Prospettive assistenziali, n. 156, ottobre - dicembre 2006
GRAVEMENTE INADEGUATE LE PROPOSTE DI
LEGGE PRESENTATE AL PARLAMENTO IN MATERIA DI ADOZIONE
E DI AFFIDAMENTO DI MINORI A SCOPO EDUCATIVO
FRANCESCO SANTANERA
Riportiamo l’elenco dei disegni di legge depositati alla Camera dei
Deputati e al Senato nella prima fase della XV
legislatura riguardanti l’adozione e l’affidamento con la segnalazione delle
norme più significative.
Purtroppo tutte le iniziative non rispondono affatto
al prevalente interesse dei minori, ma tendono a favorire le aspettative degli
adulti, comprese quelle del tutto inaccettabili. Infatti
le proposte di legge finora presentate, come verrà in seguito precisato, vanno
in una direzione opposta alle esigenze dei minori adottabili, avendo come
obiettivo l’ampliamento del numero dei candidati all’adozione: viene
prospettato l’aumento dei limiti di età (una proposta ne prevede addirittura
l’abolizione), si estende la possibilità di adottare alle coppie conviventi (1) comprese quelle dello stesso sesso, nonché alle persone singole.
In questo modo si possono soddisfare le istanze
clientelari, ma si trattano i bambini adottabili come strumenti e si creano
false aspettative da parte di coloro che sperano di adottare un bambino, che
mai potrà essere accolto per il semplice motivo che non c’è e non ci sarà un
numero sufficiente di minori italiani e stranieri adottabili.
Per quanto concerne i bambini stranieri è già in atto la diminuzione dei
minori disponibili, soprattutto per quanto concerne quelli in tenera età (2).
Occorre ridurre il
numero delle istanze di adozione
A partire dall’entrata in vigore
della legge sull’adozione e fino ad oggi, il numero dei minori italiani e
stranieri adottabili è sempre stato di gran lunga inferiore alle domande
presentate dagli adulti.
Ne consegue che, se l’adozione fosse regolamentata tenendo in
considerazione l’interesse preminente (o meglio, esclusivo) del minore senza
famiglia, dovrebbero essere predisposte norme volte a ridurre le richieste di adozione.
Mediante la limitazione delle istanze (ad esempio
stabilendo che la differenza massima di età fra adottanti e adottandi non può
essere superiore a 35 anni) si restringerebbe il numero delle persone che
vengono illuse dalla propagandata erronea possibilità di accogliere un bambino
e che inevitabilmente, mancando i minori adottabili, possono subire
frustrazioni anche di rilevante gravità.
Inoltre, con la riduzione del numero di richieste di adozione
calerebbe il numero delle indagini sull’idoneità dei candidati attualmente
svolte senza alcuna utilità, consentendo agli operatori addetti (magistrati,
assistenti sociali, ecc.) di svolgere il loro lavoro in modo più accurato nei
confronti dei rimanenti aspiranti.
Ne deriverebbe, altresì, una riduzione, credo notevole, delle adozioni
fallite a causa delle individuabili incapacità educative degli adottanti attualmente non accertate.
Come è stato già rilevato
su questa rivista, per quanto riguarda l’adozione dei minori italiani, il
divario fra le domande di adozione ed il numero dei minori adottabili è assai
rilevante. Dal 1995 al 2002 sono state presentate complessivamente 89.079
domande di adozione nazionale, mentre nello stesso
periodo quelle pronunciate sono state appena 13.027. Ammonta,
pertanto, a oltre l’85% il numero delle coppie italiane a cui non è stato possibile dare in adozione
alcun bambino. Al 31 dicembre 2003 (ultimo dato disponibile del Ministero della
giustizia, Direzione generale per le statistiche), le domande giacenti
presentate per l’adozione nazionale erano 39.059. Da notare che durante tutto
l’anno 2003 le dichiarazioni di adottabilità sono
state 1.080.
