Prospettive assistenziali                   158/2007                   

 

Editoriale

 

SE DIVENTIAMO NON AUTOSUFFICIENTI SONO GUAI MOLTO SERI ANCHE A CAUSA DELL’IRRESPONSABILE DISINTERESSE VERSO NOI STESSI

 

FRANCESCO sANTANERA

 

Secondo il Censis in Italia sono attualmente circa due milioni e mezzo le persone colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza[1].

La non autosufficienza e la conseguente totale e definitiva dipendenza dagli altri (dall’alimentazione all’igiene personale, dalla salvaguardia della propria incolumità alle necessarie cure sanitarie) sono certamente fra le peggiori emergenze personali, familiari e sociali.

Non solo ognuno di noi può esserne colpito, ma i casi di non autosufficienza crescono in misura rilevante mano a mano che aumenta la nostra età. spesso diventiamo non autosufficienti all’improvviso (a seguito di ictus, infarti, gravi infortuni o altre evenienze), oppure con una certa gradualità a causa di patologie con decorso invalidante progressivo (in particolare malattia di Alzheimer e altre forme di demenza senile).

Fra le persone note che sono cadute in una situazione di non autosufficienza, ricordiamo l’ex Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan colpito da demenza senile e l’ex Ministro Beniamino Andreatta deceduto nel marzo 2007 dopo essere stato in coma per ben sette anni.

 

Principali caratteristiche delle persone non autosufficienti

Sono persone definitivamente incapaci di provvedere alle loro esigenze fondamentali di vita: bere, mangiare, vestirsi, uscire di casa, ecc.

Ne deriva che l’esistenza delle persone non autosufficienti (anziani non autosufficienti, malati di Alzheimer, soggetti con handicap intellettivo grave e gravissimo, ecc.) dipende completamente dagli altri; spesso non sono nemmeno in grado di esprimere le loro necessità.

Durante tutta la durata della non autosufficienza, il loro stato di salute è quasi sempre estremamente precario. Sono pertanto indispensabili prestazioni sanitarie volte a prevenire l’insorgere di nuove patologie, a curare le malattie in atto e le loro frequenti riacutizzazioni, nonché ad evitare gli aggravamenti e a ridurre il dolore in tutta la misura del possibile[2].

Inoltre abbisognano di un accudimento continuo non solo per tutti i bisogni che non possono essere soddisfatti autonomamente, ma anche per le attività assistenziali di rilevanza sanitaria, quali ad esempio la somministrazione dei farmaci; il controllo generico del loro stato di salute; le richieste di intervento rivolte ai medici, agli infermieri e ai servizi di emergenza; le prestazioni relative all’igiene personale del malato e del suo ambiente di vita.

Una parte non indifferente delle persone non autosufficienti, circa 500 mila, è costituita dai soggetti affetti dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile[3].

 

Le condizioni sociali delle persone non autosufficienti

Com’è noto, la non autosufficienza si manifesta nelle persone appartenenti a tutte le categorie sociali; inoltre occorre tenere presente che non vi sono concrete misure preventive che garantiscano la non insorgenza di patologie così gravemente invalidanti da determinare la totale dipendenza dagli altri[4].

Anche se, per indurre l’opinione pubblica a ritenere estremamente elevato il numero delle persone bisognose di interventi socio-sanitari, vengono considerati anziani i soggetti aventi più di 65 anni, in realtà la questione dei non autosufficienti riguarda soprattutto gli ultraottantenni e in particolare gli ultranovantenni.

Si tratta, quindi, di situazioni meno estese di quanto si vuol far credere: le carenze di intervento, spesso vistose, dipendono dal disinteresse delle autorità e dalla quasi assoluta mancanza di sollecitazioni da parte dei cittadini e delle organizzazioni sociali che li rappresentano, e non dall’elevato numero di utenti e nemmeno dalla mancanza di mezzi economici[5].

Bisogna, altresì, considerare che, specialmente nei casi di demenza senile, che può insorgere anche in persone dai 50-60 anni, il periodo di non autosufficienza può durare perfino 8-10 anni e a volte anche di più.

 

Le attuali drammatiche carenze di intervento

Vi sono alcune, purtroppo rare, situazioni in cui sono fornite prestazioni sanitarie adeguate alle esigenze delle persone colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza.

Fra le situazioni di cui sono a diretta conoscenza, segnalo come molto validi il servizio di ospedalizzazione a domicilio dell’Ospedale Molinette di Torino[6], nonché la gestione da parte di alcune Asl di Torino e Provincia di Rsa (Residenze sanitarie assistenziali)[7].

Invece le carenze sono molto spesso preoccupanti per quanto concerne sia le prestazioni domiciliari che quelle residenziali.

