Prospettive assistenziali, n. 159, luglio - settembre 2007
Libri
STeFANO RODOTÀ,
La vita e le regole - Tra diritto e non diritto, Feltrinelli, Milano, 2006,
pag. 285, euro 19,00.
Come ha precisato
È questa la base che ci difende sia dall’autoritarismo
pubblico che dalla prepotenza privata.
Tuttavia, precisa
l’Autore, «nella riflessione sui limiti
dell’intervento del diritto la questione decisiva rimane sempre quella di chi
stabilisce il confine tra il diritto e il non diritto, e dei criteri secondo i
quali questa operazione viene compiuta».
Attualmente «l’incontro con il
diritto è fortemente condizionato, in particolare, dai nuovi dati di realtà
costruiti dalla scienza e dalla tecnologia, che mutano l’appello al diritto e
le forme della regolazione giuridica».
Ne consegue che «vi
è una diffusa e persistente difficoltà sociale nel metabolizzare le innovazioni
scientifiche e tecnologiche quando queste incidono soprattutto sul modo in cui
si nasce e si muore, sulla costruzione del corpo nell’era della sua
riproducibilità tecnica, sulla possibilità stessa di progettare la persona».
Inoltre, poiché «appaiono
sconvolti i sistemi di parentela e l’ordine delle generazioni (…), si
manifestano angosce, si materializzano fantasmi (…), il diritto appare l’unica
cura sociale, con una intensa richiesta di norme,
limiti, divieti».
Essendo state «perdute
le regole della natura, la società si rispecchia nel diritto e a esso chiede rassicurazione, prima ancora che protezione».
Osserva Stefano Rodotà che «il diritto non si ferma alle persone, ai
gruppi, agli stati, alle comunità
internazionali. Si rivolge ormai all’umanità intera».
Occorre, altresì, considerare che «nell’ordine internazionale e nella vita quotidiana si affaccia un
nuovo diritto, quello di “ingerenza umanitaria”: né la sovranità nazionale, né
l’autonomia individuale dovrebbero o potrebbero far argine a questa nuova
ingerenza del diritto».
Ma quali sono i limiti dell’ingerenza? Si potrebbe
sostenere che è legittima solo nelle situazioni estreme «concentrandosi in un pubblico “dovere di protezione” soprattutto quando è a rischio la vita stessa della
persona».
Tuttavia, osserva l’Autore, che così inteso «il diritto/dovere di ingerenza
umanitaria si rivela in stridente contrasto con la conquistata libertà di
disporre pienamente di sé».
Ne consegue che «la
vita rischia di nuovo di essere sottratta all’autonomia della
persona».
Rodotà segnala fra i nuovi fenomeni quello del «turismo dei diritti, al quale si ricorre
per recuperare diritti negati nel paese di origine» e
cita quelli riguardanti l’aborto, il divorzio, l’eutanasia, il suicidio
assistito.
Le profonde riflessioni dell’Autore, in particolare
quelle riguardanti le cure sanitarie, il dolore e la morte, sono di
fondamentale importanza nella nostra vita quotidiana: un valido motivo, quindi,
per una lettura attenta del volume.
giorgio bissolo,
luca fazzi (a cura di), Costruire l’integrazione sociale - Attori,
strumenti, metodi, Carocci Faber,
Roma, 2005, pag. 375, euro 26,80.
Nell’introduzione del volume Giorgio Bissolo
e Luca Fazzi affermano che «l’esigenza di fornire servizi sanitari e sociali in modo integrato» è
«un passaggio strategico per rispondere
ai processi di cambiamento dei bisogni e di trasformazione dei sistemi di welfare».
