Prospettive assistenziali, n. 155, luglio - settembre 2006
PROSPETTIVE DELL’ADOZIONE INTERNAZIONALE
Riportiamo la relazione tenuta da Hervé Boéchat del Servizio sociale internazionale di Ginevra al
seminario formativo organizzato dalla Regione Piemonte, svoltosi a Torino il 1°
febbraio 2006, sottolineando l’estrema importanza
dell’affermazione secondo cui «per rispondere veramente alle esigenze dei minori e non
a quelle degli adottanti, l’adozione dovrebbe essere fondata sull’invio, da
parte dei Paesi di origine verso i Paesi in cui l’adozione può essere
realizzata, delle notizie concernenti i minori da adottare con l’adozione
internazionale e non – come molto spesso avviene attualmente – con la
trasmissione, da parte dei Paesi di accoglienza verso i Paesi di origine dei
minori, della documentazione dei numerosi candidati adottanti alla ricerca di
minori con determinate caratteristiche e che non hanno alcun bisogno di essere
inseriti in una famiglia straniera». Come
risulta dalla stessa relazione, a seguito
dell’attuazione del suddetto principio,
TESTO DELLA RELAZIONE
1. Situazione attuale
L’accoglienza di bambini di origine straniera in vista della loro adozione ha assunto
negli ultimi trent’anni una diffusione sempre
maggiore e non ha mai smesso di crescere. Tale evoluzione, che ha toccato tutti
i Paesi di accoglienza nel mondo (tradizionalmente
Europa e America del Nord), determina un considerevole movimento dei minori,
principalmente quelli dei Paesi in via di sviluppo, verso i Paesi
industrializzati. Secondo stime, da oltre vent’anni in tutto il mondo vengono adottati annualmente
tra i 15 mila e i 20 mila fanciulli.
Ora, da qualche anno, si è
constatato che questo fenomeno esercita una pressione sempre maggiore sui Paesi
di origine, al punto tale che non è raro analizzare la
situazione attualmente prevalente nel settore dell’adozione internazionale in
termini economici. La richiesta di minori adottabili è superiore all’offerta e
questo squilibrio ha aperto la porta a numerose forme di abuso,
ad esempio commerci, a discapito dell’interesse dei bambini. Innumerevoli sono
gli esempi: falsi certificati di nascita rilasciati con il cognome dei genitori
adottivi, spostamento di madri incinte nei Paesi di residenza dei genitori
adottivi, acquisto di bambini negli “orfanotrofi”,
cataloghi di bambini adottabili accessibili su internet, ecc.
Tale deriva è stata denunciata da
alcune istituzioni politiche da molti anni: infatti, il 2 dicembre 1999, la
Commissione affari sociali, salute e famiglia del Consiglio d’Europa, nel
rapporto dal titolo “Per il rispetto dei diritti dei minori nell’adozione
internazionale”, si levava contro la trasformazione dell’adozione
internazionale in un vero e proprio mercato, governato
dalle leggi del capitalismo della domanda e dell’offerta e caratterizzato dal
flusso a senso unico dei bambini provenienti dai Paesi poveri o in via di
sviluppo verso i nostri Paesi sviluppati (1).
Diversi Paesi d’origine hanno
adottato provvedimenti al fine di reagire a tale situazione. La ratifica della
Convenzione de L’Aja sulla tutela dei bambini e sulla
cooperazione in materia di adozione internazionale,
nonché della Convenzione sui diritti dell’infanzia hanno comportato importanti
cambiamenti sia nell’organizzazione amministrativa che nelle procedure
giuridiche di definizione dell’idoneità all’adozione internazionale dei minori.
Tali misure non sono naturalmente prive di effetti per
quanto concerne il numero dei bambini adottabili da parte di coppie straniere. Altri
Paesi hanno approvato moratorie sulle adozioni internazionali al fine di metter
un freno al flusso incessante di richieste.
