Prospettive assistenziali, n. 156, ottobre - dicembre 2006
Piattaforma del Csa per
il comune di Torino
In data 4 ottobre 2006, il Csa ha inviato al
Sindaco e al Vice Sindaco di Torino, al Presidente del Consiglio comunale, agli
Assessori ed ai Consiglieri la piattaforma che riportiamo integralmente.
Alla piattaforma è stato allegata copia della petizione popolare inserita
nel numero 153, 2006 di Prospettive assistenziali, con la segnalazione che alla Presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, erano state consegnate il 12 settembre
2006 le prime 5.300 firme raccolte.
Premessa
Il Csa,
Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, opera
ininterrottamente dal 1970 per la promozione e la difesa dei diritti dei
seguenti soggetti non in grado di difendersi autonomamente: minori con famiglie
in difficoltà, persone in situazione di handicap con limitata o nulla
autonomia, adulti e anziani cronici non autosufficienti, compresi
i malati di Alzheimer. In base ad una consolidata modalità operativa tra i vari
organismi aderenti al Csa è d’uso inviare alle nuove
Amministrazioni una piattaforma che ha lo scopo di anticipare le richieste che verranno sottoposte alla Giunta e al Consiglio comunale
durante il loro mandato.
Al fine di prevenire
l’emarginazione dei cittadini più deboli, da sempre siamo impegnati in primo
luogo perché sia assicurato il rispetto del loro diritto ad accedere,
al pari degli altri cittadini, a tutti i servizi primari: sanità, istruzione,
formazione professionale, lavoro, casa, trasporti, sport, tempo libero,
cultura, ecc. In questo modo si possono altresì garantire diritti esigibili (e
le risorse necessarie) per chi, a causa della gravità delle sue condizioni
fisiche e/o intellettive o sociali, è inabile e sprovvisto dei mezzi necessari
per vivere e, dunque, ha diritto agli interventi aggiuntivi dell’assistenza (e
non sostitutivi degli interventi primari di cui sopra), da parte dello Stato e
del Comune.
A tal fine chiediamo al Sindaco,
alla Giunta e al Consiglio comunale di Torino di assumere una linea politica
che, a differenza di quanto praticato nella prima Giunta Chiamparino,
sia improntata al rispetto della legalità anche nei confronti dei cittadini più
deboli che, a differenza di altri, non hanno neppure la capacità di difendersi.
Ci richiamiamo alle dichiarazioni
che condividiamo del Sindaco On. Chiamparino
che, sul quotidiano
Ebbene, anche la tutela delle
persone più deboli ha bisogno di legalità ovvero che siano
rispettate le leggi che sanciscono i loro diritti. Ci attendiamo pertanto, come
prima azione politica di rispetto della legalità, che il Sindaco del Comune di
Torino:
1. onori
l’impegno, assunto pubblicamente nell’incontro del 30 novembre 2005 organizzato
dall’associazione Polietica, durante il quale aveva assicurato alla nostra rappresentante che non vi erano
ostacoli di sorta alla pubblicazione di un opuscolo informativo alla
cittadinanza sul diritto di tutti i malati alla continuità terapeutica – senza
interruzioni – previsto dalle leggi vigenti anche per gli anziani cronici non
autosufficienti e tutti gli altri soggetti affetti da patologie invalidanti e
non autosufficienza. L’opuscolo, che è già stato predisposto ad esempio dai
Comuni di Nichelino e Grugliasco, ha lo scopo di
fornire ai familiari degli anziani malati non autosufficienti le informazioni
necessarie per ottenere dal Servizio sanitario regionale e dallo stesso Comune
di Torino, il rispetto dei loro diritti e, in pratica, impedire che essi
finiscano in lista d’attesa di un posto letto nei casi in cui non sia
praticabile la permanenza a domicilio. Ad oggi, sono più di 2000 i torinesi
anziani cronici non autosufficienti e malati di
Alzheimer che, per mancanza di informazioni corrette, anche da parte dei
servizi sociali del Comune, sono costretti a subire i soprusi di ospedali e
case di cura convenzionate, che dimettono i pazienti non autosufficienti senza
garantire loro la continuità delle cure necessarie. Ne consegue che sono i
congiunti (ai quali la legge non impone nessun compito sostitutivo rispetto
alle funzioni assegnate al Servizio sanitario e ai Comuni), a dover sostenere
in proprio dai 1500 ai 2000 euro al mese per
assicurare le prestazioni necessarie ai loro congiunti anziani cronici non
autosufficienti. Questa situazione determina ovviamente
l’aumento delle famiglie a rischio povertà; c’è inoltre il pericolo per i
malati di finire in strutture lager, perché non tutti sono in grado di
affrontare spese così rilevanti che possono durare anche anni;
2. assuma iniziative pubbliche – anche di denuncia – contro le dimissioni
illegali e spesso inumane praticate da ospedali e case di cura nei confronti
dei malati inguaribili, ma sempre curabili; periodicamente vi sono segnalazioni
da parte dei cittadini torinesi sui quotidiani locali, ma mai una volta abbiamo
letto prese di posizione del Sindaco o del Suo assessore delegato alle
questioni socio-sanitarie;
3. si adoperi perché siano realizzati posti per la riabilitazione e la lungodegenza degli anziani cronici non autosufficienti
nella Città di Torino. Attualmente i vecchi vengono
ricoverati a Pianezza, San Carlo e San Maurizio Canavese, Arignano
e addirittura a Lanzo. È una situazione che impedisce a molti coniugi (sovente
si tratta di ultraottantenni) di apportare al loro
congiunto un adeguato sostegno morale e materiale;
4. apra una
trattativa con
5. disponga
perché i suoi Assessori applichino le disposizioni di
legge vigenti agli utenti in difficoltà, che chiedono aiuto ai servizi
socio-assistenziali. Nel rispetto della legalità va modificata la delibera
sulle cure domiciliari, approvata il 26 settembre 2005 che, in contrasto con
quanto previsto dalle leggi vigenti, chiede alla persona adulta o anziana in
difficoltà di segnalare ai servizi sociali nominativi
e indirizzi dei parenti non conviventi,
anche residenti all’estero, per chiedere loro di contribuire con “quote
di solidarietà”. Se la persona che ha bisogno si
rifiuta (perché si vergogna, perché non ha più rapporti o perché non vuole
caricare altri dei suoi problemi) è a rischio il suo diritto all’assistenza,
che le norme nazionali riconoscono invece al singolo in difficoltà;
6. vigili
perché sia assunta al più presto una deliberazione per assicurare il diritto
esigibile alle prestazioni assistenziali (e non solo
in base alla disponibilità delle risorse) a chi è inabile e sprovvisto dei
mezzi necessari per vivere, così come sancito dal 1° comma dell’articolo 38
della Costituzione. Il Comune di Torino non ha ancora proceduto al recepimento di quanto disposto dalla legge regionale n.
1/2004 “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della
legislazione di riferimento”, mediante apposita delibera. Ne consegue che i
cittadini torinesi bisognosi di assistenza di fatto
non hanno diritti. In assenza della delibera di recepimento
della legge regionale per ottenere assistenza da parte del Comune, nel caso non
intendesse intervenire, occorre che chi si trova in stato di necessità si avvalga ancora degli articoli 154 e 155 del regio decreto n.
