Prospettive Assistenziali            159/2007

Editoriale

BASTA CON LA PENSIONE DA FAME (253 EURO MENSILI) EROGATA ALLE PERSONE INABILI TOTALI: UN APPELLO ALLE ISTITUZIONI E ALLE FORZE SOCIALI

 Essendo stati finora del tutto inefficaci i ripetuti e numerosi solleciti rivolti alle autorità[1], il Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) e la redazione di Prospettive assistenziali hanno deciso di avviare una campagna promozionale affinché con la massima urgenza venga adeguato a livelli accettabili l’importo mensile – attualmente di 253 euro – della pensione erogata dallo Stato alle persone colpite da handicap così gravemente invalidanti da essere impossibilitate a svolgere qualsiasi attività lavorativa proficua.

Com’è evidente si tratta di una somma di gran lunga inferiore al minimo indispensabile per vivere, che copre solamente una piccola parte delle spese relative agli alimenti, al vestiario e alle esigenze esistenziali, nonché al pagamento dell’affitto di casa e delle utenze.

È quindi calpestata la dignità delle persone con handicap grave e gravissimo. Esse, infatti, per poter sopravvivere sono costrette ad essere a carico dei propri congiunti (che non sempre ci sono e hanno adeguate disponibilità economiche) o ad elemosinare sussidi, ricorrendo soprattutto alla beneficenza privata o a trascorrere la loro esistenza in istituti di ricovero[2].

Riteniamo pertanto ragionevole che al più presto il livello della pensione di inabilità per i soggetti sopra indicati venga elevato a 580,00 euro, corrispondente all’importo che l’Inps verserà a partire dal 2008 agli invalidi civili totali di età superiore ai 60 anni[3]. Al riguardo costituisce una grave discriminazione (cfr. anche la relativa legge 67/2006) che detta somma non venga erogata alle persone che si trovano nelle identiche condizioni, ma hanno un’età inferiore ai 60 anni.

 

Adeguamento dell’indennità di accompagnamento

Se le persone con handicap, impossibilitate a svolgere qualsiasi attività lavorativa proficua, necessitano, ad esempio perché colpite gravemente sul piano intellettivo, di essere assistite 24 ore su 24 (perché prive di autonomia e incapaci di rendersi conto dei pericoli ai quali andrebbero incontro da sole, devono essere alzate e coricate, vestite, pulite e spesso anche imboccate, ecc.), lo Stato versa l’indennità di accompagnamento (legge 18/1980) di appena 15 euro al giorno[4]! Riteniamo dunque urgente che l’importo venga adeguato alle prestazioni che devono essere fornite.

 

Appello alle istituzioni e alle forze sociali

Di fronte alla drammatica, disumana e incivile situazione delle persone alle quali sono erogati gli offensivi importi sopra indicati, Prospettive assistenziali rivolge un accorato appello al Governo e al Parlamento affinché assumano le urgentissime iniziative volte a porre gli opportuni rimedi.

Se il Presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi, vuole veramente «aiutare quelli che stanno peggio», come ha dichiarato a La Stampa del 5 agosto 2007, sa da dove deve incominciare[5].

Dai contatti da noi avuti con alcuni Parlamentari, temiamo non sia imminente la concretizzazione della sopra citata dichiarazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, nonostante le rilevanti disponibilità finanziarie conseguenti al gettito delle tasse superiore alle attese[6].

Si consideri che recentemente sono state aumentate, anche se in misura estremamente limitata, le pensioni minime, ma finora né il Governo né le forze politiche hanno rilevato la necessità dell’adeguamento dell’attuale importo da fame delle pensioni di inabilità e di invalidità e dell’assegno di accompagnamento erogato alle persone che – come abbiamo già segnalato – abbisognano quotidianamente di prestazioni 24 ore su 24.

Riteniamo quindi indispensabile e urgente il sostegno delle organizzazioni sociali, e non solo delle associazioni che operano nel settore dell’handicap, sostegno che non dovrebbe limitarsi ad una generica solidarietà, ma essere tale, sia per intensità che per durata, da consentire il superamento delle indifferenze e delle resistenze di Ministri e di Parlamentari.

I Consigli regionali, provinciali e comunali possono svolgere un ruolo attivo mediante l’approvazione di mozioni e di ordini del giorno.

Confidiamo che l’obiettivo primario dei politici, degli amministratori, degli operatori e dei volontari sia volto a garantire la massima autonomia possibile anche alle persone con handicap. Com’è ovvio questi soggetti, come tutti i cittadini, hanno l’esigenza non solo di idonei servizi sanitari e sociali (casa, trasporti e assistenza, ecc.), ma anche di una adeguata disponibilità economica.

A questo riguardo siamo rimasti esterrefatti dalla risposta fornitaci dal Comitato promotore della proposta di legge n. 1902, presentata l’8 novembre 2006 alla Camera dei Deputati dall’On. Bellillo e da altri Parlamentari[7]. Alla richiesta avanzata il 27 giugno 2007 dal Csa di iniziative «del Comitato perché in occasione della trattativa sulle pensioni venga anche affrontata la questione di quelle di fame erogate agli invalidi, in particolare a coloro che, a causa delle loro menomazioni, non sono in grado di svolgere alcuna attività lavorativa», è stato risposto che «seguiremo solamente un obiettivo alla volta». Dunque, il suddetto Comitato considera prioritario il prepensionamento del o dei genitori lavoratori con figli affetti da gravi handicap, rispetto ad un aumento della pensione diretto a consentire loro un autonomo livello di vita[8].