D’altro canto, l’evoluzione dei
modelli familiari nelle società occidentali, le possibilità molto limitate di adozione nazionale, l’accessibilità ai mezzi di trasporto
e ai mezzi di comunicazione sono elementi che hanno influito in modo diretto
sull’adozione internazionale, questa volta dal lato della domanda.
I bambini in difficoltà sembrano
così vicini a noi che spesso non si comprende perché sia così difficile
affidarli alle famiglie che desiderano accoglierli.
La definizione di norme
legislative internazionali o la decisione di sospendere le procedure con alcuni
Paesi d’origine considerate poco sicure, ovvero
pericolose, sono ancora intese negativamente dai genitori candidati
all’adozione, dalla comunità e a volte dagli interessati che li percepiscono
spesso come intralci alla realizzazione di un progetto familiare anziché come
misure di tutela dei minori.
Il desiderio di
adozione è una nobile intenzione, ma l’intensità di tale sentimento a
volte impedisce a coloro che lo nutrono di prendere coscienza della realtà in
cui è inserita la loro richiesta. Vista dall’Occidente, l’adozione
internazionale conserva l’immagine ideale del salvataggio di un bambino dalla
miseria del terzo mondo. Ma, ed è proprio qui che sta
il paradosso, se è vero che migliaia di bambini in tutto il mondo avrebbero bisogno di essere adottati, ad esserlo non sono
sempre quelli che ne hanno la necessità. I professionisti del settore
concordano nel ritenere che l’adozione internazionale attraversa una crisi che
suscita comportamenti pericolosi. Vista la complessità della posta in gioco e
delle situazioni e la mancanza di mezzi adeguati, è evidentemente difficile
trovare soluzioni globali che possano rispondere a
tali esigenze.
Esponendo brevemente alcune delle
cause che influenzano direttamente i rapporti tra offerta e domanda, cercherò
di mettere in evidenza i meccanismi che hanno portato
alla situazione attuale dell’adozione internazionale. Su tale base e in
considerazione delle norme giuridiche internazionali, sarà più agevole
comprendere la direzione che potrebbe assumere in
futuro questa forma di filiazione.
2. Prospettive dei Paesi di origine
Se si esamina la situazione dei
Paesi d’origine, si constata che sono molteplici i fenomeni che rivestono un
ruolo importante nell’evoluzione delle possibilità di adozione
nei vari contesti. Ad esempio: conflitti, problemi interni (Corea, Vietnam, Romania); inadeguatezza del potere costituito (Cambogia,
Guatemala); crisi economica, economia in transazione (Paesi dell’Europa
dell’Est); aspetti politico-legislativi, contesto
economico (Corea, India, Cile); misure amministrative (Tailandia); decisioni di
natura giudiziaria (India).
Un’analisi sommaria di questi
elementi porta a pensare che, in alcuni Paesi di origine,
il numero dei minori bisognosi di protezione diminuirà:
– a causa del miglioramento delle
condizioni economiche, sociali e politiche, della diffusione dei metodi
contraccettivi, dell’aumento degli aborti, nonché
della maggior accettazione sociale delle nascite avvenute al di fuori del
matrimonio;
– grazie allo sviluppo di
politiche di aiuto alla gioventù, privilegiando il
sostegno ai nuclei di origine;
– con l’aumento delle adozioni
nazionali nei Paesi di origine (principio di sussidiarietà).
Nello stesso tempo occorre tener
conto, sia nei Paesi di accoglienza che in quelli di
origine, della diminuzione delle adozioni irregolari, dovuta alla lotta contro
il commercio dei bambini e al rafforzamento delle misure poste a garanzia del
rispetto dei diritti di tutti gli interessati.
