Prospettive assistenziali, n. 155, luglio - settembre 2006

 

 

PROSPETTIVE DELL’ADOZIONE INTERNAZIONALE

 

 

 

Riportiamo la relazione tenuta da Hervé Boéchat del Servizio sociale internazionale di Ginevra al seminario formativo organizzato dalla Regione Piemonte, svoltosi a Torino il 1° febbraio 2006, sottolineando l’estrema importanza dell’affermazione secondo cui «per rispondere veramente alle esigenze dei minori e non a quelle degli adottanti, l’adozione dovrebbe essere fondata sull’invio, da parte dei Paesi di origine verso i Paesi in cui l’adozione può essere realizzata, delle notizie concernenti i minori da adottare con l’adozione internazionale e non – come molto spesso avviene attualmente – con la trasmissione, da parte dei Paesi di accoglienza verso i Paesi di origine dei minori, della documentazione dei numerosi candidati adottanti alla ricerca di minori con determinate caratteristiche e che non hanno alcun bisogno di essere inseriti in una famiglia straniera». Come risulta dalla stessa relazione, a seguito dell’attuazione del suddetto principio, la Provincia di Alegre (Brasile) «non è più sommersa da istanze di genitori che decidono di adottare e può ormai impegnarsi prioritariamente sulle esigenze dei minori». Invece, non siamo assolutamente d’accordo sulla proposta contenuta nella relazione di Boéchat, riguardante l’adozione «semplice o aperta, che permette di mantenere i legami sviluppati da alcuni minori adottati con membri della propria famiglia d’origine» in quanto la presenza di legami affettivi con i propri congiunti d’origine dovrebbe bloccare sempre e ovunque ogni possibilità di adozione. Infatti, l’adozione nazionale o internazionale, do­vreb­be essere esclusivamente praticata nei confronti dei minori totalmente privi di sostegno morale e materiale da parte dei genitori e degli altri congiunti.

 

 

TESTO DELLA RELAZIONE

 

1. Situazione attuale

L’accoglienza di bambini di origine straniera in vista della loro adozione ha assunto negli ultimi trent’anni una diffusione sempre maggiore e non ha mai smesso di crescere. Tale evoluzione, che ha toccato tutti i Paesi di accoglienza nel mondo (tradizionalmente Europa e America del Nord), determina un considerevole movimento dei minori, principalmente quelli dei Paesi in via di sviluppo, verso i Paesi industrializzati. Secondo stime, da oltre vent’anni in tutto il mondo vengono adottati annualmente tra i 15 mila e i 20 mila fanciulli.

Ora, da qualche anno, si è constatato che questo fenomeno esercita una pressione sempre maggiore sui Paesi di origine, al punto tale che non è raro analizzare la situazione attualmente prevalente nel settore dell’adozione internazionale in termini economici. La richiesta di minori adottabili è superiore all’offerta e questo squilibrio ha aperto la porta a numerose forme di abuso, ad esempio commerci, a discapito dell’interesse dei bambini. Innumerevoli sono gli esempi: falsi certificati di nascita rilasciati con il cognome dei genitori adottivi, spostamento di madri incinte nei Paesi di residenza dei genitori adottivi, acquisto di bambini negli “orfanotrofi”, cataloghi di bambini adottabili accessibili su internet, ecc.

Tale deriva è stata denunciata da alcune istituzioni politiche da molti anni: infatti, il 2 dicembre 1999, la Commissione affari sociali, salute e famiglia del Consiglio d’Europa, nel rapporto dal titolo “Per il rispetto dei diritti dei minori nell’adozione internazionale”, si levava contro la trasformazione dell’adozione internazionale in un vero e proprio mercato, governato dalle leggi del capitalismo della domanda e dell’offerta e caratterizzato dal flusso a senso unico dei bambini provenienti dai Paesi poveri o in via di sviluppo verso i nostri Paesi sviluppati (1).

