Prospettive assistenziali, n. 155, luglio - settembre 2006
SULLA PROPOSTA DI ABOLIZIONE DELL’INTERDIZIONE E
DELL’INABILITAZIONE
ASSOCIAZIONE TUTORI VOLONTARI (1)
Premessa
Paolo Cendon, professore ordinario di diritto privato presso
l’Università degli studi di Trieste, già autorevole promotore della normativa
che ha introdotto nel nostro ordinamento l’amministrazione di sostegno, ha
lanciato di recente una importante proposta per
l’abrogazione degli istituti di protezione dell’interdizione e
dell’inabilitazione (2).
La suddetta
proposta, che in realtà è un vero e proprio progetto
di legge, vede peraltro già numerosi sostenitori del mondo universitario, della
magistratura e dell’associazionismo.
Con questa nota è
intenzione dell’Associazione tutori volontari prendere
posizione in merito, nonché tentare di portare un contributo al
dibattito.
D’accordo sull’abrogazione dell’inabilitazione
In coerenza con
quanto già espresso da questa rivista al tempo dei lavori per l’introduzione della figura
dell’amministratore di sostegno (3), l’Associazione tutori volontari si
dichiara favorevole alla proposta di abrogazione dell’istituto dell’inabilitazione.
Si ritiene difatti
che l’inabilitazione possa considerarsi ben assorbita nel nuovo, flessibile,
istituto dell’amministrazione di sostegno. Le funzioni attualmente
conferite ai curatori delle persone inabilitate possono essere similmente
predisposte per mezzo dell’amministrazione di sostegno.
Ed in effetti «se tra amministrazione di sostegno e interdizione vi può essere un
certo attrito, con l’inabilitazione si giunge quasi ad una vera e propria
sovrapposizione, totale e reale» (4).
Difatti, il nuovo istituto fornisce sostegno a favore a coloro che sono impossibilitati ad agire definendo un grado
di protezione che può essere “confezionato” su misura del soggetto in funzione
delle possibilità di provvedere (per esemplificare, dall’1 al 99%) ai propri
interessi.
Favorevoli ad
abrogare l’interdizione se si introducono adeguate
garanzie
L’istituto dell’interdizione, invece, prevede una
protezione di quanti, trovandosi in «condizioni
di abituale infermità di mente» sono incapaci
totalmente e definitivamente (sempre per esemplificare, 100%) di provvedere ai
propri interessi. Pertanto l’Associazione tutori volontari ritiene che si
debba porre adeguata attenzione nel caso si determinasse
anche l’abrogazione dell’istituto dell’interdizione.
In quest’ultimo caso si reputa,
in buona sostanza, che occorra introdurre alcune
ulteriori garanzie a favore del soggetto non autosufficiente e total-mente e
definitivamente incapace (per esempio, persona con handicap intellettivo grave)
ritoccando le norme relative all’istituto dell’amministrazione di sostegno. È
utile accennare al fatto che l’amministrazione di sostegno è nata al fine di
integrare e migliorare il panorama degli istituti di tutela a favore delle fasce più deboli della popolazione. In particolare è principalmente sorta per fornire adeguate finalità di
protezione per le persone con problemi di tipo psichiatrico. Difatti
l’interdizione per taluni casi si poneva, e si pone, in maniera troppo rigida
ed eccessiva, mentre l’inabilitazione risulta di per
se stessa inadeguata ed inefficace per tutelare al meglio aspetti della persona
diversi da quelli patrimoniali (ove i veri tutelati in realtà – sovente –
risultano essere i potenziali eredi).
Come ricorda anche Massimo Dogliotti,
«tutela e curatela si dimostrano ben poco
adatte a garantire i diritti della persona, perché costruite sulla gestione del
patrimonio e caratterizzate da una rigidezza eccessiva (da un lato, totale
incapacità, dall’altro, semicapacità, senza alcuna opzione
intermedia, laddove la realtà (…) è assai più complessa e insofferente di
precisi inquadramenti)» (5).