3. Prospettive dei Paesi di accoglienza
I Paesi di accoglienza
fanno fronte a richieste di adozione molto consistenti che, senza entrare nel
merito delle motivazioni individuali, sono legate a concezioni sociali
anch’esse in evoluzione:
a) l’evoluzione dei principi
morali e della vita privata (diminuzione dei tassi di natalità, maggiore
controllo delle nascite con l’utilizzo di contraccettivi, legalizzazione
dell’aborto e accettazione sociale delle famiglie monoparentali)
sono fattori che hanno ridotto l’abbandono di minori, e quindi anche le
possibilità di adozione nazionale. D’altro canto, a
causa della diminuzione della fertilità (2) e dei cambiamenti culturali e
ideologici nei confronti dell’adozione internazionale, il numero delle domande di adozione è rimasto relativamente alto, sostenuto anche da
una maggiore apertura al mondo legata allo sviluppo dei mezzi di trasporto e di
comunicazione;
b) l’adozione internazionale
“umanitaria” come forma di impegno morale, risposta
solidale di una società benestante verso la sofferenza dei più deboli. Gli
slanci di adozione seguiti allo tsunami all’inizio del 2005 ne
sono un chiaro esempio;
c) il potere delle immagini è
senza dubbio un fattore determinante nella percezione
individuale del mondo; contribuiscono a creare nell’opinione pubblica visioni
spesso drammatiche della realtà dei Paesi in via di sviluppo e inducono a
pensare che migliaia di bambini potrebbero essere salvati se venissero
adottati. Ma tali immagini colgono solo aspetti parziali
e legati a determinati periodi e quindi rappresentano solo una parte della
realtà;
d) infine, a seguito dei nuovi
modelli familiari, si sono rivolti all’adozione gruppi molto
specifici (persone sole, coppie omosessuali). Anche questo
aspetto contribuisce ad aumentare le richieste.
Come ha
rilevato la Commissione europea citata in precedenza, è possibile
constatare sulla base dei suddetti elementi che «le motivazioni dei Paesi occidentali in merito all’adozione
provenivano in origine da una volontà generosa di aiutare i bambini
abbandonati, in condizioni di povertà. Ma nei nostri Paesi industrializzati, l’adozione internazionale è diventata oggi molto spesso una
risposta alla mancanza di bambini adottabili e all’infertilità delle coppie
(…). Le esigenze dei minori sono quindi considerati di
meno alla rivendicazione del diritto al bambino ad ogni costo. Nell’opinione
pubblica si diffonde il concetto di un presunto diritto ad
adottare, con la creazione di un vero e proprio mercato dell’adozione,
situazione esplicitata in modo sconcertante dall’adozione di bambini tramite
cataloghi visionabili su internet. E, infine, il
bambino diventa un oggetto di scambio di beni materiali. L’adozione
internazionale deve permettere ad un bambino di trovare una madre ed un padre
nel rispetto dei propri diritti e non deve soddisfare il desiderio dei genitori
stranieri di avere ad ogni costo un figlio».
Se l’adozione internazionale si
evolve, le concezioni sociali e giuridiche che la plasmano devono parimenti
seguire tale cambiamento. Abbiamo constatato che sono soprattutto l’aspetto
emozionale e le circostanze ad aver guidato i candidati verso questo o quel
Paese. Il minore è stato oggetto di una ricerca che, per quanto nobile possa
essere, ha permesso innanzitutto di avere un bambino
da parte di coloro che lo desideravano. Ora, è precisamente questa
evoluzione che ha condotto ad una concezione sociale errata
dell’istituto stesso dell’adozione. Se ai Paesi di origine,
l’adozione offre una risposta al bisogno di tutela dei minori, l’adozione
consente ai futuri genitori adottivi, che hanno desiderato di adottare un
bambino, di formare una famiglia.
L’istituto dell’adozione è quindi
diventato progressivamente una risposta ad un altro problema della società, ovvero alla soddisfazione del bisogno delle coppie di
formare una famiglia, essendo nell’incapacità di procreare. Poiché
non ci sono bambini adottabili in numero sufficiente nel territorio nazionale,
l’adozione, creata per garantire il benessere psicosocíale
del minore, è divenuta oggi uno strumento atto a favorire la formazione di una
famiglia. I testi giuridici più recenti tendono ormai a ribaltare tale logica e
pongono il minore al centro dell’adozione.