Diversi Paesi d’origine hanno adottato provvedimenti al fine di reagire a tale situazione. La ratifica della Convenzione de L’Aja sulla tutela dei bambini e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale, nonché della Convenzione sui diritti dell’infanzia hanno comportato importanti cambiamenti sia nell’organizzazione amministrativa che nelle procedure giuridiche di definizione dell’idoneità all’adozione internazionale dei minori. Tali misure non sono naturalmente prive di effetti per quanto concerne il numero dei bambini adottabili da parte di coppie straniere. Altri Paesi hanno approvato moratorie sulle adozioni internazionali al fine di metter un freno al flusso incessante di richieste.

D’altro canto, l’evoluzione dei modelli familiari nelle società occidentali, le possibilità molto limitate di adozione nazionale, l’accessibilità ai mezzi di trasporto e ai mezzi di comunicazione sono elementi che hanno influito in modo diretto sull’adozione internazionale, questa volta dal lato della domanda.

I bambini in difficoltà sembrano così vicini a noi che spesso non si comprende perché sia così difficile affidarli alle famiglie che desiderano accoglierli.

La definizione di norme legislative internazionali o la decisione di sospendere le procedure con alcuni Paesi d’origine considerate poco sicure, ovvero pericolose, sono ancora intese negativamente dai genitori candidati all’adozione, dalla comunità e a volte dagli interessati che li percepiscono spesso come intralci alla realizzazione di un progetto familiare anziché come misure di tutela dei minori.

Il desiderio di adozione è una nobile intenzione, ma l’intensità di tale sentimento a volte impedisce a coloro che lo nutrono di prendere coscienza della realtà in cui è inserita la loro richiesta. Vista dall’Occidente, l’adozione internazionale conserva l’immagine ideale del salvataggio di un bambino dalla miseria del terzo mondo. Ma, ed è proprio qui che sta il paradosso, se è vero che migliaia di bambini in tutto il mondo avrebbero bisogno di essere adottati, ad esserlo non sono sempre quelli che ne hanno la necessità. I professionisti del settore concordano nel ritenere che l’adozione internazionale attraversa una crisi che suscita comportamenti pericolosi. Vista la complessità della posta in gioco e delle situazioni e la mancanza di mezzi adeguati, è evidentemente difficile trovare soluzioni globali che possano rispondere a tali esigenze.

Esponendo brevemente alcune delle cause che influenzano direttamente i rapporti tra offerta e domanda, cercherò di mettere in evidenza i meccanismi che hanno portato alla situazione attuale dell’adozione internazionale. Su tale base e in considerazione delle norme giuridiche internazionali, sarà più agevole comprendere la direzione che potrebbe assumere in futuro questa forma di filiazione.

 

2. Prospettive dei Paesi di origine

Se si esamina la situazione dei Paesi d’origine, si constata che sono molteplici i fenomeni che rivestono un ruolo importante nell’evoluzione delle pos­sibilità di adozione nei vari contesti. Ad esempio: conflitti, problemi interni (Corea, Vietnam, Ro­ma­nia); inadeguatezza del potere costituito (Cambogia, Guatemala); crisi economica, economia in transazione (Paesi dell’Europa dell’Est); aspetti politico-legislativi, contesto economico (Corea, India, Cile); misure amministrative (Tailandia); decisioni di natura giudiziaria (India).

Un’analisi sommaria di questi elementi porta a pensare che, in alcuni Paesi di origine, il numero dei minori bisognosi di protezione diminuirà:

– a causa del miglioramento delle condizioni economiche, sociali e politiche, della diffusione dei metodi contraccettivi, dell’aumento degli aborti, nonché della maggior accettazione sociale delle nascite avvenute al di fuori del matrimonio;

– grazie allo sviluppo di politiche di aiuto alla gioventù, privilegiando il sostegno ai nuclei di origine;

– con l’aumento delle adozioni nazionali nei Paesi di origine (principio di sussidiarietà).

Nello stesso tempo occorre tener conto, sia nei Paesi di accoglienza che in quelli di origine, della diminuzione delle adozioni irregolari, dovuta alla lotta contro il commercio dei bambini e al rafforzamento delle misure poste a garanzia del rispetto dei diritti di tutti gli interessati.