La situazione è così grave che, se non ci sarà una forte e continua sollecitazione da parte della popolazione e delle organizzazioni sociali, ci vorranno molti anni per ottenere condizioni accettabili di vita per gli utenti e dotazioni di personale idoneo sotto il profilo qualitativo e sufficiente sul piano quantitativo. Dunque si tratta di una questione estremamente urgente, anche perché noi stessi ed i nostri congiunti possiamo diventarne utenti da un momento all’altro.

 

Costi proibitivi

Per quanto concerne le cure domiciliari, i malati vengono quasi sempre scaricati dall’Asl sui nuclei familiari, anche se occorre ricordare che le cure sono affidate dalle leggi vigenti alla competenza del Servizio sanitario nazionale e non ai congiunti. Ovviamente, se i compiti vengono addossati ai parenti del malato, essi sono costretti a sostenerne anche i relativi pesanti oneri economici.

A questo proposito si deve tener presente che la stragrande maggioranza delle persone non autosufficienti è costituita, come abbiamo già rilevato, da ultraottantenni e da ultranovantenni, per cui i coniugi hanno oggettive difficoltà a provvedervi autonomamente (si pensi, ad esempio, alle difficoltà incontrate nell’alzare dal letto i soggetti privi di autonomia motoria).

D’altra parte, mentre le ore della settimana sono 168, l’orario massimo di lavoro del personale di aiuto domiciliare è di 54 ore se vive al domicilio del paziente; altrimenti è di 40 ore.

Ne risulta che quasi sempre non è sufficiente l’assunzione di una sola persona. Non sono quindi sostenibili da tutti i nuclei familiari i costi occorrenti per gli stipendi degli addetti (spesso almeno due).

Per quanto riguarda i ricoveri interamente a carico dell’anziano non autosufficiente[8], il loro ammontare mensile varia da duemila a tremila euro.

Si spiega quindi il motivo per cui le attuali carenze degli interventi del Servizio sanitario nazionale, pur obbligatori per legge, sono, dopo la disoccupazione, la causa più importante che provoca la povertà delle famiglie italiane[9].

 

Come agire: un presupposto essenziale

Il presupposto di ogni iniziativa consiste nel riconoscimento, che dovrebbe partire dalle persone interessate, che è una inconfutabile convenienza di tutti noi operare affinché le condizioni di vita delle persone colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza siano adeguate alle loro esigenze (in particolare per evitare aggravamenti e per ridurre il dolore), in quanto domani ognuno di noi può cadere anche improvvisamente nella condizione di dover dipendere totalmente e definitivamente dagli altri.

Ovviamente, quando non si è più autonomi, è giocoforza accettare (o subire) le prestazioni così come vengono erogate e non ci sono concrete possibilità di ottenere significativi miglioramenti anche nei casi in cui le nostre esigenze siano tutelate da persone decise e competenti.

Spesso possiamo soltanto sperare nella disponibilità di coloro che ci accudiscono. D’altra parte, anche nei casi in cui ci siano risorse economiche utilizzabili, le strutture di ricovero non sempre accettano che siano fornite ai malati prestazioni aggiuntive.

 

Che cosa fare sul piano personale

Come è stato rilevato su Prospettive assistenziali[10], secondo la legislazione vigente, nei casi in cui una persona maggiorenne non sia in grado di provvedere alla tutela delle proprie esigenze, dall’insorgere della non autosufficienza al momento della nomina di un tutore o di un amministratore di sostegno o di un amministratore provvisorio, non può essere rappresentata da alcun individuo, nemmeno dal coniuge, dai figli o da altro soggetto.

Nella situazione attuale, l’unica possibilità per essere rappresentati da una persona (parente o non parente o responsabile di una organizzazione sociale) è quello di compiere una donazione modale a congiunti, a estranei o a enti, così denominata in quanto ne vengono definite le modalità[11].

Per quanto concerne le iniziative che ognuno di noi può assumere a tutela della propria salute nei casi in cui si verifichi una situazione di non autosufficienza, gli allegati 1, 2 e 3 riguardano:

a)    la designazione del tutore o dell’amministratore di sostegno;

b)    la delega (la cui validità giuridica è dubbia) a persona di fiducia per il periodo intercorrente dall’insorgere della non autosufficienza alla nomina del tutore o dell’amministratore di sostegno;

c)    le disposizioni concernenti la donazione modale.

 

Che cosa fare a livello familiare/amicale

Tenuto conto che nel caso di non autosufficienza non siamo in grado di fare alcunché, occorre prestare la massima attenzione alla persona o al rappresentante dell’organizzazione da noi scelti affinché ci sostituisca in tutto e per tutto.

Ovviamente non è sufficiente che detto soggetto sia a noi legato affettivamente. Questo è solo un elemento e forse nemmeno quello più importante.

