Prospettive assistenziali, n. 158, aprile - giugno 2007
BOTTA E
RISPOSTA IN MERITO ALLA PROPOSTA DI LEGGE SULL’ASSISTENZA FAMILIARE “TOTALE”
DEI SOGGETTI CON HANDICAP GRAVE
Nell’articolo “È corretto incentivare l’assistenza familiare ‘totale’ dei soggetti con
handicap in situazione di gravità?”, pubblicato sul numero 157 di Prospettive assistenziali, sono stati
rilevati gli aspetti negativi delle proposte di legge presentate alla Camera
dei Deputati dall’On. Bellillo e altri (n. 1902) e al
Senato dal Sen. Di Lello Finuoli
e altri (n. 1217).
Mentre non ci sono state finora
comunicate prese di posizione in merito al disegno di legge n. 1217, l’On. Bellillo ha inviato la seguente e-mail:
«Quando ho letto l’articolo pubblicato su Prospettive assistenziali, ho immediatamente pensato “Piove sempre
sul bagnato!”. Mi spiego: mi sembra incredibile che quando si tratta dei
soggetti più deboli della società – e i disabili gravi e gravissimi, è inutile
sottacerlo, lo sono – coloro che se ne dovrebbero occupare e facilitare le
azioni positive, si dividono e discutono cercando,
come si dice, “il pelo nell’uovo” e perdendo di vista le cose importanti.
«Presentando la proposta di legge 1902 sul prepensionamento dei lavoratori
e lavoratrici, che svolgono il lavoro di cura nei confronti di membri della
propria famiglia in situazione di disabilità grave e gravissima, avevo già
preventivato tutta una serie di osservazioni e
critiche che rivendicano la centralità del disabile come soggetto di diritti e
come fruitore degli effetti della legge 104. Credo che siano necessarie alcune
chiarificazioni.
«1. Famiglia per me significa il nucleo che è registrato in uno stesso
stato di famiglia, che sia definito o meno
dall’istituto matrimoniale.
«2. Non ho assolutamente dimenticato i diritti della persona disabile, né
il disegno di legge intacca in nessun modo i diritti
acquisiti attraverso tutta la normativa vigente. Anzi, semmai vorrei che
la legge 104 fosse effettivamente applicata, in tutta Italia, con la stessa
capacità di intervento e di qualità, mentre assisto
sgomenta ad una differenza di servizi e di interventi con fortissimi dislivelli
tra Regione e Regione, nella qualità e
nella quantità di erogazione. Così come penso che i finanziamenti per il
sostegno alle famiglie in Italia siano ancora troppo scarsi. Nel nostro Paese
alle famiglie viene destinato l’1% del bilancio dello
Stato, ben poca cosa, ad esempio rispetto alla Francia che destina il 3%. Questo
significa che l’intervento dello Stato è inadeguato a sostenere il lavoro di
cura che ricade su ogni famiglia italiana e in ultima analisi sulle donne,
mantenendo le discriminazioni fra uomini e donne, che l’Europa ci invita cancellare.
«3. Il mio impegno politico è dunque diretto a dare un vero sostegno alle
famiglie. Ed ho iniziato accendendo i riflettori sulle
famiglie più in difficoltà. Sono le famiglie che
devono provvedere a figli, ma non solo, affetti da
handicap gravi o gravissimi, con un carico di lavoro di cura pesante,
stressante, usurante a prescindere dai servizi erogati. Un lavoro che impegna
24 ore su 24, che non concede soste, che non concede
feste, che non concede vacanze, che non concede spazi personali o alla vita di
relazione o alla vita familiare o di coppia e nella famiglia chi più spesso si
occupa a tempo pieno, giorno e notte, del disabile sono ancora le donne, troppo
spesso sole perché molti matrimoni o convivenze si rompono in presenza di un
disabile.
«4. Affermare che la proposta di legge incide negativamente sui diritti del
disabile significa non comprenderne il valore emancipatorio e di liberazione nei confronti dei diritti
della persona disabile, che sono inalienabili, e dei diritti del lavoratore o
della lavoratrice che in virtù del doppio lavoro (quello professionale e quello
di cura) svolto quotidianamente, si trova in una situazione di stress e di
usura. In che modo favorendo il prepensionamento di persone che hanno un lungo
vissuto professionale e che debbono occuparsi di un
disabile, si tolgono diritti al disabile? Chi ha mai detto
che se un familiare si occupa di un disabile diminuiscono i servizi che lo
Stato garantisce a chi vive quella situazione? Come si può pensare che se il
familiare che si occupa del disabile va in prepensionamento, automaticamente
non potrà più avere i servizi di assistenza domiciliare?
«5. Condivido quanto affermato sull’articolo sulla necessità
dell’integrazione dei disabili gravi e gravissimi negli asili nido, nella
scuola, nei centri diurni o nelle comunità alloggio (quando
non sono più in condizione di vivere in famiglia). Condivido anche la proposta
di dedicare al sostegno alle famiglie una parte dei 37,1 miliardi di euro che lo Stato ha incassato in più nel 2006. E la mia proposta di legge, che prevede il prepensionamento,
va in questa direzione: i contributi figurativi per il prepensionamento
potrebbero essere sostenuti proprio utilizzando questo surplus. Sarà la
discussione in Parlamento a stabilire entità e modalità degli interventi.