773/1931 “Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza” ovvero rivolgersi ai
carabinieri per imporre al Comune l’obbligo di ricovero. L’unica prestazione
prevista dal succitato regio decreto per i minori, i soggetti con handicap e
gli anziani in gravi difficoltà socio-economiche,
considerati inabili al lavoro è – purtroppo – il ricovero in istituto e non, ad
esempio, il ricorso a servizi alternativi comprensivi di prestazioni
domiciliari o alla comunità alloggio o come previsto dalla legge regionale n.
1/2004;
7. fornisca
informazioni trasparenti in merito all’utilizzo fatto da parte della Città di
Torino dei patrimoni delle ex Ipab ed ex enti di assistenza (valore stimato di circa mille miliardi delle
vecchie lire per la sola città di
Torino) che, in base alle norme vigenti, dovevano essere utilizzati a esclusivo
beneficio dei servizi assistenziali e dei loro utenti da assistere.
Testo della piattaforma
Elenchiamo qui di seguito gli
obiettivi che ci auguriamo l’Amministrazione comunale
della Città di Torino voglia assumere per tutelare concretamente le esigenze
dei cittadini torinesi in difficoltà e non in grado di difendersi.
Prevenire l’emarginazione sociale
Priorità assoluta dell’Amministrazione
comunale dovrebbe essere rivolta all’attività di prevenzione dell’emarginazione
attraverso la messa a disposizione – anche ai soggetti in difficoltà – dei
servizi sociali primari.
La piena integrazione di chi vive
con uno svantaggio sociale e/o con una minorazione fisica e/o intellettiva può
essere garantita soltanto nel caso in cui gli assessorati, che intervengono nei
confronti del resto della popolazione, stanzieranno risorse e personale per
assicurare anche a chi è in difficoltà l’accesso alla sanità, all’istruzione e
formazione professionale, al lavoro, alla casa, al trasporto, al tempo libero, allo
sport, alle manifestazioni culturali.
È dunque doveroso evitare percorsi separati e,
soprattutto, interventi assistenziali sostitutivi delle carenze o mancanze da
parte dei settori di competenza. Il settore dell’assistenza ha una valenza
importante, ma solo se è correttamente chiamato a predisporre le prestazioni
aggiuntive indispensabili per garantire una vita dignitosa ai soggetti aventi
diritto all’assistenza del Comune in quanto, anche mediante l’utilizzo dei
servizi primari di cui sopra, non sono in grado di vivere autonomamente.
La questione dell’attribuzione
delle competenze è rilevante, perché i settori preposti ai servizi sociali
riguardano tutti i cittadini, mentre il settore dell’assistenza interessa al
massimo il 3-4% della popolazione. Occorre, altresì, che vengano
assunte le necessarie e urgenti iniziative volte a predisporre nel territorio
della Città di Torino le strutture per i soggetti con handicap che negli ultimi
anni, con preoccupante frequenza, sono stati ricoverati in comunità alloggio
situate fuori Torino.
Ne consegue che, al fine di promuovere la piena integrazione delle persone
in difficoltà, gli Assessorati dovrebbero impegnarsi come segue.
BILANCIO E PATRIMONIO
Come si potrà evincere dalla lettura della piattaforma, gravi sono le carenze esistenti in tutti gli ambiti, nei confronti dei
soggetti adulti e anziani con limitata autonomia, persone con handicap
intellettivo, minori con famiglie problematiche. Ci attendiamo quindi che:
• sia destinata una parte dell’avanzo preventivo di bilancio, stimato in
circa 27 milioni di euro, per promuovere la piena
integrazione nei servizi sociali primari e per garantire il diritto esigibile
all’assistenza per i soggetti per i quali sono necessari ulteriori interventi
specifici a causa della gravità delle loro condizioni personali fisiche e/o
intellettive;
• non si riduca l’Ici che, anzi, potrebbe essere
aumentata per le ragioni di cui sopra. Sarebbe inqualificabile ed eticamente riprovevole procedere con la riduzione
dell’aliquota Ici, ovvero rinunciare ad introiti
indispensabili e insufficienti. Rammentiamo che sono alcune migliaia i
cittadini torinesi adulti e anziani che devono vivere con l’integrazione al
minimo vitale e che molti di questi sono invalidi privi di altre
risorse e impossibilitati a svolgere qualsiasi attività lavorativa proficua che
ricevono dallo Stato pensioni dell’importo di 238 euro mensili;
• mettere a disposizione della cittadinanza l’elenco dei patrimoni (mobili
e immobili) degli enti assistenziali trasferiti al
Comune di Torino (Ipab, Eca,
ecc.) con l’indicazione per ognuno dei beni immobiliari dei dati generali e
catastali, delle caratteristiche edilizie, dei dati relativi alla locazione
(locatario, durata del contratto, importo, adeguamento Istat,
attribuzione e importo delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria e
degli oneri di riscaldamento, stato di pagamento dei canoni da parte dei
soggetti occupanti, ecc.), come previsto dalla deliberazione approvata dal
Consiglio comunale di Torino in data 26 settembre
1995 e finora mai attuata;
• monitorare l’utilizzo dell’ex Ipab Prinotti da parte dell’Ente nazionale per la protezione e
l’assistenza dei sordomuti, ovvero verificare se sono
state rispettate le condizioni previste nella deliberazione comunale del 24
aprile 2001 n. 03622/08 e cioè:
- la realizzazione del polo culturale e assistenziale
per le persone audiolese;
- il servizio di assistenza generale;
- la ristrutturazione dell’immobile per cui
l’affitto riscosso dal Comune è stato fissato – per 10 anni – solo al 10% del
valore di mercato dell’immobile;
- la riscossione dell’affitto pari a euro 5 o
10,96 per gli anni 2001/2006;
- il rispetto dell’importo dei lavori stimato con
delibera per il valore di 200 milioni di lire (oltre 100 mila euro);
• procedere alla vendita di beni
vincolati al settore assistenziale (non utilizzabili
allo scopo) recuperando le risorse da destinare all’acquisto di piccoli alloggi
per comunità e di edifici per centri diurni assistenziali. Il Comune deve
progressivamente tornare ad avere la proprietà totale degli edifici
occupati dai servizi socio-assistenziali, unico modo per tutelare gli assistiti nei confronti di
gestori privati che non rispettassero i loro diritti e che non possono essere
estromessi, ovviamente, da comunità alloggio di loro proprietà;
• promuovere l’applicazione da
parte della Regione Piemonte dell’articolo 4 della
legge 17 febbraio 1992 n. 179 “Norme per l’edilizia residenziale pubblica” che
stabilisce quanto segue: «Le Regioni,
nell’ambito della disponibilità loro attribuite, possono riservare una quota
non superiore al 15% dei fondi di edilizia agevolata e
sovvenzionata per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione
dei problemi abitativi di particolari categorie sociali individuate di volta in
volta dalle Regioni stesse. Per tali intereventi i requisiti soggettivi e
oggettivi sono stabiliti dalle Regioni, anche in deroga a quelli previsti dalla
legge 5 agosto 1978 n. 457, e successive modificazioni»;
• utilizzare la modalità della
“concessione” per la creazione di strutture socio-assistenziali senza alcun
onere economico da parte del Comune per quanto concerne le spese di investimento (cfr. le iniziative in merito del Cisap,
Consorzio dei servizi alla persone dei Comuni di Collegno
e Grugliasco).
