Prospettive assistenziali, n. 156, ottobre - dicembre 2006
LETTERA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
riportiamo il testo integrale della lettera inviata
il 6 ottobre 2006 da roberto tarditi al
Presidente della Repubblica. Confidiamo che venga
presa in attenta considerazione e che il Presidente della Repubblica voglia
porre il Parlamento, le Regioni, i Comuni, le Province e gli altri enti
pubblici di fronte alla urgente necessità di iniziative volte a rispettare i
diritti delle persone colpite da patologie invalidanti.
L’attuale importo della pensione di invalidità (euro 238,07 al mese) erogata ai soggetti
totalmente impossibilitati a svolgere qualsiasi attività lavorativa proficua e
privi di ogni altra risorsa economica è una vergogna sociale che dovrebbe
essere cancellata al più presto.
AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIOrGiO NAPOLITANO
Signor Presidente, vorrei innanzitutto narrare
brevemente la mia esperienza e quella del mio amico.
Siamo due persone con un handicap fisico grave –
Roberto spastico e Piero focomelico – che hanno sulle spalle una lunga
esperienza d’istituto prima e di vita libera, autonoma e indipendente poi.
Siamo stati messi al Cottolengo
nei primi anni di vita e ne siamo usciti venticinque anni fa. Nel settembre
1981, infatti, dopo numerose lotte, il Comune di Torino ci ha assegnato un mini alloggio. Con l’aiuto dei nostri amici siamo
riusciti ad arredarlo alla meglio. All’inizio il problema fondamentale è stato
quello di ricominciare una nuova vita, trasformarci in altre parole da soggetti
passivi e assistiti a soggetti attivi che devono
organizzare, in due, il loro quotidiano. È chiaro che nei primi tempi la
mancanza di una struttura protettiva si faceva sentire
e, quindi, le paure e le incertezze erano all’ordine del giorno. Con il tempo,
però, queste paure sono progressivamente diminuite lasciando spazio ad una
maggiore sicurezza e consapevolezza delle proprie capacità e dei propri diritti.
Ricordo come questa scelta nacque a mo’ di
scommessa, osteggiata all’interno dell’istituto e vista con scetticismo anche
da molti conoscenti; solo pochi amici colsero l’importanza della sfida e ci
aiutarono concretamente a superare le difficoltà morali e materiali che si
sarebbero presentate quotidianamente alle prime due persone affette da un
handicap fisico grave in Torino che fortemente rivendicavano e lottavano per
ottenere la propria individualità, la propria vita
indipendente.
Abbiamo dunque aperto una strada per quelle persone fisicamente gravi e
gravissime con limitazioni di autonomia che scelgono
di intraprendere una vita indipendente. Eppure le
difficoltà non si sono esaurite. Piero ed io, come pionieri, siamo
molto preoccupati per il nostro futuro e per quello delle altre persone come
noi che usufruiscono di alcuni servizi indispensabili e vitali per continuare a
vivere in casa propria.
Sono messi in discussione, ogni anno, i diritti acquisiti. È sempre solo un
problema economico: tagliare i servizi sociali ed assistenziali
sul territorio, poiché non ci sono le risorse. Molto più comodo e semplice è,
allora, eliminare il problema mediante la reclusione: è una scelta politica
consapevole sui temi relativi alle persone con
handicap non autosufficienti e quelle con problemi sanitari.
Le faccio un esempio. L’Assessore ai servizi sociali del Comune di Torino
ha proposto all’istituto Cottolengo di aprire un
reparto in cui ricoverare bambini malati e/o con handicap grave. È una proposta
che prospetta, come soluzione del problema, la vecchia logica di finanziare le
megastrutture in cui si ammassano “casi con patologie simili”
e non persone. Sebbene la legge n. 149/2001 preveda il superamento del ricovero
in istituti entro il 31 dicembre 2006 e stabilisca la realizzazione sul
territorio di alcuni interventi alternativi al
ricovero.
Ho già ripetuto in altre occasioni che tale predilezione purtroppo non si è
mai del tutto sopita e, anzi, spesso riemergono perniciosi rigurgiti col
rischio – come sempre – di un ritorno indietro, come se la storia fosse un
eterno avanzamento e successivo regresso.
Fatte queste premesse vorrei riprendere alcune Sue
affermazioni scritte sul notiziario quindicinale HPress News, il 15 giugno 2006. Lei afferma di essere «convinto della necessità di un rinnovato,
continuativo impegno per la soluzione» dei problemi inerenti alle persone
con handicap.
Le persone con handicap di varia entità andrebbero
infatti considerate cittadini a tutti gli effetti, con eguali diritti e
doveri dinanzi al mondo, che non chiedono solamente assistenza medica o tanto
meno morale, ma una reale possibilità di integrazione sociale e l’affermazione
concreta di quei diritti imprescindibili.
