Prospettive assistenziali, n. 157, gennaio - marzo 2007

 

 

Notiziario dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

 

CONCLUSIONI DELLA  RICERCA IN MERITO ALL’ATTUAZIONE DA PARTE DELLE PROCURE DELLA REPUBBLICA PRESSO I TRIBUNALI PER I MINORENNI DEI COMPITI INERENTI LE DICHIARAZIONI DI ADOTTABILITÀ

 

Considerazioni iniziali

La legge n. 149/2001, con cui è stata modificata la legge n. 184/1983, ha attribuito ai Procuratori della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni importanti funzioni in merito alla verifica degli elenchi dei minori ricoverati negli istituti e nelle comunità, alla vigilanza sugli stessi, alle ispezioni ordinarie e straordinarie nelle strutture suddette, nonché all’apertura del procedimento diretto all’accertamento dell’eventuale stato di adottabilità dei minori (1).

In considerazione del superamento dei ricovero in istituto dei minori entro il 31 dicembre 2006, l’Anfaa nel febbraio 2005 ha deciso di svolgere – d’intesa con la rivista Prospettive assistenziali – una ricerca in merito all’applicazione da parte delle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni delle competenze suddette (2). Ha quindi inviato a tutte le suddette Procure un questionario per raccogliere informazioni al riguardo (3). Numerosi sono stati nei mesi scorsi i solleciti sia scritti che telefonici per ottenere i dati richiesti.

Le Procure che hanno risposto sono state quelle di Cagliari, Campobasso, Lecce, Milano, Potenza, Palermo, Reggio Calabria, Taranto, Torino, Trento e Venezia.

Diverse Procure (Brescia, Bolzano, Firenze, Salerno, ecc.) hanno invece motivato la mancata risposta con la carenza di personale. Ad esempio, il Procuratore della Repubblica del Tribunale per i minorenni di Firenze, Aldo Nesticò, ha scritto che «l’assoluta inadeguatezza dei programmi informatici non permette la rilevazione delle statistiche richieste» ed ha aggiunto che «l’attuale situazione di emergenza dell’ufficio, dovuta a grave carenza di magistrati e a modifiche normative di grande impatto (legge sull’indulto, riforma delle spese di giustizia, imminente riforma della dirigenza amministrativa, rinnovo degli inventari, ecc.) rendono impossibile una ricerca dei dati anche per mezzo di una consultazione “manuale”  dei semplici registri cartacei (che sono stati comunque aboliti circa due anni)». Ecco, in breve, una sintesi di quanto è emerso dalla rilevazione curata dal dottor Marco Ventre.

 

Le visite semestrali e quelle straordinarie. Esistenza di protocolli d’intesa o intese

Le visite vengono di solito effettuate personalmente dal magistrato competente per territorio ove gli istituti sono collocati, poiché l’organizzazione interna delle Procure prevede, di regola, una suddivisione del distretto in tanti comparti quanti sono i Sostituti Procuratori (4).

Sull’esito dell’ispezione viene redatto dal Sostituto Procuratore un verbale depositato in ufficio e trasmesso in visione al Procuratore.

Le visite non solo vengono effettuate con l’ausilio di agenti della Polizia giudiziaria che si occupano dei minori, ma in casi di necessità i magistrati possono delegare agli stessi tutti gli adempimenti di cui sopra.

In questo modo procedono le Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni di Taranto e di Potenza.

Dalla documentazione prodotta dalle Procure non risulta l’esistenza di protocolli d’intesa o di accordi con altre istituzioni (ad esempio con gli enti locali) per l’effettuazione delle visite semestrali e straordinarie. Fra le difficoltà segnalate, c’è anche quella di non aver avuto dalle Regioni un elenco aggiornato delle varie strutture (5). Ricordiamo che solo il Piemonte, la Lombardia ed il Veneto hanno avviato un’anagrafe dei minori presenti nelle strutture residenziali.

La Procura del Piemonte e Valle d’Aosta ha collaborato alla realizzazione della ricerca della Regione Piemonte “Tutti i bambini hanno diritto ad una famiglia” (6), cui sono poi seguiti invii a tutte le strutture del territorio di schede da compilare ed inoltrare ogni sei mesi alla Procura.