Il nuovo istituto dell’amministrazione di sostegno,
invece, si rivolge a coloro che risultano, anche
temporaneamente, impossibilitati, per infermità o menomazioni fisiche o
psichiche, a provvedere ai loro interessi (6); dunque, per sua natura, si pone
in maniera flessibile nel coprire le necessità di protezione dell’interessato. A
questo proposito, il giudice tutelare con decreto motivato dispone in merito
agli atti che l’amministratore può e deve fare per conto dell’interessato. Per
tutti gli altri atti non espressi nel decreto, l’amministrato rimane capace di
agire (7).
Nel nuovo provvedimento normativo importanza centrale
riveste l’articolo 1 che recita: «La
presente legge ha finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile
della capacità di agire, le persone prive di tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita
quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente». Pertanto
si sottolinea che l’istituto dell’amministrazione di
sostegno deve essere attuato cercando la «minore
limitazione possibile della capacità di agire».
Necessaria una
adeguata tutela per i soggetti totalmente e definitivamente incapaci
Vi sono soggetti però che devono essere completamente
tutelati; pertanto – allo stato attuale – l’amministrazione di sostegno non
appare, tra gli istituti di protezione a disposizione, quello più appropriato.
Pronunce dei tribunali, peraltro, avvalorano la tesi
secondo la quale per taluni casi sarebbe da preferire l’interdizione. Per
esempio il Tribunale di Modena, Sezione II civile, il
15 novembre 2004 così sentenziava: «Oggi
l’interdizione (…) va adottata da parte del giudice solo
“quando ciò è necessario per assicurare la adeguata protezione”
dell’infermo di mente (articolo 414 del Codice civile, nel testo novellato
dall’articolo 4, comma 2 della legge 6/2004)». Dunque, se l’interdizione è
da utilizzare solo in maniera residuale, è anche vero che è indispensabile
quando l’interessato necessita di adeguata protezione.
Recentemente anche
Occorre ricordare che vi sono tutta una serie di
categorie di persone, tra i quali i soggetti con handicap intellettivo in
situazione di gravità, i malati di Alzheimer o di
altra demenza in stato avanzato della patologia, le persone in coma
irreversibile o colpite da ictus e da altre malattie completamente invalidanti,
ecc., che sono «totalmente e
definitivamente non solo incapaci di curare i propri interessi ma nemmeno in
grado di provvedere alle proprie esigenze fondamentali di vita: mangiare, bere,
lavarsi, vestirsi, svestirsi, adempiere da soli alle funzioni corporali». Pertanto
«si tratta di persone che necessitano di essere curate e/o assistite per 24 ore al
giorno fino al momento della loro morte».
In sostanza «per
questi soggetti in particolare è inaccettabile che rimangano privi di tutela
giuridica, talora in balia di approfittatori, che a
volte possono anche nascondersi nei congiunti e soprattutto nelle strutture di
ricovero» (8). Di fatto essi hanno bisogno necessariamente di una
protezione completa. E per tale esigenza, l’istituto
dell’interdizione ad oggi appare il più appropriato.
«Occorre dunque
preferire l’utilizzo dell’istituto dell’interdizione (…) in tutti quei casi in cui la malattia
incida in maniera pesante e non temporanea nelle capacità intellettive del
soggetto» (9).
Purtroppo, senza
tener conto di tali reali esigenze, con l’entrata in vigore della legge n. 6
del 2004 dell’amministrazione di sostegno, il titolo
dell’articolo 414 del codice
civile è stato modificato e al posto di «persone
che devono essere interdette» è stato invece inserito «persone che possono essere interdette». Si ritiene, invece, che con
la possibilità attuale di ricorrere all’amministrazione di sostegno, sarebbe
dovuta rimanere inalterata (anzi avrebbe dovuto
ottenere maggior efficacia) l’obbligatorietà della tutela attraverso
l’interdizione per quei casi sopra citati di totale e permanente incapacità di
agire.
La connotazione
negativa dell’interdizione
L’Associazione tutori volontari non scorda, peraltro, la
connotazione tradizionalmente negativa che l’interdizione ha raccolto nel corso
degli anni, ma ritiene che tale attribuzione non appaia di
fatto realistica. Tale istituto non rappresenta uno stigma o la “morte
civile” di chi ne è colpito, come in genere si
afferma.
