Prospettive assistenziali, n. 159, luglio - settembre 2007

 

 

OTTIMO DOCUMENTO DEL MINISTERO DELLA SALUTE SUGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI

 

 

Con viva soddisfazione pubblichiamo integralmente il documento “Prestazioni residenziali e semiresidenziali per gli anziani non autosufficienti”, approvato nella seduta del 30 maggio 2007 dalla Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza istituita dal Ministero della salute (1) che conferma le nostre posizioni assunte fin dagli anni ’80.

Il suddetto documento affronta in termini completamente positivi anche i temi relativi alle “Persone disabili giovani e adulte”, “Persone con patologie psichiatriche” e “Persone con patologie terminali” che ci riserviamo di apportare nel prossimo numero insieme all’altro rapporto della stessa Commissione concernente la “Nuova caratterizzazione dell’assistenza territoriale domiciliare e degli interventi ospedalieri a domicilio”.

In merito alle proposte relative agli anziani non autosufficienti si tratta di verificare se il Governo e il Parlamento, in particolar modo per quanto concerne le disposizioni sul fondo per la non autosufficienza, ne terranno conto.

Non vorremmo che cadesse nel dimenticatoio com’è successo con il documento “Questioni etiche nel Piano sanitario nazionale 1998-2000: le persone affette da patologie croniche”, predisposto dal Consiglio superiore di sanità nel marzo 1999, pubblicato integralmente nel n. 126, 1999 di Prospettive assistenziali.

 

TESTO DEL DOCUMENTO DEL MINISTERO DELLA SALUTE

 

Le basi normative nazionali riferite alla prestazioni residenziali sono relativamente modeste. Sinteti­camente possono essere richiamati i seguenti atti:

• legge 11 marzo 1988, n. 67, articolo 20 (legge finanziaria 1988);

• decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 1989 (atto di indirizzo e coordinamento per la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani) successivamente sostituito dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (atto di indirizzo e coordinamento in materia di requisiti strutturali tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie);

• progetto obiettivo tutela della salute degli anziani 1994-1996;

• decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001 (Decreto sulla integrazione socio-sanitaria);

• decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) (2).

Di “prestazioni residenziali e semiresidenziali” viene inoltre fatto generico richiamo nel decreto legislativo n. 502/1992 e successive modifiche, senza che i contenuti prestazionali del livello di assistenza vengano comunque definiti.

Sulla base di questi indirizzi generali le strutture residenziali sanitarie hanno avuto in Italia un rapido sviluppo nel corso degli ultimi 15 anni sulla spinta della domanda, con un incremento progressivo dei posti letto fino ad una stima attuale di circa 300.000, pari a circa il 2,5% della popolazione anziana.

Una stima precisa, tuttavia, è fortemente condizionata dalle diverse modalità di classificazione di queste strutture che le singole Regioni hanno adottato.

Si dà atto infatti che la denominazione corrente di Rsa (Residenza sanitaria assistenziale) ha assunto nelle singole Regioni significati diversi, con confini spesso mal definiti rispetto a case di riposo, case protette, residenze protette, istituti di riabilitazione geriatrica, lungodegenze riabilitative, ecc.

Se l’esatta classificazione delle strutture è molto incerta, i dati sulle prestazioni erogate sono praticamente inesistenti, in assenza di un flusso informativo nazionale che consenta di rilevare l’episodio di ricovero.

Men che meno esiste un flusso in grado di costruire indici di case-mix assistenziale dei soggetti assistiti e di valutare l’appropriatezza del trattamento.

Il tema della costruzione di un flusso informativo coerente sulle prestazioni residenziali è stato affrontato, nell’ambito del “Progetto Mattoni”, dal Mattone n. 12 a cui si rinvia per gli approfondimenti del caso.

Appare comunque evidente che qualsiasi proposta di classificazione delle prestazioni residenziali, per quanto schematica al fine di garantire flussi informativi coerenti a livello nazionale, dovrà consentire l’inquadramento delle diverse tipologie di prestazioni e strutture normate a livello regionale.

 

1. Definizione di prestazione residenziale

Si intende per prestazione residenziale e semi-residenizale il complesso integrato di interventi, procedure e attività sanitarie e socio-sanitarie erogate a soggetti non autosufficienti, non assistibili a domicilio all’interno di idonei “nuclei” accreditati per la specifica funzione.

