attraverso la sensibilizzazione e la diffusione delle informazioni nell’individuazione di tali risorse perché crediamo possano essere un valido strumento di intervento educativo per i minori e anche un riconoscimento sociale delle famiglie immigrate disponibili.

 

 

 

 

Tabella n. 1

 

Paese                                                                     Uomini                                 Totale                                                Donne                                   Totale                     Totale

di provenienza                                       <18 anni                >18 anni             parziale                               <18 anni          >18 anni                     parziale            complessivo

Romania                            1.387            8.775        10.162                    1.305        8.194               9.499          19.661

Marocco                          1.603            6.687         8.290                     1.497        3.523               5.020          13.310

Perù                                     409              1.398         1.807                       473          2.759               3.232           5.039

Albania                              473              1.849         2.322                       398          1.321               1.719           4.041

Cina popolare                 462              1.198         1.660                       449          1.070               1.519           3.179

Egitto                                 324              1.130         1.454                       310           341                  651             2.105

Filippine                              258               626            884                        182          1.011               1.193           2.077

Nigeria                                200               387            587                        181          1.163               1.344           1.931

Moldavia                           71                502            573                         75            801                  876             1.449

Brasile                                86                444            530                         98            674                  772             1.302

 

 

 

 

* Responsabile dell’Ufficio minori stranieri del Comune di Torino. Relazione tenuta al seminario di Torino del 27 gennaio 2005 sul tema “Le nuove frontiere dell’affidamento familiare: i minori stranieri”, organizzato dall’Associazione nazionale famiglie  adottive e affidatarie e dalla Fondazione promozione sociale con il contributo dei Servizi sociali del Comune di Torino e con la collaborazione del Centro dei servizi per il volontariato Vssp.

 

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