Occorre ammettere che il problema non è rappresentato
dall’interdizione in se stessa, ma dall’esito della patologia o dell’handicap a monte già presente nel soggetto. L’interdizione, per i
gravi casi in questione, prevede solo una certificazione a tutela di una
situazione che realmente è già di incapacità totale. Pertanto
l’interdizione non è e non deve essere vista come una azione
“contro” l’interessato bensì “a favore”. Come ricordato da Carlo Sessano, occorre «sfatare
una falsa informazione che spesso preclude ai familiari l’inoltro
della domanda di interdizione, e cioè che l’interdizione sia un’azione fatta
“contro” il proprio congiunto, se non addirittura che si debba considerarla
come la sua morte civile. Non è affatto così (…).
Altra cosa da chiarire è che, in mancanza del provvedimento di
interdizione, l’incapace è a tutti gli effetti una persona normale e
quindi con tutti gli obblighi, i doveri e le responsabilità proprie di
qualsiasi cittadino, mentre, purtroppo, le sue condizioni sono ben diverse» (10).
Forse alla difficoltà di approccio
delle famiglie interessate verso questo vecchio e rigido ma, per certi aspetti,
fondamentale istituto di tutela contribuisce il fatto che la prassi
generalmente consigliata per avviare l’istanza di interdizione è quella di
rivolgersi ad un legale con una spesa che può aggirarsi anche fino a 5 mila
euro. Altresì, contribuisce allo stigma negativo il fatto che, sino al momento
dell’entrata in vigore della legge sull’amministratore di sostegno, l’utilizzo
dell’interdizione era esteso anche per quei soggetti con residue capacità di
agire (più in particolare per i malati psichiatrici) ove pertanto, azzerando completamente
dette capacità, in tali casi operava effettivamente con nocumento.
Attualmente però, potendo disporre
dell’amministrazione di sostegno, l’interdizione deve essere utilizzata come
strumento per i soli casi di totale incapacità a provvedere alle proprie
esigenze fondamentali di vita e ai propri interessi, senza la necessità di
doverla tirare forzatamente “per la giacchetta” adattandola verso quei soggetti
ove le loro condizioni non sono così gravi da richiedere di essere tutelati in
maniera così completa.
Che cosa preservare
dell’interdizione
La tutela, a
differenza dell’amministrazione di sostegno, appare uno strumento di protezione
più completo, e pertanto più indicato, a proteggere i soggetti totalmente e
definitivamente incapaci.
E occorre ricordare che una
differenza sostanziale tra i due istituti riguarda un maggior grado di
protezione insito nell’istituto dell’interdizione.
Per esempio, la procedura per
decretare l’interdizione prevede maggiori tutele per l’interessato dovendo
sottostare al vaglio del tribunale (giudice e pubblico ministero) prima di
passare all’interessamento del giudice tutelare.
Con l’amministrazione di sostegno
invece è sempre il giudice tutelare che investito del caso (e con enormi
poteri) ha facoltà sia in merito alla nomina sia in merito
a tutte le decisioni susseguenti che potrà decretare. «Il giudice tutelare risulta competente
pertanto sia per la prima fase relativa alla valutazione della ricorrenza dei
presupposti per la dichiarazione di ammissione all’amministrazione di sostegno,
sia per la fase successiva alla nomina dell’amministratore di sostegno» (11).
Altra differenza tra i due
istituti di protezione riguarda la nomina del protutore, prevista con
l’interdizione unitamente alla nomina del tutore. Tale figura in questo momento
non è prevista dalla normativa che ha introdotto l’amministrazione di sostegno.
Sarebbe utile, pertanto, prevedere la figura obbligatoria di un amministratore
di sostegno “aggiunto”, con finalità
analoghe a quelle del protutore per l’interdizione. Si tratterebbe pertanto di
un soggetto che oltre ad avere funzioni di “riserva” (nel senso di amministratore di scorta), potrebbe svolgere una attività
di “riprova” sull’operato dell’amministratore di sostegno e di rappresentanza
nei casi in cui l’interesse dell’amministrato si trovi in opposizione con
quello dell’amministratore (12).