4. Contesto legale
4.1. L’interesse superiore del minore
Secondo l’articolo 3 della
Convenzione sui diritti dell’infanzia, l’interesse superiore del minore deve
essere una considerazione primaria in tutte le decisioni che lo riguardano, sia
che si tratti di istituzioni pubbliche o private di
tutela sociale, di tribunali, di autorità amministrative o di organi
legislativi. In materia di adozione internazionale,
tale principio è al centro delle norme che la regolamentano:
Quindi, la procedura attuale
consiste, per gli Stati di accoglienza, nel
trasmettere ai Paesi di origine la documentazione dei genitori che desiderano
adottare. Le autorità di tali Paesi si ritrovano quindi con montagne di
pratiche di genitori ai quali attribuire minori sulla base di
liste d’attesa. Ora, viene affermato dal Servizio
sociale internazionale che «per
rispondere veramente alle esigenze dei minori, e non a quelle degli adottanti,
l’adozione dovrebbe essere fondata sull’invio da parte dei Paesi di origine
verso i Paesi in cui l’adozione può essere realizzata, delle notizie
concernenti i minori da adottare con l’adozione internazionale e non – come
molto spesso avviene attualmente – con la trasmissione, da parte dei Paesi di
accoglienza verso i Paesi di origine dei minori, della documentazione dei
numerosi candidati adottanti alla ricerca di minori con determinate caratteristiche
e che non hanno alcun bisogno di essere inseriti in una famiglia straniera».
4.2. Il principio di sussidiarietà
Il rispetto dei principi di sussidiarietà
fa parte di quegli aspetti che devono essere considerati prima di pronunciarsi
sull’idoneità all’adozione del minore: le autorità competenti del Paese di origine devono «vagliare
diligentemente le possibilità di sistemare il minore nel proprio Stato
d’origine» (articolo 4, lettera b) della Convenzione de L’Aja).
Questa norma compare anche nell’articolo
21, lettera a) della Convenzione sui diritti dell’infanzia.
Un’applicazione concreta del principio di sussidiarietà implica ovviamente la promozione
dell’adozione nazionale. Come è stato detto in
precedenza, questa procedura è già presente in diversi Paesi d’origine (India,
Corea del Sud, Colombia, ad esempio) e, quando viene messa in atto, ha spesso
come conseguenza l’aumento dell’età media dei minori adottabili a livello
internazionale, essendo i più piccoli adottati da coppie nazionali.
4.3. L’idoneità all’adozione
La nozione di “idoneità all’adozione” varia secondo i contesti socioculturali. La definizione dell’abbandono e le
norme relative all’adottabilità devono tener conto di
queste realtà, di conseguenza deve essere presa in considerazione la legge
dell’adottato e non quella dell’adottante. È quanto prevede l’articolo 4
lettera a) della Convenzione dell’Aja, che subordina l’adozione a una decisione relativa all’idoneità all’adozione del
minore (parimenti prevista dall’articolo 21, lettera a) della Convenzione sui
diritti dell’infanzia) che deve essere assunta dallo Stato d’origine secondo le
norme applicabili della legge e tenendo conto dei fattori culturali e psicosociali.
Sulla base di queste stesse disposizioni, il
Servizio sociale internazionale mette in evidenza che la dichiarazione di
idoneità all’adozione comprende due aspetti distinti e complementari:
– l’idoneità psicosociale è
determinata sia dalla constatazione che la presa in
carico del minore da parte della famiglia d’origine è impossibile, sia dalla
valutazione dell’attitudine del minore a inserirsi positivamente in un ambiente
familiare;
– l’idoneità giuridica stabilisce la rottura dei legami
di filiazione con i genitori dì origine, nelle forme previste dalla
legislazione nazionale.