Inoltre riesce ad adottare solo una parte delle
coppie che presentano domanda di adozione di minori stranieri ed è in possesso
del relativo decreto di idoneità. Nel periodo 1995-2002 di fronte a 39.625
decreti di idoneità all’adozione internazionale (le
domande presentate nello stesso periodo erano 54.701), le adozioni pronunciate
dai Tribunali per i minorenni sono state solamente 22.581. Dunque il 43% delle
coppie idonee non sono riuscite a realizzare il loro desiderio di maternità e
paternità.
Va altresì precisato che nel nostro Paese non c’è mai stato e non c’è
nessun bambino dichiarato in stato di adottabilità che
non sia accolto nell’arco di pochi mesi da una famiglia, salvo si tratti di
minori colpiti da handicap o da malattie molto gravi.
Infine va ricordato che dalla “Relazione sullo stato di attuazione
della legge 149/2001”, predisposta nell’aprile 2005 dal Ministero della
giustizia e dal Dicastero del lavoro e delle politiche sociali, è emerso che i
Tribunali di Bologna, Caltanisetta, Catania, L’Aquila, Milano, Palermo,
Potenza, Salerno, Torino e Trieste lamentano il fatto che l’innalzamento a 45
anni della differenza massima di età fra adottanti e adottandi, ulteriormente
derogabile in particolari situazioni e la conseguente aspettativa di poter
adottare bambini piccoli, ha «diminuito la disponibilità delle coppie “anziane” ad
adottare bambini più grandi o con particolari patologie».
Strumentalizzazione
degli affidamenti familiari internazionali e soggiorni solidaristici
Molto probabilmente a causa della presente e futura mancanza di un numero
sufficiente di bambini adottabili, sono state presentate proposte di legge per
l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico dell’affidamento familiare
internazionale, non valutando anche in questo caso il vero interesse dei fanciulli, soprattutto per quanto concerne il mantenimento
dei loro rapporti con i genitori d’origine anche in relazione al possibile
rientro in famiglia e le negative conseguenze dei cambiamenti radicali e
prolungati rispetto all’ambiente sociale di appartenenza, determinati
dall’inserimento dei minori presso persone abitanti in realtà economiche e
culturali molto diverse dal loro territorio d’origine.
Le norme sembrano essere dirette alla messa in atto di strumenti aventi
l’asserita finalità di fornire un aiuto ai bambini in difficoltà e ai loro
congiunti, ma in concreto sono utilizzabili, anche o soprattutto, per dribblare
le disposizioni vigenti in materia di adozione
internazionale.
C’è, altresì, da considerare il rischio (il caso della piccola Maria della Bielorussia insegna)
che l’utilizzazione dei soggiorni cosiddetti solidaristici
e degli affidamenti internazionali a scopo adottivo determinino reazioni
negative per i minori da parte delle autorità dei loro Paesi di
appartenenza.
Preoccupanti le norme sull’adozione aperta
Infine segnalo fin d’ora che sono allarmanti le
disposizioni previste nel disegno di legge n. 1007 presentato al Senato dalla
Senatrice Burani Procaccini, per cui ritengo debbano
essere assunte al più presto iniziative perché detto disegno di legge venga
ritirato.
Proposte di legge
presentate alla Camera dei Deputati
Alla Camera dei
Deputati sono state depositate le seguenti proposte di legge:
1. n. 237 di iniziativa dell’On. Zanella (Verdi), “Modifiche
alla legge 4 maggio, n.
L’iniziativa
dell’On. Zanella stabilisce che «l’adozione
è consentita a singoli o a coppie conviventi in modo stabile e continuativo». Ne
risulta non solo la paradossale priorità ai singoli,
ma altresì, essendo prevista la cancellazione degli attuali primo e secondo
comma dell’articolo 6 della legge 184/1983 (3), l’incredibile esclusione dei
coniugi dalla possibilità di adottare. Inoltre viene
confermato che «l’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto anni l’età
dell’adottando» e che detto limite minimo «può essere derogato qualora il Tribunale per i minorenni accerti che
dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per il
minore». Non viene stabilito alcun limite massimo
di età per cui l’adozione di un neonato potrebbe essere concessa anche ad un
ottantenne;
2. n. 911
depositata in data 25 maggio 2006 dai Deputati Prestigiacomo,
Il testo ripropone
i contenuti del disegno di legge n. 3373 presentato nella scorsa legislatura al
Senato dai Ministri Prestigiacomo, Fini e Pisanu, valutato in modo estremamente negativo per i motivi
precisati nell’editoriale del n. 150, 2005 di Prospettive assistenziali (4). Detti aspetti riguardano soprattutto
la soppressione del preventivo accertamento da parte dei servizi sociali e dei
Tribunali per i minorenni dell’idoneità degli
aspiranti genitori adottivi, con l’ovvia conseguenza del possibile inserimento
dei minori presso nuclei non validi sotto il profilo educativo.