 

3. Prospettive dei Paesi di accoglienza

I Paesi di accoglienza fanno fronte a richieste di adozione molto consistenti che, senza entrare nel merito delle motivazioni individuali, sono legate a concezioni sociali anch’esse in evoluzione:

a) l’evoluzione dei principi morali e della vita privata (diminuzione dei tassi di natalità, maggiore controllo delle nascite con l’utilizzo di contraccettivi, legalizzazione dell’aborto e accettazione sociale delle famiglie monoparentali) sono fattori che hanno ridotto l’abbandono di minori, e quindi anche le possibilità di adozione nazionale. D’altro canto, a causa della diminuzione della fertilità (2) e dei cambiamenti culturali e ideologici nei confronti dell’adozione internazionale, il numero delle domande di adozione è rimasto relativamente alto, sostenuto anche da una maggiore apertura al mondo legata allo sviluppo dei mezzi di trasporto e di comunicazione;

b) l’adozione internazionale “umanitaria” come forma di impegno morale, risposta solidale di una società benestante verso la sofferenza dei più deboli. Gli slanci di adozione seguiti allo tsunami all’inizio del 2005 ne sono un chiaro esempio;

c) il potere delle immagini è senza dubbio un fattore determinante nella percezione individuale del mondo; contribuiscono a creare nell’opinione pubblica visioni spesso drammatiche della realtà dei Paesi in via di sviluppo e inducono a pensare che migliaia di bambini potrebbero essere salvati se venissero adottati. Ma tali immagini colgono solo aspetti parziali e legati a determinati periodi e quindi rappresentano solo una parte della realtà;

d) infine, a seguito dei nuovi modelli familiari, si sono rivolti all’adozione gruppi molto specifici (persone sole, coppie omosessuali). Anche questo aspetto contribuisce ad aumentare le richieste.

Come ha rilevato la Commissione europea citata in precedenza, è possibile constatare sulla base dei suddetti elementi che «le motivazioni dei Paesi occidentali in merito all’adozione provenivano in origine da una volontà generosa di aiutare i bambini abbandonati, in condizioni di povertà. Ma nei nostri Paesi industrializzati, l’adozione internazionale è diventata oggi molto spesso una risposta alla mancanza di bambini adottabili e all’infertilità delle coppie (…). Le esigenze dei minori sono quindi considerati di meno alla rivendicazione del diritto al bambino ad ogni costo. Nell’opinione pubblica si diffonde il concetto di un presunto diritto ad adottare, con la creazione di un vero e proprio mercato dell’adozione, situazione esplicitata in modo sconcertante dall’adozione di bambini tramite cataloghi visionabili su internet. E, infine, il bambino diventa un oggetto di scambio di beni materiali. L’adozione internazionale deve permettere ad un bambino di trovare una madre ed un padre nel rispetto dei propri diritti e non deve soddisfare il desiderio dei genitori stranieri di avere ad ogni costo un figlio».

Se l’adozione internazionale si evolve, le concezioni sociali e giuridiche che la plasmano devono parimenti seguire tale cambiamento. Abbiamo constatato che sono soprattutto l’aspetto emozionale e le circostanze ad aver guidato i candidati verso questo o quel Paese. Il minore è stato oggetto di una ricerca che, per quanto nobile possa essere, ha permesso innanzitutto di avere un bambino da parte di coloro che lo desideravano. Ora, è precisamente questa evoluzione che ha condotto ad una concezione sociale errata dell’istituto stesso dell’adozione. Se ai Paesi di origine, l’adozione offre una risposta al bisogno di tutela dei minori, l’adozione consente ai futuri genitori adottivi, che hanno desiderato di adottare un bambino, di formare una famiglia.

L’istituto dell’adozione è quindi diventato progressivamente una risposta ad un altro problema della società, ovvero alla soddisfazione del bisogno delle coppie di formare una famiglia, essendo nell’incapacità di procreare. Poiché non ci sono bambini adottabili in numero sufficiente nel territorio nazionale, l’adozione, creata per garantire il benessere psicosocíale del minore, è divenuta oggi uno strumento atto a favorire la formazione di una famiglia. I testi giuridici più recenti tendono ormai a ribaltare tale logica e pongono il minore al centro dell’adozione.

