Prospettive assistenziali, n. 159, luglio - settembre 2007

 

 

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CORTE COSTITUZIONALE: ANCHE IL CONIUGE CONVIVENTE CON UNA PERSONA CON HANDICAP IN SITUAZIONE DI GRAVITÀ HA DIRITTO AL CONGEDO STRAORDINARIO RETRIBUITO

 

Su istanza del giudice del lavoro di Cuneo, la Corte costituzionale ha preso in esame la questione della legittimità costituzionale delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità (articolo 42, comma 5 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151) «nella parte in cui non prevede il diritto del coniuge di soggetto con handicap in situazione di gravità a fruire del congedo» straordinario retribuito.

L’istanza era stata presentata da un dipendente di un istituto di istruzione superiore motivata «dalla necessità di assistere la moglie in situazione di disabilità grave» ai sensi dell’articolo 3 della legge 104/1992.

Ad avviso del giudice remittente «la norma censurata, riconoscendo il diritto al congedo straordinario retribuito esclusivamente ai genitori della persona in situazione di disabilità grave o, in alternativa, in caso di loro scomparsa o impossibilità (…) ai fratelli e alle sorelle con essa conviventi, determinerebbe un ingiustificato trattamento deteriore di un soggetto, il coniuge, tenuto ai medesimi obblighi di assistenza morale e materiale nei confronti del consorte disa­bile».

Nella sentenza n. 158 del 18 aprile 2007, la Corte costituzionale ha ricordato di aver dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001 nella parte in cui non prevedeva il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con soggetto con handicap in situazione di gravità a fruire del congedo ivi indicato, nell’ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati a provvedere all’assistenza del figlio handicappato perché totalmente inabile» (1) e di aver più volte «evidenziato la centralità del ruolo della famiglia nell’assistenza del disabile e, in particolare, nel soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione quale fondamentale fattore di sviluppo della personalità e idoneo strumento di tutela della salute del disabile intesa nella sua accezione più ampia»; ha inoltre precisato che «il congedo straordinario retribuito si iscrive negli interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie che si fanno carico dell’assistenza della persona diversamente abile».

Alla luce delle considerazioni sopra riportate, la Corte costituzionale ha osservato che «la norma censurata concernente il trattamento riservato al lavoratore, coniugato con un disabile in situazione di gravità e con questo convivente, omette di considerare, in violazione degli articoli 2, 3, 29 e 32 della Costituzione, le situazioni di compromissione delle capacità fisiche, psichiche e sensoriali tali da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione (…) che si sono realizzate in dipendenza di eventi successivi alla nascita, ovvero in esito a malattie di natura progressiva, realizzando un inammissibile impedimento all’effettività dell’assistenza e della integrazione del disabile nell’ambito di un nucleo familiare in cui ricorrono le medesime esigenze che l’istituto in questione è deputato a soddisfare».

Tenuto altresì conto che la norma censurata «esclude attualmente dal novero dei beneficiari del congedo straordinario retribuito il coniuge, pur essendo questi, sulla base del vincolo matrimoniale ed in conformità dell’ordinamento giuridico vigente, tenuto al primo posto (articolo 433 del codice civile) all’adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte, obblighi che l’ordinamento fa derivare dal matrimonio», la Corte costituzionale ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53) nella parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche il coniuge convivente con soggetto con handicap in situazione di gravità, il diritto a fruire del congedo ivi indicato».

 

 

PROPOSTE PRESENTATE DAL CSA AL MINISTRO DELLA SOLIDARIETà SOCIALE

 

Il 18 giugno 2007 Enzo Bozza e Silverio Sacillotto hanno partecipato a nome e per conto del Csa alla “Giornata di ascolto delle componenti sociali”, organizzata dal Ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero.

Nell’occasione è stato consegnato al Ministro e distribuito ai partecipanti il volantino (2) che riproduciamo integralmente.

