Prospettive assistenziali, n. 157, gennaio - marzo 2007

 

 

Notiziario dell’Unione per la tutela degli insufficienti mentali

 

 

RESIDENZA ASSISTENZIALE ACCANTO AD UNA COMUNITà ALLOGGIO ESISTENTE?

 

I requisiti minimi strutturali e organizzativi delle strutture residenziali per l’handicap sono in Italia regolati dal decreto ministeriale del 21 maggio 2001, n. 308. Esso prevede, purtroppo, capienze sino a 20 posti letto e, soprattutto, non vieta gli accorpamenti di più strutture. Perciò anche i vecchi e superati istituti possono continuare ad esistere purché stabiliscano una suddivisione interna in gruppi aventi non più di 20 posti letto. Per quanto riguarda la Regione Piemonte la situazione non appare molto diversa da quella nazionale. La legge regionale 8 gennaio 2004 n. 1 “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento” rimanda ad una disposizione della Giunta regionale per provvedere «a classificare le strutture residenziali e semiresidenziali, a individuare i relativi requisiti strutturali, gestionali e organizzativi, e a definire i tempi per l’adeguamento delle strutture esistenti, secondo quanto previsto dalla normativa vigente». Tale disposizione, che ancora attendiamo,  dovrebbe prevedere comunità familiari da non più di 8-9 posti letto, non accorpate tra loro, site in normali appartamenti, magari in quelli dell’edilizia sovvenzionata e agevolata, o in case monofamiliari. Esse dovrebbero essere inserite nel vivo del contesto sociale e facilmente accessibili con i mezzi pubblici anche per poter garantire le visite dei familiari (spesso anziani).

In attesa di una adeguata regolamentazione, almeno regionale, occorre però porre attenzione affinché gli enti gestori dei servizi assistenziali siano sempre orientati verso una piena integrazione delle persone con handicap. Per esempio, siamo venuti a conoscenza della prossima apertura nel Comune di Nichelino (To) di una comunità familiare da 4-5 posti letto per soggetti con handicap intellettivo. Tale presidio, che appare assai confacente in termini di capienza, purtroppo non lo è in termini di ubicazione; difatti sarebbe stato previsto nello stesso stabile dove è già presente una comunità alloggio.

Allo scopo di chiedere una diversa e idonea ubicazione del presidio residenziale, l’Utim ha inviato il 17 gennaio, al Cisa 12 (Consorzio intercomunale dei servizi socio-assistenziali dei Comuni di Candiolo, Nichelino, None e Vinovo) e alla Regione Piemonte, la lettera seguente:

«Siamo stati informati della prossima apertura nel territorio di Nichelino di una comunità familiare per soggetti con handicap intellettivo. Di per sé è una notizia che ci vede entusiasti, in quanto il presidio va incontro ai bisogni di residenzialità espressi nel Piano di zona con una soluzione a carattere familiare di dimensioni ben limitate (4 o 5 utenti). Per questo aspetto esprimiamo al Cisa 12 la nostra più viva soddisfazione. Purtroppo abbiamo potuto pure apprendere che detto presidio – per il quale è stato richiesto anche un contributo ai sensi della determina dirigenziale regionale del 28 settembre 2006, n. 302 – sarebbe previsto nello stesso stabile dove già esiste una comunità alloggio per persone con handicap (via Amendola 1). Tale decisione invece ci sconforta: crediamo difatti che l’ubicazione prospettata non possa considerarsi la scelta migliore.

«Per favorire l’integrazione sociale non bisognerebbe operare concentrando in uno stesso stabile più problematiche di handicap. Si corre il rischio, assai dannoso, di creare un piccolo ghetto. Sud­detta scelta, a nostro avviso, poteva peraltro essere evitata: è almeno dal 2004 che formalmente è stata segnalata la necessità di una nuova comunità familiare nel territorio (si veda il documento di sintesi, datato 7 febbraio 2004, presentato dall’associazione scrivente al Tavolo di lavoro Handicap per il Piano di zona). Dunque, c’era il tempo necessario per ricercare adeguati alloggi negli edifici di edilizia sovvenzionata e agevolata (che a Nichelino non mancano) diversi da quelli di via Amendola 1.

«Occorre considerare che l’integrazione sociale dei soggetti più deboli dipende in larghissima misura dalle scelte compiute dalle Istituzioni. La legge regionale piemontese n. 1/2004 impone giustamente che “il sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali” debba fornire “risposte omogenee sul territorio finalizzate al raggiungimento” della “piena integrazione dei soggetti disabili”. Si tratta questo di un obiettivo irrinunciabile anche per il Cisa 12. Al­tresì, tale proposito dovrebbe essere fatto finalmente proprio anche dalla Regione Piemonte al fine di una adeguata definizione dei requisiti strutturali, gestionali e organizzativi delle strutture residenziali per l’handicap (per esempio vietando assolutamente la realizzazione di presidi aventi più di 8-9 posti letto e vietando, altresì, l’accorpamento di più comunità in uno stesso stabile) nonché regola da seguire per l’assegnazione a enti terzi di eventuali contributi.

«In conclusione, chiediamo al Cisa 12 di individuare una ubicazione in un altro condominio quale sede della nuova comunità residenziale familiare da 4-5 posti, al fine di rispondere sia ai bisogni emersi nel locale Piano di zona 2006-2008 sia all’obiettivo di realizzare nel contempo la piena integrazione dei soggetti disabili. Alla Regione Piemonte chiediamo altresì di sospendere l’eventuale contribuzione prevista a favore del nuovo presidio del Cisa 12, in attesa della nuova e idonea ubicazione dello stesso».

 

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