 

4. Contesto legale

4.1. L’interesse superiore del minore

Secondo l’articolo 3 della Convenzione sui diritti dell’infanzia, l’interesse superiore del minore deve essere una considerazione primaria in tutte le decisioni che lo riguardano, sia che si tratti di istituzioni pubbliche o private di tutela sociale, di tribunali, di autorità amministrative o di organi legislativi. In materia di adozione internazionale, tale principio è al centro delle norme che la regolamentano: la Convenzione sui diritti dell’infanzia (articolo 21) e la Convenzione de L’Aja (articolo 1, art. 4 comma b), articolo 16, n. 1, lettera d) lo affermano in modo molto esplicito. Tale principio implica una valutazione dell’interesse del minore caso per caso e si oppone ad un approccio molto generico che considera l’adozione di un minore in ogni caso vantaggiosa per quest’ultimo. Tradotto in termini macro-economici, l’interesse superiore del minore implica che sia l’offerta ad essere presa in considerazione come priorità e non la domanda. Lo slogan ormai celebre “una famiglia per un minore, anziché un minore per una famiglia” chiarisce bene questo principio di base, anche se la realtà evidenzia che è ancora ben lungi dall’essere applicato.

Quindi, la procedura attuale consiste, per gli Stati di accoglienza, nel trasmettere ai Paesi di origine la documentazione dei genitori che desiderano adottare. Le autorità di tali Paesi si ritrovano quindi con montagne di pratiche di genitori ai quali attribuire minori sulla base di liste d’attesa. Ora, viene affermato dal Servizio sociale internazionale che «per rispondere veramente alle esigenze dei minori, e non a quelle degli adottanti, l’adozione dovrebbe essere fondata sull’invio da parte dei Paesi di origine verso i Paesi in cui l’adozione può essere realizzata, delle notizie concernenti i minori da adottare con l’adozione internazionale e non – come molto spesso avviene attualmente – con la trasmissione, da parte dei Paesi di accoglienza verso i Paesi di origine dei minori, della documentazione dei numerosi candidati adottanti alla ricerca di minori con determinate caratteristiche e che non hanno alcun bisogno di essere inseriti in una famiglia straniera».

La Provincia di Porto Alegre (Brasile), che ha provveduto a tale ribaltamento, constata che non è più sommersa da istanze di genitori che desiderano adottare e che può ormai impegnarsi prioritariamente sulle esigenze dei minori.

4.2. Il principio di sussidiarietà

Il rispetto dei principi di sussidiarietà fa parte di quegli aspetti che devono essere considerati prima di pronunciarsi sull’idoneità all’adozione del minore: le autorità competenti del Paese di origine devono «vagliare diligentemente le possibilità di sistemare il minore nel proprio Stato d’origine» (articolo 4, lettera b) della Convenzione de L’Aja).

Questa norma compare anche nell’articolo 21, lettera a) della Convenzione sui diritti dell’infanzia.

Un’applicazione concreta del principio di sussidiarietà implica ovviamente la promozione dell’adozione nazionale. Come è stato detto in precedenza, questa procedura è già presente in diversi Paesi d’origine (India, Corea del Sud, Colombia, ad esempio) e, quando viene messa in atto, ha spesso come conseguenza l’aumento dell’età media dei minori adottabili a livello internazionale, essendo i più piccoli adottati da coppie nazionali.

4.3. L’idoneità all’adozione

La nozione di “idoneità all’adozione” varia secondo i contesti socioculturali. La definizione dell’abbandono e le norme relative all’adottabilità devono tener conto di queste realtà, di conseguenza deve essere presa in considerazione la legge dell’adottato e non quella dell’adottante. È quanto prevede l’articolo 4 lettera a) della Convenzione dell’Aja, che subordina l’adozione a una decisione relativa all’idoneità all’adozione del minore (parimenti prevista dall’articolo 21, lettera a) della Convenzione sui diritti dell’infanzia) che deve essere assunta dallo Stato d’origine secondo le norme applicabili della legge e tenendo conto dei fattori culturali e psicosociali.