Altro aspetto
negativo riguarda «l’inserimento di un
minore straniero, temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, presso
una famiglia o una persona, cittadini italiani o comunitari, residenti in
Italia, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione e l’istruzione e
le relazioni di cui ha bisogno» (articolo 15) che di
fatto, anche a causa della lontananza del minore dai suoi congiunti
d’origine, rende praticamente impossibile un’adeguata continuità dei loro rapporti
e consente, scavalcando la dichiarazione di adottabilità, la sottrazione dei
minori stranieri dai loro nuclei familiari in difficoltà. Al riguardo, lo
stesso articolo 15, mentre prevede che «il
periodo di affidamento non può superare la durata di
due anni», concede proroghe praticamente a tempo indeterminato durante
tutta la minore età del ragazzo stabilendo che «è comunque prorogabile dal giudice tutelare, qualora la sospensione
dell’affidamento impedisca al minore il completamento del ciclo scolastico in
cui viene inserito»;
3. n. 1491 “Modifiche alla legge 4
maggio 1983, n. 184, concernenti l’adozione dei minori da parte delle persone
singole e delle coppie stabilmente conviventi” presentata il 26 luglio 2006 dai
Deputati Bellillo, Bafile, Cancrini, Ceseni, Crapolicchio, De Angelis, De Zulueta, Deliberto, Galante,
Licandro, Longhi, Napoletano, Pagliarini,
Ferdinando Benito Pignataro, Poletti, Poretti, Sasso,
Sgobio, Soffritti, Tranfaglia,
Vacca e Venier, facenti parte dei Gruppi Comunisti
italiani,
Il disegno di legge prevede che la parte iniziale del primo comma dell’articolo 6 della legge 184/1983 così
redatta: «L’adozione è consentita ai
coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni» sia sostituita come segue: «L’adozione
è consentita a singole persone o a coppie che risultano
conviventi in modo stabile e continuativo da almeno tre anni». Anche questa proposta, come la n. 237, pone i singoli al
primo posto fra gli aspiranti adottanti ed esclude i coniugi dalla possibilità
di adottare (5).
Viene, altresì, confermato che «l’età degli adottanti deve superare di
almeno diciotto anni e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottato» e
che «non è preclusa l’adozione quando il
limite di età è superato da uno solo degli adottanti in misura non superiore ai
dieci anni». Ne consegue che un neonato può essere adottato da una coppia
convivente composta da un (o una) quarantacinquenne e
da una (o un) cinquantacinquenne. Pertanto quando l’adottato compirà 30 anni
(età in cui, ad esempio, un laureato può incominciare ad essere autonomo sul
piano economico) i genitori avranno 75 e 85 anni!
Una situazione certamente non vantaggiosa per il figlio
adottivo che, in base alle disponibilità attuali di oltre dieci richiedenti per
ciascun bambino, potrebbe avere entrambi i genitori con una età
di non più di 65 anni, qualora la legge attuale venisse modificata stabilendo
che la differenza massima di età fra adottanti e adottandi non deve superare i
35 anni.
Va inoltre precisato
che nel testo proposto non viene stabilito il sesso
dei soggetti conviventi, per cui l’adozione potrebbe riguardare anche persone
omosessuali;
4. n. 1562 depositata in data 2
agosto 2006 dai Deputati De Simone, Migliore, Guadagno detto Vladimir Luxuria e Mascia di Rifondazione
comunista con il titolo “Norme in materia di unione registrata, di unione
civile, di convivenza di fatto, di adozione e di uguaglianza giuridica tra i
coniugi”.