Su richiesta della Procura di Venezia, la Regione Veneto, con nota dell’11 febbraio 2002 dell’Asses­sore alle Politiche sociali, ha assicurato alla stessa Procura «collaborazione informativa ed operativa in merito alla verifica dei minori ospiti nelle strutture tutelari nella Regione, utilizzando l’Osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza, banca dati minori e centri di servizio. Così i direttori ed i responsabili degli istituti di assistenza pubblici o privati e delle comunità di tipo familiare operanti nel Veneto sono stati invitati a trasmettere ogni sei mesi l’elenco dei minori presenti nelle strutture al Procuratore della Repubblica per i minorenni del Veneto presso l’Osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza sito in Bassano del Grappa, utilizzando un apposito modello poi archiviato in Procura. L’Osser­vatorio, a sua volta autonomamente, elabora in via informatica i dati individuali relativi ad ogni minore ospite delle strutture di accoglienza e li archivia in una banca dati accessibile dalla Procura per le iniziative processuali di sua competenza».

 

Esame degli elenchi semestrali dei minori ricoverati

Gli elenchi semestrali dei minori inseriti negli istituti e nelle comunità di tipo familiare vengono esaminati personalmente dal Procuratore e dai Sostituti secondo la ripartizione interna dei compiti.

Normalmente all’esame degli elenchi si accompagna anche quello dei fascicoli di volontaria giurisdizione pendenti davanti al Tribunale per i minorenni al fine di una conoscenza più completa delle condizioni familiari ed esistenziali dei minori.

L’Autorità giudiziaria di regola chiede alla direzione degli istituti e delle comunità di essere informata, ad ogni invio semestrale delle relazioni, sulla frequenza degli incontri fra il minore ed i genitori, sugli eventuali rientri periodici a casa, sulle condizioni psicologiche del minore, sul rendimento scolastico.

Ulteriori riscontri sugli elenchi stessi nel corso dell’anno sono effettuati laddove sopraggiungano segnalazioni (da servizi sociali, forze dell’ordine, famiglie, associazioni, ecc.) che suggeriscano l’opportunità di ispezioni straordinarie.

Nel controllo sulla puntualità e regolarità dell’invio degli elenchi da parte degli istituti e delle comunità presenti, e nella relativa ricezione, il Procuratore e i Sostituti sono coadiuvati dal personale della Cancelleria civile dell’ufficio.

 

I minori presenti nelle strutture residenziali e l’eventuale divisione degli stessi per fasce d’età

I dati relativi ai minori ricoverati non sono stati elaborati in quanto sono stati trasmessi dai Procuratori all’Anfaa in tempi diversi  e sono pertanto disomogenei.

 

I minori ricoverati e segnalati dalla Procura al Tribunale per i minorenni per l’apertura del procedimento di adottabilità

Per quanto riguarda i minori ricoverati che vengono segnalati dalle Procure per l’apertura del procedimento di adottabilità, i numeri sono molto ridotti. Infatti la Procura di Taranto afferma che sono stati proposti nel corso del 2004 ricorsi per l’apertura del procedimento diretto all’accertamento dello stato di adottabilità di 9 minori; quella di Reggio Calabria solo di due minori, quella di Lecce di 5 minori, così come a Cagliari. Altre Procure (Campobasso, Reggio Calabria e Potenza) non hanno segnalato alcun minore per l’apertura del procedimento di adottabilità.

Si discosta dai dati di cui sopra la Procura di Palermo, che segnala 297 richieste di apertura del procedimento inoltrate nell’anno 2004.

 

I minori dichiarati adottabili ancora ricoverati

Il numero dei minori dichiarati adottabili ancora presenti nelle strutture di accoglienza è limitato: la Procura di Lecce ne segnala 10 (7), Cagliari 6, Taranto 6, Reggio Calabria solo 2, a Campobasso, a Palermo, a Potenza nessun minore (8) risulta ancora ricoverato. Milano ne segnala ben 20, a fronte dei 165 dichiarati adottabili (9).

Occorre, però, escludere da tale elenco i transiti brevi presso i centri di pronta accoglienza dei neonati non riconosciuti alla nascita, che vengono rapidamente inseriti nella loro futura famiglia adottiva.