Sulla base di queste stesse disposizioni, il Servizio sociale internazionale mette in evidenza che la dichiarazione di idoneità all’adozione comprende due aspetti distinti e complementari:

– l’idoneità psicosociale è determinata sia dalla constatazione che la presa in carico del minore da parte della famiglia d’origine è impossibile, sia dalla valutazione dell’attitudine del minore a inserirsi positivamente in un ambiente familiare;

– l’idoneità giuridica stabilisce la rottura dei legami di filiazione con i genitori dì origine, nelle forme previste dalla legislazione nazionale.

Determinare l’idoneità all’adozione significa anche tener conto del numero di minori adottabili e quindi anche della quantità e delle caratteristiche dei candidati adottanti individuati a livello nazionale ed internazionale per rispondere ai bisogni dei minori.

Su questa base sarà possibile valutare la possibilità di trovare, a livello nazionale, idonee famiglie adottive e quindi informare gli Stati di accoglienza affinché adeguino le richieste dei candidati adottanti ai bisogni dei minori che non possono essere adottati da coppie nazionali. La messa in atto di questa procedura ideale resta tuttavia limitata alle possibilità concrete di intervento dei relativi sistemi amministrativi non sempre sufficientemente attrezzati e validi, anche per quanto concerne, ad esempio, la registrazione delle nascite.

Per quanto concerne l’aspetto legislativo brevemente presentato in precedenza emerge chiaramente che, per il rispetto dell’interesse superiore del minore, del principio di sussidiarietà e dell’idoneità all’adozione, occorre incontestabilmente che i bisogni del minore siano posti al centro della procedura riguardante l’adozione internazionale. Le organizzazioni specializzate sull’adozione internazionale non cessano di sostenere questa posizione anche se, sempre a causa della differenza tra domanda ed offerta, non è raro constatare un’inversione di tale principio nella ricerca di minori in grado di corrispondere ai desideri degli adottanti.

Il Servizio sociale internazionale ha ricordato in svariate occasioni che l’interesse superiore del minore deve essere il punto di partenza del processo finalizzato alla sua adozione, che tale processo deve essere messo in moto solo quando la situazione del minore lo richiede e non perché vi sono persone che esprimono il desiderio di adottarlo o solo alla ricerca di un bambino.

 

5. I minori bisognosi di adozione internazionale

Questa è la questione fondamentale che si pone oggi, essenzialmente sotto l’aspetto pratico. Se si sono posti i principi teorici che tendono, l’abbiamo visto, a fare dell’adozione internazionale una risposta ai minori per i quali non esiste alcuna altra soluzione, la difficoltà riguarda in effetti la localizzazione e l’identificazione di questi minori.

Come ha constatato il Capo dell’Autorità centrale svizzera «le procedure e i criteri applicati variano talmente da un Paese d’origine all’altro che è arduo ottenere una visione d’insieme delle prassi in vigore. Se la preparazione in vista dell’adozione e l’accertamento dell’idoneità ad adottare da parte di una coppia o di una persona sola si effettuano generalmente in modo molto rigoroso, è spesso invece difficile sapere in quale Paese è possibile e consigliato adottare un minore. Accogliere un piccolo colombiano di due anni e in buona salute, dei gemelli di cinque anni originari della Moldavia o un minore etiope di pochi anni sono situazioni differenti. Ora, a causa della mancanza di informazioni, è molto spesso impossibile sapere quali sono i minori dei vari Paesi che hanno bisogno dell’adozione internazionale».

Naturalmente spetta ai Paesi di origine adempiere a tale compito, malgrado le difficoltà endemiche alle quali devono far fronte. Alcuni Paesi hanno compiuto progressi ed informano i Paesi di accoglienza sui bisogni dei minori adottabili, in particolare per quanto concerne l’età e la salute. Ma quasi sempre sono i Paesi di accoglienza che devono provvedere a raccogliere le necessarie informazioni.