La prestazione non si configura come un singolo atto assistenziale, ma come il complesso di prestazioni di carattere sanitario, tutelare, assistenziale e alberghiero erogate nell’arco delle 24 ore.

1.1. I nuclei

L’unità organizzativa per l’erogazione delle prestazioni residenziali è il “nucleo” inteso come area distributiva delle degenze autonomo per dotazioni e servizi, articolato di norma su 20 posti letto. Il modello di erogazione di prestazioni omogenee per “nuclei” organizzativi deriva dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 che aveva come presupposto originario il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 1989: «L’organizzazione per nuclei consente di accogliere nella stessa struttura residenziale persone non autosufficienti a vario titolo ed autosufficienti, senza determinare sovrapposizioni, data la relativa autonomia dei servizi di ciascun nucleo».

In considerazione della relativa variabilità dell’intensità assistenziale che caratterizza le prestazioni residenziali, in ragione dei differenti bisogni degli ospiti, risulta opportuno prevedere diversi livelli di organizzazione ed accreditamento dei “nuclei” coerentemente con la capacità di rispondere alle specifiche esigenze assistenziali e coerenti con i “codici di attività” più avanti definiti (vedi il capitolo 4.1.).

Poiché non è ipotizzabile il trasferimento del paziente ad ogni variazione sostanziale dei suoi bisogni assistenziali nel coso di un ricovero medio-lungo, il nucleo non può essere interpretato come una struttura rigida, ma come una unità organizzativa strutturata per fornire determinati livelli di assistenza nella quale è ragionevole che venga assistita anche una certa percentuale (10-20%) di pazienti appropriati per altri livelli, ma il cui numero ed intensità assistenziale sia tale da non mettere in crisi l’organizzazione interna del nucleo stesso.

Parallelamente è auspicabile che ogni struttura residenziale ottenga l’accreditamento per più livelli assistenziali e sia quindi organizzata in più nuclei.

1.2. La prestazione residenziale nel sistema dei livelli essenziali

La prestazione residenziale si caratterizza di norma come prestazione di assistenza a lungo termine a soggetti non autosufficienti in condizioni di cronicità e/o relativa stabilizzazione delle condizioni cliniche, distinguendosi quindi dalle prestazioni di “terapia post-acuzie” (riabilitazione e lungodegenza post-acuzie) svolte di norma in regime ospedaliero.

Gli stessi principi di “cronicità” e “stabilizzazione” meritano del resto un approfondimento, assumendo che un paziente anziano affetto da una patologia cronica invalidante non potrà essere definito stabile in senso assoluto e rilevando che le strutture residenziali devono essere in grado di affrontare la relativa instabilità clinica connessa alla patologia, o polipatologia, che accompagna le condizioni di non autosufficienza nell’anziano, nonché problematiche intercorrenti, anche acute, gestibili in ambiente extra-ospedaliero.

È inoltre opportuno sottolineare che la prestazione “residenziale” non si differenzia necessariamente da quella “ospedaliera” per un minore gradiente di assistenza.

Sussistono infatti condizioni di cronicità che impongono significativi e continui trattamenti di natura sanitaria, anche per il supporto alle funzioni vitali (respirazione, nutrizione), nelle quali il gradiente assistenziale globale richiesto può risultare anche superiore a quello di alcune prestazioni di ricovero in condizioni di acuzie.

La prestazione in regime di ricovero ospedaliero in acuzie risulta del resto caratterizzata dalla necessità di risolvere in tempi brevi e con ampia disponibilità di professionalità e tecnologie, la gestione di eventi acuti e problematiche di salute classificabili come “critiche” in relazione alla fase di malattia e/o alla necessità di disporre, in continuità di spazio e di tempo, della massima quantità di opzioni diagnostico-terapeutiche.

La prestazione di “post-acuzie” si caratterizza altresì con la necessità di erogare un complesso di cure con finalità riabilitative (“riabilitazione”) o clinico-internistiche (“lungodegenza post-acuzie”), aventi un obiettivo definito e raggiungibile in una arco temporale relativamente prevedibile e comunque limitato.