Uffici di pubblica tutela
Con l’occasione dell’abrogazione
degli istituti dell’interdizione e inabilitazione sarebbe
necessario, altresì, porre in essere idonee norme al fine di evitare che
le contrapposte funzioni di controllore e controllato siano assunte dallo
stesso ente (Comune, Asl, ecc.) o addirittura dal
medesimo istituto di ricovero ai quali le leggi vigenti attribuiscono le
funzioni di assistenza o cura.
A tal fine occorrerebbe apportare
modifiche ai relativi articoli del codice
civile, estendendo quanto previsto per l’amministrazione di sostegno (13).
Anche a questo scopo risulterebbe assai opportuna la creazione di Uffici di
pubblica tutela da parte delle Province – uffici peraltro accennati dalla legge
328/2000 (articolo 8, comma 4) – previa la sottrazione di qualsiasi funzione
gestionale di tipo assistenziale alle stesse Province.
A detti uffici dovrebbero essere
attribuiti in particolare i seguenti compiti:
«a) esercizio delle funzioni di tutela, curatela, amministratore di
sostegno, amministratore provvisorio assegnate
dall’autorità giudiziaria;
b) prestazioni della consulenza sulle funzioni di cui alla precedente
lettera a) alle persone ed alle organizzazioni che ne facciano richiesta;
c) promozione del volontariato singolo od
organizzato al fine di incentivare la personalizzazione delle funzioni di cui
alla precedente lettera a)» (14).
In tal modo verrebbe
eliminata alla radice la contraddizione dell’ente (Comune, Asl)
allo stesso tempo controllore e controllato (15).
Altresì, l’istituzione degli
Uffici di pubblica tutela consentirebbe ai giudici tutelari di operare più
efficacemente ai sensi del 2° comma dell’art. 344 del codice civile (16) (si vedano per esempio le funzioni
assegnate e generalmente non svolte in materia di individuazione
dei minori da segnalare ai Tribunali per i minorenni per la loro adattabilità,
i compiti di vigilanza degli istituti in cui sono ricoverati i fanciulli, le
verifiche ed i controlli delle situazioni maggiormente a rischio, ecc.).
Si ricorda, peraltro, che
Conclusioni
L’Associazione
tutori
volontari è pertanto favorevole da subito alla abrogazione dell’istituto
dell’inabilitazione.
Ritiene invece necessario
introdurre maggiori protezioni nel caso in cui si decidesse
di sopprimere l’istituto dell’interdizione, in quanto esso – già oggi – si
rivolge specificatamente a chi è totalmente e definitivamente impossibilitato
ad agire ovvero totalmente incapace.
In questo caso, dunque, con
particolare riferimento ai suddetti gravi soggetti, l’istituto
dell’amministrazione di sostegno dovrebbe essere adeguato prevedendo
almeno:
a) ulteriori
garanzie (accertamenti, mezzi istruttori,…) utili ai fini della decisione di
nomina dell’amministrazione di sostegno, al fine di evitare eventuali abusi;
b) la nomina
obbligatoria di un amministratore di sostegno “aggiunto”, con compiti simili a
quelli svolti dall’attuale protutore. La nomina potrebbe essere facoltativa, invece, qualora
l’accertamento di cui al punto precedente non confermasse la necessità di un
completo passaggio di poteri all’amministratore di sostegno;
c) la rimozione della situazione
di conflitto di interessi ad oggi esistente nel caso
in cui la tutela venga assegnata ad enti aventi anche funzioni assistenziali. Assai
utile risulterebbe la predisposizione degli Uffici di
pubblica tutela da collocare a livello provinciale (previo trasferimento agli
enti locali di tutte le funzioni assistenziali residue, come avvenuto nella
Regione Piemonte) (19). A tali uffici occorrerebbe conferire le amministrazioni
di sostegno da parte dell’autorità giudiziaria, unitamente alle attività di
supporto, informazione e formazione a favore dei congiunti e dei volontari
(come per esempio gli aderenti dell’Associazione tutori volontari) che si
assumono l’incarico di amministratore di sostegno.
