Prospettive assistenziali, n. 158, aprile - giugno 2007
Interrogativi
L’AUTOCRITICA DEL MOVI SULLA
MANCATA DIFESA DEI DIRITTI DEI PIù DEBOLI
Nella lettera aperta
alle organizzazioni del volontariato italiano del 5 aprile 2007 il Movi (Movimento di volontariato italiano) riconosce che «Troppo spesso abbiamo rinunciato a
difendere i diritti dei più deboli o a denunciare abusi e ingiustizie al solo
scopo di tutelare una convenzione o un contributo
pubblico. Oppure ci siamo seduti ai tavoli di
concertazione con l’obiettivo di “portare a casa” la nostra parte» e
afferma di voler «partecipare ai tavoli
nei quali si programmano le politiche del welfare
con la determinazione e la libertà che
servono per rappresentare i più deboli e non i nostri servizi o le nostre
opere».
Se il Movi
intende veramente difendere i diritti dei più deboli, perché vuole attendere
l’occasione della presenza ai «tavoli sui
quali si programmano le politiche del welfare»?
Perché non incomincia a difendere il
diritto alle cure socio-sanitarie delle persone affette da patologie
invalidanti e da non autosufficienza, situazione che può colpire anche i
volontari ed i loro congiunti?
Non ritiene che
occorre intervenire con la massima urgenza per evitare che i Servizi sanitari
regionali continuino a scaricare sulle famiglie il compito di curare gli anziani
cronici non autosufficienti, nonché i malati di
Alzheimer e le persone che soffrono a causa di altre forme di demenza senile?
Che cosa intende
fare il Movi per ottenere dal Parlamento e dal
Governo l’adeguamento alle esigenze vitali delle persone impossibilitate a
svolgere qualsiasi attività lavorativa proficua che attualmente
ricevono la miserrima pensione mensile di euro 242,84?
Non
ritengono i dirigenti del Movi che bisogna passare
dalle parole di commiserazione delle condizioni esistenziali dei
soggetti deboli a fatti concreti volti al riconoscimento dei loro diritti
fondamentali?
PER QUALI MOTIVI
Da alcuni mesi la
famiglia è al centro dell’attenzione. Si pensi, in
particolare, alla manifestazione “Family Day” del 12 maggio 2007 e alle
numerose iniziative volte ad evidenziare la sua positiva
funzione anche sotto il profilo sociale.
Non è quindi
sorprendente e nello stesso tempo inquietante che
Perché sulla rivista
mensile Italia Caritas
non è mai stato pubblicato un articolo di denuncia
delle suddette frequentissime violazioni di leggi che negano le esigenze e la
stessa dignità delle persone malate e determinano molto sovente condizioni di
povertà dei congiunti costretti a versare somme rilevanti, anche superiori ai
centomila euro, nei frequenti casi di degenza della durata di tre-quattro anni?
La difesa della
famiglia non si realizza anche, se non soprattutto, nella tutela dei diritti
fondamentali dei propri componenti?
Perché
Come mai
È
accettabile che l’inguaribilità venga
considerata sinonimo di incurabilità?
CHE COSA SI DEVE INTENDERE PER LAVORO SOCIALE?
Sul n.
2, settembre 2006, della rivista Lavoro
sociale è riportata la nuova definizione internazionale del lavoro sociale,
approvata il 26 luglio
Definizione
«Il lavoro sociale professionale promuove il cambiamento sociale, il processo di soluzione dei
problemi nelle relazioni umane, l’empowerment è la liberazione delle persone per
accrescere il loro benessere. Utilizzando le teorie sul comportamento e sui
sistemi sociali, il lavoro sociale interviene ove le
persone interagiscono con i loro ambienti. I principi dei diritti umani e della
giustizia sociale sono fondamentali per il lavoro sociale.
Commento
«Il lavoro sociale, nelle sue
diverse forme, affronta le transazioni multiple e complesse tra le persone e i
loro ambienti. La sua missione è quella fare in modo che tutte le persone siano
in grado di sviluppare pienamente il proprio potenziale, arricchendo le loro
esistenze e prevenendo le disfunzioni. Il lavoro sociale professionale è
focalizzato sul problem-solving e sul cambiamento.
Gli operatori sociali dunque sono agenti di cambiamento a livello sociale e a livello individuale, familiare, comunitario. Il lavoro
sociale è un sistema interrelato di valori, di teorie e di attività
pratiche.