La prestazione “residenziale” qualifica invece un ambito di erogazione, a prevalente carattere assistenziale piuttosto che terapeutico a patologie croniche, connotato da aspetti di umanizzazione e personalizzazione dell’assistenza, anche in ragione della prolungata durata della degenza.

 

2. Criteri di accesso e valutazione

2.1. Accesso

L’accesso alle prestazioni residenziali deve intendersi regolato dai principi generali di universalità, equità ed appropriatezza.

L’utente per il quale sia individuata la condizione di non autosufficienza e non assistibilità a domicilio avrà quindi diritto di scegliere il luogo di cura nell’ambito delle diverse opzioni offerte dalle strutture accreditate con il Servizio sanitario nazionale.

Poiché il sistema prevede prestazioni a diversi li­velli di intensità di cura, l’accesso alle stesse e la pro­secuzione del trattamento avverrà coerentemente con la verifica della effettiva appropriatezza della indicazione, sulla base di criteri oggettivi di valutazione multidimensionale (Vmd) dei bisogni dell’utente.

I percorsi che portano alle prestazioni residenziali possono prevedere la provenienza dell’utente dall’ospedale per acuti, da una struttura di post-acuzie o dal domicilio.

Del resto la prestazione residenziale non deve essere intesa come una soluzione finale del percorso, ma come un nodo dinamico della rete che preveda la dimissibilità a domicilio in tutte le situazioni in cui le condizioni di assistibilità siano recuperate.

Analogamente andranno considerate come appropriate, e per quanto possibile garantite, le soluzioni di ricovero temporaneo, anche per sollievo del nucleo familiare.

2.2. Valutazione multidimensionale

La valutazione multidimensionale (Vmd) è la metodica che consente di definire il complesso integrato dei bisogni dell’ospite, con riguardo alle problematiche sanitarie, assistenziali, tutelari, psicologiche e socio-economiche. La Vmd deve essere attuata con strumenti scientificamente validati omogenei almeno su scala regionale. Gli strumenti di Vmd devono consentire la individuazione di un indice sintetico di misurazione del case-mix assistenziale e/o della “fragilità”, e devono essere ripetuti periodicamente al fine di qualificare nel tempo la prestazione e verificare l’esatta corrispondenza tra gli specifici bisogni e l’assistenza erogata.

 

3. Caratteristiche temporali della erogazione delle prestazioni

3.1. Unità di misura

In considerazione della prolungata e variabile durata nel tempo delle condizioni di erogazione, il parametro temporale di identificazione della prestazione non potrà essere quello dell’episodio di ricovero, ma quello della giornata di assistenza.

Valutando la prestazione non come “episodio di ricovero” ma come “giornata di assistenza” si assume che ogni giornata rappresenti un ciclo completo e ripetibile nel quale viene erogato in modo coerente ed integrato il complesso di prestazioni di assistenza alla persona, cura, recupero funzionale e/o trattamenti di mantenimento, che compongono il panel dell’assistenza residenziale.

3.2. Durata del trattamento

Le prestazioni residenziali avranno una durata strettamente connessa al perdurare delle condizioni di bisogno e di appropriatezza dell’erogazione.

La valutazione periodica dell’ospite costituisce il parametro per valutare la proroga del trattamento in quello specifico livello assistenziale.

La prestazione residenziale non dovrebbe quindi avere una durata predefinita, ma non deve neanche essere interpretata come una soluzione definitiva e statica, per cui le valutazioni periodiche dovranno verificare come si modifica il livello di bisogno nel tempo, ma anche valutare se possono essere recuperate le condizioni di assistibilità a domicilio.

In questa ottica l’utilizzo delle prestazioni residenziali successivamente ad un ricovero, per periodi predeterminati e nell’ambito di programmi di dimissione ospedaliera, dovrà essere interpretato come garanzia di continuità assistenziale e gestito come percorso di dimissione protetta ove il ricovero residenziale a termine avrà lo scopo di accompagnare il recupero funzionale e predisporre le condizioni anche logistico-organizzative per il reinserimento a domicilio.

È appropriato quindi l’utilizzo temporaneo dell’assistenza residenziale per pazienti che presentino reali possibilità di recupero e di reinserimento a domicilio o in strutture a minor impegno sanitario, escludendo comunque pazienti con quadri clinici attivi che consiglino la permanenza in ambiente ospedaliero (Unità di lungodegenza) o richiedano trattamenti riabilitativi intensivi (Unità di riabilita­zione).