SERVIZI
EDUCATIVI E ISTRUZIONE
Per assicurare pari opportunità a
chi ha difficoltà sociali e/ o personali è
indispensabile:
a. potenziare
e divulgare le attività svolte dal servizio di consulenza educativa
domiciliare, al fine di fornire adeguati supporti ai nuclei familiari con figli
con handicap, fin dal momento della loro nascita;
b. garantire
l’integrazione dei bambini con handicap, anche se in situazione di gravità, nei
nidi e nelle scuole per l’infanzia, nel rispetto dell’inserimento nelle
strutture educative di competenza territoriale della famiglia;
c. assicurare la frequenza
scolastica, sin dall’inizio delle lezioni, mediante la garanzia del trasporto
agli allievi impossibilitati ad accedervi autonomamente in quanto non
deambulanti;
d. rispettare l’obbligo per gli enti
locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale,
così come sancito dal punto 3 dell’articolo 13 della legge 104/1992, degli
alunni con handicap fisici o sensoriali, mediante l’assegnazione di personale
proprio o in convenzione;
e. incrementare
le attività di integrazione dei propri laboratori con quelle dei centri diurni
assistenziali per favorire scambi e occasione di socializzazione e per favorire
l’eventuale inserimento degli allievi in situazione di gravità giunti al
termine del percorso scolastico-formativo;
f. intraprendere azioni mirate
contro l’evasione dall’obbligo scolastico e per l’assunzione delle attività da
predisporre per il pieno recupero dei minori con problemi scolastici
(attualmente impropriamente svolto dall’assistenza);
g. completare entro il 2010 l’azione
di superamento dei Cesm (Centri educativi speciali
municipali) potenziando il loro ruolo di laboratori territoriali al servizio
dell’integrazione scolastica delle scuole statali mediante:
- la non accettazione, a partire dal prossimo anno scolastico 2007/2008, degli
alunni residenti fuori Torino per responsabilizzare i Comuni limitrofi ad
attivare iniziative in loco; questo al fine di favorire realmente la frequenza
degli alunni nelle scuole del proprio territorio;
- predisporre progetti
finalizzati a favorire l’integrazione scolastica nelle normali classi degli
alunni in situazione di gravità, che eventualmente potranno frequentare ancora
il Cesm (riorganizzato) insieme a gruppi di compagni,
per attività specifiche (acquaticità, musica,
equitazione, ecc.) per non più di otto ore settimanali;
- favorire la presenza di insegnanti specializzati dei Cesm
nelle scuole in cui sono inseriti alunni con handicap grave per la
realizzazione di laboratori finalizzati all’integrazione.
LAVORO,
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E PERSONALE
È indispensabile assicurare una collocazione lavorativa ad ogni persona con handicap in
grado di esprimere una capacità lavorativa piena o ridotta. In tal modo si
assicura la piena integrazione nella vita adulta, si elimina la spesa assistenziale (pensione di invalidità, servizi
assistenziali) e l’interessato diventa un cittadino attivo, che paga le tasse e
contribuisce allo sviluppo della collettività. Il Comune di Torino ha – negli
anni scorsi – realizzato numerose iniziative positive
di politiche attive del lavoro. Confidiamo che vorrà continuare ad adoperarsi in tal senso assumendo le seguenti iniziative:
a. rispettare
il programma di assunzioni a cui è
tenuto ai sensi della legge 68/1999, con la stipula della necessaria
convenzione con
b. intervenire
presso tutte le aziende in cui ha partecipazioni al fine di favorire un
concreto programma di assunzioni che preveda anche l’inserimento dei soggetti
di cui sopra. Si rammenta la mozione 29/2000 con la quale
c. monitorare il “Regolamento delle
procedure contrattuali per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate di
disabili” (deliberazione del Consiglio comunale del 31 marzo 2005, n. 2004
12376/023) che prevede l’inserimento di almeno il 20% di persone con handicap
intellettivo nelle cooperative che ottengono la gestione di servizi per conto
del Comune;
d. adoperarsi nei confronti delle
aziende che avviano nuove attività perché, a fronte di politiche di sostegno
del Comune per agevolare le nuove imprese, vi siano in cambio assunzioni anche
di soggetti che rientrano nella legge 68/1999, comprese le persone con ridotta
capacità lavorativa;
e. prevedere
quote di inserimento dei soggetti di cui sopra (handicappati intellettivi o
fisici con limitata autonomia) nelle politiche di contrasto alla disoccupazione
e povertà: cantieri di lavoro, borse di lavoro, ecc.;
f. assicurare il personale comunale
indispensabile per il funzionamento del Sil (Servizio
inserimento lavorativo), rinnovando la convenzione con
g. mettere a disposizione posti di
tirocinio formativo per i Centri di formazione professionale che operano nella
Città di Torino.
EMERGENZA
ABITATIVA - CASE ATC
L’Assessorato alla casa,
correttamente, interviene da tempo anche per quanto riguarda i casi sociali,
vale a dire quelli segnalati dai Servizi socio-assistenziali e sanitari della
Città. I tempi medi di attesa fra la segnalazione
dell’assistente sociale e l’assegnazione dell’alloggio in case popolari sono
però ancora troppo lunghi: per il 2005 l’attesa è di oltre 17 mesi. Macroscopico e costante è il divario fra domanda e offerta
di abitazioni di edilizia residenziale pubblica, come si evince dai dati
(fonte: Divisione edilizia e urbanistica della Città di Torino - Settore bandi
e assegnazioni): le domande presentate al bando generale 2004 sono state 7.625,
la media degli alloggi disponibili nell’ultimo quinquennio è di circa 550
alloggi all’anno; gli alloggi assegnati negli anni 2004 e 2005 sono stati
complessivamente 1.233, per una media annuale di 616.
Anche con il progetto di
riconversione dei siti olimpici le case pubbliche continuano ad
essere insufficienti. Pertanto si ritiene necessario che il Comune
assuma altre iniziative quali:
- la valutazione della congruità
degli attuali limiti economici per l’accesso alle case popolari e la validità
delle previste riduzioni forfetarie dei redditi effettivamente conseguiti al
fine di non assegnare più alloggi a coloro che, sulla base delle loro risorse, sono in grado di accedere al libero mercato;
- assumere le
necessarie iniziative per ottenere la cessazione delle occupazioni abusive, con
particolare riguardo ai nuclei familiari con redditi superiori a quelli
previsti per l’accesso alle case popolari;
- l’individuazione della
possibilità di utilizzo (da concordare) dell’edilizia
privata per la costruzione di alloggi da assegnare a nuclei familiari
riconosciuti in possesso di tutte le condizioni per l’accesso alle case
popolari;
- assegnazione di
alloggi a 2-3 soggetti con handicap disposti a vivere insieme,
prevedendo i necessari criteri specifici per la sommatoria di punteggi
individuali;
- la predisposizione, d’intesa
con l’Assessorato al patrimonio, di un piano di utilizzo
dei beni degli enti assistenziali disciolti (ex Ipab,
ex Eca, ex Omni, ecc.);
- una gestione corretta (sulla base di una delibera specifica) del patrimonio
immobiliare e mobiliare pervenuto al Comune di Torino a seguito dell’estinzione
degli enti assistenziali di cui sopra;
- la richiesta alle Ipab di mettere a disposizione della commissione edilizia
abitativa del Comune gli alloggi di loro proprietà, e che si renderanno
disponibili, da destinare ai casi sociali segnalati dai servizi assistenziali e sanitari;
- il potenziamento delle
iniziative di adattamento degli alloggi in modo da
renderli usufruibili anche da parte di persone con handicap fisici;
- il potenziamento dei contributi
necessari per l’adeguamento degli alloggi e l’attivazione di iniziative
volte alla massima pubblicizzazione per favorire la
conoscenza di tale possibilità;
- il censimento degli alloggi di edilizia pubblica.
