Prospettive assistenziali, n. 156, ottobre - dicembre 2006
CONTRIBUTI ECONOMICI RICHIESTI
ILLEGITTIMAMENTE DAGLI ENTI PUBBLICI: SENTENZA DEL GIUDICE DI PACE DI BOLOGNA, SEGNALAZIONE/DENUNCIA DEL
MOVIMENTO CONSUMATORI DI PAVIA E NUOVO
INTERVENTO DEL GARANTE PER
Il Giudice di Pace di Bologna, Andrea Magagnali, ha pronunciato in data 13
aprile 2006 la sentenza n. 359/06, depositata in Cancelleria il 12 ottobre
2006, accogliendo il ricorso presentato da D. B. nei
confronti del Comune di Bologna e della ditta Gest
Line, esattore del suddetto Comune.
La vicenda trae origine dall’invio da parte della Gest
Line, su incarico del Comune di Bologna, di una cartella esattoriale di euro
Come per tutti i soggetti con handicap grave, V.R.
riceve dallo Stato la miserrima pensione di euro
229,50 (anno 2004), nonché, pur avendo la necessità di essere assistito
continuamente 24 al giorno, l’indennità di accompagnamento di euro 436,77 al
mese e cioè meno di 15 euro al dì. Doveva quindi vivere nel 2004 con 666,27
euro al mese!
Il Comune di Bologna, invece di intervenire in aiuto alla famiglia che lo
assiste e lo mantiene, pretende dai familiari la citata somma mensile di euro 196,48 dimostrando in concreto una deplorevole
insensibilità nei confronti di V.R., dei suoi
congiunti e di tutti gli altri cittadini che si trovano nelle medesime
condizioni sopra descritte. Si tratta di una situazione che il Sindaco di
Bologna, Sergio Cofferati, dovrebbe riconsiderare non
solo alla luce della sentenza del Giudice di Pace che
riportiamo, ma anche sulla base dei più elementari principi etico-sociali.
Infatti, è sconcertante che la difesa del Comune di Bologna, come risulta dal provvedimento in esame, abbia insistito nella
richiesta della somma di euro 196,48 «eccependo
la titolarità da parte di V.R. di una pensione che
gli consentiva di incassare la somma mensile di euro 666,27» (1).
Inoltre il Comune di Bologna ha eccepito che «la rivalsa nei confronti del patrimonio dei familiari era legittima
dato che l’esenzione prevista dall’articolo 3 del
decreto legislativo 109/1998 non era in vigore vista la mancata emanazione del
provvedimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri diretto a determinare
con esattezza i limiti applicativi del predetto decreto».
Il Giudice di Pace di Bologna ha ritenuto che «entrambe le eccezioni sono prive di fondamento» in quanto «la giurisprudenza a più riprese (ex multis, Corte dei Conti, Sezione 3 del 31 marzo 1994,
Sezione 3 del 30 marzo 1992 n. 68343) ha più volte chiarito che l’emolumento
percepito dal disabile a titolo di pensione non può essere computato nel
calcolo del requisito della nullatenenza facendolo
così salvo da ogni azione di eventuali creditori del
percettore», aggiungendo che «priva
di fondamento è l’ulteriore eccezione circa la mancata applicabilità al caso di
specie dell’esenzione di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 109/1998
non può ritenersi fondata in base a considerazioni attinenti al sistema delle
fonti del diritto nel suo complesso, come evidenziato dalla dottrina; infatti
ove si accedesse alla tesi prospettata dall’amministrazione opposta si giungerebbe
al risultato di consentire in caso di inerzia della Presidenza del Consiglio
dei Ministri la disapplicazione di una legge
ordinaria. Inoltre il decreto presidenziale di attuazione
pare superfluo dato che la legge 328/2000 indica in maniera analitica le misure
dirette a favorire la permanenza dell’invalido all’interno del nucleo
familiare».
Pertanto, precisa il Giudice di Pace, «alla
luce di quanto poc’anzidetto il ricorso deve essere
accolto e la cartella opposta revocata».
Mentre siamo pienamente d’accordo con le argomentazioni del Giudice di Pace
di Bologna, non comprendiamo per quale motivo abbia stimato
«equo compensare le spese fra le parti» in
quanto D.B., per opporsi ad un provvedimento
illegittimo del Comune di Bologna, è costretto a versare al suo legale
l’importo della parcella, in genere una somma non trascurabile.
Segnalazione/denuncia del Movimento
consumatori di Pavia
Riportiamo integralmente la segnalazione/denuncia inviata il 26 giugno 2006
dal Movimento diritti consumatori e tutela ambientale di Pavia al Garante per
la protezione dei dati personali.
«Le leggi in materia di assistenza ai soggetti con handicap grave e
ultrasessantacinquenni non autosufficienti sono di una limpidezza cristallina,
ciò nonostante, il Comune di Pavia le ignora per pretendere illegittimamente
contributi economici dai loro parenti (genitori, coniuge, fratelli, sorelle,
ecc.).