Infatti la persona da noi designata dovrebbe[12]:

a)    richiedere il ricovero presso idonea struttura sanitaria o socio-sanitaria[13];

b)    verificare l’idoneità funzionale della struttura di degenza, assumendo le iniziative occorrenti affinché, sulla base delle prestazioni a cui hanno diritto i cittadini, vengano assicurate a chi ha effettuato la donazione le necessarie cure e il maggior benessere possibile, comprese le iniziative volte alla massima riduzione possibile del dolore;

c)    assumere dal personale ausiliario e da quello infermieristico tutte le occorrenti informazioni sulla nostra condizione di salute;

d)    accertare la correttezza delle cure medico-infermieristiche e riabilitative, ivi compreso il controllo delle misure idonee alla prevenzione delle piaghe da decubito e quelle dirette ad evitare ogni forma di accanimento terapeutico, nonché tutte le condizioni lesive del benessere personale;

e)    verificare la corretta osservanza delle norme concernenti l’igiene ambientale e personale;

f)     accertare l’idoneità della qualità e quantità delle bevande e del vitto somministrato;

g)    assumere tutte le iniziative ritenute necessarie per ottenere, da parte degli enti tenuti ad intervenire in base alle leggi vigenti, prestazioni adeguate alle esigenze;

h)    disporre il nostro trasferimento presso una idonea struttura, qualora siano inadeguate le prestazioni fornite dove siamo degenti.

Pertanto la persona da noi designata dovrebbe conoscere le norme di legge in materia di diritto alle cure sanitarie e socio-sanitarie (anche al fine di evitare le illegali dimissioni da ospedali e da case di cura private convenzionate con la conseguente assunzione di oneri economici a carico del malato il cui importo può anche raggiungere in due-tre anni i centomila euro). Se occorre provvedere ad un consulto deve essere capace di individuare il soggetto competente e adatto allo scopo. Inoltre deve essere in grado di far fronte in modo adeguato agli eventuali imprevisti, compresi quelli di natura burocratica.

 

Che cosa occorrerebbe fare sotto il profilo sociale

Quando si cade in una situazione di non autosufficienza, in genere vengono forniti gli interventi disponibili in quel momento e in quel determinato luogo.

Quasi sempre essi sono validi per quanto concerne il periodo acuto della o delle patologie da cui siamo colpiti.

Pressoché ovunque sono invece carenti, a volte anche in misura drammatica, le prestazioni socio-sanitarie, che vengono erogate a domicilio o presso strutture di ricovero (Rsa - Residenze sanitarie assistenziali)[14].

Quindi se vogliamo che le strutture e le prestazioni per i soggetti non autosufficienti siano adeguate anche alle nostre fondamentali esigenze personali, occorre assumere iniziative concrete, essendo vano sperare – come l’esperienza insegna – che ciò venga fatto dalle autorità preposte senza una forte pressione da parte dell’utenza futura.

Ciascuno potrà fare le scelte che ritiene più opportune rivolgendosi ai partiti, ai sindacati o alle organizzazioni sociali.

È però assolutamente necessario che, per se stesso e per gli altri, ognuno verifichi se dalle parole si passa ai fatti e quali sono i contenuti reali delle iniziative intraprese.

Come ho segnalato in precedenza, occorre tener conto che, considerate le attuali rilevanti deficienze, occorreranno molti anni per assicurare livelli accettabili.

 

La difesa dei casi singoli

L’attività che ha maggiormente garantito le cure alle persone non autosufficienti ed ha evitato agli interessati e ai loro congiunti di versare oneri economici di rilevante entità (ad esempio da 60 a 100 euro al giorno anche per tre anni per il pagamento dell’intera retta di ricovero presso una residenza sanitaria assistenziale) è stata (ed è) quella concernente l’opposizione alle dimissioni da ospedali e da case di cura private convenzionate di persone, soprattutto anziane, colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza necessitanti ancora di cure socio-sanitarie e che non potevano per vari motivi essere accudite a domicilio.

Questa iniziativa continua a dimostrare, contrariamente a quanto affermato da amministratori e operatori, che detti individui avevano non solo la necessità di ricevere terapie e assistenza, ma anche il diritto, in base alle leggi vigenti, di pretendere detti interventi.

Inoltre ha consentito e consente al Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base), alla Fondazione promozione sociale e alle altre organizzazioni di agire affinché non venga cancellato o limitato il diritto attualmente esigibile alle cure sanitarie e socio-sanitarie, come purtroppo premono forze politiche, sindacali e sociali[15].