 

Testo del volantino

Il Csa, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, che funziona ininterrottamente dal 1970, a cui aderiscono le organizzazioni sotto elencate, segnala al Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, che per aiutare veramente i nuclei familiari in gravi difficoltà socio-economiche occorre:

- garantire alle persone con handicap invalidanti così gravi da impedire ogni attività lavorativa proficua un livello pensionistico sufficiente per vivere (attualmente l’importo mensile della pensione di invalidità è di euro 242,84);

- adeguare l’indennità di accompagnamento alle esigenze dei soggetti con limitata o nulla autonomia (per le persone che necessitano di essere assistite 24 ore su 24 l’attuale importo mensile dell’indennità di accompagnamento è di euro 457,66 e cioè euro 15 al giorno);

- assumere iniziative volte alla corretta attuazione delle leggi vigenti (la prima, la n. 692 è del 1955) che obbligano il Servizio sanitario nazionale a fornire a livello domiciliare e residenziale le necessarie cure anche agli anziani malati, compresi quelli affetti da infermità invalidanti e da non autosufficienza. Poiché molto spesso le patologie che colpiscono gli anziani non autosufficienti si riacutizzano e, date le loro precarie condizioni di salute sovente si manifestano anche altre malattie acute o croniche, non deve essere messa in discussione la competenza primaria del Servizio sanitario nazionale per la cura dei suddetti soggetti, come potrebbe invece capitare con la creazione di un Fondo specifico per la non autosufficienza. Occorre quindi che gli stanziamenti per il Servizio sanitario nazionale siano aumentati in modo che vengano curati anche gli anziani malati cronici non autosufficienti e siano eliminate le liste d’attesa per l’accesso alle Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) attualmente della durata anche di tre anni. Durante il periodo d’attesa gli oneri economici a carico degli anziani cronici non autosufficienti e dei loro congiunti possono arrivare anche a 100 mila euro;

- riconoscere il volontariato intrafamiliare svolto da congiunti o da terze persone a favore dei soggetti di cui sopra, nonché degli individui con handicap aventi limitata o nulla autonomia, fornendo a detti volontari il rimborso, se del caso forfetario, delle spese vive sostenute;

- assumere i provvedimenti occorrenti per richiamare le Regioni, le Asl ed i Comuni al rispetto dell’articolo 25 della legge 328/2000 e dei decreti legislativi 109/1998 e 130/2000 in base ai quali gli assistiti ultrasessantacinquenni non autosufficienti e quelli con handicap in situazione di gravità devono contribuire alle spese di ricovero e di frequenza di centri diurni esclusivamente in base alle loro personali risorse economiche;

- approntare un piano straordinario per la creazione di Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) per le persone anziane colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza, i cui posti letto sono attualmente del tutto insufficienti;

- predisporre un altro piano straordinario per l’istituzione di centri diurni (massimo 20 posti, aperti almeno 40 ore settimanali) e di comunità alloggio (massimo 10 posti di cui 2 per le emergenze) per i soggetti con handicap intellettivo e limitata o nulla autonomia, non avviabili al lavoro. In base alle esperienze il fabbisogno è di un centro diurno e di una comunità alloggio ogni 30-50 mila abitanti;

- stabilire che l’accesso ai servizi domiciliari, ai centri diurni, alle comunità alloggio e alle Rsa sia previsto come diritto esigibile nell’ambito dei livelli essenziali di cui alla lettera m) del secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione;

- predisporre un piano specifico per l’effettivo superamento del ricovero dei minori in istituto (che in base alla legge 149/2001 doveva essere realizzato entro il 31 dicembre 2006) sancendo: a) il diritto esigibile agli aiuti psico-socio-economici dei nuclei familiari che, se non li ricevono, cadono nel baratro dell’emarginazione; b) l’obbligo dei Comuni ad istituire il servizio di affidamento familiare a scopo educativo e a promuovere e sostenere le adozioni dei minori privi di cure morali e materiali da parte dei loro congiunti, con particolare riguardo ai fanciulli grandicelli, con handicap o malati; c) l’impegno dei Comuni di creare comunità alloggio aventi al massimo 6 posti per i minori non altrimenti assistibili;

- approvare le proposte di legge n. 1754 e 2230/Camera dei Deputati volte alla prevenzione degli infanticidi e al sostegno delle gestanti e madri in condizione di disagio, nonché il disegno di legge n. 1050/Senato in modo che tutti i cittadini maggiorenni possano essere rappresentati, per la tutela della loro salute, dall’insorgere della non autosufficienza (ictus, infarto, ecc.) fino alla nomina del tutore o dell’amministratore di sostegno da parte dell’autorità giudiziaria, tenuto conto che attualmente detti cittadini non possono essere rappresentati legalmente nemmeno dai loro congiunti, né è ammessa dalle leggi vigenti la possibilità di delegare i familiari o altre persone;

- promuovere l’utilizzo dello strumento della concessione, in base al quale possono essere costruite strutture sociali senza alcuna spesa di investimento da parte dei Comuni.