Il testo estende la possibilità di adozione:
a) alle persone dello stesso sesso «legate da vincoli affettivi, di solidarietà e di assistenza
morale e materiale reciproca». Il legame è definito “unione registrata” ed «è assimilato al rapporto tra i coniugi». Inoltre
«si applicano all’unione registrata le
disposizioni relative alla disciplina dell’adozione e
dell’affidamento dei minori»;
b) alle persone «maggiorenni anche dello stesso sesso (…)
che intendono legarsi o sono legate da comunione di
vita materiale e spirituale». Il vincolo è denominato “unione civile” ed è
previsto che «lo stato di parte di
un’unione civile è titolo equiparato a quello di membro di una famiglia ai
sensi e per gli effetti della legge 24 dicembre 1954, n. 1228 e successive
modificazioni». Inoltre è stabilito che «le parti dell’unione civile possono
chiedere l’adozione o l’affidamento di minori ai sensi delle leggi vigenti a
parità di condizione con le coppie di coniugi». Pertanto l’adozione
potrebbe essere pronunciata anche nei confronti di un solo convivente;
5. n. 1796 “Modifiche alla legge 4
maggio 1983, n.
È, inoltre, previsto che «le autorità competenti possono adottare provvedimenti di affidamento familiare internazionale a scopo di adozione
rivolto ai minori stranieri dichiarati in stato di adattabilità, qualora gli
affidatari siano in possesso del decreto di idoneità ai sensi del presente capo
e abbiano dichiarato la propria disponibilità all’accoglienza di bambini di età
superiore ai dieci anni». Appare, dunque, evidente lo scopo di
precostituire condizioni per aggirare le norme vigenti in materia di adozione internazionale.
Disegni di legge depositati al Senato
Al Senato sono stati
presentati i seguenti disegni di legge:
A. n. 62 di iniziativa del Senatore Malabarba, comunicato alla Presidenza il 28 aprile 2006 e
riguardante “Norme in materia di unione registrata, di unione civile, di
convivenza di fatto, di adozione e di uguaglianza giuridica tra i coniugi”, le
cui disposizioni sono identiche a quelle della sopra citata proposta di legge
n. 1562 della Camera dei Deputati. Il Senatore Malabarba
di Rifondazione comunista si è dimesso da Parlamentare l’11
ottobre 2006;
B. n. 190 “Introduzione dell’istituto dell’affidamento
familiare internazionale e disposizioni in materia di organizzazione
e funzioni della Commissione per le adozioni internazionali”, presentato il 4
maggio 2006 dalla Senatrice Burani Procaccini di
Forza Italia.
Viene riproposto il testo presentato
nella scorsa legislatura ed è previsto che “i
minori residenti in uno Stato estero privi temporaneamente di un ambiente
familiare idoneo, che siano o meno collocati in un istituto di assistenza
pubblico o privato e qualora sia stato accertato che non è possibile procedere
ad un affidamento familiare nei loro Stati di provenienza, possono essere
affidati ad una famiglia italiana che sia in grado con le proprie risorse
materiali ed affettive di assicurare agli stessi l’adeguato inserimento
nell’ambito familiare e sociale».
L’affidamento «può
avere una durata massima di due anni, periodo predefinito in funzione di un
programma di intervento volto al recupero della
situazione di difficoltà del nucleo familiare di origine, ovvero allo
svolgimento di cure sanitarie che necessitano al minore, ovvero alla frequenza
di corsi di studio e formazione utili per il minore».
All’evidente scopo
di consentire il differimento della durata dell’affidamento fino al
raggiungimento della maggiore età del soggetto accolto (6), in merito alla
sopra prevista scadenza dei due anni è contemplato che
«tale periodo può essere suscettibile di
proroga nel caso in cui si valuti che la sospensione dell’affidamento può
essere pregiudizievole per il minore».