TRASPORTO
Per quanto riguardo il servizio taxi per il trasporto di persone con handicap
motorio non in grado di utilizzare i mezzi pubblici, attivato dalla Città di
Torino sin dal 1979, è necessario ricordare che non è un servizio assistenziale
da erogare ai meno abbienti. È un
diritto sociale come la scuola, il lavoro, la sanità, la cultura: tutti devono accedervi alle stesse condizioni. I cittadini normodotati – giustamente – non pagano il biglietto del
tram in base al proprio reddito, ma in base ad un
prezzo “politico” stabilito perché il trasporto è un diritto sociale. La stessa
regola vale per i cittadini impossibilitati ad utilizzare (in seguito a
rigorosi accertamenti) i mezzi di trasporto pubblici. Fino a quando
Ciò premesso si chiede di
intervenire come segue:
- predisporre un piano di
rifacimento delle banchine dei mezzi di trasporto collettivi e la messa in rete
di carrozze accessibili sia su tram che su autobus;
- incrementare il numero delle corse taxi da erogare ai cittadini in base alle
effettive esigenze di mobilità dovuta a lavoro, bisogni sanitari, espletamento
delle normali funzioni quotidiane e relazionali;
- aumentare il numero dei mezzi
utilizzabili circolanti (taxi che consentano anche l’incarozzamento
di carrozzine, navette per i centri storici anche utilizzanti nuove fonti
energetiche, ecc.);
- potenziare il servizio dei
pulmini attrezzati;
- estendere il
servizio all’intera area metropolitana coinvolgendo i Comuni limitrofi e, se
del caso, l’Amministrazione provinciale.
Per i soggetti con altre
minorazioni (ipovedenti, intellettivi, psichiatrici), senza difficoltà motorie,
sono già previste altre agevolazioni. Nel caso in cui risultino
insufficienti a coprire i bisogni (ad esempio difficoltà a raggiungere il
lavoro nella prima cintura di Torino o il centro di formazione professionale,
oppure la necessità di praticare terapie continuative per i malati oncologici o
con altra patologia invalidante) devono essere affrontate dall’assessorato ai
trasporti (e non dall’assistenza) con l’assunzione di delibere specifiche, se
del caso d’intesa con gli altri enti coinvolti (per i malati, ad esempio, la
sanità; per la cintura di Torino con l’assessorato provinciale ai trasporti).
VIABILITÀ
E URBANISTICA
Al fine di ottimizzare le risorse
è indispensabile l’assunzione di iniziative coordinate
tra i vari enti e assessorati con l’indicazione di tempi e modalità per la
progressiva e totale eliminazione delle barriere architettoniche che
impediscono ancora l’accesso alle persone handicappate motorie agli edifici
pubblici o di utilizzo da parte del pubblico: scuole, cinema, mostre,
ristoranti, parchi, uffici, strutture sportive. Va indicato un funzionario
responsabile dell’abbattimento delle barriere architettoniche e la definizione
delle priorità (scuole, strutture sociali, ecc.) per l’attuazione del suddetto
piano con la messa a disposizione delle strutture mobili nel periodo transitorio.
Contestualmente va prevista la revisione dei contenuti
progettuali del Comune di Torino relativi alla eliminazione e non creazione
delle barriere architettoniche di marciapiedi e delle banchine per parcheggi
(scivoli a norma delle leggi vigenti e banchine pavimentate in modo da essere
accessibili da parte di tutti), da realizzare mediante la creazione di un
gruppo di lavoro e l’istituzione di un servizio con rappresentanti degli utenti
per la verifica e il controllo dei progetti edilizi.
SPORT, TEMPO LIBERO, CULTURA, POLITICHE
GIOVANILI
Al fine di garantire la fruizione di tutte le strutture e servizi, anche da parte
delle persone con difficoltà dovute a minorazioni, sia in forma attiva che come
spettatori, oltre all’eliminazione delle barriere architettoniche di cui sopra,
si richiedono i seguenti interventi:
- assumere provvedimenti volti a
sviluppare e spesso a creare iniziative di “cultura sociale attiva” incentrata
sulle esigenze fondamentali di vita, con particolare attenzione alle molteplici
ed essenziali questioni dei diritti/doveri e delle relazioni personali,
familiari e sociali;
- messa a disposizione delle
risorse necessarie per assicurare l’eventuale personale di sostegno senza il
quale la persona non può beneficiare del servizio;
- inserimento di quote di
partecipazione riservate a giovani con handicap – anche intellettivo – in
possesso di autonomia sufficiente, nei programmi di
“estate giovani” e negli scambi internazionali;
- incentivare
gli studenti delle scuole superiori a “farsi carico” di un loro compagno con
handicap, mediante agevolazioni nell’acquisto di biglietti per ingressi a
concerti, attività sportive, teatri, cinema.
ASSISTENZA
1. Limitare i propri interventi alle persone
inabili e sprovviste dei mezzi necessari per vivere
Si chiede che in primo luogo il
Comune provveda con apposita deliberazione a definire
gli utenti che hanno diritto ad essere assistiti (circa il 3-4% della
popolazione torinese) al fine di destinare le risorse necessarie al
soddisfacimento dei loro bisogni e garantire – finalmente – il loro diritto
esigibile alle prestazioni socio-assistenziali e socio-sanitarie stabilite
rispettivamente dalla legge regionale n. 1/2004 “Norme per la realizzazione del
sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della
legislazione di riferimento” e dalle norme di attuazione dei Lea, Livelli
essenziali di assistenza, così come recepito dalla Dgr
51/2003.
In base agli articoli 18, 22 e 35
della legge regionale n. 1/2004 hanno il diritto esigibile alle prestazioni assistenziali (ovvero socio-assistenziali e socio-sanitarie)
i seguenti soggetti:
- i minori in tutto o in parte
privi delle indispensabili cure familiari, siano essi nati nel o fuori del
matrimonio;
- le persone con handicap
intellettivo totalmente o gravemente prive di autonomia
che necessitino di sostegno per la permanenza nel proprio nucleo familiare o
per affidamento a terzi o per l’accertamento della loro adottabilità o per
inserimento in comunità alloggio;
- i soggetti colpiti da altri
handicap, anche plurimi, che necessitano di aiuti
specifici non di competenza della sanità per poter acquisire la massima
autonomia possibile nel rispetto del diritto all’autodeterminazione;
- gli anziani che non sono in grado di provvedere alle proprie esigenze di vita;
- le gestanti e madri in gravi
difficoltà personali alle quali va altresì fornito il
necessario sostegno psico-sociale per il responsabile
riconoscimento o non riconoscimento dei loro nati, per garantire il segreto del
parto e per il loro reinserimento sociale;
- le persone che vogliono uscire
dalla schiavitù della prostituzione;
- i soggetti senza fissa dimora;
- gli altri individui che necessitano di prestazioni volte ad evitare la loro
emarginazione.
