Prospettive assistenziali, n. 158, aprile - giugno 2007
ENCOMIABILE
DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO PER
In data 12 aprile 2007 alla
Camera dei Deputati è stata presentata dai Ministri delle politiche per la
famiglia (Bindi), della giustizia (Mastella), per i
diritti e le pari opportunità (Pollastrini),
dell’interno (Amato) e della solidarietà sociale (Ferrero)
il disegno di legge n. 2514 “Delega al Governo per la revisione
della normativa in materia di filiazione”.
Se l’iniziativa, come è fortemente auspicabile, verrà approvata dal
Parlamento, verranno finalmente eliminate le assurde discriminazioni ancora
esistenti fra i figli nati nel matrimonio e quelli generati al di fuori del
coniugio.
L’insensata normativa vigente
Ai sensi del primo comma
dell’articolo 258 del codice civile «il
riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto,
salvo i casi previsti dalla legge».
Le conseguenze sono allarmanti come emerge dalla lettera di Tiziana Nemmi pubblicata su
Gli obiettivi del disegno di legge n. 2514
In attuazione all’articolo 30
della Costituzione (1) il disegno di legge n. 2514 intende «eliminare definitivamente dall’ordinamento
ogni traccia, anche lessicale, di ingiustificata
difformità di trattamento tra i figli nati nel matrimonio e quelli nati fuori
del matrimonio» (2).
Inoltre, si propone di «riformare l’istituto della parentela,
facendo cadere ogni aggancio all’opinione che ancora si ostina, anche a livello
giurisprudenziale, a non ritenere esistente il legame di parentela tra il
figlio riconosciuto nato al di fuori del matrimonio e i parenti del genitore».
Ne consegue che «l’asse dell’interesse della normativa si
sposta dunque dall’acquisto della qualità di figlio legittimo o naturale a
quello dello stato di figlio».
Il disegno di legge prevede
altresì «l’abrogazione dell’istituto
della legittimazione per susseguente matrimonio o per provvedimenti del
giudice, stante la sopravvenuta inutilità di tale istituto» (3) nonché «l’eliminazione di ogni discriminazione
anche nel campo della successione a causa di morte» (4).
Inoltre il disegno
di legge del Governo prevede la modifica dell’articolo 315 del Codice civile «con la specificazione non più solo dei
doveri del figlio, ma prima ancora, dei suoi diritti nell’ambito della
relazione coi i genitori e con i parenti in generale».
Viene pertanto proposto il seguente
testo dell’articolo 315, sostitutivo di quello vigente: «Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito
moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
«Il figlio ha altresì diritto di crescere in
famiglia, di mantenere rapporti significativi con i
parenti e, se capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le
questioni e le procedure che lo riguardano.
«Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al
mantenimento della famiglia finché convive con essa».
Una richiesta di
integrazione del disegno di legge n. 2514
Fermo restando la
nostra valutazione estremamente positiva del disegno
di legge in oggetto, rileviamo che l’iniziativa del Governo non riguarda la
discriminazione ancora esistente in materia di assistenza ai minori. Infatti, secondo il 5° comma dell’articolo 8 della legge
328/2000, è stato assegnato alle Regioni il compito di disciplinare il
trasferimento «ai Comuni o agli enti
locali delle funzioni indicate dal regio decreto legge 8 maggio 1927 n. 794,
convertito dalla legge 6 dicembre 1928 n. 2838, e dal decreto legge 18 gennaio
1993 n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993 n. 67».
In base alle norme di cui sopra,
la competenza relativa ai servizi e alle prestazioni
socio-assistenziali dei minori nati fuori del matrimonio (figli di ignoti,
bambini trovati di cui non si conoscono i genitori, fanciulli riconosciuti
dalla sola madre, minori disconosciuti dal padre) non sono attribuite ai Comuni,
ma alle Province.
Ne consegue che attualmente, salvo che le Regioni abbiano affidato ai Comuni
i compiti socio-assistenziali relativi ai soggetti di cui sopra, i gestori di
dette attività, prima di intervenire, dovrebbero accertare lo status del minore
e individuare quindi l’ente (Comune o Provincia) che deve fornire le
prestazioni (5).