Determinare l’idoneità all’adozione significa anche tener
conto del numero di minori adottabili e quindi anche della quantità e delle
caratteristiche dei candidati adottanti individuati a livello nazionale ed
internazionale per rispondere ai bisogni dei minori.
Su questa base sarà possibile valutare la possibilità di
trovare, a livello nazionale, idonee famiglie adottive e quindi informare gli
Stati di accoglienza affinché adeguino le richieste
dei candidati adottanti ai bisogni dei minori che non possono essere adottati
da coppie nazionali. La messa in atto di questa procedura ideale resta tuttavia
limitata alle possibilità concrete di intervento dei
relativi sistemi amministrativi non sempre sufficientemente attrezzati e
validi, anche per quanto concerne, ad esempio, la registrazione delle nascite.
Per quanto concerne l’aspetto legislativo brevemente
presentato in precedenza emerge chiaramente che, per
il rispetto dell’interesse superiore del minore, del principio di sussidiarietà e dell’idoneità all’adozione, occorre
incontestabilmente che i bisogni del minore siano posti al centro della
procedura riguardante l’adozione internazionale. Le organizzazioni
specializzate sull’adozione internazionale non cessano di sostenere questa
posizione anche se, sempre a causa della differenza tra domanda ed offerta, non
è raro constatare un’inversione di tale principio nella ricerca di minori in
grado di corrispondere ai desideri degli adottanti.
Il Servizio sociale internazionale ha ricordato in
svariate occasioni che l’interesse superiore del minore deve essere il punto di
partenza del processo finalizzato alla sua adozione, che tale processo deve
essere messo in moto solo quando la situazione del
minore lo richiede e non perché vi sono persone che esprimono il desiderio di
adottarlo o solo alla ricerca di un bambino.
5. I minori bisognosi di adozione internazionale
Questa è la questione fondamentale che si pone oggi,
essenzialmente sotto l’aspetto pratico. Se si sono posti i principi teorici che
tendono, l’abbiamo visto, a fare dell’adozione internazionale una risposta ai
minori per i quali non esiste alcuna altra soluzione,
la difficoltà riguarda in effetti la localizzazione e l’identificazione di
questi minori.
Come ha constatato il Capo dell’Autorità centrale
svizzera «le procedure e i criteri applicati variano talmente da un Paese d’origine
all’altro che è arduo ottenere una visione d’insieme delle prassi in vigore. Se
la preparazione in vista dell’adozione e l’accertamento dell’idoneità ad adottare da parte di una coppia o di una persona sola si
effettuano generalmente in modo molto rigoroso, è spesso invece difficile
sapere in quale Paese è possibile e consigliato adottare un minore. Accogliere
un piccolo colombiano di due anni e in buona salute, dei gemelli di cinque anni
originari della Moldavia o un minore etiope di pochi
anni sono situazioni differenti. Ora, a causa della mancanza di
informazioni, è molto spesso impossibile sapere quali sono i minori dei
vari Paesi che hanno bisogno dell’adozione internazionale».
Naturalmente spetta ai Paesi di origine
adempiere a tale compito, malgrado le difficoltà endemiche alle quali devono
far fronte. Alcuni Paesi hanno compiuto progressi ed informano i Paesi di accoglienza sui bisogni dei minori adottabili, in
particolare per quanto concerne l’età e la salute. Ma quasi
sempre sono i Paesi di accoglienza che devono provvedere a raccogliere
le necessarie informazioni.
5.1. L’età
L’età del minore è ovviamente la preoccupazione maggiore
degli aspiranti adottanti e la questione rischia di diventare sempre più cruciale, in particolare considerando le iniziative
assunte da un numero crescente di Paesi d’origine (si vedano gli esempi qui di
seguito riportati).