La succitata delibera del
Consiglio comunale di Torino di recepimento
della legge regionale n. 1/2004 dovrebbe inoltre:
- rivedere il
provvedimento che regolamenta i rapporti tra Comune e soggetti privati a cui
sono affidati i servizi non gestiti direttamente, affinché sia prevista
l’indicazione esplicita del mantenimento della titolarità delle prestazioni in
capo al Comune per la tutela dei diritti dell’utente. Su questa materia estremamente delicata rinviamo alle note nel documento
“Proposte per migliorare le attuali procedure per l’accreditamento dei servizi
socio-sanitari” che sono state predisposte anche a seguito dei fatti
agghiaccianti di cui sono stati vittime tre minorenni ospiti di una comunità
alloggio socio-assistenziale accreditata dal Comune di Torino. Uniamo al
riguardo l’articolo “Il Comune di Torino risarcisce i
danni materiali e morali subiti da un’assistita” (cfr.
Prospettive assistenziali,
n. 154, 2006) che riporta le parti più salienti del processo attivato da
alcuni utenti nei confronti dei responsabili della struttura e conferma la
responsabilità del Comune per quanto
accaduto nei confronti di uno dei minori coinvolti;
- definire i criteri di
compartecipazione degli utenti per porre definitivamente fine alla richiesta di
contribuzioni illegali ai familiari di assistiti
maggiorenni. Attualmente l’esenzione prevista dalle
leggi è stata riconosciuta solo ai congiunti dei soggetti con handicap in
situazione di gravità e degli anziani ultrasessantacinquenni cronici non
autosufficienti;
- richiamare gli operatori del
Comune agli adempimenti dell’obbligo, come previsto dalla legge n. 6/2004, di
presentare la richiesta di amministrazione di sostegno
per le persone che ne hanno la necessità.
2. Non svolgere
compiti che per legge sono attribuiti al Servizio sanitario nazionale
Da oltre vent’anni
questo Coordinamento chiede che il Comune di Torino smetta di
essere complice dello scaricamento degli anziani cronici non
autosufficienti, dei malati di Alzheimer e sindromi correlate e dei pazienti
psichiatrici gravi, che con il compimento dei 65 anni, spesso vengono
rivalutati “anziani bisognosi solo più di prestazioni socio-assistenziali”,
allo scopo di trasferire al settore assistenziale il compito di provvedere alle
loro esigenze socio-sanitarie. Il
settore assistenziale non è però in grado – né
potrebbe farlo – di assicurare le prestazioni necessarie a questi malati. In
base alle leggi vigenti, spetta al Servizio sanitario regionale curare tutti i
malati, anche quelli cronici, senza limiti di età e
qualunque sia la malattia. Il Comune, in particolare attraverso il suo
assessorato all’assistenza, deve quindi attivarsi per ottenere la piena
assunzione della titolarità e gestione delle prestazioni sanitarie da parte
delle Asl cittadine. Al riguardo si sottolinea che, operando come sopra richiesto, il Comune di
Torino eviterebbe i consistenti oneri economici che attualmente sostiene. Pertanto
si chiede:
a) la revisione dell’attuale deliberazione sulle cure domiciliari
(approvata il 26 settembre 2005) per ottenere che sia posto a carico delle Asl:
- il contributo forfetario
riconosciuto (e versato) dal Comune di Torino alle famiglie che accettano di
accogliere volontariamente un familiare anziano cronico non autosufficiente
presso il proprio domicilio;
- l’erogazione dell’assegno di
cura, con la previsione dell’intervento del Comune solo nel caso in cui il
beneficiario rientri tra gli utenti aventi diritto all’assistenza, secondo
quanto previsto dalle norme vigenti;
b)
l’imputazione alle Asl di competenza della costruenda struttura nell’area
dell’ex “Cascina Grangia”, struttura residenziale
destinata alla cura di persone affette da pluripatologie;
c) il
trasferimento della titolarità della gestione di tutte
le strutture residenziali accreditate dal Comune di Torino che ricoverano
soggetti con psicosi ed insufficienza mentale per assicurare loro tutte le
necessarie cure, non programmabili a priori, analogamente al modello
positivamente sperimentato, su iniziative di questo Coordinamento, all’Asl 3 nella gestione della Rsa di Torino, Corso Svizzera
140;
d) la revoca del pessimo progetto concordato con le Asl
cittadine avente lo scopo di assegnare al Cottolengo
il ricovero di minori con gravi patologie sanitarie. Vanno ricercate norme che
stabiliscano l’obbligo del Servizio sanitario regionale di assumere la
titolarità della istituzione e gestione dei servizi
per i suddetti soggetti;
e) iniziative per ottenere dalla
Regione, Assessorato alla sanità, l’apertura a Torino entro sei mesi di almeno
due comunità alloggio sanitarie per il pronto intervento nei confronti di
minori con problemi psichiatrici. Il protocollo d’intesa siglato al riguardo
tra Comune di Torino e Regione, Assessorato alla sanità, è insufficiente: non
prevede né tempi di attuazione delle strutture
riconosciute indispensabili (comunità alloggio terapeutiche) né risorse per il
personale che necessariamente dovrà essere assunto per gestire il ricovero
ospedaliero presso l’Ospedale Regina Margherita.
3. Promuovere “la
presa in carico” dei cittadini deboli da parte degli altri Assessorati
Contestualmente il settore assistenziale dovrà attivarsi perché anche nell’ambito della
Giunta del Comune di Torino gli Assessori competenti in materia di servizi
sociali (sanità, istruzione, formazione professionale, lavoro, casa, trasporti,
tempo libero, ecc.) si adoperino per prevenire il bisogno assistenziale. Ciò
presuppone che essi assicurino l’accesso a tutti i cittadini, ivi compresi i
soggetti che presentano difficoltà personali (persone in situazione di
handicap) o sociali (minori con famiglie problematiche o in difficoltà
economiche, soggetti anziani con limitati redditi, ecc.). Pertanto eventuali
sussidi per la frequenza dell’asilo nido o della scuola materna devono essere
di competenza dell’Assessorato all’istruzione; i contributi economici per il
sostegno all’affitto in abitazioni private spettano al settore della casa; gli
aiuti alle persone disoccupate devono essere predisposti dall’Assessorato al
lavoro ed essere collegati a interventi di
reinserimento attraverso riqualifiche professionali;
il trasporto per gli allievi con handicap intellettivo della formazione
professionale deve essere assicurato dal settore trasporti; gli inserimenti
lavorativi dei soggetti con handicap sono di competenza del settore lavoro; le
attività sportive per le persone con handicap devono essere assicurate dall’Assessorato
allo sport, ecc.
iniziative specifiche per gli anziani
Rivedere il progetto di ristrutturazione di Casa Serena
Per quanto riguarda le strutture
di ricovero per anziani del Comune di Torino, si chiede che la ristrutturazione
di Casa Serena preveda la riconversione di tutti gli spazi in Rsa (Residenza
sanitaria assistenziale). Siamo totalmente contrari
alla previsione di mini
alloggi da destinare a persone con problemi di malattia mentale e disturbi
relazionali, anche se non gravi. In primo luogo, trattandosi di soggetti
malati, rientra nelle competenze delle Asl
intervenire nei loro confronti e, nel caso specifico, provvedere alla loro
sistemazione in piccoli appartamenti, distribuiti sul territorio della Città
per evitare pericolose concentrazioni e favorire, invece, la loro integrazione.