Chiediamo pertanto ai Ministri
che hanno presentato il disegno di legge n. 2514 e ai Parlamentari di esaminare
la possibilità di sopprimere anche l’odiosa discriminazione fra i minori nati
nel matrimonio e al di fuori di esso ancora presente
nella nostra legislazione in materia di servizi socio-assistenziali,
discriminazione che, ove le Regioni non hanno provveduto ad eliminarla con i
loro provvedimenti, sussiste proprio nelle attività che dovrebbero avere lo
scopo di aiutare le persone e i nuclei familiari in gravi difficoltà.
(1) L’articolo 30 della Costituzione stabilisce
quanto segue: «È dovere e diritto dei
genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche
se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità
dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge
assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,
compatibilmente con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge
detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità».
(2) Salvo diversa indicazione, le parti riportate
fra virgolette in questo articolo sono tratte dalla relazione del disegno di
legge n. 2514.
(3) In base alle norme vigenti il figlio nato fuori del
matrimonio, definito figlio “naturale” per distinguerlo dal figlio “legittimo”,
può essere legittimato non solo a seguito del matrimonio dei suoi genitori, ma
anche mediante un provvedimento del giudice. Come prevede la prima parte
dell’articolo 280 del codice
civile «la legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità di figlio
legittimo». Attualmente, in base all’articolo 284
del Codice civile, «la legittimazione può
essere concessa con provvedimento del giudice soltanto se corrisponde agli
interessi del figlio ed inoltre se concorrono le seguenti condizioni:
1) che sia domandata dai genitori stessi o da uno
di essi e che il genitore abbia compiuto l’età
indicata nel quinto comma dell’articolo 250;
2) che per il genitore vi sia l’impossibilità o un
gravissimo ostacolo a legittimare il figlio per susseguente matrimonio;
3) che vi sia l’assenso dell’altro coniuge se il
richiedente è unito in matrimonio e non è legalmente separato;
4) che vi sia il consenso del figlio legittimando
se ha compiuto gli anni sedici, o dell’altro genitore o del curatore speciale,
se il figlio è minore degli anni sedici, salvo che il figlio sia già
riconosciuto.
«La legittimazione può essere chiesta
anche in presenza di figli legittimi o legittimati. In
tal caso il presidente del tribunale
deve ascoltare i figli legittimi o legittimati, se di età
superiore ai sedici anni».
(4) Viene pertanto «eliminato
il diritto che, pur dopo la riforma del 1975, il codice attribuisce ai figli “legittimi” consentendo loro di
estromettere dalla comunione ereditaria i figli “naturali”».
(5) Purtroppo (cfr. il volume La riforma dell’assistenza e dei servizi
sociali. Analisi della legge 328/2000 e proposte alternative di Maria Grazia Breda, Donata Micucci e Francesco Santanera, Utet Libreria), il Parlamento non ha accolto le numerose
iniziative intraprese dal Csa (Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base di Torino) affinché la legge 328/2000
attribuisse ai Comuni tutte le competenze
socio-assistenziali, comprese quelle concernenti i nati fuori del matrimonio. Il
Csa aveva rilevato (cfr. l’articolo “La legge 328/2000 sui servizi sociali è iniqua e
truffaldina” pubblicato sul n. 132, 2000 di questa rivista) che, mantenendo la
discriminazione fra i minori nati nel matrimonio e quelli nati al di fuori di
esso «si torna quasi ai tempi di San
Vincenzo de’ Paoli, quando
i bambini francesi ricoverati in istituto, se nati nel matrimonio indossavano
un grembiulino blu (il colore della Madonna), mentre se erano nati fuori del
matrimonio, la tinta era rossa (il colore del diavolo)». Anche la richiesta
avanzata al Presidente della Repubblica di non promulgare il testo approvato
dal Parlamento per la manifesta incostituzionalità delle norme discriminanti
soggetti aventi le stesse esigenze non era mai stata
accolta. Infine si tenga presente che, ai sensi del citato 5° comma
dell’articolo 8 della legge 328/2000, le Regioni potrebbero
non trasferire ai Comuni le funzioni relative all’assistenza ai nati fuori del
matrimonio, ma assegnarle ad altri “enti
locali”, ad esempio Consorzi fra Comuni, o confermarle alle stesse
Province.
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