Il volantino conteneva inoltre la seguente nota: «Si ricorda al Ministro della solidarietà sociale che i soggiorni solidaristici internazionali e nazionali non dovrebbero mai riguardare i minori ricoverati in istituto a causa delle conseguenze negative, spesso molto gravi, derivanti dalle speranze suscitate dalla permanenza in una famiglia, dal distacco affettivo con le persone che li hanno accolti e dall’angosciante ritorno in istituto. Ovviamente per i minori dichiarati adottabili dovrebbe essere data attuazione alle norme relative all’adozione».

 

 

DOCUMENTO DEL COMITATO PER LA BIOETICA SUI DIRITTI DEGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI

 

Numerose e positive sono le indicazioni contenute nel documento “Bioetica e diritti degli anziani” pubblicato dal Comitato nazionale per la bioetica in data 20 gennaio 2006 (3).

Il documento, preceduto da un’ampia introduzione, è strutturato in due parti: la prima affronta l’interfaccia tra filosofia e bioetica alla ricerca dei principi valoriali propri dell’anzianità; la seconda affronta la questione degli anziani non autosufficienti.

Premesso che «gli studi che si sono moltiplicati negli ultimi decenni – oltre che più in generale l’esperienza diffusa di cui siamo tutti testimoni – ci hanno convinto dell’infondatezza del paradigma che vedeva l’anziano come un individuo in preda a un progressivo ed inesorabile sfacelo psico-fisico che annientava la sua vita individuale e la sua funzione sociale», la vecchiaia appare oggi «alla stregua di una età della vita caratterizzata sì (peraltro come ogni altra età della vita) da particolari fragilità – e proprio per questo meritevole di doverose e specifiche attenzioni igieniche, biomediche e sociali – ma non certo come una età in cui debba di necessità, in virtù di una imperscrutabile volontà della natura, affievolirsi il diritto alla salute come diritto umano fondamentale non solo alla terapia, ma in senso più lato alla cura».

Poiché la riflessione bioetica possiede «spazi di operatività, soprattutto sociali, davvero sconfinati, essa deve denunciare tutte le forme di violenza, in gran parte subdole e indirette, cui vengono sottoposti gli anziani. Deve denunciare come un vero e proprio mito quello della ineluttabilità e della progressività del loro declino psico-fisico; e lo deve denunciare come un mito pernicioso, perché è esso stesso in gran parte la ragione della situazione del disagio – sociale, politico, psicologico – in cui nella modernità vengono spesso a trovarsi gli anziani, vittime di dinamiche di emarginazione intollerabili sotto tutti i profili».

Nelle conclusioni del documento viene giustamente rilevato che «non si può ragionare (…) in termini meramente demografici ed economici sull’invecchiamento della popolazione e relative conseguenze per i bilanci pubblici e privati, senza considerare – altresì – la condizione di “pari dignità” dei cittadini, indipendentemente dall’età, dalla condizione di salutein cui essi versano e dell’apporto che essi sono capaci di dare con la loro “presenza” al benessere globale della società».

Viene quindi precisato che «questa pari dignità sostiene anche una serie di “diritti”. Che debbono essere intesi come requisiti del sostegno che la comunità – in base al “patto sociale di cittadinanza” – è giusto che assicuri con la maggiore ampiezza redistributiva possibile anche a chi ha contribuito al benessere collettivo del passato».

Per quanto concerne la formazione del medico, il Comitato nazionale per la bioetica afferma che «non sempre i corsi di laurea sono all’altezza dell’insegnamento alla geriatria» e che «è fondamentale sviluppare e ampliare le scuole di specializzazione considerato il fatto che i geriatri dovrebbero rappresentare il punto di riferimento dell’assistenza domiciliare integrata» e, a nostro avviso, anche delle prestazioni fornite dal servizio di ospedalizzazione a domicilio, nonché quelle erogate nelle Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) e nelle strutture analoghe.

Estremamente importante la considerazione del Comitato nazionale per la bioetica secondo cui «in ogni età e in ogni circostanza, l’anziano non autosufficiente conserva le sue caratteristiche insopprimibili di persona umana e di cittadino, un doppio “valore” che ne tutela la dignità, i diritti e gli inte­ressi».

 

 

SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE SUI REQUISITI RELATIVI ALL’ADOZIONE INTERNAZIONALE

 

La Corte di Cassazione con la sentenza del 16 marzo 2006, n. 6078, ha preso in esame la richiesta presentata da D. V., cittadina rumena in possesso anche di cittadinanza italiana per matrimonio, al Tribunale per i minorenni di Roma per ottenere il riconoscimento della sentenza di adozione emessa dal Tribunale di Costanza in Romania il 23 aprile 2003, relativa alla minore A.J.V., nata a Costanza il 15 settembre 2002.