 

Allegato 1

 

Esempio di scrittura privata autenticata dal notaio per la designazione del tutore

Io sottoscritta P. L. M. nata a __________ il __________ residente in __________ via __________ n. _______ codice fiscale __________ preso atto delle leggi vigenti e, in particolare, della n. 6/2004, dispongo in piena coscienza e libertà quanto segue:

1.    qualora io, a causa di una malattia o handicap invalidante, non sia più in grado di autotutelare la mia persona ed i miei diritti, chiedo che l’autorità giudiziaria competente nomini mio tutore il Presidente pro tempore della Fondazione promozione sociale, con sede in Torino, Via Artisti n. 36, nonché mio pro tutore il Vice Presidente pro tempore della Fondazione promozione sociale. Mi sono orientato verso la suddetta Fondazione in quanto, sulla base delle mie conoscenze dirette poiché vi opero come volontaria, è in grado per la sua esperienza e per le finalità perseguite di indicare le risposte più adatte alle mie esigenze e di verificare se esse vengono rispettate da coloro che mi curano e mi assistono. Qualora l’autorità giudiziaria non intendesse procedere alla mia interdizione, la designazione di cui sopra vale anche per le funzioni di amministratore di sostegno o di curatore.

2.    confido che il Giudice tutelare, previo il sopra precisato accertamento delle mie condizioni di incapacità, confermi al mio tutore o al mio amministratore di sostegno o al mio curatore le seguenti funzioni:

a)    richiedere il mio ricovero presso idonea struttura sanitaria o socio-sanitaria;

b)    verificare l’idoneità funzionale della struttura di degenza, assumendo le iniziative occorrenti affinché, sulla base delle prestazioni a cui ho diritto secondo le vigenti disposizioni nazionali e regionali, mi vengano assicurate le necessarie cure e il miglior benessere possibile;

c)    verificare la correttezza delle cure medico-infermieristiche e riabilitative, ivi compreso il controllo delle misure idonee alla prevenzione delle piaghe da decubito e le misure dirette ad evitare ogni forma di accanimento terapeutico ed ogni altra condizione lesiva della mia salute e del mio benessere;

d)    verificare l’igiene ambientale e personale;

e)    verificare la qualità e quantità del vitto che mi viene somministrato;

f)     assumere tutte le iniziative che ritiene necessarie per ottenere dagli enti tenuti ad intervenire prestazioni adeguate alle mie esigenze.

3.    Nel caso in cui la struttura in cui sono degente non fornisca, a giudizio esclusivo del mio tutore o del mio amministratore di sostegno o del mio curatore, prestazioni adeguate alle mie esigenze, lo stesso mio tutore o mio amministratore di sostegno o mio curatore è autorizzato a disporre il mio trasferimento in altra valida istituzione.

4.    Per l’espletamento dei compiti in precedenza indicati, il mio tutore o il mio amministratore di sostegno o il mio curatore è delegato a richiedere agli amministratori dei servizi sanitari, socio-sanitari e di qualsiasi altro settore, nonché ai medici e ad altro personale tutte le notizie che ritiene utili.

5.    Con la presente, anche ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di protezione dei dati personali, autorizzo i soggetti di cui sopra a fornire al mio tutore o al mio amministratore di sostegno o al mio curatore o ad un delegato delle suddette persone tutte le informazioni che riguardano le mie condizioni di salute e tutte le informazioni di qualsiasi altro genere che verranno loro richieste.

AUTENTICAZIONE

Certifico io sottoscritto __________ notaio alla sede di __________, iscritto al Collegio notarile di __________, che previa rinuncia col mio consenso all’assistenza di testimoni, la signora P. L. M. nata a __________il __________ residente in __________ Via __________ n. ___ della cui identità personale io notaio sono certo, ha sottoscritto di proprio pugno alla mia presenza la dichiarazione che precede.

Data __________                                                                                                                 Firma  e timbro del notaio

 

Allegato 2

 

Esempio di delega

 

Premesso che io sottoscritto __________, residente in __________, via __________, n. ___, codice fiscale __________, come risulta dall’allegata fotocopia della scrittura privata del __________ autenticata dal notaio __________, ho designato il Presidente pro tempore della Fondazione promozione sociale, con sede in Torino, via Artisti 36, quale mio tutore o amministratore di sostegno o curatore, con la presente, in piena coscienza e libertà, qualora a causa di una malattia o di un handicap invalidante, non sia più in grado di provvedere autonomamente alla tutela delle proprie esigenze e diritti, delego lo stesso Presidente pro tempore della Fondazione promozione sociale, a richiedere a mio nome e conto agli amministratori e al personale dei servizi sanitari, socio-sanitari di qualsiasi luogo e settore di attività, nonché ai medici e al personale dei Comuni, delle Asl e degli altri enti e organismi pubblici e privati, tutte le notizie ritenute utili dallo stesso Presidente. Pertanto, con la presente, anche ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di protezione dei dati personali, autorizzo i soggetti di cui sopra a fornire al suddetto Presidente pro tempore della Fondazione promozione sociale tutte le informazioni che riguardano le mie condizioni di salute e tutte le notizie di qualsiasi altro genere che verranno loro richieste, autorizzandoli espressamente al trattamento dei dati ai sensi del decreto legislativo 196/2003.