È doveroso da parte del Comune garantire il loro diritto alla cura che può
essere assicurato solo con l’assunzione della
titolarità da parte delle Asl. In secondo luogo non
va dimenticata l’esperienza fallimentare avuta in passato con
Trasformazione in Rsa delle
strutture Villa Primule e istituti Cimarosa, Bricca e Buon Riposo
Da anni gli anziani ricoverati
non sono più autosufficienti e le loro condizioni di salute sono peggiorate al
punto che da tempo le Asl 3 e 4 prevedono interventi
medici e infermieristici per Villa Primule e l’istituto Cimarosa,
mentre è lo stesso Comune a sostenerli per il Buon Riposo e il Bricca con dispendio di risorse che dovrebbe utilizzare
invece per migliorare i servizi dei propri assistiti.
Tenuto conto che sono trascorsi circa 30 anni dal momento in cui si è
ipotizzata la riconversione di Casa Serena in Rsa, si chiede altresì di
programmare la riconversione in Rsa delle strutture attualmente autorizzate a
funzionare come Ra (Residenze assistenziali) secondo
le indicazioni e gli standard del nuovo modello residenziale di cui alla
delibera regionale n. 17/2005.
Nello stesso tempo le strutture del
Bricca e del Buon Riposo dovrebbero essere destinate
esclusivamente agli anziani cronici non autosufficienti.
Apertura di due nuove comunità alloggio per anziani autosufficienti
Le richieste di ricovero avanzate
da anziani autosufficienti sono molto limitate. Si chiede che si punti
all’individuazione di almeno altri 2 alloggi da destinare a comunità per
anziani autosufficienti. È positiva l’esperienza
realizzata nelle tre comunità alloggio per anziani autosufficienti attualmente
in funzione presso il Comune di Torino (Via M. Gioia, Via Cernaia,
Lungodora Voghera). Purtroppo in questi anni è stato privilegiato il ricovero nelle Ra
(Residenze assistenziali), a discapito della promozione delle comunità
alloggio.
Si chiede quindi che sia promossa
con le Circoscrizioni di competenza la necessaria
conoscenza presso i cittadini di questa importante formula di accoglienza che
evita emarginazione e mantiene attivi gli anziani che vi abitano.
Stante anche il numero ridotto
degli anziani autosufficienti che chiedono il
ricovero, premessa l’esigenza di promuovere le prestazioni domiciliari, nel
caso di insufficienza dei posti disponibili nelle comunità alloggio gestite
direttamente, il Comune di Torino potrebbe ricorrere ad analoghe strutture
private.
Recupero della comunità alloggio di Via Carema
Devastante è stata l’esperienza
imposta dai servizi sociali agli anziani di questa comunità che hanno dovuto dividere la loro casa e il loro bagno con
persone senza fissa dimora o comunque esterne alla comunità. La vita della
comunità deve essere ricondotta alla sua vocazione iniziale.
iniziative specifiche per le persone con handicap
intellettivo con limitata o nulla autonomia
Per quanto riguarda le persone
con handicap intellettivo, non tutte sono di competenza dell’assistenza, ma
solo quei soggetti che, a causa della gravità delle loro condizioni, terminato
l’obbligo scolastico/formativo, sono stati dichiarati non avviabili
al lavoro dai competenti Centri provinciali per l’impiego e non presentano
prevalenti patologie poiché in questi casi le
strutture dovrebbero essere di competenza del Servizio sanitario regionale.
Precisiamo che utilizziamo il
termine intellettivo, da noi introdotto e ripreso dalla legge quadro
sull’handicap n. 104/1992 e dalla legge sul collocamento al lavoro n. 68/1999,
per distinguere la menomazione intellettiva dalla malattia mentale o psichica o
psichiatrica. Le persone affette da disturbi psichiatrici rientrano nella
tutela del Servizio sanitario (e non dell’assistenza).
Si ricorda che per le persone con
handicap intellettivo in situazione di gravità la pensione erogata dallo Stato
è di 238 euro mensili, mentre l’indennità di accompagnamento
erogata a coloro che necessitano di assistenza 24 ore su 24 è di euro 450,00
mensili.
1. Incentivare
la permanenza a domicilio
Senza la disponibilità della
famiglia, che volontariamente sceglie di mantenerli presso di sé, il Comune
dovrebbe sostenere oneri rilevanti per il loro ricovero in comunità alloggio,
la cui retta è mediamente di 100-140 euro al giorno. In
primo luogo, quindi, si chiede che il Comune di Torino sostenga il permanenza a domicilio con i seguenti interventi:
a) riconoscimento
del volontariato intrafamiliare, mediante l’erogazione di un contributo
forfetario alla famiglia per gli oneri maggiori che deve sostenere. Esempio positivo al riguardo è la delibera approvata dal Consorzio
socio-assistenziale dei Comuni di Collegno e Grugliasco;
b)
assicurazione del diritto
esigibile alla frequenza a tempo pieno del centro diurno assistenziale (cinque
giorni alla settimana per almeno otto ore al giorno) e comunque sulla base
delle esigenze del nucleo familiare e/o dei bisogni specifici dell’interessato
emersi in fase di valutazione della competente commissione Uvh
(Unità valutativa handicap).
2. Potenziare il patrimonio dei
servizi residenziali (comunità alloggio, convivenze guidate) nella Città di
Torino e di proprietà del Comune
Negli ultimi cinque anni sono
drammaticamente aumentati i ricoveri di soggetti con handicap intellettivo in
situazione di gravità fuori dalla Città di Torino e,
sovente, fuori dalla stessa Provincia di Torino nelle Province di Cuneo,
Vercelli, Biella, Alessandria: siamo tornati alla
deportazione assistenziale degli anni ‘60-’70.
Ciò è conseguente alla mancanza
nella città di Torino di comunità
alloggio in misura sufficiente a soddisfare le richieste; le famiglie in stato
di bisogno sono costrette ad accettare soluzioni assolutamente non idonee,
altro che libera scelta!
L’accreditamento non ha finora
risposto all’argomento maggiormente enfatizzato dal Comune di Torino: la libera
scelta delle famiglie della struttura ritenuta più idonea a soddisfare le
esigenze dei propri figli handicappati intellettivi. La scelta si può fare se
c’è l’offerta, ma attualmente non ci sono comunità
alloggio in numero adeguato al fabbisogno. Quindi è giocoforza
continuare a subire da parte delle famiglie il ricovero in strutture/istituto
anche fuori dalla provincia di Torino.
Il Comune di Torino non è più il
motore di indirizzo delle politiche del settore perché,
da anni, non apre più comunità alloggio di sua proprietà in misura sufficiente
e punta solo sull’offerta del privato: cooperative, società, alle quali
conviene sul piano economico attivare strutture plurifunzionali:
Raf (Residenze assistenziali flessibili) per anziani
con annesse Raf per disabili (tipo A e tipo B),
arrivando anche a concentrare in un’unica struttura 40-60-80 posti letto e con
tipologie di utenti diverse. Si ripropongono quindi i
vecchi ricoveri/ghetto.
Insistiamo pertanto perché siano programmate in Città nuove comunità alloggio in misura di almeno 1 comunità alloggio ogni 30
mila abitanti e comunque assumendo come riferimento gli utenti dei centri
diurni assistenziali i cui familiari, essendo sovente molto anziani, potrebbero
avere presto esigenza di ricoverare il figlio.