In ogni caso l’assistenza residenziale andrà garantita nel livello assistenziale appropriato in rapporto agli effettivi bisogni dell’ospite (vedi il capitolo 4.1) e sarà protratta in tutti i casi in cui non si realizzino le condizioni di assistibilità a domicilio.

 

4. Classificazione delle prestazioni ed analisi del case-mix assistenziale

Essendo la prestazione intesa come un “unicum” organico e risultando fortemente caratterizzata e condizionata dalla organizzazione generale e dalle risorse poste in campo dalla struttura erogatrice, la sua individuazione e codifica è necessariamente connessa:

a) alle caratteristiche tecnico-organizzative e professionali del “nucleo” (o più in generale della struttura residenziale entro cui esso è collocato), caratteristiche che definiscono l’attività svolta e si esplicitano in specifici “codici di attività”;

b) alle caratteristiche del paziente, al fine di individuare il “caso trattato” attraverso i dati identificativi del fruitore della prestazione ed alcuni indicatori di bisogno assistenziale che consentano di definire l’appropriatezza del trattamento erogato.

4.1. Classificazione delle prestazioni e codici di attività

Tanto le prestazioni quanto i nuclei erogatori dovranno essere definiti in modo da poter essere coerentemente individuate nell’ottica proposta dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001 sull’integrazione socio-sanitaria e, soprattutto, dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001 sui livelli essenziali di assistenza.

Per una corretta definizione delle prestazioni nell’ambito del Progetto Mattoni il Mattone n. 12 ha definito una classificazione su “codici di attività” utilizzabile sia come classificazione delle prestazioni che come elemento di individuazione dei “nuclei erogativi” in base alle loro caratteristiche tecnico-organizzative.

I “codici di attività” individuati sono i seguenti:

Codice                                                    Descrizione

R1      Prestazioni erogate in nuclei specializzati (Unità di cure residenziali intensive) a pazienti non autosufficienti richiedenti trattamenti intensivi, essenziali per il supporto alle funzioni vitali come ad esempio: ventilazione meccanica e assistita, nutrizione enterale o parenterale protratta, trattamenti specialistici ad alto impegno (tipologie di utenti: stati vegetativi o coma prolungato, pazienti con gravi insufficienze respiratorie, pazienti affetti da malattie neurodegerative progressive, ecc.).

R2      Prestazioni erogate in nuclei specializzati (Unità di cure residenziali estensive) a pazienti non autosufficienti con elevata necessità di tutela sanitaria: cure mediche e infermieristiche quotidiane, trattamenti di recupero funzionale, somministrazione di terapie, nutrizione enterale, lesioni da decubito profonde, ecc.

R2D   Prestazioni erogate in nuclei specializzati (Nuclei Alzheimer) a pazienti con demenza senile nelle fasi in cui il disturbo mnesico è associato a disturbi del comportamento e/o dell’affettività che richiedono trattamenti estensivi di carattere riabilitativo, riorientamento e tutela personale in ambiente “protesico”.

R3      Prestazioni di lungoassistenza e di mantenimento, anche di tipo riabilitativo, erogate a pazienti non autosufficienti con bassa necessità di tutela sanitaria (Unità di cure residenziali di mantenimento).

SR     Prestazioni semiresidenziali: trattamenti di mantenimento per anziani erogati in centri diurni.

SRD   Prestazioni semiresidenziali demenze: prestazioni di cure estensive erogate in centri diurni a pazienti con demenza senile che richiedono trattamenti di carattere riabilitativo, riorientamento e tutela personale.

 

Le prestazioni individuate con i codici di attività R1, R2, R2D sono riferibili alla erogazione di “cure intensive o estensive” ad elevata integrazione sanitaria, mentre le prestazioni individuate con i codici di attività R3 sono convenzionalmente riferibili ad “assistenza e terapie di mantenimento”, classificabili come prestazioni sanitarie a rilevanza sociale.

L’erogazione delle prestazioni così individuate avviene, di norma, all’interno di nuclei residenziali specializzati ed organizzati per erogare quello specifico livello di assistenza.

È auspicabile che più “nuclei” riferiti ai diversi livelli ai assistenza coesistano all’interno della medesima struttura residenziale.