 

Notizie circa i procedimenti avviati ex art. 70 della legge 184/1983

Dalla documentazione inviata dalle Procure non risulta che negli ultimi anni sia stata esercitata azione penale per il reato di cui all’art. 70 della legge 184/1983.

L’articolo di cui sopra sanziona penalmente (ai sensi dell’articolo 328 del codice penale) il comportamento dei pubblici ufficiali, degli incaricati di un pubblico servizio che omettano di riferire alla Procura sulle condizioni di ogni minore in condizione di abbandono, non trasmettono semestralmente l’elenco dei minori ricoverati ed assistiti ovvero forniscano informazioni inesatte circa i rapporti familiari concernenti i medesimi (10).

 

Il superamento del ricovero in istituto

Per quanto riguarda le problematiche relative al superamento del ricovero dei minori in istituto, alla data del 31 dicembre 2006 alcune Procure, nel corso delle visite ispettive, hanno sensibilizzato i responsabili degli istituti in ordine alla previsione di cui all’art. 2 della legge 149/2001 segnalando la vigente normativa relativa ai minori che non possono vivere nella loro famiglia d’origine e che non sono adottabili, che prevede l’affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, l’inserimento in una comunità di tipo familiare con figure di riferimento che svolgano la funzione genitoriale. Circa il superamento degli istituti, il sostituto Procuratore della Repubblica di Campobasso, dott. Finetti, ha osservato che «non sembra sia sufficiente e confacente allo spirito della legge operare una ristrutturazione interna degli alloggi in gruppo-appartamento se non vengono inserite nell’organigramma della comunità figure genitoriali tali che riproducano la stessa organizzazione di una famiglia».

A dire, però, della Procura di Reggio Calabria «nessuna apocalisse è prevedibile all’indomani del 31 dicembre 2006, in quanto si dice che non esistono in pratica minori abbandonati in istituti, ma solo minori in difficoltà per i quali va promosso e non imposto l’istituto dell’affidamento familiare ove non sia possibile un adeguato sostegno alla famiglia di origine».

Pertanto è fondato «il rischio che il mutamento delle strutture sia esclusivamente nominale e formale e non in grado di modificare una cultura, ancora attuale, che non riconosce le profonde esigenze di un minore in difficoltà», come rilevato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Milano dott. Ingrascì.

Il vero scandalo, che emerge dagli elaborati delle Procure e dai vari colloqui che il ricercatore Marco Ventre ha avuto anche telefonicamente con gli stessi Procuratori, è l’assoluta carenza delle risorse erogate non solo al settore della giustizia, ma anche quelle destinate dallo Stato, dalle Regioni e dagli Enti locali per la realizzazione degli interventi alternativi al ricovero in istituto dei minori (11).

 

Un appello conclusivo

Il quadro che emerge da questa rilevazione è decisamente preoccupante e c’è il rischio reale che continuino ad essere disattese da molte Procure le competenze loro attribuite, dalla cui attuazione dipende il futuro delle migliaia di minori ancora ricoverati ai quali viene negato il diritto a crescere in una famiglia. È sconfortante anche la mancanza di dati ufficiali.

Nella lettera inviata il 19 dicembre 2006 al Ministro della giustizia Clemente Mastella, l’Anfaa ha segnalato che nel volume “Ogni bambino ha diritto ad una famiglia. Lo stato di attuazione della legge n. 149/2001” (12), realizzato dall’Istituto degli Innocenti in collaborazione con il Ministero della giustizia nonché quello del lavoro e delle politiche sociali, si legge nella premessa, a firma degli allora Ministri Roberto Castelli e Roberto Maroni, quanto segue: «Nessuna informazione è pervenuta dai Tribunali per i minorenni sulle nuove funzioni di vigilanza affidate al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni; informazione che nell’economia della relazione avrebbe giocato un ruolo di non poco conto, dal momento che al Procuratore è attribuita una funzione d’effettiva garanzia dei diritti del bambino e dell’adolescente a crescere in una famiglia. Infatti, il comma 2 dell’articolo 9 dispone che gli istituti di assistenza pubblica o privati e le comunità di tipo familiare debbano trasmettere semestralmente al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni del luogo ove hanno sede, l’elenco di tutti i minori collocati presso di loro, con l’indicazione anche dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche, in modo che egli possa chiedere al Tribunale per i minorenni di dichiarare l’adottabilità dei minori che risultino in stato di abbandono».

