Prospettive assistenziali, n. 158, aprile - giugno 2007

 

 

ENCOMIABILE DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO PER LA COMPLETA EQUIPARAZIONE GIURIDICA DEI FIGLI NATI NEL O FUORI DAL MATRIMONIO

 

 

In data 12 aprile 2007 alla Camera dei Deputati è stata presentata dai Ministri delle politiche per la famiglia (Bindi), della giustizia (Mastella), per i diritti e le pari opportunità (Pollastrini), dell’interno (Amato) e della solidarietà sociale (Ferrero) il disegno di legge n. 2514 “Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione”.

Se l’iniziativa, come è fortemente auspicabile, verrà approvata dal Parlamento, verranno finalmente eliminate le assurde discriminazioni ancora esistenti fra i figli nati nel matrimonio e quelli generati al di fuori del coniugio.

 

L’insensata normativa vigente

Ai sensi del primo comma dell’articolo 258 del codice civile «il riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto, salvo i casi previsti dalla legge».

Le conseguenze sono allarmanti come emerge dalla lettera di Tiziana Nemmi pubblicata su la Repubblica del 18 febbraio 2007 di cui si riportano le parti più significative: «Ho scoperto con rammarico che i miei figli, nati fuori del matrimonio, non sono uguali agli altri. Ho scoperto che mia madre, colei che ha partorito la loro madre, non è giuridicamente la loro nonna. Ho scoperto che la persona a cui mia figlia quando aveva quattro anni teneva la mano sul letto di morte e che tanto affettuosamente chiamava “nonnino” era giuridicamente un perfetto estraneo. Ho scoperto che per la legge italiana, e per l’esattezza per l’articolo 258 del Codice civile (ma in questo caso sarebbe meglio chiamarlo incivile), i miei figli non hanno parenti se non me stessa e il loro padre (che ora peraltro ha avuto un’altra figlia nata nel matrimonio che è più figlia dei primi due). Non hanno zii, non hanno cugini, non hanno nonni. Per la legge italiana sono soli al mondo, tranne me e il loro padre. Se io morissi domani essi non potrebbero ereditare da mia madre e, in linea di successione, verrebbero dopo le sorelle di mia madre, i miei cugini e i cugini di secondo grado di mia madre. Se fossero piccoli potrebbero essere affidati a chiunque perché nessuno potrebbe rivendicare un diritto di precedenza anche se ha il loro stesso sangue».

 

Gli obiettivi del disegno di legge n. 2514

In attuazione all’articolo 30 della Costituzione (1) il disegno di legge n. 2514 intende «eliminare definitivamente dall’ordinamento ogni traccia, anche lessicale, di ingiustificata difformità di trattamento tra i figli nati nel matrimonio e quelli nati fuori del matrimonio» (2).

Inoltre, si propone di «riformare l’istituto della parentela, facendo cadere ogni aggancio all’opinione che ancora si ostina, anche a livello giurisprudenziale, a non ritenere esistente il legame di parentela tra il figlio riconosciuto nato al di fuori del matrimonio e i parenti del genitore».

Ne consegue che «l’asse dell’interesse della normativa si sposta dunque dall’acquisto della qualità di figlio legittimo o naturale a quello dello stato di figlio».

Il disegno di legge prevede altresì «l’abrogazione dell’istituto della legittimazione per susseguente matrimonio o per provvedimenti del giudice, stante la sopravvenuta inutilità di tale istituto» (3) nonché «l’eliminazione di ogni discriminazione anche nel campo della successione a causa di morte» (4).

Inoltre il disegno di legge del Governo prevede la modifica dell’articolo 315 del Codice civile «con la specificazione non più solo dei doveri del figlio, ma prima ancora, dei suoi diritti nell’ambito della relazione coi i genitori e con i parenti in generale».

Viene pertanto proposto il seguente testo dell’articolo 315, sostitutivo di quello vigente: «Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

«Il figlio ha altresì diritto di crescere in famiglia, di mantenere rapporti significativi con i parenti e, se capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

«Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa».

 

Una richiesta di integrazione del disegno di legge n. 2514

Fermo restando la nostra valutazione estremamente positiva del disegno di legge in oggetto, rileviamo che l’iniziativa del Governo non riguarda la discriminazione ancora esistente in materia di as­sistenza ai minori. Infatti, secondo il 5° comma dell’articolo 8 della legge 328/2000, è stato assegnato alle Regioni il compito di disciplinare il trasferimento «ai Comuni o agli enti locali delle funzioni indicate dal regio decreto legge 8 maggio 1927 n. 794, convertito dalla legge 6 dicembre 1928 n. 2838, e dal decreto legge 18 gennaio 1993 n. 9, con­vertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993 n. 67».