A sostegno della loro posizione gli Autori citano i
seguenti accadimenti: «la diffusione di
problematiche e patologie cronico-degenerative a
carattere invalidante»; «il
progressivo aumento (…) di una serie di patologie che sono stabilizzate o
progrediscono lentamente», con particolare riferimento all’Aids, al
trapianto di organi, ai tumori, alle cardiopatie
stabilizzate e alle lesioni neurologiche; «la
trasformazione del ruolo e della struttura della famiglia che indebolisce la
possibilità di ricevere cure di tipo informale a domicilio»; «la diffusione di
approcci multidimensionali alle patologie sanitarie e
sociali che fanno emergere la natura multidimensionale
di molti problemi come la tossicodipendenza, la malattia mentale o il disagio
minorile»; «la necessità, in una stagione di razionalizzazione e di crescenti
ristrettezze economiche, di limitare le inefficienze dovute alla duplicazione
degli interventi sociali e sanitari e soprattutto alla vaghezza con la quale
sono spesso definiti i confini tra i due campi di intervento»; «l’emergere,
infine, di una crescente sensibilità e attenzione da parte dei cittadini e dei
beneficiari dei servizi nei confronti della qualità e della complessità dei
servizi che induce a un aumento delle richieste e della pressione nei confronti
di approcci olistici di diagnosi e di presa in
carico».
Mentre sono condivisibili le valutazioni degli Autori in
merito alle problematiche emerse in questi ultimi anni, riteniamo
che la soluzione non consista nell’integrazione dei servizi sanitari e sociali,
bensì nella diretta assunzione da parte del Servizio sanitario nazionale di
tutte le valenze sociali e relazionali indispensabili perché i cittadini
ricevano prestazioni adeguate alle loro esigenze.
Da anni si afferma giustamente che i medici e gli
infermieri non dovrebbero limitarsi a curare gli organi malati ma che
occorrerebbe che tenessero in attenta considerazione le persone e la loro specifica individualità.
Come si può dunque ritenere che al personale sanitario
competano solo le questioni riguardanti le patologie e
non l’insieme di tutte le complesse problematiche del malato?.
L’individuazione delle cause anche sociali,
aspetto fondamentale in particolare per quanto concerne i disturbi
psicologici e le alterazioni psichiatriche, è un’attività che compete a tutti
gli operatori sanitari e, quindi, non dovrebbe essere delegata al settore
dell’assistenza sociale.
Infatti, in questo caso si provoca la progressiva deresponsabilizzazione del personale del Servizio sanitario
nazionale, al quale viene fornita l’inaccettabile
scusante di poter affermare che proprio sulla base del principio
dell’integrazione socio-sanitaria, le valenze sociali non sono di competenza
dei suoi operatori.
D’altra parte, se fosse valida la sottrazione al settore
sanitario della diretta assunzione delle problematiche sociali, questa
posizione dovrebbe essere assunta anche negli altri campi di intervento:
le attività prescolastiche e scolastiche compresa la formazione professionale e
l’università, i trasporti, l’edilizia pubblica e privata, ecc.
Mentre è apprezzabile l’impegno degli Autori per
evidenziare i vari aspetti dell’integrazione socio-sanitaria, non si possono
trascurare le
negative conseguenze derivanti dalla presenza in tutte le attività di due
istituzioni: Ministeri della salute e della solidarietà sociale (a cui, con il
Governo Prodi, si è aggiunto quello alle politiche per la famiglia), Assessorati
regionali alla sanità e ai servizi sociali, Asl e
Comuni.
Ne consegue che ogni decisione deve essere condivisa, con
i risultati che spesso (il che si verifica soprattutto
per la questione dei finanziamenti) si arriva (e si arriverà) al rinvio delle
scelte operative.
A.A.VV., Le persone
ombra… e dopo di noi?, Associazione “Mondo Nuovo”, Villa Giardino (Località S. Girolamo), pag.
144, senza indicazione di prezzo.
Il volume raccoglie gli atti del
convegno di studio svoltosi a Volterra il 24 novembre 2003 sulla
questione del futuro delle persone con limitata o nulla autonomia, organizzato
dall’Associazione “Mondo Nuovo” con il patrocinio della Regione Toscana,
dell’Amministrazione provinciale di Pisa, del Comune di Volterra e dell’Asl 5.
che il problema del “Dopo di noi” sia particolarmente sentito è emerso
soprattutto dalle esperienze dei genitori: «Queste
famiglie hanno un gran bisogno di aiuto. Ma tanto,
tanto davvero perché si sentono sole anche se ci sono
tante persone disponibili a dare una mano».