(1) La sede dell’Associazione tutori volontari è in via Artisti 36, 10124 Torino; e-mail:
info@tutori.it; sito web: www.tutori.it.
(2) L’articolo dal titolo “Abrogare l’interdizione
(e l’inabilitazione)” è pubblicato sul sito web www.personaedanno.it.
(3) Cfr. “La legge
sull’amministrazione di sostegno”, Prospettive
assistenziali, n. 145, 2004.
(4) Cfr. Fabio Franco
Francesco, La tutela dell’incapace, Buffetti Editore, Roma, 2005.
(5) Cfr. Massimo Dogliotti, “Il diritto alle cure sanitarie degli anziani
cronici non autosufficienti”, Prospettive
assistenziali, n. 108, 1994.
(6) Cfr. Codice civile,
articolo 404: «La persona che, per
effetto di una infermità ovvero di una menomazione
fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea,
di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di
sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza
o il domicilio».
(7) Cfr. Codice civile,
articolo 409: «Il beneficiario conserva
la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza
esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno. Il
beneficiario dell’amministrazione di sostegno può in ogni caso compiere gli
atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana».
(8) Cfr. “La legge sull’amministrazione di sostegno”, Prospettive assistenziali,
n. 145, 2004.
(9) Fabio Francesco Franco, op. cit.
(10) Carlo Sessano, “Come
ottenere gratuitamente l’interdizione”, Prospettive
assistenziali, n. 121, 1998.
(11) “La tutela dell’incapace”, Ibidem.
(12) L’articolo 360 del Codice civile così recita: «Il protutore rappresenta il minore nei casi
in cui l’interesse di questo è in opposizione con l’interesse del tutore. Se anche il protutore si trova in opposizione d’interessi
col minore, il giudice tutelare nomina un curatore speciale. Il protutore è
tenuto a promuovere la nomina di un nuovo tutore nel caso in cui il tutore è venuto a mancare o ha abbandonato l’ufficio. Frattanto
egli ha cura della persona del minore, lo rappresenta e può fare tutti gli atti
conservativi e gli atti urgenti di amministrazione».
(13) Articolo 408 del Codice civile. “Scelta
dell’amministratore di sostegno”. «(…) Non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi
pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario».
(14) Cfr. “Per una effettiva protezione dei minori: proposte di modifica
del codice penale e creazione degli uffici provinciali di pubblica tutela”, Prospettive assistenziali, n. 149, 2005.
(15) Si veda “Proposta di legge n. 3801 (On. Novelli
- Camera dei Deputati) per l’istituzione degli uffici di pubblica tutela e il
trasferimento delle funzioni assistenziali dalle Province ai Comuni”, Prospettive assistenziali, n. 120, 1997.
La proposta di legge n. 3801 è stata presentata alla Camera dei Deputati il 3
giugno 1997 dall’On. Novelli.
(16) L’articolo 344 del Codice civile, secondo comma,
così recita: «Il giudice tutelare può
chiedere l’assistenza degli organi della pubblica amministrazione e di tutti
gli enti i cui scopi corrispondono alle sue funzioni».
(17) Cfr. Giuseppe
D’Angelo, “La nuova legge regionale piemontese sull’assistenza”, Prospettive assistenziali,
n. 147, 2004.
(18) Si veda a questo proposito l’articolo di Mauro Perino, “Pubblica tutela e difesa dei diritti del
tutelato”, Prospettive assistenziali,
n. 150, 2005.
(19) Si tratta di una importante questione affrontata
all’articolo 5 della legge regionale piemontese n. 1/2004 (cfr.
nota 17) ove è stato definito il trasferimento ai
Comuni di tutte le competenze assistenziali attualmente in carico alle
Province, vale a dire quelle relative «ai
non vedenti, agli audiolesi, ai figli minori riconosciuti dalla sola madre, ai
minori esposti all’abbandono, ai figli minori non riconosciuti ed alle gestanti
e madri in difficoltà».
www.fondazionepromozionesociale.it