Inoltre, sempre che io non sia in grado di provvedere autonomamente alla tutela delle mie esigenze e dei miei diritti, delego il sopra indicato Presidente della Fondazione promozione sociale a svolgere, fino a quando l’autorità giudiziaria non abbia provveduto alla nomina del mio tutore o amministratore di sostegno o amministratore provvisorio o curatore, le seguenti funzioni:

a)    richiedere il mio ricovero presso idonea struttura sanitaria o socio-sanitaria;

b)    verificare l’idoneità funzionale della struttura di degenza, assumendo le iniziative occorrenti affinché, sulla base delle prestazioni a cui ho diritto secondo le vigenti disposizioni nazionali e regionali, mi vengano assicurate le necessarie cure e il miglior benessere possibile;

c)    verificare la correttezza delle cure medico-infermieristiche, nonché – occorrendo – quelle riabilitative, ivi compreso il controllo degli interventi assunti per la prevenzione delle piaghe da decubito e le misure dirette ad evitare ogni forma di accanimento terapeutico e ogni altra condizione lesiva della mia salute e del mio benessere;

d)    verificare l’igiene ambientale e personale;

e)    verificare la qualità e quantità del vitto che mi viene somministrato;

f)     assumere tutte le iniziative ritenute necessarie per ottenere prestazioni adeguate alle mie esigenze dagli enti tenuti ad intervenire, comprese quelle occorrenti per l’eliminazione, in tutta la misura possibile, del dolore.

Preciso che le funzioni di cui sopra coincidono con le richieste contenute nella sopra citata designazione di tutore e che il Presidente pro tempore della Fondazione promozione sociale può svolgere tutte le funzioni sopra indicate sia direttamente, sia tramite persone di sua fiducia.

La delega di cui ai punti precedenti non riguarda i miei interessi patrimoniali.

Torino, ___________________

DICHIARAZIONE

I sottoscritti __________(due persone non parenti), nato a __________ il _________, residente in __________, via __________, n. ___, codice fiscale __________ e __________, nato a __________ il _________, residente in __________, via __________, n. ___, codice fiscale __________, dichiarano che la __________ nata a __________ il __________, residente in __________, via __________, n. ___, codice fiscale __________, della cui identità, libertà e consapevolezza di agire siamo certi, ha sottoscritto in data odierna a __________, via __________ n. ___ e di proprio pugno alla nostra presenza la dichiarazione che precede.

Si allegano le fotocopie delle carte d’identità di __________ e di __________, nonché quella del delegante, __________.

Torino, __________

Nota: È consigliabile apporre un francobollo e farlo timbrare da un Ufficio postale in modo che sia comprovata la certezza della data in cui è stata redatta la delega.

 

Allegato 3

 

Esempio di donazione modale

Il 20 settembre 2005, con atto rogito presso il notaio M. R., che ha fornito gratuitamente la sua prestazione, è stata predisposta la donazione modale con la quale la Fondazione promozione sociale si impegna «di accettare la donazione dei seguenti immobili facenti parte del fabbricato di civile abitazione sito in Comune di __________, via __________, costituiti da alloggio posto al piano primo (secondo fuori terra), autorimessa privata al piano seminterrato e cantina allo stesso piano seminterrato, di proprietà dei signori L. V., nato a __________ il __________, e O. A., nata a __________ il __________. Detti immobili sono censiti al Catasto fabbricati al foglio __________, particella __________, subalterni __________.

«Alla donazione, per comune intenzione delle parti, sarà apposto il seguente onere a carico della parte donataria:

«La Fondazione promozione sociale si impegna, nel caso di decesso di entrambi i donanti o di un loro impedimento, che comporti l'apertura della tutela o la nomina di un amministratore di sostegno al figlio M., a collaborare gratuitamente con i predetti tutori o amministratori di sostegno, in modo da assicurare la migliore assistenza e cura da parte dei servizi sociali e sanitari.

«In particolare la Fondazione promozione sociale, tramite il proprio personale ed i propri volontari, rivolgerà particolare attenzione:

a) alla verifica dell'idoneità funzionale della struttura di ricovero, assumendo le eventuali iniziative per il trasferimento di M. presso altra valida struttura;

b) alla verifica della correttezza delle cure medico-infermieristiche, nonché, occorrendo, alle prestazioni riabilitative;

c) alla verifica dell'igiene ambientale e personale;

d) alla verifica della quantità e della qualità del vitto che viene somministrato;

e) a tutti gli altri interventi finalizzati ad assumere una degenza adeguata alle esigenze personali di M., nonché ad una sua idonea vita di relazione;

f)     di attribuire conseguentemente al Presidente della Fondazione ogni e più ampio potere per la stipula dell'atto con facoltà di emettere tutte le dichiarazioni necessarie e conseguenti, anche di carattere fiscale, nonché l'assunzione a carico della Fondazione degli oneri di cui sopra».

L’atto di donazione riguarda M., un adulto con handicap intellettivo molto grave e quindi assolutamente non in grado di provvedere alle sue esigenze fondamentali di vita.