Valori
«Il lavoro sociale trae origine
dalle idee umanitarie e democratiche e i suoi valori si basano sul rispetto per
l’eguaglianza, il valore e la dignità di tutte le persone. Fin dai suoi inizi,
oltre 100 anni or sono, la pratica del lavoro sociale
si è incentrata sul cercare risposta ai bisogni dell’uomo e sullo sviluppo del
potenziale umano. I diritti umani e la giustizia sociale sono
la motivazione che giustifica l’azione del lavoro sociale. La professione è
solidale con le persone svantaggiate e si sforza di alleviare la povertà e di
emancipare i deboli e gli oppressi, al fine di promuovere l’inclusione sociale.
I valori del lavoro sociale sono incorporati nei codici deontologici della
professione, nazionali e internazionali.
Teoria
«Il lavoro sociale basa la
propria metodologia su di un sistematico corpo di conoscenze, costruite su dati
oggetti derivati dalla ricerca empirica e dalla verifica dell’efficacia
dell’azione professionale, inclusi i saperi locali e le culture indigene (local
and indigenous knowledge) legati agli specifici contesti
in cui ha luogo l’azione professionale. Il lavoro sociale riconosce la
complessità dell’interazione tra gli esseri umani e il loro ambiente, nonché la possibilità che le persone da un alto siano
esposte all’influsso di molteplici fattori bio-psico-sociali,
dall’altro siano in grado di modificarli. Il lavoro sociale professionale fa
riferimento alle teorie dello sviluppo umano, del comportamento e dei sistemi
sociali per analizzare le situazioni nella loro complessità e per facilitare i
cambiamenti individuali, organizzativi, sociali e culturali.
Pratica
«Il lavoro sociale rivolge la sua
azione verso le barriere, le disuguaglianze e le ingiustizie che esistono nella
società. Risponde alle crisi e alle emergenze così come ai problemi che si
presentano nella
vita quotidiana del singolo individuo o nella società. Il lavoro sociale
utilizza un ventaglio di abilità, di tecniche e di
attività coerenti con il suo focus olistico sull’insieme di persona e ambiente. Gli
interventi di lavoro sociale spaziano dai processi di aiuto
psico-sociali centrati soprattutto sulla singola
persona al coinvolgimento nella costruzione delle politiche sociali, nella
pianificazione dei servizi e nello sviluppo sociale. Gli interventi di lavoro
sociale comprendono il counseling, il lavoro sociale riparativo o “ clinico”, il lavoro con i gruppi, il lavoro
socio-educativo, il trattamento e la terapia dei problemi familiari, così come
le iniziative per aiutare le persone a ottenere
servizi formali e risorse nella comunità. Gli interventi comprendono, ancora,
la gestione di enti e servizi socio-assistenziali,
l’organizzazione di progetti di comunità e l’impegno nell’azione sociale e
politica per incidere sullo sviluppo delle politiche sociali ed economiche. L’ottica
olistica del lavoro sociale è globale,
ma le sue priorità variano da un Paese all’altro e da periodo a periodo, a
seconda delle diverse condizioni culturali, storiche e socio-economiche».
Da parte nostra sorgono alcuni interrogativi
1. Perché gli utenti non sono mai considerati come
elementi attivi, mentre la loro collaborazione dovrebbe essere assunta come
riferimento essenziale?
2. Come può l’operatore sociale essere «solidale
con le persone svantaggiate» e sforzarsi «di emancipare i deboli e gli oppressi» senza considerare come
principio fondamentale del suo lavoro l’alleanza con detti soggetti e con le
organizzazioni che li rappresentano?
3. Per quali motivi non si fa mai cenno alle responsabilità delle istituzioni
e alla necessità che esse operino per l’eliminazione non solo
degli effetti, ma anche delle cause dell’emarginazione?
4. Perché non vengono riferiti quali siano stati i
cambiamenti sociali ottenuti dagli operatori?
5. Come possono singoli operatori determinare
inversioni di rotta da parte degli enti pubblici e privati che perseguono
l’esclusione sociale dei soggetti deboli?
6. È credibile che le istituzione continuino a corrispondere uno stipendio agli
operatori che contrastano le linee politiche d’azione del loro datore di
lavoro?
(1) Su Prospettive assistenziali sono stati
pubblicati i seguenti articoli: “Perché
www.fondazionepromozionesociale.it