Ci chiediamo perché debbano sempre essere i bambini a subire le conseguenze delle carenze delle istituzioni!

È evidente che diventano indispensabili un forte impegno, adeguati finanziamenti e personale qualificato da parte del Ministero della giustizia per mettere in grado le Procure di operare.

 

 

risposta a Minorigiustizia

 

Riportiamo il testo della lettera inviata in data 16 marzo 2006 da Donata Nova Micucci, Presidente dell’Anfaa, al Direttore della rivista Minorigiustizia, chiedendone la pubblicazione.

 

In merito a quanto pubblicato nell’articolo “A proposito di adozione mite” sul n. 2/2006 di Minori­giustizia preciso quanto segue:

1) Il Presidente del Tribunale per i minorenni di Bari, Franco Occhiogrosso, nell’articolo “L’adozione mite due anni dopo” (Minorigiustizia n. 3/2005) ha presentato l’adozione mite come «prassi giudiziaria autorizzata dal Consiglio superiore della magistratura», sostenendo che «la sperimentazione» dell’adozione mite ha «ottenuto il benestare del Consiglio superiore della magistratura».

In verità, invece, il Segretario generale del Consiglio superiore della magistratura (Csm), Donatella Ferrante, ha comunicato all’Anfaa il 23 maggio 2006 che il Csm «non ha autorizzato la prassi giudiziaria per l’“adozione mite” presso il Tribunale per i minorenni di Bari, essendosi limitato a prendere atto della nota in data 6 maggio 2003 del Presidente di quel Tribunale con la quale veniva comunicato che era stata istituita l’“adozione mite”, trattandosi, peraltro, di attività giurisdizionale e di interpretazione di norme giuridiche su cui il Csm non ha alcuna competenza». Con questa deliberazione il Csm ha quindi smentito quanto affermato da Franco Occhiogrosso.

2) Di fronte all’evidenza dei fatti, nel sopraccitato articolo di Minorigiustizia “A proposito di adozione mite”, la redazione ha tentato di rimediare alle (false) affermazioni del Presidente del Tribunale per i minorenni di Bari, sostenendo che «il Presidente del Tribunale per i minorenni di Bari con nota 6 maggio 2003 informa il Consiglio superiore della magistratura, perché ne prenda atto, anche per la conseguente variazione tabellare, della istituzione del servizio dell’adozione mite».

3) Devo inoltre rilevare che l’affermazione di Franco Occhiogrosso riguardante la inesistente au­to­riz­zazione del CSM è stata, nel corso degli ultimi anni, ripresa in particolare:

• nel “Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva in materia di adozione e affidamento” della Commissione parlamentare per l’infanzia, in cui si afferma che «la sperimentazione è stata posta in essere a seguito di autorizzazione del Consiglio superiore della magistratura» (cfr. “Indagini conoscitive e documentazioni legislative”, n. 18, Atti parlamentari, XIV legislatura, pag. 292).

• nella relazione introduttiva della proposta di legge n. 5724 “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozione aperta e di adozione mite”, presentata il 16 marzo 2005 dall’on. Bolognesi ed altri alla Camera dei Deputati, dove si sostiene che «la sperimentazione citata è stata posta in essere a seguito di autorizzazione del Consiglio superiore della magistratura»;

• nel volume L’eccezionale quotidiano, rapporto sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, pubblicato nel 2006 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza (alla cui stesura lo stesso Occhiogrosso ha collaborato), in cui si ricorda che «è in corso una sperimentazione dell’adozione “mite”, autorizzata dal Csm presso il Tribunale per i minorenni di Bari» (pag. 89).