Inoltre, per
consentire l’adozione dei minori durante il loro affidamento, il disegno di
legge n. 190 dispone che «nel caso sia
proceduto a una o più proroghe del periodo di
affidamento familiare internazionale a causa del mancato recupero della
condizione di difficoltà che ha dato luogo all’affidamento e l’autorità estera
competente abbia verificato lo stato di abbandono o di semi abbandono, se
legalmente previsto, del minore, e qualora la coppia affidataria
abbia ottenuto dal Tribunale per i minorenni l’idoneità all’adozione
internazionale, la stessa può presentare la sua disponibilità ad accogliere il
minore in adozione internazionale, o aperta, nel caso tale istituto sia
riconosciuto»;
C. n. 276 depositato in data 6
maggio 2006 dal senatore Manzione del Gruppo L’Ulivo
con il titolo “Modificazioni alla legge 4 maggio 1983, n.
Il testo è volto a
consentire l’adozione legittimante «anche
a persone singole» nei seguenti casi:
«a) allorché si tratti di persone unite al minore da
vincolo di parentela fino al sesto grado e da preesistente rapporto stabile e
duraturo;
«b) quando l’adottante sia coniuge del genitore, anche
adottivo, del minore;
«c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate
dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (7);
«d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo».
Si noti che il
disegno di legge in oggetto prevede che l’adozione abbia valore legittimante
nei confronti delle persone singole, mentre l’attuale ordinamento giuridico
italiano riconosce la filiazione legittima esclusivamente ai figli biologici o
adottivi delle persone unite in matrimonio.
Secondo il Senatore Manzione l’adozione
legittimante dovrebbe essere disposta anche a favore di un solo coniuge. In questo caso, se non sussiste separazione legale «è necessario l’assenso del coniuge»;
D. n. 1007 presentato in data 20
settembre 2006 dalla Senatrice Burani Procaccini
(Forza Italia) in merito alle “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n.
viene disposto che «l’adozione aperta è consentita a favore dei
minori dichiarati in stato di semiabbandono permanente» e cioè nei riguardi
dei «minori per i quali non sussistono
interamente le condizioni per la dichiarazione di adattabilità di cui
all’articolo 8 [della legge 184/1983], e
per i quali è stato accertato che i genitori o i parenti che devono provvedere
alla loro assistenza morale e materiale, pur costituendo un importante
riferimento per la loro crescita, risultano continuativamente insufficienti e
inadeguati nello svolgimento di tale funzione, al punto che il protrarsi della
convivenza nell’ambito familiare arrecherebbe ai suddetti minori grave pregiudizio».
Per quanto concerne l’aspetto posto a fondamen-to
dell’adozione aperta (nonché di quella definita mite)
(8), appare evidente l’assoluta illogicità della definizione di semiabbandono
stante l’evidente e insanabile contraddizione rispetto al riconoscimento che i
genitori ed i parenti dei minori sono «un importante riferimento per la loro
crescita» e cioè per il loro futuro. Pertanto non dovrebbero essere ammesse
le iniziative volte a interrompere i relativi
rapporti.
Dunque la dichiarazione di semiabbandono,
diretta ad attribuire tutti i poteri/doveri parentali a terze persone, è a mio
avviso un provvedimento inammissibile.
I genitori e/o gli altri congiunti, con i quali il minore
si rapporta, non dovrebbero essere estromessi, ma aiutati a superare le loro
difficoltà socio-economiche, evitando in tutta la
misura del possibile che esse si ripercuotano negativamente sul suo sviluppo.
Solamente se le indagini sociali accertassero in modo
incontrovertibile l’inutilità di detti aiuti, allora occorrerebbe provvedere
all’inserimento del fanciullo in un valido nucleo affidatario.
Bisogna, inoltre, tener presente che la dichiarazione di
semiabbandono può essere utilizzata come espediente per occultare le spesso
deplorevoli situazioni in cui vivono i nuclei familiari in difficoltà, nuclei
ai quali le vigenti leggi italiane – l’estrema gravità di questa lacuna va sottolineata con forza – non prevedono alcun diritto
esigibile alle prestazioni socio-assistenziali (9).
D’altra parte è noto che in tutte le ricerche condotte in
merito al funzionamento dell’affidamento a scopo educativo dei minori è sempre emerso che le carenze più rilevanti riguardano lo
scarso sostegno, a volte addirittura inesistente, dei servizi sociali ai nuclei
di origine dei minori stessi (10).
