Prospettive assistenziali, n. 155, luglio - settembre 2006
Notiziario
dell’Unione per la tutela degli insufficienti mentali
OSSERVAZIONI E PROPOSTE IN MERITO
ALLA BOZZA DEL PIANO SOCIO-SANITARIO DELLA REGIONE PIEMONTE
L’Utim è una associazione che si
occupa, nell’ambito regionale, delle problematiche riguardanti le persone con
handicap intellettivo e delle loro famiglie.
Riportiamo
di seguito le note esposte dal presidente dell’utim nel corso dell’audizione.
–
Abbiamo letto con soddisfazione che finalmente viene
dato risalto al volontariato intrafamiliare (pag. 98). Riteniamo però che ora
si debba andare oltre l’enunciazione e prevedere le risorse necessarie oltre
che indicare le modalità attraverso le quali il volontariato verrà
concretamente riconosciuto.
– Altro
punto che abbiamo apprezzato è quello relativo al
proponimento, riferito alle strutture assistenziali, contenuto nel Piano (pag.
98) di realizzare «una rete diffusa di
strutture di contenute dimensioni». è
però negativo il fatto che le «contenute
dimensioni» non siano meglio specificate; è opportuno che queste siano qualificate con
precisione, così come non viene fatto cenno alcuno alla possibilità oggi
esistente ma che, secondo noi, il Piano dovrebbe vietare, di accorpare tali
strutture fra loro, altrimenti risulterebbe di fatto nuovamente autorizzata
l’esistenza degli istituti. Anche se divisi da
tramezze interne.
–
Riteniamo indispensabile che siano stanziati fondi per permettere l’ampliamento
della rete territoriale delle strutture con l’obiettivo dichiarato di
realizzare nel corso della legislatura almeno un centro diurno e una comunità alloggio ogni trentamila abitanti. Il che non significa che
dove ve ne siano di più non debbano essere erogati ulteriori
finanziamenti per aprire altre strutture ancora necessarie, ma che nelle zone
più arretrate bisogna dare un incentivo in più. L’obiettivo resta comunque sempre quello di dare risposte ai bisogni.
–
Chiediamo inoltre che tali finanziamenti siano erogati solo a Comuni, Consorzi
di Comuni, Comunità montane perché riteniamo strategicamente importante che la
proprietà delle strutture finanziate con i soldi pubblici restino
in capo agli enti pubblici così come le responsabilità di assicurare i servizi
sono in capo ai Comuni, ai Consorzi di Comuni, alle Comunità montane. Altro
discorso quello riguardante la gestione del servizio
che così come prevedono le leggi del settore possono essere in proprio, in
concessione, in accreditamento.
–
Abbiamo rilevato che in alcuni centri diurni e comunità alloggio
vi sono posti non occupati non perché mancano le richieste, ma perché le Asl non garantiscono l’erogazione delle quote messe a loro
carico dai Lea (Livelli essenziali di assistenza) e dalla legge regionale
1/2004 e dunque i Comuni e i Consorzi non attivano i servizi per mancanza di
risorse. Questo è una grave lesione dei diritti garantiti dai Lea. Alle Asl vengono trasferiti dalla
Regione fondi appositamente destinati ai servizi suddetti ed è ingiustificato
tale comportamento. Per ovviare a questi abusi o, quantomeno, mancanze di attenzione ai bisogni delle persone con handicap
intellettivo e alle loro famiglie sarebbe sufficiente, a nostro avviso,
trasferire direttamente dal bilancio della sanità a quello dei servizi sociali
le quote riservate a questi servizi. In tale modo sarebbe possibile l’erogazione
direttamente dal settore assistenziale, evitando quindi che ricadano sugli
utenti le inadempienze delle Asl e/o le lungaggini
che comunque questo passaggio in più comporta.
– Un
ultimo punto (segnato fra le criticità a pag. 105) riguarda la mancanza di
strutture, sia di centri diurni che di comunità
alloggio, che accolgano le persone che sono affette prevalentemente da disturbi
di tipo psicotico. Tale mancanza ha fatto sì che in casi di necessità, ad
esempio l’impossibilità per il nucleo familiare di continuare ad occuparsi del loro congiunto, queste persone siano state
inserite in centri diurni e comunità alloggio strutturate ed organizzate per
l’accoglienza di persone con handicap intellettivo. Quando ciò succede sono
frequenti i problemi che si creano nel servizio, sia perché il personale non è
adeguato, sia perché talora i comportamenti aggressivi dei primi si sono
rivolti verso i secondi che sono del tutto succubi per
il loro tipo di handicap. Sono evidenti a qualsiasi operatore del settore i
rischi che queste commistioni provocano. Sarebbe auspicabile che il Piano
sanitario prendesse in considerazione il problema e si proponesse di dare
risposte ad entrambe le tipologie di handicappati, come è
doveroso che sia, ma in strutture appositamente pensate e con personale
adeguato alle esigenze degli utenti che sono evidentemente diversi.