A questo proposito vorrei sottoporre alla Sua
attenzione alcuni aspetti che all’oggi continuano a persistere, ostacolando
l’auspicata soluzione a cui Lei accennava.
Uno di questi riguarda il volontariato dei diritti
che non gestisce servizi, ma pone le istituzioni di fronte alla responsabilità
di compiere il loro dovere secondo la “Costituzione della Repubblica italiana”
e dunque di farsi voce dei più deboli a tutti i livelli, rimuovendo le cause
dell’emarginazione, prevenendo il disagio e fornendo delle risposte concrete ed
adeguate ai bisogni sul piano sanitario, assistenziale,
culturale, abitativo, ambientale, relazionale delle persone svantaggiate e
indifese. Persone a cui lo Stato dovrebbe garantire il
riconoscimento e la tutela degli inviolabili diritti dell’uomo (articolo 2) e
dell’eguale dignità dei cittadini (articolo 3 della Costituzione).
Un secondo aspetto riguarda i cittadini più
svantaggiati e dimenticati dallo Stato e qui mi ricollego ad un’altra delle Sue
argomentazioni: «Come debbano
considerarsi irrisori gli importi delle pensioni di invalidità». È per
questo che esprimo con forza
tutta la mia indignazione nei confronti delle istituzioni e/o
associazioni di categoria che si propongono di farsi carico della difesa dei diritti
delle persone svantaggiate con altisonanti dichiarazioni di principio mai
realizzate nei fatti. Persone che vivono al di sotto della
soglia di povertà, poiché le loro pensioni, definite assistenziali, non sono
mai state equiparate alle altre pensioni Inps.
In particolare descrivo la realtà delle persone
con handicap, soprattutto quelle affette da handicap gravi e gravissimi con
limitazioni dell’autonomia personale che, come molti altri, vivono al di sotto della soglia di povertà; infatti, l’importo delle
loro pensioni, che attualmente non supera i 238,07 euro mensili, è tale da non
consentire nemmeno la sopravvivenza fisica.
E che dire poi dell’indennità
d’accompagnamento (450,83 euro) che dovrebbe permettere a molte persone con
handicap anche grave di vivere insieme agli altri cittadini? Ribadisco
il concetto: è un assegno statale destinato alle persone che non possono
compiere i normali atti quotidiani, bisognose di assistenza continuativa, 24
ore su 24.
Chiedo dunque a Lei, Signor Presidente, dove sia finito egualitarismo e garantismo del diritto dal
momento che chi ha maggiori difficoltà percepisce economicamente minori aiuti!
Volendo essere ancora più puntiglioso e preciso,
Le chiedo quando e se mai si arriverà alla tanta agognata equiparazione dei
livelli pensionistici!
Le ricordo inoltre, Signor Presidente, che negli
ultimi trentasei anni si continuano a mettere in discussione le conquiste
acquisite. Conquiste conseguite faticosamente da parte delle organizzazioni di
volontariato dei diritti e dei comitati per ottenere dallo Stato delle leggi a
favore dell’integrazione e dell’autonomia delle persone handicappate quali:
l’effettiva eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici e spazi
pubblici ed aperti al pubblico e nelle abitazioni private sia di nuova
costruzione che soggetti ad intervento edilizio; la piena accessibilità dei
trasporti pubblici e l’attivazione di servizi di trasporto integrativi quali
pulmini accessibili, utilizzo di taxi, ecc; il superamento delle scuole
speciali, classi differenziali riservate ai bambini con diverse tipologie di
handicap e il loro inserimento nelle scuole normali, prevedendo classi ridotte
e un adeguato numero di insegnanti di sostegno; infine
il diritto ad un futuro inserimento lavorativo con un corretto orientamento
post-obbligo, una garanzia di formazione professionale integrata e specifica
per le persone con handicap intellettivo e fondi adeguati per l’incentivazione
all’assunzione di persone con un vero handicap, nonché l’impegno a far
rispettare la legge a tutti i soggetti pubblici e privati come prevede la
stessa n. 68 del 1999 sul collocamento mirato.
Le rammento inoltre che gli ultimi Governi hanno
continuato ad attuare pesanti riduzioni delle risorse destinate al sociale; per
ovvia conseguenza lo Stato non può adempiere e garantire gli stessi diritti
dettati dalla Costituzione, riferimento essenziale per tutti i cittadini,
mentre (articolo 3) «è compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico
e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della
persona umana».
Signor Presidente, concludo
ringraziandoLa per
È compito del Presidente della Repubblica italiana
essere il “Maestro dei diritti” di tutti i cittadini e il loro rappresentante
per garantirne l’applicazione. Le chiedo quindi di considerare seriamente
questa mia proponendo al Governo di occuparsi con immediatezza della soluzione dei problemi elencati.
Confidando in una Sua risposta, Le porgo i miei più cordiali saluti.
Roberto Tarditi
www.fondazionepromozionesociale.it