4.2. I dati del paziente e l’analisi del case-mix assistenziale

Al fine della corretta pianificazione delle cure e della individuazione del livello di assistenza da erogare, l’accesso alle strutture residenziali è subordinato, come già detto al punto 2.2 alla compilazione e utilizzo di uno strumento di Valutazione multidimensionale dei bisogni (Vmd) che costituisce debito informativo a livello di Asl e deve alimentare il flusso dei dati regionali e nazionali dell’assistenza residenziale (…).

I risultati del Mattone 12 definiscono inoltre le modalità per l’adozione di strumenti di analisi del case-mix assistenziale, nonché un data set minimo di informazioni che alimenteranno il flusso informativo nazionale sul modello della Sdo ospedaliera.

Come è evidente la sussistenza di un flusso informativo nazionale omogeneo e completo costituisce elemento essenziale per il monitoraggio del livello di assistenza, per la sua programmazione, per la compensazione della mobilità interregionale.

L’utilizzo di strumenti di analisi del case-mix rappresenta nel contempo elemento essenziale per la programmazione del percorso assistenziale e per la verifica dell’assistenza erogata.

 

5. Standard e indicatori

In linea con la metodologia già adottata dalla Commissione Lea possono essere individuati gli standard qualificanti del servizio e gli indicatori di verifica.

5.1. Standard

Gli standard qualificanti del servizio attengono alla caratterizzazione delle prestazioni assumendo che il servizio debba essere erogato secondo criteri di professionalità e nel rispetto degli effettivi bisogni assistenziali dei singoli pazienti. L’individuazione di specifici standard per i diversi livelli prestazionali è coerente con la logica della differenziazione delle prestazioni in “cure intensive ed estensive” e “assistenza e mantenimento”, così come definite nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001.

In merito alla organizzazione interna vengono proposti standard tarati sul fabbisogno assistenziale stimato delle singole tipologie di prestazioni (codici di attività) così come definite nel capitolo 4.1. e sulla base delle rilevazioni effettuate utilizzando strumenti di analisi del case-mix (Tabella n. 1).

 

Tabella 1

Prestazioni (3)                 Standard qualificanti (4)

R1      Guardia medica h 24

          Assistenza medica 300 minuti/die per nucleo

          Infermiere h 24

          Assistenza globale > 210 minuti

          Assistenza infermieristica > 90 minuti       

R2      Assistenza medica 160 minuti/die per nucleo

          Infermiere h 24

          Assistenza globale > 140 minuti

          Assistenza infermieristica > 45 minuti       

R2D   Assistenza 120 minuti/die per nucleo

          Infermiere h 12

          Assistenza globale > 140 minuti

          Assistenza infermieristica > 36 minuti       

R3      Assistenza medica 80 minuti/die per nucleo

          Infermiere h 8

          Assistenza globale > 100 minuti

          Assistenza infermieristica > 20 minuti       

SR     Staff: Infermiere, Operatore socio-sanitario, Animazione

          Assistenza globale > 50 minuti     

SRD   Staff: Infermiere, Operatore socio-sanitario, Psicologo

          Terapia cognitiva e orientamento

          Assistenza globale > 80 minuti

 

In questa ottica l’utilizzo sistematico e finalizzato a livello regionale dei diversi strumenti di analisi del case-mix assistenziale appare essenziale per la corretta allocazione dei pazienti nel corrispondente livello prestazionale.

Potrebbero inoltre essere definiti standard di offerta che attengono alla fruibilità del servizio sul territorio e all’offerta disponibile. In questa sede abbiamo ritenuto che “oggi” non siano definibili standard di questo tipo, in quanto la garanzia della erogazione di un livello essenziale di assistenza presuppone la saturazione della domanda, ma in questo settore la domanda:

a) varia da regione a regione al variare dei fattori demografici, sociali, economici organizzativi;

b) non è completamente espressa ove vi sia carenza e/o inadeguatezza dei servizi;

c) è condizionata dall’offerta, intesa sia come offerta specifica che di servizi alternativi.

Alcuni elementi orientativi di riferimento potrebbero in realtà essere tratti da dati nazionali esistenti e da parametri internazionali dedotti dai sistemi sanitari che presentano modelli organizzativi confrontabili con il nostro.