Per
quanto riguarda le nostre richieste alleghiamo i punti della petizione popolare
in corso che si riferiscono ai problemi sopraccitati:
1. Centri diurni
per i soggetti con handicap intellettivo grave
Si
chiede l’istituzione da parte di tutti gli enti gestori delle attività
socio-assistenziali (Comuni, Consorzi socio-assistenziali, Comunità montane,
ecc.) di un numero sufficiente di centri diurni (almeno uno
ogni 30mila abitanti), aventi al massimo 20 posti, per i soggetti adulti con
handicap intellettivo grave, impossibilitati, a causa delle loro condizioni, a
svolgere attività lavorative proficue. Detti centri devono assicurare la
frequenza per almeno 40 ore alla settimana (8 ore per
5 giorni) e garantire le attività rivolte alla conservazione della massima
autonomia possibile. La frequenza dei centri diurni deve essere assicurata
anche ai soggetti ricoverati
presso comunità alloggio o altre strutture residenziali. Le spese relative alla gestione dei centri diurni, comprese quelle
concernenti la mensa e il trasporto degli utenti, devono essere totalmente
assunte dagli enti gestori di cui sopra.
2. Ricoveri presso comunità alloggio di soggetti
con handicap intellettivo
Si ribadisce ancora una volta la necessità e l’urgenza che
3. Iniziative per
gli adulti colpiti da disturbi psichiatrici
Si
chiede che
– garantire agli adulti colpiti da disturbi psichiatrici, impossibilitati a
svolgere attività lavorative proficue, contributi terapeutici, alternativi al ricovero, come
stabilito dalla delibera del Consiglio regionale piemontese n. 245-11964 del 31
luglio 1986, volti a garantire il necessario economico per vivere;
–
prendere in carico da parte dei dipartimenti di salute mentale delle Asl i soggetti che
presentano prevalenti problemi sanitari (ivi comprese le psicosi) anche se
associati ad insufficienza mentale;
– riconoscere il diritto alle cure domiciliari ai soggetti con limitata o
nulla autonomia e il volontariato intrafamiliare come indicato al punto 1;
–
assumere i provvedimenti necessari affinché in tutti i casi previsti dalla
legge 6/2004 venga proposta dai responsabili dei
servizi sanitari e sociali la nomina da parte del giudice tutelare
dell’amministratore di sostegno;
–
definire le modalità per la predisposizione – da concordare con l’utente,
l’amministratore di sostegno ed i congiunti volontari intrafamiliari
– del piano personalizzato di intervento, il cui testo
deve essere consegnato ai soggetti sopra indicati;
–
predisporre, nella misura di almeno uno ogni 50mila
abitanti, centri diurni aperti 48 ore settimanali (8 ore per 6 giorni);
–
predisporre gruppi appartamento per soggetti (massimo 5 per ciascun gruppo) non
in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze,
ma necessitanti di un sostegno saltuario;
–
realizzare almeno una comunità alloggio ogni 30mila abitanti con capienza
massima di 8 posti più 2 per le emergenze per i soggetti adulti con problemi
psichiatrici tali da impedire la loro permanenza a domicilio o presso gruppi
appartamento;
– gli
appartamenti delle comunità alloggio devono essere inseriti nel vivo del contesto sociale del territorio in cui la persona è vissuta,
salvo i casi in cui detto principio contrasti con le esigenze del soggetto;
devono inoltre essere di proprietà delle Asl, allo
scopo di poterli gestire direttamente senza l’incubo di sfratto o di affidarne
il funzionamento ad altri enti, ma conservando la facoltà di cambiare gestore
nei casi di inadeguato trattamento degli utenti;
–
definire con la massima urgenza possibile il
trasferimento a domicilio, nei gruppi appartamento e nelle comunità alloggio,
dei pazienti attualmente sistemati presso pensioni e altre strutture
residenziali (ad esempio Raf);
–
realizzare comunità alloggio, almeno una ogni Asl, a totale carico del Servizio sanitario regionale per i
minori con problemi psichiatrici tali da rendere, anche transitoriamente,
sconsigliabile sul piano terapeutico la loro permanenza nel loro nucleo
famigliare d’origine o affidatario o adottivo;
– recepire e attuare nei dipartimenti
di salute mentale il decreto del Presidente della Repubblica concernente il
Progetto obiettivo della salute mentale, garantendo i necessari finanziamenti.
4. Abolizione delle strutture ghetto
Si chiede che
5. Recepimento da parte dei Comuni singoli e
associati delle norme contenute nella legge della Regione Piemonte n. 1/2004
che garantiscono ai cittadini diritti esigibili
Si chiede ai comuni singoli e associati di recepire mediante apposita delibera (com’è stato fatto
dall’Assemblea consortile dei Comuni di Collegno e Grugliasco il 22 febbraio 2006) le norme della legge
regionale 1/2004 in cui sono riconosciuti diritti esigibili, è prevista la
possibilità di ricorso nei casi in cui non vengano erogate le prestazioni
richieste (articoli 18 e 22) e sono definiti i criteri e i tempi riguardanti le
risorse finanziarie che i Comuni devono assicurare ai Consorzi preposti alla
gestione delle attività socio-assistenziali (articolo 35).
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