«L’articolo 25 della legge n.
328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” stabilisce che “ai fini dell’accesso ai servizi
disciplinati dalla presente legge, la verifica della condizione economica del
richiedente è effettuata secondo le disposizioni previste dal decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come modificato dal decreto legislativo 3
maggio 2000, n.
«Disposizioni dalle quali appare più che chiaro, anche, che il contributo ai parenti
per prestazioni socio-sanitarie o ricoveri in strutture pubbliche o
convenzionate, possono essere, eventualmente, richiesti solo dall’assistito
stesso (cfr. l’articolo 438
del Codice civile) o dal suo tutore; non esistono leggi che consentono agli
enti pubblici di sostituirsi alla persona avente diritto agli alimenti.
«La illegittimità
della suddetta pretesa è ancora più grave ove si consideri che l’ente pubblico
non solo si arroga un diritto che non ha, ma pretende anche di determinare
l’importo che dovrebbe essere versato dai congiunti, arrivando addirittura a
sostituirsi al giudice. Infatti il 3° comma
dell’articolo 441 del Codice civile stabilisce quanto segue: “Se gli obbligati non sono
concordi sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di somministrare degli
alimenti, provvede l’autorità giudiziaria secondo le circostanze”.
«Le questioni sopra esposte sono
a dir poco inaudite non solo sotto il profilo economico, ma anche e soprattutto
sotto il profilo etico-sociale. Infatti
nei casi di persone colpite da handicap invalidanti o da malattie croniche, il
Comune di Pavia invece di esprimere atti concreti di solidarietà, sottrae ai
loro congiunti somme di denaro non dovute, sovente di importo non indifferente.
A volte avviene, addirittura, che le contribuzioni siano imposte con odiosi
ricatti: se non firmate, il vostro familiare non verrà
più accettato, oppure se non viene inoltrato l’Isee
del nucleo familiare saranno adottati provvedimenti consequenziali (si allega
copia).
«Al riguardo si fa presente che
numerose sentenze della Corte di Cassazione stabiliscono che è punibile a norma
dell’articolo 610 del Codice penale, chiunque costringa
un familiare, con violenza o minaccia, sottoscrivere impegni economici non
dovuti.
«Pertanto con la presente, siamo
a richiederLe un Suo
autorevole intervento, con l’intento di richiamare il Comune di Pavia ad
applicare l’Isee del solo soggetto portatore di
handicap grave e non quello del nucleo familiare (dati personali non dovuti)».
Risposta del Garante per la protezione dei dati personali
Alla richiesta di intervento del Movimento
consumatori, il Garante per la protezione dei dati personali ha inviato in data
22 settembre 2006 la seguente lettera al Comune di Pavia: «Questa Autorità deve definire l’esame
preliminare dell’unita segnalazione con cui il Movimento diritti consumatori e
tutela ambientale-onlus pavese lamenta che codesto
Comune, al fine del calcolo dell’Isee, per il
riconoscimento di prestazioni sociali agevolate a persone con handicap
permanente e a soggetti ultrasessantacinquenni, prenderebbe in considerazione
la situazione economica non solo dei soli interessati, ma anche del loro nucleo
familiare.
«Sull’argomento, il Garante ha
già fornito indicazioni all’Inps, con nota del 24
marzo 2006, allegata in copia, con la quale ha precisato che, sulla base della
normativa di settore (decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109) e delle
disposizioni in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo
30 giugno 2003, n. 196 - Codice in materia di protezione dei dati personali),
le informazioni che possono essere acquisite, ai fini sopra indicati, devono
riguardare la situazione economica del solo assistito e non anche quella del
nucleo familiare di appartenenza.
«Si prega, pertanto, codesto
Comune di informare questo Dipartimento in ordine alle
iniziative assunte o che si intendono assumere per conformarsi alle indicazioni
contenute nella citata nota» (2).
(1) Ben diverso è il comportamento del Comune di
Bologna in merito all’erogazione di «sussidi
economici a madri e padri soli con figli minori e a donne sole in gravidanza
(…), nonché a famiglie con minori in disagiate condizioni socio-economiche» in
quanto in questi casi (giustamente a nostro avviso) non fa alcun riferimento ai
parenti, compresi quelli tenuti agli alimenti. Si tenga altresì conto che per
la concessione di detti sussidi il Comune di Bologna esclude solamente «i possessori di beni immobili con un valore
catastale superiore ai 30 milioni di ex lire»,
nonché «i possessori di beni mobili
(depositi bancari, titoli, ecc.) di importo superiore ai 4 milioni di ex lire
complessivi, con esclusione dal computo dei beni di uso comune». Cfr. l’articolo “Comportamenti
contradditori della Regione Piemonte e del Comune di Bologna in materia di
contribuzioni economiche di natura assistenziale”, Prospettive assistenziali, n. 145, 2004.
(2) Il
testo della nota inviata all’Inps dal Garante per la
protezione dei dati personali è riportata nel n. 154, 2006 di questa rivista.
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