Per la cronaca l’Anfaa già il 17 novembre 2004 aveva richiesto al Csm di avere copia del provvedimento con cui aveva autorizzato la sperimentazione dell’adozione “mite” del Tribunale per i minorenni di Bari, ma solo il 27 maggio 2005, dopo numerosi solleciti, ha ricevuto copia degli atti e, presane visione, ha scritto nuovamente il 7 ottobre 2005 al Csm. Ricevuta la sopra citata risposta il 23 maggio 2006, l’Anfaa, lungi dall’avere una concezione autoritaria e gerarchica della giurisdizione che le si imputa nell’articolo, ha scritto ai Presidenti dei Tribunali per i minorenni, ai Procuratori della Repubblica presso gli stessi Tribunali per i minorenni, ai Presidenti delle Sezioni per i minorenni presso le Corti di appello e ai Procuratori Generali della Repubblica presso le Corti di appello, per segnalare loro quanto precisato dal Csm e per smentire le ripetute affermazioni dello stesso presidente Franco Occhiogrosso in merito alla mai concessa “autorizzazione” del Csm.

Nonostante la puntualizzazione del Csm, nel “Protocollo d’intesa per il percorso dell’adozione mite tra il Tribunale per i minorenni di Bari e la Procura della Repubblica per i minorenni di Bari, Comune e Provincia di Bari, aperto alla sottoscrizione da parte degli altri Enti locali territoriali”, riportato nella Rivista di diritto minorile, n. 2/2006, e sottoscritto il 14 giugno 2006 dal Presidente della Corte di Appello di Bari, dr. Giacinto De Marco, si fa ancora riferimento all’«autorizzazione alla sperimentazione dell’adozione “mite” presso il Tribunale per i minorenni di Bari di cui alla nota n. P13713/03 del 4/7/2003 del Csm». È evidente anche in questo caso l’intento di voler continuare a presentare la “presa d’atto” del Csm in termini ben diversi da quelli reali.

Concludendo, non ritengo ci sia stata nessuna “caduta di stile” da parte dell’Anfaa e mia in quanto i nostri interventi in merito all’adozione mite sono stati dettati dalla necessità di contrastare una procedura a nostro avviso contraria agli interessi dei bambini. Infatti, l’adozione “mite” continua ad essere disposta dal Tribunale per i minorenni di Bari nei confronti di minori che non sono stati preventivamente dichiarati adottabili e che sono sottratti alle loro famiglie in difficoltà senza i necessari accertamenti previsti per l’adozione dalla stessa legge n. 184/1983. L’applicazione dell’art. 44, lettera d) è stata prevista dal legislatore unicamente come forma residuale, per quei limitati casi in cui non sia stato possibile l’affidamento preadottivo del minore dichiarato adottabile. Addirittura il Presidente del Tribunale per i minorenni di Bari, nell’articolo “L’affido-infinito e l’adozione mite” in Vita, del 16 settembre 2005, ha dichiarato che le adozioni miti vengono pronunciate «quando la famiglia d’origine, pur essendo incapace di rispondere alle esigenze educative del proprio figlio, non lo ha del tutto abbandonato e, anzi, mantiene con lui un rapporto affettivo significativo», il che significa, secondo l’Anfaa, sottrazione illegittima di minori ai loro congiunti in difficoltà.

Se il minore non si trova in stato di adottabilità,  non è certamente corretto ricorrere ad adozioni più o meno miti, soprattutto allo scopo di tutelare i diritti della famiglia di origine, che non deve essere espropriata del suo ruolo genitoriale, anche se per svolgerlo deve contare sull’aiuto di una famiglia affidataria e sul sostegno degli operatori dei servizi socio-assistenziali e sanitari. La tutela del minore, della sua famiglia d’origine e degli affidatari, da parte delle istituzioni, è peraltro prevista dalla normativa attualmente in vigore che, pur considerando l’affidamento familiare un servizio assistenziale tendenzialmente temporaneo, non esclude la possibilità di affidamenti a lungo termine.

Ritengo infine che i giudici minorili “professionali ed onorari” debbano applicare, nell’interesse preminente dei minori, la normativa vigente, senza forzarne l’interpretazione.

 

 

(1) L’art. 9 della stessa legge ai commi 2 e 3 dispone quanto segue: «2. Gli istituti di assistenza pubblici o privati e le comunità di tipo familiare devono trasmettere semestralmente al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni del luogo ove hanno sede l’elenco di tutti i minori collocati presso di loro con l’indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, assunte le necessarie informazioni, chiede al Tribunale, con ricorso, di dichiarare l’adottabilità di quelli tra i minori segnalati o collocati presso le comunità di tipo familiare o gli istituti di assistenza pubblici o privati o presso una famiglia affidataria, che risultano in situazioni di abbandono, specificandone i  motivi. 3. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, che trasmette gli atti al medesimo Tribunale con relazione informativa, ogni sei mesi, effettua o dispone ispezioni negli istituti di assistenza pubblici o privati ai fini di cui al comma 2. Può procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo».