Il disegno di legge n. 1007 stabilisce che «per il procedimento di adozione
aperta si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative
all’adozione legittimante in ogni sua fase di cui al titolo II»
della legge 184/1983, in cui sono contenute, fra l’altro, le norme
concernenti la dichiarazione di adottabilità.
Tuttavia, considerato che il testo sancisce che «dichiarato lo stato di semiabbandono
permanente, il Tribunale per i minorenni (…) dispone l’affidamento preadottivo del minore a una
famiglia», senza prevedere che
detto stato di semiabbandono sia diventato definitivo, resta aperta anche la
fondamentale questione della possibilità o meno dei congiunti d’origine del
minore di presentare ricorso contro detta dichiarazione (11).
Occorre, inoltre, tener presente che, decorso un anno
d’affidamento, il Tribunale può disporre l’adozione aperta senza alcun obbligo
di raccogliere il parere dei genitori e dei congiunti del minore, nonostante
che, con la pronuncia dell’adozione aperta, la potestà genitoriale
sul minore venga attribuita agli adottanti.
Ricordo infine che il disegno di legge n. 1007 prevede che «il Tribunale per i minorenni, su istanza degli
adottanti o del Pubblico Ministero, qualora siano intervenuti fatti
pregiudizievoli all’interesse del minore adottato può, con proprio
provvedimento, interrompere i rapporti dello stesso con la famiglia di origine»
e che, decorsi sei mesi dalla data del suddetto provvedimento, il Tribunale per
i minorenni «svolti gli accertamenti
necessari e sentiti gli interessati, può, nell’esclusivo interesse del minore,
disporre la conversione dell’adozione aperta in adozione legittimante».
Per l’emanazione di questo provvedimento, che sancisce la definitiva e
totale rottura dei rapporti giuridici fra il minore e la sua famiglia di origine, non è chiaro se fra gli “interessati” che devono
essere sentiti sono compresi o meno i genitori e gli altri parenti d’origine.
Inoltre non si comprende, anche in questo caso, se i soggetti di
cui sopra possono presentare ricorso contro la pronuncia dell’adozione (12).
Come i sostenitori dell’adozione legittimante hanno sempre affermato, la
base irrinunciabile di questo istituto giuridico è
costituita dalla dichiarazione dello stato di adottabilità e cioè
dall’accertamento da parte del Tribunale per i minorenni che i minori sono «privi di assistenza morale e materiale da
parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di
assistenza non sia dovuta a cause di forza maggiore di carattere transitorio»
(articolo 8 della legge 184/1983).
Oltre a ciò, allo scopo di evitare in tutta la misura del
possibile l’adottabilità dei minori aventi legami con le loro famiglie
d’origine, ai genitori è attualmente riconosciuto il diritto di
presentare ricorso allo stesso Tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo
stato di adottabilità, nonché alla Sezione per i minorenni della Corte di
appello e alla Cassazione.
Invece la dichiarazione di semiabbandono
permanente (a parte la questione molto importante e pregiudiziale sulla sua
ammissibilità sul piano umano, familiare e sociale), presenta enormi e a mio
avviso insormontabili difficoltà per quanto riguarda i relativi accertamenti
sul minore e sul suo nucleo familiare d’origine e sui loro rapporti. Occorre, altresì, tener conto della indeterminatezza delle condizioni previste dal disegno
di legge n. 1007 che, come ho già segnalato, sono così indicate: «i genitori o i parenti che devono provvedere
alla loro assistenza morale e materiale, pur costituendo un importante
riferimento per la loro crescita, risultano continuativamente insufficienti e
inadeguati nello svolgimento di tale funzione».
Sussiste, dunque, il pericolo
reale della sottrazione definitiva e irrevocabile dei minori dai nuclei
familiari in gravi condizioni di disagio.