«6. Il fondamento della mia proposta di legge è quella di garantire alla
persona lavoratrice che si occupa del disabile grave e gravissimo una migliore
qualità della vita, riducendo lo stress e concedendo un po’ più di tempo a
disposizione, con il sostegno della rete integrata dei servizi, una vita civile
e sociale meno concentrata solo sull’handicap, salvaguardando anche il “suo”
diritto a vivere dignitosamente, nonostante il lavoro di cura, prima che questo
diventi una sorta di “condanna”, con tutti i risvolti
affettivi e psicologici che ciò comporta».
La risposta del Csa
Alle critiche dell’On. Bellillo è stata inviata la seguente replica:
«Rispondo alla Sua e-mail del 16 marzo u.s. in quanto autore dell’articolo
“È corretto incentivare l’assistenza ‘totale’ dei
soggetti con handicap in situazione di gravità?”. Opero a tempo pieno come
volontario dal 1962 e non credo di aver mai cercato “il pelo nell’uovo”. Né
l’ho cercato quando ho promosso la legge sull’adozione
speciale n. 431/1967 o quando nel
«Sono lieto che Lei per famiglia intenda i nuclei familiari comunque costituiti: resta però il fatto che nella Sua
proposta di legge viene utilizzata la parola “famiglia” che in tutte le vigenti
disposizioni (Costituzione, codice civile, ecc.) ha esclusivamente il
significato di unione di persone fondata sul matrimonio.
«Lei afferma che “non ho assolutamente dimenticato i diritti della persona debole” e che “vorrei che la legge 104 fosse
effettivamente approvata in tutta Italia”,
senza però rilevare che nella suddetta legge, a parte le agevolazioni elencate
nell’articolo 33, non c’è un solo diritto esigibile per quanto concerne le
prestazioni socio-assistenziali. Ne deriva, fatto gravissimo per tutti i
Parlamentari che si sono succeduti dall’entrata in vigore della Costituzione,
che per il ricovero di coloro che sono
nell’impossibilità di vivere autonomamente e non hanno persone che se ne
occupano occorre fare riferimento agli articoli 154 e 155 del regio decreto
773/1931 (testo unico della legge di pubblica sicurezza).
«Sono finora falliti tutti i nostri tentativi per ottenere diritti
esigibili. Si veda in particolare la proposta di legge di iniziativa
popolare “Interventi per gli handicappati psichici, fisici, sensoriali e per i
disadattati sociali”, presentata con 220mila firme al Senato in data 21 aprile
1970, nonché le numerose iniziative inutilmente assunte nel corso della
discussione parlamentare relativa all’approvazione della legge 328/2000. Finché
non verranno approvate leggi in cui siano previsti
diritti esigibili non ci potranno sicuramente essere servizi per i soggetti
deboli, come è confermato da ciò che si è verificato (e si verifica)
dall’entrata in vigore della Costituzione ad oggi.
«L’impegno dei nuclei familiari con soggetti con handicap e limitata o
nulla autonomia è estremamente gravoso, così com’è
gravoso quello dei nuclei con congiunti malati di Alzheimer o colpiti da altre
forme di demenza senile o affetti da patologie croniche e da non
autosufficienza o con gravissimi problemi psichiatrici. In tutti questi casi,
ad avviso del Csa e mio, occorre prevedere diritti
esigibili che garantiscano le necessarie prestazioni ai soggetti e consentano
ai loro congiunti di vivere una vita accettabile, senza mai obbligarli a
provvedere 24 ore al giorno per tutti i giorni
dell’anno. Attribuire tutti i compiti socio-sanitari
ai congiunti, significa, al di là delle intenzioni, in una situazione carente
di diritti esigibili, imporre un’esistenza continuamente stressante e quasi
sempre insostenibile. Significa, altresì, nei casi di impossibilità
dei parenti di provvedere (per decesso, malattia, ecc.), lasciare allo sbando
coloro che non hanno le risorse per poter vivere autonomamente.
«Sul nostro sito www.fondazionepromozionesociale.it può trovare ulteriori indicazioni circa la nostra attività».
Francesco Santanera
La posizione della “Bottega del possibile”
In merito alla proposta di legge dell’On. Bellillo.
la “Bottega del possibile” (e-mail:
bottegadelpossibile@pellice.it) ha predisposto le osservazioni che riportiamo.
In data 30 gennaio 2007 come
“Bottega” abbiamo mandato ai soci una e-mail
invitandoli a visitare il sito attinente alla proposta di legge dell’On. Bellillo relativa alla richiesta di prepensionamento dei
genitori e dei parenti stretti delle persone disabili al 100%, proposta basata
sulla considerazione che il lavoro dei familiari in merito è un lavoro da
considerarsi “usurante”. (Per questa proposta è in
corso la raccolta di firme a livello nazionale).