Dopo la nascita di un bambino con un handicap gravemente
invalidante, le speranze riposte nella riabilitazione e nella frequenza della
scuola dell’obbligo, si pone l’angoscioso interrogativo da parte dei genitori: «Dove vivrà nostro
figlio? Chi accudirà alle sue esigenze?». Purtroppo nel convegno sono state
ripetute le solite parole di circostanza.
Angelo Passaleva, Vice
Presidente della Regione Toscana e Assessore alle politiche sociali, dopo aver
affermato nella prefazione che «il
convegno di Volterra sul “Dopo di noi”, in occasione dell’Anno europeo 2003
delle persone con disabilità, si è rilevato di notevole interesse» ed
essersi complimentato «con chi ha pensato
e realizzato l’iniziativa volterrana in una interessante
sinergia fra istituzioni pubbliche e società civile», non ha assunto alcun
impegno e si è limitato a sostenere che «Dopo
di noi possono accadere tante cose: sta a noi operare, oggi, affinché il futuro
sia capace di prospettive coerenti con la dignità della persona umana».
A sua volta Marcella Guazzini,
Assessore alle politiche sociali dell’Amministrazione provinciale di Pisa e
Presidente della Consulta provinciale per l’handicap, ha preannunciato
l’approvazione di un documento riguardante anche il “Dopo di noi” e rivolto a «promuovere e creare un sistema di opportunità e di risposte su questa problematica, non
contemplando l’istituzionalizzazione dei disabili, ma prevedendo soluzioni
nuove e diverse, anche attraverso il riadeguamento e
la riorganizzazione delle abitazioni, attraverso interventi che favoriscano la
permanenza di disabili all’interno del
proprio ambiente familiare», senza però precisare quali sono le iniziative
rivolte ai soggetti orfani di entrambi i genitori colpiti da handicap
intellettivo così grave da aver provocato la perdita della loro autonomia.
Il Sindaco di Volterra, Ivo Gabelleri,
ha riconosciuto, ma non poteva essere altrimenti, che «il tema del “Dopo di noi” coinvolge in prima istanza
le famiglie, gli amici, ma anche le istituzioni», ma non ha detto una
parola sul fatto che, ai sensi degli ancora vigenti articoli 154 e 155 del
regio decreto 773/1931 “Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”, i
Comuni sono obbligati a provvedere all’assistenza degli inabili al lavoro e
quindi non solo dei minori e degli anziani in gravi difficoltà
socio-economiche, ma anche delle persone colpite da handicap invalidante.
I suddetti articoli riprendono le norme del regio decreto
19 novembre 1889 n. 6535 che imponeva ai Comuni (e non ai congiunti) l’obbligo
di intervenire nei confronti delle «persone
dell’uno e dell’altro sesso, le quali per infermità cronica e per insanabili
difetti fisici o intellettuali non possono procacciarsi il modo di
sussistenza».
È ben vero che, ai sensi dei sopra citati regi decreti, i
Comuni dovevano provvedere mediante il ricovero. Però, a
nostra avviso, occorre che le organizzazioni di base partano da detto
compito affidato ai Comuni per rivendicare la creazione di servizi adeguati
alle odierne necessità.
Per quanto riguarda gli altri soggetti che hanno partecipato
al convegno, deploriamo in particolare che Salvatore Nocera,
da tempo informato dell’obbligo dei Comuni, che per le persone interessate costituisce un diritto facilmente esigibile, non ne abbia
informato i promotori ed i partecipanti nella sua relazione sul tema “Disabili:
diritti esigibili, diritti in bilico, diritti negati”.
Guido cattabeni, Un figlio venuto
da lontano - Adozione e affido, Edizioni San Paolo, Cinisello
Balsamo (Mi), 2005, pag. 113, euro 9,00.
Il volume di Guido Cattabeni
affronta le questioni relative all’adozione e
all’affido sulla base delle molteplici esperienze vissute dall’Autore come
medico e psicologo clinico.