Per quanto sopra è necessario:
• ripartire dai contenuti della delibera istitutiva dei centri diurni e
delle comunità alloggio per soddisfare le esigenze
delle persone con handicap intellettivo che usufruiscono di questi servizi;
• tornare alla gestione diretta di almeno il 50% delle comunità alloggio e dei centri diurni. La gestione diretta è altresì
indispensabile per garantire un confronto qualitativo delle prestazioni e dei
costi di gestione con il privato;
• utilizzare la formula della concessione per l’affidamento a terzi della
realizzazione e gestione di comunità alloggio o altri
servizi assistenziali, che prevede senza alcun onere economico a carico del
Comune l’assunzione di titolarità dello stesso Comune e la facoltà per lo
stesso di recidere il contratto qualora il gestore privato non assicuri
interventi idonei agli assistiti;
• porre fine al ricovero fuori Provincia delle persone con handicap.
3. Garantire attività esterne agli ospiti ricoverati: no
alle comunità/istituto
Da anni segnaliamo che agli utenti delle comunità alloggio, in particolare
in quelle accreditate, è vietata la frequenza del centro diurno, senza che
siano contestualmente assicurate attività esterne verificabili. La persona
ricoverata può, dunque, vivere 24 ore su 24 dentro la struttura, come negli
istituti di una volta. Molti soggetti, privati delle attività diurne, hanno
aggravato le loro condizioni e, in alcuni casi, si è dovuto ricorrere anche al
ricovero ospedaliero nei reparti psichiatrici.
Insistiamo nel richiedere la frequenza del centro diurno come diritto
esigibile anche per i soggetti che sono ricoverati nelle comunità alloggio. In
ogni caso le attività diurne devono essere stabilite sempre e solo sulla base
delle esigenze dell’interessato in sede di valutazione da parte dell’Uvh (Unità valutativa handicap), che deve predisporre il
Piano assistenziale individuale (Pai).
Rammentiamo che l’ancora vigente delibera comunale n. 8309599/19 del 17
aprile 1984 afferma quanto segue: «Gli
ospiti delle comunità per handicappati dovranno trovare presso le strutture
diurne presenti nel territorio (Cst, servizi
sanitari, ecc.) tutte le risposte occupazionali e specialistiche ai loro
bisogni, mentre dagli operatori delle comunità, o comunque
attraverso il loro interessamento, dovranno ricevere tutte quelle cure che
normalmente è la famiglia a dare».
Qualora sia incaricato lo stesso
gestore della comunità alloggio dell’organizzazione
delle attività esterne, queste devono essere verificabili. Pertanto
dovranno essere dettagliatamente indicate nel Pai,
predisposto dall’Uvh e consegnato in copia alla
famiglia e/o al tutore e alle associazioni che svolgono attività di vigilanza
ai sensi della deliberazione comunale del 1983.
Iniziative
specifiche per assicurare il diritto del minore a vivere in famiglia (d’origine,
affidataria, adottiva)
Sono noti i danni spesso
irreversibili prodotti nel bambino a causa di ricoveri precoci e duraturi in
comunità alloggio o peggio ancora in istituto (di cui
la legge n. 149/2001 ha previsto il superamento entro il 31 dicembre 2006). Le
conseguenze sono pesantissime non solo per il diretto interessato, ma anche per
la collettività che dovrà continuare a provvedervi come soggetto disadattato.
È dunque proficuo adoperarsi per
mettere le famiglie in grado di occuparsene in prima persona quando vi sono positivi legami affettivi e adeguate capacità genitoriali, mettendo a loro disposizione i servizi sociali
primari (ad esempio casa e lavoro). I servizi assistenziali
dovrebbero intervenire solo nel caso in cui siano necessari ulteriori
interventi integrativi (ad esempio, assistenza domiciliare e/o economica).
Nel caso in cui il nucleo
familiare non sia ritenuto idoneo e il minore venga
allontanato è da preferire l’affidamento familiare, utilizzando la comunità
alloggio nei casi di urgenza e comunque per limitati periodi.
Se la situazione è molto grave e
si presume che possa sfociare in una situazione di privazione di sostegno
morale e materiale da parte dei congiunti, è d’obbligo segnalare il caso al
Tribunale per i minorenni e procedere con l’affidamento del minore a famiglie
affidatarie in possesso dei requisiti per l’eventuale adozione, al fine di
evitare il ripetersi di situazioni devastanti per il minore qualora dovesse
essere collocato in una famiglia adottiva diversa da quella affidataria in cui ha vissuto e vive.
Per quanto sopra si chiede
all’Assessorato all’assistenza:
1. azioni di
prevenzione nei confronti delle famiglie in difficoltà con la presenza di
minori, sollecitando in primo luogo gli interventi, se necessari, dei settori sociali
primari (casa, lavoro, sanità, scuola...);
2. monitoraggio dei minori presenti nelle
strutture residenziali finalizzato all’attivazione tempestiva degli interventi
alternativi (rientri nelle famiglie d’origine anche allargate, affidamenti,
adozioni) in quanto le permanenze si protraggono a volte per anni e progressiva
riduzione dei ricoveri dei minori in strutture fuori Torino (al 31 ottobre 2005
su 392 minori ben 129 erano ospitati in strutture in provincia di Torino (59) o
della Regione (56) o fuori Regione (14). Da segnalare il
preoccupante aumento, in un anno, di 60 unità dei minori ricoverati (da
3.
organizzazione di campagne di sensibilizzazione periodiche e mirate, coinvolgendo anche
gli Assessorati all’istruzione e alla cultura, per promuovere l’affidamento
familiare a scopo educativo dei minori e messa a punto anche degli interventi
necessari per promuovere gli affidamenti con “sostegni professionali”
deliberati dal Comune, potenziando il numero degli operatori sociali addetti
(assistenti sociali, educatori) e del servizio centrale;
4. sostegno degli affidamenti che
proseguono dopo il 18° anno di età (progetto
“Autonomia”) con particolare sostegno alle famiglie che decidono di continuare
ad accogliere un soggetto in situazione di handicap o con problemi sanitari
(riconoscimento della titolarità e del ruolo degli affidatari nell’impostazione
e nel monitoraggio del progetto di affido); estensione agli affidatari di
adulti in situazione di handicap di tutte le provvidenze economiche previste
per gli affidamenti di minori in situazione di handicap; riconoscimento agli
affidatari di handicappati adulti della possibilità di accesso ai sostegni
professionali secondo le modalità previste dalla delibera del 7 dicembre 2004 e
dei progetti di autonomia per le situazioni meno compromesse (come previsto
dalla delibera relativa del 2001);
5. attivazione di gruppi di
sostegno per gli affidi “a rischio giuridico di adozione”
e per le adozioni problematiche di minori italiani e stranieri (grandicelli, portatori di handicap, ecc...). Analoga
iniziativa va assunta nei confronti delle coppie adottive che hanno accolto
minori italiani e stranieri grandicelli, in
situazione di handicap o con particolari difficoltà;
6. monitoraggio degli affidamenti familiari a parenti;
7. promozione
dell’assunzione delle funzioni relative alle gestanti e madri, così come
previsto dalla legge della Regione Piemonte n. 16/2006 “Modifiche all’articolo
9 della legge regionale 8 gennaio 2004 n. l ‘Norme per la realizzazione del
sistema integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione
di riferimento’” e la ricerca delle soluzioni idonee
a rispondere alle esigenze di autonomia (ad esempio casa, lavoro) delle madri
inserite in strutture residenziali con i figli: erano ben 148 al 31 dicembre
2005, con figli di età compresa fra gli 0 e i 17 anni;
8. superamento dell’attuale
situazione di conflitto che vede il Comune di Torino (gestore dei servizi assistenziali) sovente anche tutore dello stesso minore che
deve assistere. Si sollecita il Comune affinché promuova l’attribuzione
all’Ufficio provinciale di pubblica tutela previsto dalla legge regionale
1/2004 (allegato n. 2) delle relative competenze (tutele, curatele,
amministrazioni di sostegno) attualmente esercitate
dal Comune di Torino nei confronti dei propri assistiti.