Dai dati dei principali paesi Ocse si rileva che i servizi residenziali per anziani sono organizzati su un’offerta che varia da 4 a 8 posti letto per 1.000 abitanti (o meglio da 30 a 60 posti per 1.000 anziani).

La esperienza dei principali paesi dell’Unione europea individua un parametro di offerta di 5-6 posti letto per 100 anziani (50-60 per 1.000) come standard di riferimento (…).

A fronte di questi dati internazionali, secondo gli ultimi dati Istat (“Istat - L’assistenza residenziale in Italia: regioni a confronto/Anno 2003”) abbiamo una dotazione di 231.000 posti letto per anziani occupati, pari a circa il 21,4 per 1.000 della popolazione anziana.

I posti letto censiti sono riferiti a tutta l’assistenza residenziale, includendo quella “sanitaria” (Rsa e Residenze protette) e quella “sociale” (case di ri­poso).

La variabilità regionale è tuttavia abbastanza alta, con un massimo di posti letto occupati in Trentino Alto Adige (66,03 per 1.000) ed un minimo in Campania (4,72 per 1.000).

Le Regioni del nord presentano una media di circa il 33 per 1.000 contro il 14 per 1.000 delle Regioni centrali e circa l’8 per 1.000 di quelle meridionali.

Bisogna sottolineare che il dato di riferimento Istat accomuna diverse tipologie di strutture e non distingue tra quelle a carattere sanitario (con parziale copertura del Fondo sanitario nazionale) e quelle meramente sociali; tuttavia le differenza emergono in maniera significativa.

Inoltre i fattori che influenzano la domanda di servizi residenziali sono molteplici: numero di anziani; numero di anziani che vivono soli o con coniuge non autosufficiente; numero di anziani non autosufficienti; numero di anziani non autosufficienti con demenza o patologie complesse; offerta e qualità dei servizi residenziali e domiciliari; presenza di servizi per la post-acuzie; disponibilità di assistenza informale domiciliare (occupazione femminile); struttura della rete familiare; reddito disponibile popolazione anziana; mercato dell’assistenza semi-professionale (badanti); orientamento culturale alla istituzionalizzazione.

Le stesse caratteristiche delle strutture residenziali sono fortemente variabili in rapporto a: accessibilità; livello di tutela sanitaria; organizzazione per nuclei professionali; grado di copertura della spesa da parte del Servizio sanitario nazionale e quota in carico all’ospite.

Nella tabella n. 3 si propone la definizione di uno standard di offerta “corretto” sulla base di alcune variabili ritenute particolarmente significative [quote di anziani che vivono soli (dai 64 ai 74 anni e dai 75 in su) sulla popolazione anziana relativa, incidenza di anziani su popolazione e quota di anziani poveri sul totale di anziani].

L’analisi è stata condotta a partire dagli standard internazionali (50 posti letto per 1.000 anziani, pari a 42,7 posti letto occupati per 1.000 anziani) rispetto ai quali sono stati introdotti una serie di fattori correttivi legati alle variabili considerate.

In particolare attraverso il calcolo di un indicatore sintetico di fabbisogno (ottenuto come media ponderata degli indicatori ri-parametrati assumendo l’Italia = 100) si è giunti all’individuazione degli assistiti teorici “corretti” proprio sulla base della presenza combinata degli indicatori considerati, ritenuti in grado di impattare sui bisogni assistenziali complessivi degli anziani.

L’ultima colonna rappresenta quindi il fabbisogno stimato per 1.000 anziani over 65 anni (calcolato come quoziente tra gli assistiti teorici corretti e la relativa popolazione) che evidenzia le variazioni dello standard nazionale (assunto, come ricordato, dai parametri di letteratura internazionale), legate alle articolazioni della condizione anziana nelle singole regioni.

L’indice di fabbisogno pesato per le diverse regioni presenta un range che va da un massimo di 53,3 posti letto occupati per 1.000 anziani (Liguria) ad un minimo di 36,8 (Campania).

Applicando questa metodologia, le differenze regionali si riducono, mostrando comunque ancora significative differenze tra l’offerta reale (tabella 2) e il fabbisogno stimato nelle diverse regioni (tabella 3).