5.2. Lo stato di
salute
Anche le condizioni di salute del
minore sono una preoccupazione naturale degli adottanti. Ma anche in questo
caso, si constata che ì Paesi di origine consentono
l’adozione internazionale sempre in misura inferiore per quanto concerne i
minori in buona salute (adottati a livello nazionale) e che l’adozione
internazionale riguarda in modo particolare i fanciulli colpiti da malattie o
da handicap, lievi o gravi, nonché i bambini da accogliere insieme ai loro
fratelli e sorelle.
Non può nemmeno essere fatta astrazione del fatto che,
nella maggioranza dei casi, i genitori che desiderano adottare lo fanno per
creare una famiglia a immagine di coloro che li
circondano. Quindi, come tutti i genitori, desiderano avere un bambino in buona
salute, ciò che è estremamente umano. D’altra parte, i
minori bisognosi di adozione saranno sempre più
bambini con problemi particolari.
è possibile conciliare questi due assiomi? È
naturalmente escluso esigere dai genitori di farsi carico dei minori con
difficoltà inferiori a quelle che essi ritengono di essere in grado di
affrontare, inoltre non ci si può sostituire ai servizi sociali carenti dei vari paesi.
La capacità di accoglienza dei
genitori deve essere rispettata ed è un errore spingerli, a causa della
mancanza di altri fanciulli, verso minori con esigenze molto specifiche, tenuto
anche conto dei rischi che questo comportamento può comportare. Le società di accoglienza sono d’altra parte pronte a prendere in
carico questi minori e ad assumersene i costi sociali derivanti?
L’associazione dei genitori adottivi “Québec-Adoption”
pone la questione in questi termini: «Adottare,
come mettere al mondo un bambino, comporta dei rischi; tutti i futuri genitori
dovrebbero accettare il rischio legato al fatto di avere un bambino malato o
handicappato». Questa posizione è accettabile, ovviamente a condizione che
i rischi e le capacità siano ben valutati. Il periodo
in cui avviene la selezione dovrebbe permettere di sensibilizzare i candidati
in merito a questa questione.
5.3. Esempi di situazioni in alcuni
Paesi di origine
Brasile: I bambini più piccoli sono affidati prevalentemente a
famiglie brasiliane. Le proposte fatte agli adottanti stranieri riguardano
minori generalmente in età compresa tra i quattro ed i cinque anni, nonché numerosi gruppi di fratelli. Lettonia:
L’Autorità centrale ha informato i Paesi di accoglienza
del proprio interesse a domande di adozione internazionale per minori di età
compresa tra sei e diciotto anni, il numero di domande di i bambini più piccoli
sembra attualmente eccedere le necessità. Polonia: L’Autorità centrale
polacca considera la domanda di adozione di un
“bambino di età inferiore a due anni e in buona salute” irrealizzabile. In
effetti, la maggior parte dei minori bisognosi di adozione
internazionale sono grandicelli, vivono in comunità
composte da diversi minori o soffrono di patologie di varia natura. Cile e Perù: Le Autorità di questi due Paesi hanno comunicato
la loro volontà di limitare le adozioni internazionali ai minori di età superiore a quattro o cinque anni e di favorire
quelle dei fanciulli portatori di handicap. Filippine: Secondo
l’Autorità centrale Icab (Inter
Country Adopotion Board), tra i numerosi minori con
particolari necessità che attendono di essere adottati, sono segnalati quelli di età compresa tra i cinque ed i quindici anni o facenti
parte di gruppi di tre o quattro fratelli con esiti positivi all’epatite B o
all’Hiv o che soffrono di minorazioni (labbro
leporino o palato aperto, cecità parziale o totale, difetti all’apparato
uditivo, paralisi cerebrale minore, ecc.) o ritardi di sviluppo (linguaggio,
attività motorie, ecc.). Per incoraggiare l’adozione di tali minori l’Icab invia la documentazione relativa
agli enti internazionali che ricercano i genitori adottivi più
appropriati (3). Nel caso di cinque anni (1998-2002), 560 minori adottati a
livello internazionale presentavano bisogni particolari e 1.053 erano in buona
salute, inseriti nel gruppo delle adozioni “normali. Cina e Moldavia:
Hanno espresso la loro volontà di favorire le candidature dei genitori
desiderosi di adottare i minori con particolari problemi.