Proposte per
migliorare le attuali procedure per l’accreditamento dei servizi socio-sanitari
del Comune di Torino
In base alla nostra esperienza il
Comune di Torino dovrebbe garantire quanto segue:
• indicare in
modo esplicito la titolarità del Comune nell’erogazione della prestazione e
segnalare l’ufficio e il dirigente responsabile;
• prevedere
l’obbligatorietà per i servizi sociali di compilare per iscritto la richiesta
di prestazione inoltrata a voce dal cittadino e fornire copia all’interessato
dell’apertura della pratica;
• escludere
ogni rapporto diretto di natura contrattuale tra i cittadini (diretti
interessati e/o loro famigliari e/o loro tutori) e il prestatore del servizio. Solo per
problemi puramente amministrativi si può prevedere il versamento all’ente
gestore dell’eventuale retta a carico dell’utente;
• controllare
il rispetto delle norme contrattuali da parte dei gestori privati, al fine di
ridurre al minimo l’alto turnover del personale, determinato prevalentemente da
condizioni e contratti lavorativi inadeguati. A tal fine si chiede che negli
accordi stipulati dal Comune di Torino sia previsto l’obbligo di invio delle fotocopie dei libri matricola (in modo da
poter verificare le qualifiche del personale addetto) e dei versamenti mensili
all’Inps (al fine di controllare la quantità delle
ore di servizio degli operatori). Dovrebbe inoltre essere predisposto un
controllo a campione regolare da parte del Comune. Infine si chiede di
esaminare le fatture o altri documenti previsti per rapporti di lavoro quali le
consulenze o i rapporti di lavoro continuativi e occasionali;
• affissione
obbligatoria (da prevedere nelle condizioni degli appalti) e in luoghi visibili
anche ai familiari e/o tutori e/o volontari dell’orario degli operatori con
l’indicazione del numero e della professionalità degli operatori che devono
essere presenti;
• prevedere norme contrattuali
che salvaguardino il diritto degli utenti alla continuità educativa nel caso
subentri un altro gestore alla gestione del servizio;
• accreditare
tutti i posti letto delle comunità alloggio per poter seguire
direttamente gli inserimenti e le dimissioni. È inaccettabile la formula
attuale che prevede che il Comune di Torino possa utilizzare solo un certo
numero di posti letto presso una struttura residenziale. Per far fronte al
problema dei costi, molto elevati, i gestori devono necessariamente ottimizzare
tutti i posti letto della comunità. Da evitare
assolutamente quanto è capitato nella comunità alloggio per handicappati
intellettivi “L’Aquilone” di strada Castello di Mirafiori a Torino. La cooperativa aveva inserito soggetti
con disturbi psichiatrici provenienti dalle Asl
vicine, con conseguenti problemi di convivenza e conflitti inevitabili tra gli
utenti. Vi fu anche un ampio dibattito sul quotidiano
Allo scopo di impedire il
ripetersi di fatti così gravi si chiede al Comune di Torino di:
a) stipulare
convenzioni per l’utilizzo esclusivo da parte del Comune di Torino di tutti i
posti accreditati delle strutture relative ai soggetti
assistiti (handicappati intellettivi, minori, ecc.);
b) prevedere
in via subordinata (meno favorevole per gli utenti) che tutti i nuovi ingressi
siano proposti e valutati dai servizi invianti unitamente al servizio centrale
del Comune di Torino, che ha così la possibilità di controllare il rispetto
delle norme di accreditamento e coerenza con le
condizioni previste per l’accreditamento;
c) valutare
e concordare con i servizi invianti, le famiglie o il tutore e l’ente
accreditante le dimissioni che non devono mai essere gestite autonomamente
dall’ente gestore;
d) inserire l’obbligo per i servizi
invianti di redigere periodicamente (almeno ogni quattro mesi) una relazione
sulle condizioni del soggetto ricoverato, previa visita in comunità;
e)
regolamentare i rapporti tra operatori dei servizi e personale delle strutture
residenziali attraverso documentazione scritta (da precisare nelle condizioni
stabilite per l’accreditamento) in modo che possa essere messa a disposizione
delle associazioni di tutela per le richieste di chiarimenti e criteri di
contestazione;
f) prevedere controlli straordinari sia per le strutture gestite direttamente
sia per quelle accreditate da effettuare con carattere
di continuità da parte di. personale non dipendente
dal Comune di Torino e con la presenza di almeno due soggetti designati dalle
associazioni di volontariato e di tutela dell’utenza;
g) adoperarsi perché le funzioni di vigilanza siano assunte dalla Provincia,
per evitare la situazione di conflitto di interessi
esistente, per cui è il personale dello stesso Comune di Torino a verificare le
condizioni degli assistiti ricoverati nelle strutture residenziali;
h) garantire la carta dei diritti/doveri degli interessati e/o delle loro
famiglie e/o tutori. Il documento dovrà essere rilasciato dal Comune di Torino (e non dal
prestatore del servizio) e dovrà contenere:
- l’indicazione del referente a
cui l’interessato e/o la famiglia possono rivolgersi
per ogni problema;
- l’indicazione dell’importo
della retta a carico dell’utente;
- la quota che viene
detratta (ad esempio, per acquisti concernenti vestiario o medicinali, dietro
presentazione della relativa documentazione);
- la quota che viene
riconosciuta per le spese personali;
- la somma giornaliera che viene dedotta nel caso di rientro a casa;
- la fotocopia delle condizioni
generali della delibera sull’accreditamento e la scheda specifica relativa al
servizio (comunità alloggio, centro diurno, ecc.) con l’indicazione dei turni e
delle presenze del personale;
- la carta dei
servizi del gestore accreditato comprendente il progetto personalizzato da
consegnare al familiare o altra persona referente (ad esempio il tutore);
- l’elenco
delle associazioni di volontariato disponibili sul territorio per attività di
consulenza e tutela dei diritti;
i) valutare
l’idoneità del personale. Da anni segnaliamo la necessità di introdurre la
valutazione dell’idoneità del personale che entra in
contatto con persone assistite non in grado di difendersi. Allo scopo di
prevenire maltrattamenti e/o abusi nei confronti degli utenti, tutto il personale
operante nelle strutture assistenziali pubbliche e/o convenzionate a diretto
contatto con le persone non in grado di difendersi, dovrebbe essere in possesso
di una certificazione attestante che non presenta controindicazioni, per le caratteristiche
della sua personalità, allo svolgimento delle proprie mansioni. Gli enti
gestori, d’intesa con le organizzazioni sindacali ed i rappresentanti
dell’utenza, dovrebbero individuare un centro scientificamente valido cui
conferire questo incarico. Sarebbe utile che il Comune
di Torino attivasse tale procedura a partire dai
servizi gestiti direttamente.
www.fondazionepromozionesociale.it