Prospettive assistenziali, n. 156, ottobre - dicembre 2006
L’ANFFAS E IL “DOPO DI
NOI”
Nella rubrica “Interrogativi” del
n. 154, 2006 di Prospettive assistenziali era inserita una breve nota dal titolo “Il
dopo di noi può essere risolto con la beneficenza?” (1).
In data 5 ottobre 2006, Roberto
Speziale, Presidente nazionale dell’Anffas
(Associazione nazionale famiglie di persone con
disabilita intellettiva e/o relazionale), ci ha inviato la seguente lettera: «Leggo sulla vostra
rivista Prospettive assistenziali,
n. 154, aprile-maggio
«Voglio solo citare quanto riportato nel nostro statuto associativo, ovvero: “Anffas opera affinché vi sia la consapevolezza
che la disabilità è un problema sociale e non privato”, nonché richiamare l’attenzione su quanto contenuto nella proposta di
modifica della legge 104/1992 sulla presa in carico elaborata da Anffas e Fish, che ha a suo
fondamento proprio l’indicazione che il progetto globale di vita delle persone
con disabilità deve essere mantenuto saldamente in mano pubblica, in
particolare modo dai Comuni. Chiarito quanto precede, non comprendo per quale
motivo Anffas, attraverso la sua Fondazione nazionale
“Dopo di noi”, possa essere da voi biasimata per aver avviato una campagna di raccolta fondi per contribuire, in regime di solidarietà
e nel rispetto del principio di cittadinanza attiva, a dare maggiori e migliori
risposte ai servizi legati al “dopo di noi”, senza mai volersi sostituire o
voler surrogare le istituzioni preposte.
«Voglio ricordare, inoltre, che le uniche risorse pubbliche che lo Stato
ha, negli ultimi anni, messo a disposizione per le strutture del “dopo di noi”
risalgono ad una iniziativa dell’allora ministro Livia Turco che ha inserito nella legge finanziaria un
contributo di 100 miliardi delle vecchie lire su pressante sollecitazione
proprio di Anffas che, già all’epoca, abbiamo
ritenuto non dovesse essere destinato ad Anffas ed
alla Fondazione nazionale “Dopo di noi”, bensì ai Comuni per tramite delle
Regioni.
«Purtroppo non ci sono mai stati consegnati i dati per avere contezza di
come quelle risorse siano state effettivamente impiegate per le persone con
disabilità. Tengo, infine, a precisare che Anffas ha formalmente
rifiutato di essere riconosciuta per legge quale associazione storica (come Ens, Uic, Anmic,
ecc.) nel rispetto del principio che la rappresentanza si conquista dal basso
operando concretamente sul territorio e non per riconoscimento normativo al
solo fine di intercettare risorse.
«Sperando di aver contributo a creare le condizioni che possano avviare
percorsi di collaborazione e non di inutili, sterili e
preconcette contrapposizioni, desidero complimentarmi per l’importante opera da
Voi svolta e rimango in attesa di vedere pubblicato quanto riportato nella
presente, in modo da consentire ai lettori di avere tutti gli elementi
necessari per una obbiettiva valutazione di quanto da Voi rappresentato».
La nostra replica
Non è certamente sufficiente
affermare, come scrive il Presidente nazionale dell’Anffas
«che sia compito dello Stato e delle sue
articolazioni garantire i servizi, comprese le strutture del “durante” e del
“dopo di noi”» per promuovere il riconoscimento di diritti esigibili e cioè di leggi che li sanciscano. Al riguardo non ci risulta che l’Anffas abbia assunto
iniziative concrete nei confronti del Parlamento per l’inserimento di nuovi
diritti esigibili nelle leggi quadro 104/1992 sull’handicap e 328/2000
sull’assistenza, volti a garantire il “durante noi” e il “dopo di noi”.
Analoghe considerazioni valgono
per i provvedimenti delle Regioni.