Per il suo futuro M. beneficia delle seguenti garanzie:

-       il diritto esigibile di essere assistito senza limiti di durata dal Comune di Torino, in cui risiede, ai sensi degli articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931 e della legge della Regione Piemonte n. 1/2004;

-       interventi del tutore (per M. è stata pronunciata l’interdizione). Il tutore è un parente di M. e non ricopre incarichi nella Fondazione promozione sociale;

-       vigilanza sull’operato del tutore da parte del giudice tutelare;

-       azione di supporto assicurata dalla Fondazione promozione sociale sotto il controllo del tutore di M.

Nota: Si segnala che l’atto di donazione può essere fatto non solo a favore di congiunti o di terze persone, ma anche per ottenere impegni a favore dello stesso donante.

 

Allegato 4

 

La drammatica situazione degli anziani cronici non autosufficienti

Numerosi sono gli articoli pubblicati su Prospettive assistenziali in cui sono evidenziate le drammatiche condizioni di vita degli anziani colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza.

Al riguardo si segnala che gli articoli riportati su Prospettive assistenziali dal n. 65, gennaio-marzo 1984, esclusi solamente gli ultimi otto numeri, sono consultabili tramite il sito www.fondazionepromozionesociale.it.

Fra quelli più significativi pubblicati negli anni 2000 ricordiamo: “Scoperto un altro istituto ghetto per anziani”, n. 157, 2007; “La follia dell’ultimo manicomio”, n. 156, 2006; “Firenze: inammissibili carenze riscontrate nelle Rsa”, n. 153, 2006; “Scoperte altre strutture socio-sanitarie lager”, n. 152, 2005; “Scoperto dai Nas un altro istituto lager”, n. 151, 2005; “Continua l’eutanasia da abbandono di anziani malati”,  n. 150, 2005; “Rsa per anziani: indagine della magistratura su ventun decessi e proposte del Csa”, “Drammatica anche in Piemonte la situazione degli anziani cronici non autosufficienti”, n. 148, 2004; “Non sono ghetti le strutture di ricovero del Comune di Bologna riservate ai soggetti ultracinquantenni con handicap?”, n. 147, 2004; “Quarta indagine dei Nas sulle strutture ricettive per anziani: accertate altre gravi irregolarità”, “Trentadue ospedali della Lombardia dicono di no al ricovero urgente di una anziana di ottantacinque anni”, n. 145, 2004; “Ecco come in un ospedale si nega la dignità a un anziano”, n. 144, 2003; “Controlli effettuati dai Nas sulle strutture residenziali per anziani: altre allarmanti infrazioni penali e amministrative” e “La strage estiva di anziani malati: un’altra nefasta conseguenza dell’integrazione socio-sanitaria”, n. 143, 2003; “Per quale motivo le autorità continuano a non prevenire le violenze inferte agli assistiti?”, “Ancora violenze ad anziani istituzionalizzati”, “Troppo dolore inutile in corsia” e “Tutti assolti per l’ospizio degli orrori”, n. 142, 2003; Giovanni Grisotti, “Le drammatiche vicende di nonna Emma” e “Altre violenze inflitte ad anziani ricoverati in istituto”, n. 141, 2003; Elena Brugnone, “Fatti illeciti in strutture ricettive per anziani e abbandono di ricoverati non autosufficienti: considerazioni sui due ultimi comunicati stampa dei Nas”; Maria Mattiello, “ L’allucinante vicenda di mia madre” e “Inaudite violenze di due infermieri nei confronti di una malata di Alzheimer”, n. 140, 2002; “Secondo comunicato stampa dei Nas sulle strutture ricettive per anziani: nuove gravi infrazioni penali e amministrative” e “Le dimissioni selvagge di anziani cronici: una testimonianza da Roma”, n. 139, 2002; “Tragica conseguenza del trasferimento di pazienti psichiatrici dalla sanità all’assistenza”, “Malati psichici bruciati vivi” e “Gravi abusi nei confronto di 40 ricoverati”, n. 138, 2002; “Anziani cronici non autosufficienti e malati di Alzheimer ricoverati presso Rsa/Raf: aspetti etici, giuridici, sanitari, sociali, amministrativi ed economici” e “Un esempio di malasanità piemontese”, n. 137, 2002; “Comunicato stampa dei Nas sui controlli eseguiti in campo nazionale alle strutture ricettive per anziani” e “Letti a turno nella casa di riposo”, n. 136, 2001; “Gestori e operatori di una casa di riposo condannati dal Tribunale di Mondovì” e “Due fra i mille casi di malasanità sofferti da anziani cronici non autosufficienti”, n. 135, 2001; Elena Brugnone, “Maltrattamenti di anziani cronici non autosufficienti ricoverati in strutture di assistenza: rilievi penali”; n. 134, 2001; “Condannati i gestori di una pensione abusiva: disumane le condizioni di vita degli anziani ricoverati”, “Anziani segregati in un ricovero abusivo” e “ Malata di Alzheimer morta strangolata all’ospizio di Piacenza?”, n. 132, 2000; “Anziani cronici non autosufficienti trattati come pacchi: la magistratura indaga”, n. 130, 2000.