5.4. L’origine
Anche l’origine geografica dei minori
è una questione da affrontare. Le statistiche mostrano chiaramente che
l’adozione dei minori provenienti dall’Africa è molto marginale, quando non ci
sono dubbi che le esigenze sono presenti in tutto il continente. L’assenza di
strutture giuridico-amministrative può essere un
freno allo sviluppo dell’adozione, ma occorre riconoscere che innanzitutto è la scarsa richiesta di minori di colore ad
esserne la causa. Quindi, anche in questo contesto,
occorrerebbe un’attività di sensibilizzazione.
6. Conclusioni
Per concludere questa
presentazione, desidererei riprendere quanto viene indicato nelle “Linee di
condotta del Servizio sociale internazionale”.
Milioni di minori e di giovani con “esigenze specifiche”
o con “problemi particolari” vivono in affido familiare o in istituti di tutto
il mondo, sia nei Paesi in via di transizione o di sviluppo, sia nei paesi industrializzati. Troppo spesso,
per questi fanciulli non è stato elaborato alcun
progetto di vita familiare definitivo. Anche se l’adozione non è verosimilmente
la soluzione di tutela permanente adeguata a ognuno di
essi, un certo numero è adottabile dal punto di vista psicologico-sociale
e giuridico. Ciò nonostante molti non trovano una famiglia adottiva.
Chi sono questi bambini? Dei bambini grandicelli, portatori di una
malattia o di un handicap, assistiti da molto tempo, condizionati dal loro
passato o che hanno stabilito legami fraterni che non si possono interrompere.
L’integrazione familiare di alcuni di essi richiede
capacità di adattamento molto specifiche sia da parte dei minori che dei
genitori adottivi. Ma vi sono famiglie che
testimoniano la riuscita di simili adozioni.
Inoltre, in funzione della definizione di “esigenze
specifiche”, variabile a seconda dei Paesi, altri
fanciulli differiscono molto meno dal profilo del bambino indicato dai
candidati adottanti: i minori, a partire dai tre anni o portatori di una
malattia o di un handicap lieve o guaribile, che hanno beneficiato di un valido
affido e in buona salute, ecc. Classificare ì minori nella categoria di bambini
con “esigenze specifiche”, diminuisce senza dubbio, a volte indebitamente, le
loro possibilità di essere adottati, quando invece potrebbero essere integrati
in una famiglia con un idoneo sostegno professionale.
Per essere realisti sulla situazione dell’adozione
internazionale conviene quindi sottolineare che su scala mondiale, diversamente
dai bambini piccoli in buona salute che gli adottanti attendono – e
attenderanno sempre più a lungo e senza risultati – sono i minori con esigenze
specifiche che aspettano di essere inseriti presso famiglie, invano nella
maggior parte dei casi.
È naturale che i candidati adottanti, come tutti i
genitori, desiderino che il loro bambino non presenti particolari problemi di
sviluppo. Alcuni adottanti, invece, si pongono verosimilmente più nell’ottica di dare una famiglia a un minore che di “trovare
un bambino” per la loro famiglia; sono preparati e idonei a far fronte alle
specifiche esigenze dei bambini. In ogni caso diventa sempre più inevitabile
valutare le domande specifiche degli aspiranti adottandi per permettere loro di
modificare per quanto possibile la rappresentazione del bambino sognato e di
estendere la loro disponibilità ed eventualmente di orientarsi nei riguardi di
bambini adottabili con adozione nazionale o, se realizzabile, internazionale. Senza
dubbio questo percorso non è praticabile da tutti i candidati adottanti. I
minori con particolari necessità hanno verosimilmente bisogno di genitori
individuati e selezionati secondo criteri ben precisi e certamente di genitori
preparati in modo specifico e supportati dai servizi degli aspiranti genitori.