A questo riguardo non si può fare
a meno di chiedere per quali motivi nessun parlamentare ha finora presentato
proposte di legge volte a riconoscere diritti esigibili alla fascia più debole
della popolazione e ad incentivare l’adozione o l’affidamento familiare a scopo
educativo dei minori dichiarati adottabili, ma non accolti da alcun nucleo
familiare perché colpiti da handicap o da malattie invalidanti e anche per il
fatto che agli affidatari non vengono forniti dai servizi pubblici i necessari
interventi di sostegno.
Non risulta
nemmeno che siano state assunte iniziative parlamentari volte ad ottenere
l’entrata in vigore del nuovo procedimento relativo all’accertamento dello
stato di adottabilità, in cui viene stabilito altresì che il relativo
procedimento deve svolgersi assicurando l’assistenza legale del minore, dei
genitori e degli altri congiunti che hanno avuto significativi rapporti con lo
stesso minore.
Per quanto
concerne i diritti da riconoscere ai nuclei familiari e alle persone in
condizione di disagio, ricordo che l’emendamento presentato dagli On.li Diego Novelli e Tiziana Valpiana nella seduta
del 18 gennaio
fra gli oppositori si era distinta
proprio
Tenuto conto dell’attuale
situazione di estrema debolezza delle persone e dei
nuclei familiari in gravi condizioni di disagio ai quali non sono riconosciuti
diritti esigibili nel settore socio-assistenziale, credo che, se non si
vogliono sottrarre i figli a questi soggetti, occorra in primo luogo precisare
quali sono gli interventi che il settore pubblico deve obbligatoriamente
garantire.
Data attuazione a quanto sopra,
si potrà verificare nel concreto la natura vera delle situazioni dei minori in
difficoltà e dei loro congiunti e valutare le effettive responsabilità delle
persone coinvolte e l’efficacia degli interventi forniti dai servizi, nonché accertare se è adeguata alle esigenze dei minori
l’attuale normativa sugli affidamenti familiari e definire gli eventuali
adeguamenti.
Nell’attesa di quanto sopra
confermo la necessità che il disegno di legge n. 1007 presentato dalla
Senatrice Burani Procaccini venga al più presto
ritirato.
Inoltre, se da un lato si rischia
di togliere i figli ai genitori in difficoltà, con l’adozione aperta (e con
quella mite) c’è il pericolo che i Tribunali per i minorenni diventino
più restii a dichiarare lo stato di adottabilità dei minori privi di assistenza
morale e materiale da parte dei loro congiunti.
Infine
l’adozione, sia essa aperta o mite, svalorizza
l’adozione quale filiazione e genitorialità vere e
complete, fondate sui legami affettivi reciprocamente formativi.
(1) Per quanto concerne le persone conviventi
occorre tener presente che la vigente legislazione non prevede alcun obbligo
reciproco. Ne possono quindi derivare conseguenze anche molto
negative per i minori biologici o adottivi. Ancora più rischiosa per i fanciulli è l’adozione da parte di una persona singola.
(2) Cfr. l’articolo “Prospettive dell’adozione internazionale”, Prospettive assistenziali, n. 155, 2006.
(3) I commi 1 e 2 dell’articolo 6 della vigente
legge 184/1983 sanciscono quanto segue: «1.
L’adozione è consentita ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra
i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo
negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto. 2. I coniugi
devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i
minori che intendono adottare». Dunque l’On. Zanella propone anche la
soppressione delle norme concernenti l’accertamento
delle capacità educative degli aspiranti adottanti.
(4) Prese di posizione contrarie erano state assunte
anche dall’Ordine degli assistenti sociali, dall’Associazione nazionale
assistenti sociali e dal Coordinamento degli enti autorizzati per l’adozione
internazionale. Cfr. Prospettive assistenziali, n. 151, 2005.
(5) Nella relazione viene, invece, affermato che «la presente proposta di legge si prefigge
di estendere la possibilità di accedere all’istituto dell’adozione anche alle
coppie stabilmente conviventi, ma non coniugate, e alle persone singole».
(6) L’adozione dei maggiorenni è disposta senza
l’intervento della famiglia di origine dell’ex affidato.
(7) Il 1° comma dell’articolo 3 della legge 104/1992
riguarda le persone con handicap di qualsiasi gravità.