5.1. L’età

L’età del minore è ovviamente la preoccupazione maggiore degli aspiranti adottanti e la questione rischia di diventare sempre più cruciale, in particolare considerando le iniziative assunte da un numero crescente di Paesi d’origine (si vedano gli esempi qui di seguito riportati).

5.2. Lo stato di salute

Anche le condizioni di salute del minore sono una preoccupazione naturale degli adottanti. Ma anche in questo caso, si constata che ì Paesi di origine consentono l’adozione internazionale sempre in misura inferiore per quanto concerne i minori in buona salute (adottati a livello nazionale) e che l’adozione internazionale riguarda in modo particolare i fanciulli colpiti da malattie o da handicap, lievi o gravi, nonché i bambini da accogliere insieme ai loro fratelli e sorelle.

Non può nemmeno essere fatta astrazione del fatto che, nella maggioranza dei casi, i genitori che desiderano adottare lo fanno per creare una famiglia a immagine di coloro che li circondano. Quindi, come tutti i genitori, desiderano avere un bambino in buona salute, ciò che è estremamente umano. D’altra parte, i minori bisognosi di adozione saranno sempre più bambini con problemi particolari.

è possibile conciliare questi due assiomi? È naturalmente escluso esigere dai genitori di farsi carico dei minori con difficoltà inferiori a quelle che essi ritengono di essere in grado di affrontare, inoltre non ci si può sostituire ai servizi sociali carenti dei vari paesi.

La capacità di accoglienza dei genitori deve essere rispettata ed è un errore spingerli, a causa della mancanza di altri fanciulli, verso minori con esigenze molto specifiche, tenuto anche conto dei rischi che questo comportamento può comportare. Le società di accoglienza sono d’altra parte pronte a prendere in carico questi minori e ad assumersene i costi sociali derivanti?

L’associazione dei genitori adottivi “Québec-Adoption” pone la questione in questi termini: «Adottare, come mettere al mondo un bambino, comporta dei rischi; tutti i futuri genitori dovrebbero accettare il rischio legato al fatto di avere un bambino malato o handicappato». Questa posizione è accettabile, ovviamente a condizione che i rischi e le capacità siano ben valutati. Il periodo in cui avviene la selezione dovrebbe permettere di sensibilizzare i candidati in merito a questa questione.

5.3. Esempi di situazioni in alcuni Paesi di origine

Brasile: I bambini più piccoli sono affidati prevalentemente a famiglie brasiliane. Le proposte fatte agli adottanti stranieri riguardano minori generalmente in età compresa tra i quattro ed i cinque anni, nonché numerosi gruppi di fratelli. Lettonia: L’Autorità centrale ha informato i Paesi di accoglienza del proprio interesse a domande di adozione internazionale per minori di età compresa tra sei e diciotto anni, il numero di domande di i bambini più piccoli sembra attualmente eccedere le necessità. Polonia: L’Autorità centrale polacca considera la domanda di adozione di un “bambino di età inferiore a due anni e in buona salute” irrealizzabile. In effetti, la maggior parte dei minori bisognosi di adozione internazionale sono grandicelli, vivono in comunità composte da diversi minori o soffrono di patologie di varia natura. Cile e Perù: Le Autorità di questi due Paesi hanno comunicato la loro volontà di limitare le adozioni internazionali ai minori di età superiore a quattro o cinque anni e di favorire quelle dei fanciulli portatori di handicap. Filippine: Secondo l’Autorità centrale Icab (Inter Country Adopotion Board), tra i numerosi minori con particolari necessità che attendono di essere adottati, sono segnalati quelli di età compresa tra i cinque ed i quindici anni o facenti parte di gruppi di tre o quattro fratelli con esiti positivi all’epatite B o all’Hiv o che soffrono di minorazioni (labbro leporino o palato aperto, cecità parziale o totale, difetti al­l’ap­pa­rato uditivo, paralisi cerebrale minore, ecc.) o ritardi di sviluppo (linguaggio, attività motorie, ecc.). Per incoraggiare l’adozione di tali minori l’Icab invia la documentazione relativa agli enti internazionali che ricercano i genitori adottivi più appropriati (3). Nel caso di cinque anni (1998-2002), 560 minori adottati a livello internazionale presentavano bisogni particolari e 1.053 erano in buona salute, inseriti nel gruppo delle adozioni “normali. Cina e Moldavia: Hanno espresso la loro volontà di favorire le candidature dei genitori desiderosi di adottare i minori con particolari problemi.