[1] Secondo Carla Collicalli (cfr. “Le condizioni sociali della famiglia in Italia”, Audizione del 20 settembre 2005, Documenti presentati alla XII Commissione permanente Affari sociali della Camera dei Deputati, Atti parlamentari XV legislatura, Roma, 2007) «è possibile valutare in 643 mila le persone colpite da Parkinson, Alzheimer, epilessia e perdita della memoria», mentre gli anziani non autosufficienti di oltre 65 anni «sono stimati nella misura di quasi due milioni».

[2] A causa delle frequenti infermità, le strutture di ricovero dovrebbero essere organizzate in modo da limitare per quanto possibile le degenze ospedaliere, stante anche il sempre più marcato rifiuto di questi pazienti da parte dei nosocomi, spesso nemmeno disponibili a curare gli anziani cronici non autosufficienti nei casi in cui si manifestino fatti acuti, a volte compresi quelli di competenza chirurgica. A questo riguardo ricordo che per 32 volte una dottoressa del Pronto soccorso di Cantù ha ricevuto una risposta negativa dagli ospedali della Lombardia (Milano, Varese, Lecco e Como) ai quali il 5 gennaio 2004 aveva segnalato quanto segue: «Abbiamo una paziente di 85 anni in gravi condizioni. Serve un posto in rianimazione. Avete un posto libero?». La 33a  chiamata è stata rivolta a un magistrato e il letto è saltato fuori. Cfr. Prospettive assistenziali, n. 145, 2004. Per quanto riguarda le cure domiciliari occorre precisare che, se fornite nel rispetto delle esigenze dei pazienti, necessitano di adeguate prestazioni mediche ed infermieristiche, da prevedere anche nei giorni prefestivi e festivi.

[3] Cfr. Massimo Dogliotti, Ermanno Ferrario, Pietro Landra e Francesco Santanera, I malati di Alzheimer: dalla custodia alla cura, Utet Libreria.

[4] Ovviamente si dovrebbero assumere le necessarie iniziative volte a ridurre i rischi di invalidità e di non autosufficienza.

[5] Si osservi che in tutti i casi in cui la pressione popolare è forte, le risorse immancabilmente vengono reperite.

[6] Il servizio di ospedalizzazione a domicilio, promosso dall’Istituto di geriatria dell’Università di Torino e dal Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) di Torino, funziona ininterrottamente dal 1985. Finora sono state curate (gratuitamente) più di 10 mila persone. In merito alle finalità e al funzionamento di detto servizio si veda il volume di Fabrizio Fabris e di Luigi Pernigotti, Cinque anni di ospedalizzazione a domicilio. curare a casa malati acuti e cronici: come e perché, Rosenberg & Sellier. Sul sito www.fondazionepromozionesociale.it possono essere consultati gli articoli apparsi su Prospettive assistenziali in merito all’ospedalizzazione a domicilio. Pur trattandosi di un servizio validissimo e di gran lunga meno costoso del ricovero in ospedale, l’ospedalizzazione a domicilio non si è estesa in altre zone del nostro Paese e nemmeno nella città di Torino a causa principalmente dell’opposizione delle istituzioni e delle organizzazioni dei medici di medicina generale.

[7] La gestione di Rsa da parte delle Asl, fortemente voluta dal Csa, ha dimostrato  che, per rispondere adeguatamente alle esigenze degli anziani malati cronici non autosufficienti, occorrono strutture «a valenza prevalentemente sanitaria di cura e di accoglienza extra ospedaliera», com’è precisato, ad esempio, nel regolamento della Rsa “Latour” dell’Asl 8 del Piemonte, il cui testo è riportato nel n. 146, 2004 di Prospettive assistenziali.

[8] Sotto il profilo giuridico chi accetta le dimissioni da ospedali e da case di cura private convenzionate viene considerato un soggetto che ha sottratto volontariamente il malato dalle competenze del Servizio sanitario nazionale e che si è assunto a suo carico tutte le responsabilità civili e penali, nonché gli oneri economici. Se provvede al ricovero del soggetto non autosufficiente presso una Rsa deve corrispondere l’intera retta (quota sanitaria e alberghiera), il cui ammontare giornaliero varia, a seconda della qualità delle prestazioni fornite, da 60 a 100 euro.