Questo lavoro volto al cambiamento delle prospettive
delle richieste di adozione presuppone necessariamente
una presa di coscienza globale, in tutti i Paesi, della realtà dei bambini
adottabili che hanno bisogno di una famiglia sia da parte della stampa che dei
Governi, dei professionisti e dei cittadini. L’informazione, la formazione e
l’educazione specifica sono in questo settore indispensabili,
come anche la ricerca scientifica mirata.
Congiuntamente allo sviluppo di questa presa
di coscienza, i professionisti che operano in questo settore, ancora
spesso insufficientemente orientati sulle specifiche necessità dei minori,
dovrebbero orientarsi verso:
• lo sviluppo prioritario, in tutti i Paesi,
dell’adozione nazionale dei minori
con particolari necessità le cui esigenze devono essere tenute presenti in una
politica globale di tutela dell’infanzia e
beneficiando dei progetti esistenziali come gli altri bambini;
• la valutazione, da parte dei
Paesi d’origine, del numero e delle caratteristiche dei minori adottabili a
livello internazionale, dopo aver esaminato le possibilità di
inserimento familiare a livello nazionale, nonché la trasmissione dei
risultati ai Paesi d’accoglienza e la valutazione delle capacità di presa in
carico di questi minori da parte sia degli aspiranti genitori adottivi sia
degli enti autorizzati;
• la diffusione
tra il pubblico ed i professionisti dei principi etici fondamentali previsti
dalla Convenzione de l’Aja e dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia;
• una maggiore apertura da parte
di tutti i Paesi di accoglienza nei riguardi
dell’adozione di minori stranieri bisognosi di interventi medici o psicologici;
• l’informazione rivolta agli
aspiranti genitori adottivi prima della valutazione delle loro attitudini,
sulla realtà dei bambini bisognosi di adozione
nazionale e internazionale;
• la ricerca attiva, da
parte dei professionisti, dei candidati all’adozione che potrebbero rispondere
alle specifiche necessità dei minori;
• la
valutazione dell’attitudine degli adottanti in funzione dei bisogni dei minori
realmente adottabili;
• un
abbinamento personalizzato, fondato su una valutazione precisa, dei punti di
forza e di debolezza del minore e delle potenziali famiglie adottive;
• una preparazione attenta agli
aspiranti genitori adottivi e del minore prima dell’abbinamento;
• il follow-up
professionale dell’abbinamento e del periodo precedente alla pronuncia
dell’adozione;
• l’offerta di specifici servizi
professionali post adozione;
• la possibilità di accedere ai sussidi in alcune ipotesi di adozione di minori
con particolari esigenze;
• la considerazione dei bisogni
reali dei Paesi d’origine per quanto concerne gli enti accreditati e la loro
capacità di rapportarsi alle esigenze dei minori;
• la possibilità di un’adozione
semplice o aperta, che permetta di mantenere i legami sviluppati da alcuni
minori adottabili con membri della propria famiglia d’origine.
La sfida attuale dell’adozione
nazionale ed internazionale in tutti i Paesi in via di sviluppo o con
un’economia orientata all’industrializzazione e una parte importante
dell’avvenire dell’adozione stessa risiede certamente nella ricerca di famiglie
idonee per i minori con necessità particolari, nonché
nell’incremento di valide prestazioni professionali.
(1) Rapporto della Commissione affari sociali,
salute e famiglia, “Pour un respect des droits de l’enfants dans l’adoption internationale”,
documento n. 8592 del 2 dicembre 1999, pag. 2.
(2) Attualmente in Svizzera, tra il 15 ed il 20%
delle coppie sposate non possono avere figli. Cfr. Istituto per il minore Marie Meierhofer, Fondazione svizzera del Servizio sociale
internazionale, “L’adoption d’enfants
de cultures étrangères”, pag. 8.
(3) Si tratta di una procedura analoga a quella assunta a
Porto Alegre, Brasile.
www.fondazionepromozionesociale.it