(8) Si vedano i miei articoli pubblicati su Prospettive assistenziali: “L’adozione
mite: come svalorizzare la vera adozione”, n. 147,
2004 e “L’adozione mite: un’iniziativa allarmante e illegittima, mai
autorizzata dal Consiglio superiore della magistratura”, n. 154, 2006.
(9) Come abbiamo più volte segnalato su questa
rivista, né la legge 328/2000 né quelle regionali, esclusa solamente la legge
della Regione Piemonte n. 1/2004, riconoscono diritti esigibili alle persone e
ai nuclei familiari in gravi condizioni di disagio.
(10) Dalla ricerca condotta da Franco Garelli, Raffaella Ferrero Camoletto e Daniela Teagno
dell’Università di Torino (cfr. Prospettive assistenziali, n. 136, 2001 e
146, 2004) risulta «come gli affidatari
attribuissero molta della problematicità dell’affido alla
mancanza/discontinuità del lavoro degli operatori sociali con la famiglia
d’origine, alla carenza e non chiarezza dei progetti». Poiché nella stessa
ricerca emerge che «l’80% degli
affidatari ritiene che i servizi sociali tendano a scaricare sulla famiglia [affidataria, n.d. r.] il peso dell’affidamento», si comprendono
i motivi per cui detto importantissimo servizio non si sia sviluppato.
(11) Non si capisce nemmeno se sono applicabili al
procedimento concernente la dichiarazione dello stato di semiabbandono le norme
del titolo II della legge 184/1983 relative:
a) alle
prescrizioni ai genitori o ai parenti disposte dal Presidente del Tribunale per
i minorenni o da un giudice «idonee a
garantire l’assistenza morale, il mantenimento, l’istruzione e l’educazione,
stabilendo al tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi direttamente o
avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi locali, ai quali può essere
affidato l’incarico di operare al fine di più validi rapporti tra il minore e
la famiglia d’origine» (articolo 12, comma 4);
b) alla
promozione da parte del Pubblico Ministero della «azione per la corresponsione degli alimenti a carico di chi è tenuto
per legge» (articolo 12, comma 5);
c) alla «sospensione del procedimento [di adottabilità, n.d.r.] quando da particolari circostanze emerse
dalle indagini effettuate, risulta che la sospensione può riuscire utile
nell’interesse del minore (…). La sospensione è comunicata ai servizi sociali
locali competenti perché adottino le iniziative opportune» (articolo 14).
Anche le sopra riportate
disposizioni sono indispensabili al fine di evitare la sottrazione dei minori
ai nuclei familiari in difficoltà che, se adeguatamente supportati dai servizi
sociali, possono diventare in grado di provvedere validamente ai loro congiunti.
(12) Si noti che un mezzo spesso usato per escludere
ogni possibilità di ricorso da parte dei genitori consiste nel disporre la loro
decadenza della potestà parentale e nell’acquisizione
del consenso da parte del tutore.
(13) L’emendamento aveva lo scopo di distinguere le
prestazioni socio-assistenziali in facoltative e obbligatorie e di «garantire gli interventi e i servizi
sociali a coloro i quali, se non ricevono anche le prestazioni assistenziali,
non possono vivere o sono inevitabilmente condannati all’emarginazione
sociale». L’On. Novelli aveva aggiunto che «i soggetti che necessitano anche di
prestazioni di assistenza sociale sono, tra l’altro, i minori in tutto (figli
di ignoti) o in parte privi delle indispensabili cure familiari, gli
handicappati intellettivi totalmente o gravemente privi di autonomia e senza
alcun valido sostegno familiare, le gestanti e madri in gravi difficoltà
personali alle quali va altresì fornita la necessaria consulenza psico-sociale per il loro reinserimento e per il
riconoscimento dei loro nati, le persone che vogliono uscire dalla schiavitù
della prostituzione, gli ex carcerati, i carcerati e i loro congiunti, i
soggetti senza fissa dimora». Cfr. Maria Grazia Breda, Donata Micucci e Francesco Santanera, La riforma dell’assistenza e dei servizi
sociali - Analisi della legge 328/2000 e proposte attuative, Utet Libreria.
(14) È sconcertante che
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