[9] Ancora una volta ricordo che, secondo il documento “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, predisposto nell’ottobre 2000 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio del Ministro per la solidarietà sociale, «nel corso del 1999, 2 milioni di famiglie italiane sono scese sotto la soglia della povertà a fronte del carico di spese sostenute per la “cura” di un componente affetto da una malattia cronica». A sua volta il IV rapporto del Ceis Sanità - Università di Tor Vergata di Roma, presentato il 20 dicembre 2006, segnala «la presenza nel nostro Paese di uno “zoccolo duro” di iniquità sociale, numericamente rappresentato dalle famiglie che impoveriscono e da quelle che sostengono spese “catastrofiche”. In termini assoluti si tratta di un fenomeno ragguardevole, che coinvolge complessivamente oltre 1 milione e 200 mila nuclei familiari. E l'età avanzata è un catalizzatore potente della fragilità socio-economica: sopra i 65 anni aumenta infatti del 50% la probabilità di un impoverimento causato da spese sanitarie out of pocket. In base agli ultimi dati 2004 dell’Istat, risulta che 295.572 famiglie (pari a circa l’1,3% della popolazione) sono scese al di sotto della soglia di povertà a causa delle spese sanitarie sostenute. Mentre le famiglie soggette a spese catastrofiche, sempre per ragioni sanitarie, sono 967.619 (pari al 4,2% della popolazione). una notevole quota (45,6%) delle famiglie impoverite è composta da anziani soli o coppie di anziani senza figli. E comunque la stragrande maggioranza delle famiglie soggette ad impoverimento (circa il 65,3%) conta almeno un membro anziano. Secondo le stime del Ceis, la presenza di un over 65 in famiglia aumenta di circa il 42% la probabilità di impoverimento; la presenza di due o più anziani raddoppia tale rischio».

[10] Cfr. gli articoli “Presentato al Senato un disegno di legge per la tutela temporanea della salute dei cittadini impossibilitati a provvedervi autonomamente”, Prospettive assistenziali, n. 151, 2005 e “Depositato al Senato un disegno di legge sulla tutela temporanea della salute delle persone impossibilitate a provvedervi autonomamente”, Ibidem, n. 156, 2005. il progetto di legge attualmente all’esame del Senato è il n. 1050, presentato in data 29 settembre 2006 dai Senatori Cesare Salvi (Ds) e Antonino Caruso (An). Sarebbe utile per tutti che le persone interessate all’approvazione del disegno di legge n. 1050 lo segnalassero ai suddetti Senatori e agli altri Parlamentari del Senato e della Camera dei Deputati.

[11] Si può anche ricorrere alla costituzione di un “trust”..

[12] Ricordo nuovamente che, salvo i casi di donazione modale, la validità della designazione di una persona di fiducia nel periodo precedente alla nomina del tutore o dell’amministratore di sostegno è dubbia sotto il profilo giuridico e segnale di non aver trovato alcun notaio disponibile ad autenticare tale designazione.

[13] Fanno parte del settore sanitario gli ospedali e le case di cura; appartengono invece al settore socio-sanitario le Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) e le strutture analoghe (residenze assistenziali flessibili, case protette, ecc.).

[14] Nell’allegato 4 sono riportati i titoli degli articoli apparsi su Prospettive assistenziali a partire dal 1° gennaio 1997 riguardanti gli abusi e le violenze perpetrate contro gli anziani malati cronici e le carenze dei servizi socio-sanitari.

[15] La difesa dei casi singoli è stata ed è esercitata non solo nei riguardi degli anziani cronici non autosufficienti, ma anche dei soggetti colpiti da handicap intellettivo e conseguente e limitata o nulla autonomia, nonché degli individui con gravi problematiche di natura psichiatrica. Per quanto concerne le linee di intervento opposte a quelle perseguite dal Csa, dalla Fondazione promozione sociale e da altre organizzazioni, si vedano su Prospettive assistenziali i seguenti articoli: “Una irragionevole e controproducente proposta di legge dei sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil” e “Testo della proposta di legge sulla non autosufficienza promossa dai sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil” n. 152, 2006; “Gli ingannevoli presupposti della proposta di legge dei sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil sulla non autosufficienza” e “Cittadinanzattiva nega i vigenti diritti degli anziani cronici non autosufficienti alle cure sanitarie residenziali e inventa obblighi economici a carico dei loro congiunti”, n. 153, 2006; “I trucchi messi in atto da enti pubblici per non curare le persone colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza, nonché per pretendere contributi economici non dovuti” e “Come mai la Caritas non difende il diritto alle cure degli anziani colpiti da patologie invalidanti?”, n. 154, 2006; “Perché la Fondazione Zancan insiste nel chiedere che gli enti pubblici impongano contributi economici ai parenti degli assistiti non autosufficienti?” e “L’insensato e anticostituzionale progetto di legge presentato dal Consiglio della Regione Veneto per l’istituzione di un fondo sulla non autosufficienza”, n. 155, 2006; “Fuorvianti le valutazioni e le proposte contenute nel volume La riforma dell’assistenza ai non autosufficienti”, n. 156, 2006; “Stravagante la legge della Regione Lazio istitutiva del fondo regionale per la non autosufficienza”, n. 157, 2007.