Per quanto concerne Prospettive assistenziali ci impegnamo a continuare e considerare questo problema come assolutamente preminente rispetto a tutti gli altri e quindi a intraprendere tutte le iniziative necessarie fino a quando non verrà disposta dal Parlamento una soluzione accettabile.



[1] Da anni su Prospettive assistenziali viene denunciato l’importo da fame della pensione di invalidità e viene richiesto l’adeguamento dell’indennità di accompagnamento. Fra gli ultimi articoli si vedano i seguenti: “Proposte del Csa in merito alla nuova legislatura nazionale”, n. 151, 2005; “2003 anno europeo delle persone con handicap: un’occasione mancata”, n. 152, 2005; Giuseppe D’Angelo, “Livelli essenziali di assistenza sociale e diritti esigibili”, n. 153, 2006; “Chiediamo al nuovo Parlamento e al nuovo Governo provvedimenti che superino la discrezionalità/beneficenza e riconoscano diritti esigibili ai soggetti deboli” e Roberto Tarditi, “Lettera aperta al Presidente Ciampi”, n. 154, 2006; “Lettera al Presidente della Repubblica”, n. 156, 2006; Roberto Tarditi, “Come si fa a vivere con 242,84 euro al mese?” e “Lettera aperta ai promotori, agli organizzatori e ai partecipanti della Conferenza nazionale della famiglia”, n. 158, 2007. Le questioni riguardanti il livello da fame della pensione di invalidità e l’indennità di accompagnamento sono state, inoltre, affrontate in occasione dell’indagine conoscitiva sulle condizioni sociali delle famiglie in Italia svolta dalla Commissione affari sociali della Camera dei Deputati (cfr. l’audizione di Maria Grazia Breda del Csa del 29 novembre 2006) e della Conferenza nazionale sulla famiglia tenutasi a Firenze dal 24 al 26 maggio 2007, nonché nel corso di numerosi incontri avuti con Ministri, Sottosegretari, Parlamentari e autorità regionali, provinciali e locali.

[2] Com’è noto il costo del ricovero è di gran lunga superiore all’importo della pensione di inabilità. Infatti per i soggetti molto gravi la retta mensile varia da 4.000 a 5.000 euro.

[3] Cfr. Conquiste del lavoro del 27 luglio 2007.

[4] L’indennità di accompagnamento è stata istituita con lo scopo di assicurare alle persone con handicap invalidanti una somma tale da compensare le maggiori spese sostenute a causa delle menomazioni. Tuttavia l’importo mensile (euro 457,66) non tiene in considerazione le profonde differenze tra i soggetti necessitanti di assistenza 24 ore al giorno e quelli con limitazioni ridotte, ad esempio una parte degli individui con handicap fisici meno gravi.

[5] A nostro avviso fra «quelli che stanno peggio» vi sono altresì, come abbiamo più volte rilevato su questa rivista, gli anziani cronici non autosufficienti, sovente dimessi in modo selvaggio (e cioè senza garantire le prosecuzione delle cure a domicilio o presso strutture residenziali) da ospedali e case di cura private; i minori con genitori in condizioni di rilevante disagio o con notevoli incapacità educative; i nuclei familiari ai quali i servizi pubblici scaricano i soggetti colpiti da patologie o da handicap invalidanti; le gestanti prive di adeguati sostegni psico-socio-economici anche per quanto concerne la complessa e difficile decisione, che dovrebbe essere la più responsabile possibile, di riconoscere o non riconoscere i loro nati.

[6] Nell’articolo “Entrate, un altro boom” apparso su Avvenire del 25 agosto 2007, viene rilevato che «nei primi otto mesi i versamenti legati alla dichiarazione dei redditi sono saliti del 21%. In cassa 7,8 miliardi di euro di maggior gettito».

[7] Secondo la proposta dell’On. Bellillo «il lavoro di cura e di assistenza a familiari invalidi, con totale e permanente invalidità lavorativa che assume connotazione di gravità (…) e che sono assistiti totalmente nell’ambito della famiglia, svolto da lavoratori e lavoratrici, è equiparato alle attività usuranti». La presa di posizione contraria di Prospettive assistenziali è stata motivata negli articoli “È corretto incentivare l’assistenza familiare totale dei soggetti con handicap in situazione di gravità?”, n. 157, 2007 e “Botta e risposta in merito alla proposta di legge sull’assistenza familiare totale dei soggetti con handicap grave”, n. 158, 2007. In quest’ultimo articolo sono riportate anche le ragioni contrarie alla citata iniziativa parlamentare espresse dall’organizzazione “La Bottega del possibile” e da numerose personalità.

[8] Occorre a nostro avviso considerare anche le situazioni non infrequenti in cui i soggetti con handicap e limitata o nulla autonomia restano orfani.

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