(2) Il testo integrale della lettera inviata dall’Anfaa alla Procura della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni è riportata sul n. 149, 2005 di Prospettive assistenziali.

(3) I quesiti erano i seguenti:

a) da chi vengono effettuate le visite semestrali e quelle straordinarie?

Al riguardo si chiede di segnalare eventuali protocolli di intesa, accordi o altre intese sottoscritte  con altre istituzioni per l’effettuazione delle visite stesse;

b) gli elenchi semestrali dei minori ricoverati vengono esaminati da lei personalmente? Questo incarico è stato da lei attribuito ad altri? Se la risposta è affermativa può precisare la loro qualifica professionale? Vengono effettuati dei riscontri sugli elenchi stessi nel corso dell’anno?

c) quanti minori risultavano presenti nelle strutture residenziali al 31 dicembre 2004? È possibile averli divisi per fasce di età (0-5, 6-10, 11-14, 15-17 anni)?

d) quanti minori ricoverati nelle strutture residenziali sono stati segnalati dalla Procura al Tribunale per i minorenni per l’apertura del procedimento di adottabilità nel corso del 2004?

e) quanti minori dichiarati adottabili erano ancora ricoverati nelle strutture residenziali al 31 dicembre 2004?

f) è a conoscenza di eventuali procedimenti avviati negli ultimi anni nei confronti di pubblici ufficiali, incaricati di pubblico servizio o rappresentanti di istituti di assistenza pubblici o privati, ai sensi dell’articolo 70 della legge n. 184/1983 e s.m.?

(4) Tale organizzazione si rende necessaria per la distribuzione del carico giudiziario sia civile sia penale, come ha ricordato il Procuratore della Repubblica di Palermo, dott.ssa Ambrosini.

(5) Vedi la segnalazione del Procuratore di Cagliari dott. Angioni: «Non è infrequente il caso che, nel recarmi alle ispezioni, vengo a conoscenza del fatto che la comunità ha cessato l’attività o ha trasferito il proprio recapito».

(6) Vedi al riguardo in Prospettive Assistenziali, n. 135, luglio-settembre 2001 “Tutti i bambini hanno diritto ad una famiglia: una lodevole iniziativa della Giunta della Regione Piemonte”.

(7) Il Procuratore di Lecce, dott. Gustapane, mette in evidenza che i minori sono di difficile affidamento per ragioni di età o per condizioni di salute particolarmente gravi.

(8) Molti dati enucleati nel presente paragrafo sono aggiornati al 2005.

(9) Va anche segnalato che non è ancora entrata in funzione la Banca dati dei minori dichiarati adottabili e degli aspiranti genitori adottivi, prevista dall’art. 40, terzo comma della legge n. 149/2001 che avrebbe dovuto essere realizzata entro il mese di dicembre 2001 e che consentirebbe di avere dati costantemente aggiornati.

(10) Il Sostituto Procuratore di Reggio Calabria, dott. Tripodi, aggiunge in merito al paragrafo in esame che «la norma penale di cui al primo comma appare simbolica e di difficile se non impossibile applicazione, mentre quella al secondo comma, vessatoria e sostanzialmente inutile» in quanto, a suo parere, il fatto punibile dovrebbe essere commesso con dolo.

(11) Si pensi che la retta giornaliera, secondo quanto riferito dal Sostituto Procuratore di Reggio Calabria, dott. Tripodi, in Calabria è ancora da anni ferma a 10 euro circa (20 per le case famiglia). Le famiglie affidatarie ricevono rimborsi irrisori a distanza di mesi o non ricevono nulla. Sulla non esigibilità del diritto dei minori a crescere in famiglia, ripetutamente denunciata dall’Anfaa, rinviamo a quanto evidenziato nel Notiziario Anfaa.

(12) Il volume, a cura di Ermenegildo Ciccotti e Adriana Campa, è stato pubblicato nel settembre 2006, nei Quaderni del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza dell’Istituto degli Innocenti.

 

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