5.4. L’origine

Anche l’origine geografica dei minori è una questione da affrontare. Le statistiche mostrano chiaramente che l’adozione dei minori provenienti dall’Africa è molto marginale, quando non ci sono dubbi che le esigenze sono presenti in tutto il continente. L’assenza di strutture giuridico-amministrative può essere un freno allo sviluppo dell’adozione, ma occorre riconoscere che innanzitutto è la scarsa richiesta di minori di colore ad esserne la causa. Quindi, anche in questo contesto, occorrerebbe un’attività di sensibilizzazione.

 

6. Conclusioni

Per concludere questa presentazione, desidererei riprendere quanto viene indicato nelle “Linee di condotta del Servizio sociale internazionale”.

Milioni di minori e di giovani con “esigenze specifiche” o con “problemi particolari” vivono in affido familiare o in istituti di tutto il mondo, sia nei Paesi in via di transizione o di sviluppo, sia nei paesi industrializzati. Troppo spesso, per questi fanciulli non è stato elaborato alcun progetto di vita familiare definitivo. Anche se l’adozione non è verosimilmente la soluzione di tutela permanente adeguata a ognuno di essi, un certo numero è adottabile dal punto di vista psicologico-sociale e giuridico. Ciò nonostante molti non trovano una famiglia adottiva.

Chi sono questi bambini? Dei bambini grandicelli, portatori di una malattia o di un handicap, assistiti da molto tempo, condizionati dal loro passato o che hanno stabilito legami fraterni che non si possono interrompere. L’integrazione familiare di alcuni di essi richiede capacità di adattamento molto specifiche sia da parte dei minori che dei genitori adottivi. Ma vi sono famiglie che testimoniano la riuscita di simili adozioni.

Inoltre, in funzione della definizione di “esigenze specifiche”, variabile a seconda dei Paesi, altri fanciulli differiscono molto meno dal profilo del bambino indicato dai candidati adottanti: i minori, a partire dai tre anni o portatori di una malattia o di un handicap lieve o guaribile, che hanno beneficiato di un valido affido e in buona salute, ecc. Classificare ì minori nella categoria di bambini con “esigenze specifiche”, diminuisce senza dubbio, a volte indebitamente, le loro possibilità di essere adottati, quando invece potrebbero essere integrati in una famiglia con un idoneo sostegno professionale.

Per essere realisti sulla situazione dell’adozione internazionale conviene quindi sottolineare che su scala mondiale, diversamente dai bambini piccoli in buona salute che gli adottanti attendono – e attenderanno sempre più a lungo e senza risultati – sono i minori con esigenze specifiche che aspettano di essere inseriti presso famiglie, invano nella maggior parte dei casi.

È naturale che i candidati adottanti, come tutti i genitori, desiderino che il loro bambino non presenti particolari problemi di sviluppo. Alcuni adottanti, invece, si pongono verosimilmente più nell’ottica di dare una famiglia a un minore che di “trovare un bambino” per la loro famiglia; sono preparati e idonei a far fronte alle specifiche esigenze dei bambini. In ogni caso diventa sempre più inevitabile valutare le domande specifiche degli aspiranti adottandi per permettere loro di modificare per quanto possibile la rappresentazione del bambino sognato e di estendere la loro disponibilità ed eventualmente di orientarsi nei riguardi di bambini adottabili con adozione nazionale o, se realizzabile, internazionale. Senza dubbio questo percorso non è praticabile da tutti i candidati adottanti. I minori con particolari necessità hanno verosimilmente bisogno di genitori individuati e selezionati secondo criteri ben precisi e certamente di genitori preparati in modo specifico e supportati dai servizi degli aspiranti genitori.