Il linguaggio è estremamente
semplice ed i numerosi esempi di vita vissuta servono a confermare gli aspetti
teorici affrontati.
Cattabeni, dopo aver sostenuto che l’amore è la base dell’adozione
e dell’affido, precisa giustamente che «offrire
un sentimento di benevolenza e aspettarsi che questo guarisca le ferite di chi
incontriamo è alla base di gravi errori che si possono
compiere accogliendo i bambini in adozione o in affido».
Ne consegue che «educare
un figlio adottivo, educare un figlio in affido esige dunque una preparazione di base non solo genericamente pedagogica, ma anche una
preparazione ai problemi specifici che si possono incontrare lungo queste
strade», aggiungendo «che non si
tratta di imporre delle formule, ma di formarsi una mentalità, un’attitudine di
fondo adeguata alla particolarità di ogni situazione».
Premesso che ormai da più di cinquant’anni
è stato messo in evidenza che il lattante non è un
tubo digerente, l’Autore si sofferma sul fondamentale concetto dell’ammaternamento che non è «legato in sé e per sé alla gravidanza e alla procreazione», ma che
è la base del rapporto della madre (biologica o adottiva) con il bambino, così
come l’appartenamento lo è per quanto concerne il
padre.
Vengono poi prese in esame tutte le questioni riguardanti
l’adozione e in particolare le conseguenze negative derivanti dalla separazione
del bambino dal suo contesto familiare e dal ricovero in istituto,
l’accoglienza dei bambini grandicelli, l’influenza
dell’ambiente e dell’ereditarietà, l’informazione al figlio della sua adozione.
Mentre i suddetti problemi e quelli relativi all’affido
sono trattati in modo approfondito e convincente, non ci sembra corretto l’uso
del termine “abbandono”, in quanto, ad esempio, come è già stato rilevato su
questa rivista (cfr. “Proposte per un linguaggio
appropriato in materia di adozione”, n. 153 bis, 2006)
«il bambino non riconosciuto, e quindi
affidato alle istituzioni, non è abbandonato».
Molto negative possono essere le conseguenze per i figli adottivi che
ritengano di essere stati abbandonati da chi li ha messi al mondo; gli effetti
psicologici e sociali sono ben diversi se è consapevole che può non essere
stato riconosciuto nel suo interesse. Inoltre, tenuto conto che nel nostro
ordinamento giuridico per “famiglia” si intende solo
quella fondata sul matrimonio, occorre tener conto che i sostegni sociali
dovrebbero essere forniti a tutti i nuclei, comunque costituiti.
A.A.VV., Dal
miraggio al percorso: l’integrazione lavorativa delle persone disabili. I lavoratori, le aziende e le “soluzioni” nella pratica quotidiana, Edizioni del Cerro, Tirrenia
(Pisa), 2005, pag. 163, euro 16,50.
Il volume prende in esame la legge 68/1999 “Norme per il
diritto al lavoro dei disabili” ed è una guida all’inserimento lavorativo di
detti soggetti.
La prospettiva nella quale si pongono gli Autori (Rossana
Bolchini, Lucilla Castellazzi,
Gregorio Mazzonis e Giulia Noris) è «all’interno di servizi pubblici o privati
e/o di istituzioni, affinché l’incontro fra le persone
disabili e il mondo delle imprese si realizzi».
Nel primo capitolo viene
delineato il contesto all’interno del quale operano gli Autori che individuano «quali caratteristiche presentano i diversi
protagonisti che a diverso titolo interagiscono nel percorso di accesso al
lavoro delle persone disabili» e cioè dei tre attori «che lo determinano e condizionano: i disabili stessi, le imprese e i servizi».
Nel secondo e nel terzo capitolo vengono
descritti i modelli operativi utilizzati «per
l’inserimento lavorativo e il mantenimento del posto di lavoro, elaborati e
costruiti sulla base dell’esperienza maturata dagli Autori all’interno di un
servizio pubblico, il Consorzio sud-ovest Milano per la formazione
professionale che dal 1991 si occupa di accesso al lavoro per le persone
disabili».
www.fondazionepromozionesociale.it