Inoltre, l’istituzione da parte
dell’Anffas della comunità
Ricordiamo che, in occasione
dell’erogazione di 20 miliardi delle ex lire (2) concessa nel 2002 all’Anffas dal Governo D’Alema «per il risanamento economico-finanziario
dell’ente medesimo» (decreto legge n. 60/2000), L’Espresso del 18 maggio 2000 aveva lanciato
pesanti accuse denunciando, a proposito del centro di Cervinara
(Avellino), gestito dall’Anffas, che «per assistere 14 disabili erano state
assunte 25 persone, tra le quali 3 cuochi e 2 autisti senza che, peraltro, ci
fosse un solo automezzo da guidare (…). La sede di Cervinara
è stata poi demolita perché irrecuperabile a fronte delle norme di sicurezza
previste dalla legge. Una scelta obbligata non solo a causa
delle condizioni materiali dell’edificio, ma anche perché il fascicolo con le
carte necessarie alla Regione Campania per erogare il rimborso (che varia dal
50 al 95 per cento dell’investimento per la messa a norma) risulta
misteriosamente scomparso».
Da quanto ci risulta
l’attuale conduzione dell’Anffas nazionale non è più
quella degli anni scorsi, anche se restano gli impedimenti derivanti dalla
gestione dei servizi.
Di fronte alle complesse esigenze
delle persone con handicap intellettivo e limitata o nulla autonomia,
continuiamo a ritenere estremamente negativo il
ricorso alla beneficenza privata soprattutto quando – lo ripetiamo – i Comuni
sono obbligati a provvedere ai sensi degli ancora vigenti articoli 154 e 155
del regio decreto 773/1931 (3). In ogni
caso siamo ben lieti di avviare una collaborazione con l’Anffas
(e con qualsiasi altra organizzazione) per il riconoscimento di diritti
esigibili nel campo dei servizi “durante” e “dopo di noi”, nonché
del volontariato intrafamiliare e delle altre attività volte allo sviluppo
personale dei soggetti con handicap intellettivo e al loro inserimento
familiare e sociale. Per il Piemonte, detta collaborazione può riguardare, se
l’Anffas lo ritiene, la raccolta delle firme e le
relative iniziative (dibattiti, volantinaggi, presidi, ecc.) concernenti la
petizione popolare (4) nella quale, fra le altre richieste, vi sono quelle
riguardanti:
a) il diritto a
ottenere dall’Asl e/o dai Comuni il rimborso delle
spese vive sostenute dal familiare che accoglie in casa un soggetto maggiorenne
con handicap intellettivo e limitata o nulla autonomia;
b) il diritto a
non pagare integrazioni della retta nei casi di ricovero di un familiare con
handicap in situazione di gravità;
c) il diritto a
ottenere dai Comuni centri diurni in numero sufficiente al fabbisogno per
favorire la permanenza a domicilio di chi ha un handicap intellettivo e non è avviabile al lavoro;
d) il diritto delle persone con
grave handicap intellettivo ad essere accolti presso comunità alloggio in modo
che sia garantita una vita di tipo familiare, quando i congiunti sono in
difficoltà o sono venuti a mancare;
e) il diritto
esigibile all’assistenza per le persone in gravi condizioni di disagio come
previsto dalla legge della Regione Piemonte n. 1/2004.
(1) Il testo completo è il seguente: «A lato delle schedine dei concorsi “Totocalcio” e “Totogol”
compare la scritta “Un euro per un mattone. Una famiglia sola non basta.
Invia un Sms al 48584 www.anffas.net”.
Perché indurre gli scommettitori a
credere che solamente con il loro apporto economico possono essere fornite le
necessarie prestazioni alle persone con handicap? È giusto ricorrere alla
questua quando i Comuni, come ripetiamo da anni, sono obbligati a fornire
assistenza agli invalidi al lavoro e quindi anche ai soggetti con handicap in
base agli ancora vigenti articoli 154 e 155 del regio decreto 773 del 1931?
«Quali iniziative ha assunto o intende assumere l’Anffas
(Associazione nazionale famiglie di disabili intellettivi e relazionali) per
ottenere dai Comuni il rispetto delle suddette disposizioni, emanate da ben 75
anni? Si promuove la dignità delle persone con handicap puntando sulla
beneficenza e disconoscendo di fatto i diritti
esigibili?».
(2) Senza alcuna motivazione specifica (articolo 39,
comma 7 della legge 289/2002) sono stati assegnati all’Anffas
ben 5 milioni di euro.
(3) Si veda in questo numero l’articolo “‘Il dopo di
noi’:
(4) Il testo della petizione è stato allegato al n.
153, 2006 di Prospettive assistenziali.
www.fondazionepromozionesociale.it