In base alle norme di cui sopra, la competenza relativa ai servizi e alle prestazioni socio-assistenziali dei minori nati fuori del matrimonio (figli di ignoti, bambini trovati di cui non si conoscono i genitori, fanciulli riconosciuti dalla sola madre, minori disconosciuti dal padre) non sono attribuite ai Comuni, ma alle Province.

Ne consegue che attualmente, salvo che le Regioni abbiano affidato ai Comuni i compiti socio-assistenziali relativi ai soggetti di cui sopra, i gestori di dette attività, prima di intervenire, dovrebbero accertare lo status del minore e individuare quindi l’ente (Comune o Provincia) che deve fornire le prestazioni (5).

Chiediamo pertanto ai Ministri che hanno presentato il disegno di legge n. 2514 e ai Parlamentari di esaminare la possibilità di sopprimere anche l’odiosa discriminazione fra i minori nati nel matrimonio e al di fuori di esso ancora presente nella nostra legislazione in materia di servizi socio-assistenziali, discriminazione che, ove le Regioni non hanno provveduto ad eliminarla con i loro provvedimenti, sussiste proprio nelle attività che dovrebbero avere lo scopo di aiutare le persone e i nuclei familiari in gravi difficoltà.

 

 

 

(1) L’articolo 30 della Costituzione stabilisce quanto segue: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibilmente con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità».

(2) Salvo diversa indicazione, le parti riportate fra virgolette in questo articolo sono tratte dalla relazione del disegno di legge n. 2514.

(3) In base alle norme vigenti il figlio nato fuori del matrimonio, definito figlio “naturale” per distinguerlo dal figlio “legittimo”, può essere legittimato non solo a seguito del matrimonio dei suoi genitori, ma anche mediante un provvedimento del giudice. Come prevede la prima parte dell’articolo 280 del codice civile «la legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo». Attualmente, in base all’articolo 284 del Codice civile, «la legittimazione può essere concessa con provvedimento del giudice soltanto se corrisponde agli interessi del figlio ed inoltre se concorrono le seguenti condizioni:

1) che sia domandata dai genitori stessi o da uno di essi e che il genitore abbia compiuto l’età indicata nel quinto comma dell’articolo 250;

2) che per il genitore vi sia l’impossibilità o un gravissimo ostacolo a legittimare il figlio per susseguente matrimonio;

3) che vi sia l’assenso dell’altro coniuge se il richiedente è unito in matrimonio e non è legalmente separato;

4) che vi sia il consenso del figlio legittimando se ha compiuto gli anni sedici, o dell’altro genitore o del curatore speciale, se il figlio è minore degli anni sedici, salvo che il figlio sia già riconosciuto.

«La legittimazione può essere chiesta anche in presenza di figli legittimi o legittimati. In tal caso il presidente del tribunale deve ascoltare i figli legittimi o legittimati, se di età superiore ai sedici anni».

(4) Viene pertanto «eliminato il diritto che, pur dopo la riforma del 1975, il codice attribuisce ai figli “legittimi” consentendo loro di estromettere dalla comunione ereditaria i figli “naturali”».

(5)  Purtroppo (cfr. il volume La riforma dell’assistenza e dei servizi sociali. Analisi della legge 328/2000 e proposte alternative di Maria Grazia Breda, Donata Micucci e Francesco Santanera, Utet Libreria), il Parlamento non ha accolto le numerose iniziative intraprese dal Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base di Torino) affinché la legge 328/2000 attribuisse ai Comuni tutte le competenze socio-assistenziali, comprese quelle concernenti i nati fuori del matrimonio. Il Csa aveva rilevato (cfr. l’articolo “La legge 328/2000 sui servizi sociali è iniqua e truffaldina” pubblicato sul n. 132, 2000 di questa rivista) che, mantenendo la discriminazione fra i minori nati nel matrimonio e quelli nati al di fuori di esso «si torna quasi ai tempi di San Vincenzo de’ Paoli, quando i bambini francesi ricoverati in istituto, se nati nel matrimonio indossavano un grembiulino blu (il colore della Madonna), mentre se erano nati fuori del matrimonio, la tinta era rossa (il colore del diavolo)». Anche la richiesta avanzata al Presidente della Repubblica di non promulgare il testo approvato dal Parlamento per la manifesta incostituzionalità delle norme discriminanti soggetti aventi le stesse esigenze non era mai stata accolta. Infine si tenga presente che, ai sensi del citato 5° comma dell’articolo 8 della legge 328/2000, le Regioni potrebbero non trasferire ai Comuni le funzioni relative all’assistenza ai nati fuori del matrimonio, ma assegnarle ad altri “enti locali”, ad esempio Consorzi fra Comuni, o confermarle alle stesse Province.

 

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