Questo lavoro volto al cambiamento delle prospettive delle richieste di adozione presuppone necessariamente una presa di coscienza globale, in tutti i Paesi, della realtà dei bambini adottabili che hanno bisogno di una famiglia sia da parte della stampa che dei Governi, dei professionisti e dei cittadini. L’informazione, la formazione e l’educazione specifica sono in questo settore indispensabili, come anche la ricerca scientifica mirata.

Congiuntamente allo sviluppo di questa presa di coscienza, i professionisti che operano in questo settore, ancora spesso insufficientemente orientati sulle specifiche necessità dei minori, dovrebbero orientarsi verso:

• lo sviluppo prioritario, in tutti i Paesi, dell’adozione nazionale dei minori con particolari necessità le cui esigenze devono essere tenute presenti in una politica globale di tutela dell’infanzia e beneficiando dei progetti esistenziali come gli altri bambini;

• la valutazione, da parte dei Paesi d’origine, del numero e delle caratteristiche dei minori adottabili a livello internazionale, dopo aver esaminato le possibilità di inserimento familiare a livello nazionale, nonché la trasmissione dei risultati ai Paesi d’accoglienza e la valutazione delle capacità di presa in carico di questi minori da parte sia degli aspiranti genitori adottivi sia degli enti autorizzati;

• la diffusione tra il pubblico ed i professionisti dei principi etici fondamentali previsti dalla Conven­zione de lAja e dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia;

• una maggiore apertura da parte di tutti i Paesi di accoglienza nei riguardi dell’adozione di minori stranieri bisognosi di interventi medici o psicologici;

• l’informazione rivolta agli aspiranti genitori adottivi prima della valutazione delle loro attitudini, sulla realtà dei bambini bisognosi di adozione nazionale e internazionale;

• la ricerca attiva, da parte dei professionisti, dei candidati all’adozione che potrebbero rispondere alle specifiche necessità dei minori;

• la valutazione dell’attitudine degli adottanti in funzione dei bisogni dei minori realmente adottabili;

• un abbinamento personalizzato, fondato su una valutazione precisa, dei punti di forza e di debolezza del minore e delle potenziali famiglie adottive;

• una preparazione attenta agli aspiranti genitori adottivi e del minore prima dell’abbinamento;

• il follow-up professionale dell’abbinamento e del periodo precedente alla pronuncia dell’adozione;

• l’offerta di specifici servizi professionali post adozione;

• la possibilità di accedere ai sussidi in alcune ipotesi di adozione di minori con particolari esigenze;

• la considerazione dei bisogni reali dei Paesi d’origine per quanto concerne gli enti accreditati e la loro capacità di rapportarsi alle esigenze dei minori;

• la possibilità di un’adozione semplice o aperta, che permetta di mantenere i legami sviluppati da alcuni minori adottabili con membri della propria famiglia d’origine.

La sfida attuale dell’adozione nazionale ed internazionale in tutti i Paesi in via di sviluppo o con un’economia orientata all’industrializzazione e una parte importante dell’avvenire dell’adozione stessa risiede certamente nella ricerca di famiglie idonee per i minori con necessità particolari, nonché nell’incremento di valide prestazioni professionali.

 

 

(1) Rapporto della Commissione affari sociali, salute e famiglia, “Pour un respect des droits de l’enfants dans l’adoption internationale”, documento n. 8592 del 2 dicembre 1999, pag. 2.

(2) Attualmente in Svizzera, tra il 15 ed il 20% delle coppie sposate non possono avere figli. Cfr. Istituto per il minore Marie Meierhofer, Fondazione svizzera del Servizio sociale internazionale, “L’adoption d’enfants de cultures étrangères”, pag. 8.

(3) Si tratta di una procedura analoga a quella assunta a Porto Alegre, Brasile.

 

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