Successivamente abbiamo voluto approfondire il
tema con alcuni amici de “
Tutto considerato, dunque,
pensando (e avendolo in molti constatato di persona), a come la rete integrata
dei servizi sul territorio faccia dei veri “miracoli di inserimento
e di promozione”, anche di persone gravi e gravissime nella loro disabilità,
dando anche molti momenti di “libertà” alla famiglia, abbiamo concluso
trattarsi di una “proposta superata” dal nuovo modo di progettare ed
intervenire sul territorio nell’integrazione tra risorse a favore dei diritti
della persona disabile.
Preferiamo perciò batterci per
promuovere la massima autonomia possibile delle persone disabili “alleviando e
sostenendo”, attraverso la rete dei servizi e delle risorse della comunità
locale, anche la famiglia; ciò relativamente a tutto
il territorio nazionale.
(Vanno tenuti presenti i già attuali
permessi, usufruibili dai parenti “stretti”, in base alla legge 104. Ricordiamo
che la legge finanziaria del 2001 (legge 388/00)
prevede il congedo retribuito di due anni, ma solo per i genitori e, in assenza
di loro, i fratelli. Una “buona battaglia” sarebbe cercare di far riconoscere
tale diritto, in situazioni di particolare gravità e di convivenza, anche ai
figli ed ai coniugi/conviventi).
Dobbiamo dunque fare in modo che
le persone, anche gravi e gravissime, possano mantenere la loro domiciliarità (o acquisirne una nuova se non è più
possibile restare in famiglia o una “graduale” se si inizia
a pensare al “dopo di noi” ) nella massima socializzazione promuovibile,
attraverso l’inserimento lavorativo (in alcuni casi di gravità anche possibile,
utilizzando nuovi strumenti di comunicazione), i centri diurni, i gruppi
appartamento, che consentono ai disabili di “uscire dalla famiglia” (come
avviene prima o poi per tutte le persone che crescono); tutto naturalmente
concertato in un progetto individualizzato, concordato con la famiglia (e da
questa sostenuto), portato avanti da operatori professionalmente preparati,
continuamente aggiornati e “curati” in modo che il lavoro, anche per loro
“usurante”, non li consumi troppo a scapito delle persone da seguire. Va sottolineato che al centro diurno, anche le persone gravi e
gravissime, hanno diritto come livello essenziale dei servizi.
Pensiamo appunto che ciò che ha
affermato Mauro Burlina, psicologo (nella relazione
presentata al nostro seminario sulla disabilità del novembre scorso) vada accolto. Egli infatti ha
detto: «Favorire la domiciliarità
significa tutti quegli interventi che permettono alla persona disabile di
rendersi autonoma, di integrarsi nella comunità sociale di appartenenza
e che mirano al sostegno e al mantenimento delle risorse familiari».
È necessaria ancora
un’osservazione.
Dalla relazione unita alla
proposta di legge, si evince che il programma di far stare in modo continuativo
a casa la persona disabile, attraverso il prepensionamento dei genitori, è
importante anche per far fare economia allo Stato! La
proposta di legge diventa
così una brutta monetizzazione!
Ancora un’altra considerazione
per tutelare in primis il diritto irrinunciabile della persona disabile: la
famiglia è e sarà sempre idonea a “promuovere socialmente” il parente disabile
con percorsi di inserimento, di autonomia e
integrazione, al massimo possibile? Tale aspetto sarà sempre da verificare
perché i diritti soggettivi della persona disabile infatti
non possono essere “barattati” e vanno sempre e ovunque tutelati, a prescindere
dalla famiglia.
Per tutto quanto considerato abbiamo concluso di non aderire alla proposta.
Il nostro pensiero è maturato
alla luce di una continua ricerca-azione in corso da molti anni, connotata da una
cultura innovativa, per raggiungere “il meglio possibile” a servizio delle
persone più in difficoltà (in questo caso le persone disabili e le loro
famiglie) che desideriamo rendere al massimo possibile “protagoniste” del loro
progetto di vita.
Hanno collaborato in particolare:
Daniela Vineis, Calisto Audiberti,
Mariena Scassellati Sforzolini Galetti, Francesco Aglì, Maria Teresa Colla, Maria Antonietta Crosetto, Simona
Martina, Giancarlo Sanavio, Claudio Caffarena, Andrea Canevaro,
Luciano Rosso, Beppe Pavan, Chiara Santin, Emanuele
Grosso, Vera Coisson, Claudia Cattaruzzi,
Patrizia Taccani, Lorena Moretto, Carla Quaranta,
Mauro Ferrari, Rudy Lanza, Rosalia Tribolo, Gianalfredo
Scassellati Sforzolini,
Giovanni Borgarello, Mirella Antonione
Casale, Annalisa Sala, Catia Giolito, Mauro Perino, Mauro Burlina, Giancarlo Lotto, Aurora Rostan, Piera Canu, Stefania Capella, Marcello Galetti, Dario Milano, Pietro Stefanini.
www.fondazionepromozionesociale.it