La suddetta istanza era stata respinta sia dal Tribunale per i minorenni di Roma sia dalla Corte di Appello del Lazio in quanto il provvedimento straniero emesso solo nei suoi confronti, era in contrasto con la normativa italiana che disciplina l’adozione internazionale. Inoltre, era stato accertata l’inapplicabilità del 4° comma dell’articolo 36 della legge 184/1983 mancando la prova del soggiorno continuativo, almeno biennale, della richiedente in Romania.

La Corte di Cassazione, dopo aver confermato che la residenza nel paese straniero o il soggiorno continuativo devono avere almeno la durata di due anni, ha rilevato che «per promuovere un procedimento di adozione internazionale, le persone residenti in Italia debbono possedere i requisiti previsti dall’articolo 6» della legge 184/1983 «che consente l’adozione alle sole coppie, escludendola per le persone singole».

Ha quindi precisato che l’adozione legittimante può essere pronunciata a favore delle persone singole solamente nei casi previsti dal quarto e quinto comma dell’articolo 25 della legge 184/1983 (decesso o incapacità sopraggiunta a uno dei due coniugi durante l’affidamento preadottivo o intervenuta separazione) che sono peraltro i soli casi nei quali il legislatore italiano si è avvalso della facoltà prevista dalla Convenzione europea in materia di adozione di minori.

La Corte di Cassazione ha quindi rilevato che al di fuori delle ipotesi di cui sopra non è consentito «ai giudici italiani di concedere l’adozione di minori a persone singole» aggiungendo che mentre per la persona singola si può «procedere all’adozione internazionale nei casi particolari di cui all’articolo 44» della legge 184/1983, non ne consegue «il riconoscimento di una generalizzata ammissibilità di tale adozione da parte di persona singola».

La citata decisione della Corte di Cassazione è molto importante in quanto fornisce una interpretazione, a nostro avviso corretta, del provvedimento della Corte costituzionale n. 347/2005, commentata nell’articolo di Francesco Santanera pubblicato sul n. 151, 2005 di Prospettive assistenziali.

 

 

POSITIVE DISPOSIZIONI DELLA REGIONE MARCHE SULLA COMPARTECIPAZIONE DEGLI UTENTI ALLE SPESE DI GESTIONE DELLE COMUNITà RESIDENZIALI

PER SOGGETTI CON HANDICAP GRAVE

 

La Giunta della Regione Marche ha approvato nella seduta del 4 giugno 2007 una deliberazione concernente i “Criteri di compartecipazione alla spesa, tra gli enti e soggetti interessati, per la gestione di comunità socio-educative-riabilitative residenziali per disabili gravi - Anno 2007”.

Nella suddetta delibera è previsto fra l’altro quanto segue: «La compartecipazione dell’utente viene calcolata esclusivamente su tutti i redditi dell’utente stesso compresa l’indennità di accompagnamento. Per le spese personali (abbigliamento, cure personali, farmaci non gratuiti) dovrà rimanere a disposizione dell’utente una cifra non inferiore a 238 euro mensili. Durante i rientri programmati in famiglia la retta giornaliera viene ridotta in misura non superiore al 25% a partire dal quindicesimo giorno di assenza consecutiva. In caso di ricovero ospedaliero la retta rimane invariata con l’obbligo, da parte della comunità, di garantire al servizio inviante e alla famiglia del disabile il supporto nell’assistenza per la durata della degenza».

Anche per il 2007 (4) la delibera in oggetto, ai fini del calcolo della quota a carico dei ricoverati, non fa alcun riferimento ai beni mobili e immobili posseduti dagli stessi ricoverati.

 

 

 

(1) Cfr. “Sentenza della Corte costituzionale: anche le sorelle e i fratelli dei soggetti con handicap in situazione di gravità possono usufruire del congedo parentale”, Prospettive assistenziali, n. 151, 2005.

(2) Il volantino riprende alcune proposte avanzate al Ministro per la famiglia Rosy Bindi. Cfr. “Lettera aperta ai promotori, agli organizzatori e ai partecipanti della Conferenza nazionale della famiglia”, Prospettive assistenziali, n. 158, 2007.

(3) Un’ampia sintesi del testo è riportato sul n. 4, 2006 di Medicina e Morale.

(4) La delibera relativa per il 2007 è analoga a quella concernente il 2006. Cfr. “Valida delibera della Regione Marche sulle contribuzioni economiche”, Prospettive assistenziali, n. 154, 2006.

 

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