 

Tabella 2 - ITALIA - PRESTAZIONI RESIDENZIALI ANZIANI (su dati Istat 2003) (5)

Regione                             Posti letto                Popolazione         Posti letto per 1000      Popolazione > 64 anni     Posti letto per 1000

Valle D’Aosta                  884                 120.909                  7,31                        23.433                   37,72 

Piemonte                   35.286              4.231.134                  8,34                      916.000                   38,52 

Liguria                         6.500              1.572.197                  4,13                      409.211                   15,88 

Lombardia                  53.000              9.108.645                  5,82                  1 .693.000                   31,31 

Veneto                       31.522              4.577.408                  6,89                      847.005                   37,22 

Trentino                     10.717                 950.475                11,28                      162.310                   66,03 

Friuli Venezia Giulia    9.1551              1.191.500                  7,68                      258.283                   35,45 

Emilia Romagna         24.454              4.030.220                  6,07                      908.950                   26,90 

Toscana                     12.820              3.516.296                  3,65                      801.081                   16,00 

Marche                        6.575              1.484.601                  4,43                      327.113                   20,10 

Umbria                        2.387                 834.210                  2,86                      192.017                   12,43 

Lazio                           9.662              5.145.805                  1,88                      948.604                   10,19 

Abruzzo                       4.177              1.273.284                  3,28                      264.791                   15,77 

Molise                         1.252                 321.044                  3,90                        68.568                   18,26 

Campania                    3.939              5.725.098                  0,69                      835.353                    4,72 

Puglia                          5.738              4.023.957                  1,43                      656.548                    8,74 

Basilicata                       718                 596.821                  1,20                      113.496                    6,33 

Calabria                       2.154              2.007.392                  1,07                      349.729                    6,16 

Sicilia                          7.547              4.972.124                  1,52                      857.125                    8,81 

Sardegna                     3.184              1.637.639                  1,94                      268.701                   11,85 

Italia                        231.671            57.320.759                  4,04                 10.901.318                   21,25

 

 

Tabella 3 - FABBISOGNO DI RSA NELLE REGIONI - ANNO 2005

 

Regione                          Quota % per-    Quota % persone            Quota %           % Anziani            Popolazione           Ospiti > 65         Fabbisogno

                                     sone sole 65-       sole 75 anni e            anziani > 75     poveri sul tota-          > 65 anni            anni corretti        stimato per

                                       74 anni su        oltre su popola-          anni su popo-      le anziani (6)                                                            1.000 anziani

                                      popolazione       zione 75 anni e          lazione totale                                                                                      > 65 anni

                                       65-74 anni               oltre                                                                                                                               

 

Piemonte                  22,9              35,5                 9,9             8,9            979.327        42.447           43,3          

Valle D’Aosta            22,9              35,5                 9,0             8,9              25.046          1.034           41,3          

Lombardia                 18,9              51,7                 8,2             4,9          1.847.997        86.377           46,7          

Trentino Alto Adige    20,8              42,8                 8,2             8,9            174.100          7.494           43,0          

Veneto                      15,2              37,2                 8,7             8,3            910.228        36.995           40,6          

Friuli Venezia Giulia   26,7              37,7               10,8             8,9            272.804        12.755           46,8          

Liguria                      26,3              42,6               12,8             7,6            428.971        22.871           53,3          

Emilia Romagna        20,6              36,4               11,1             3,7            954.955        43.258           45,3          

Toscana                    15,9              28,8               11,3             7,5            842.901        35.292           41,9          

Umbria                      15,3              30,2               11,4            10,2            202.503          8.761           43,3          

Marche                     14,0              35,4               10,8             8,8            345.079        15.266           44,2          

Lazio                        22,1              33,9                 8,2             8,5          1.014.064        39.116           38,6          

Abruzzo                    16,3              31,2               10,0            16,1            277.712        11.574           41,7          

Molise                      19,5              36,1               10,3            35,5              70.567          3.393           48,1          

Campania                 16,7              31,9                 6,4            33,2            887.682        32.680           36,8          

Puglia                       16,3              34,7                 7,4            25,5            704.155        27.604           39,2          

Basilicata                  16,2              35,3                 8,7            31,7            118.404          5.123           43,3          

Calabria                    18,8              38,3                 7,9            27,1            366.164        15.630           42,7          

Sicilia                       21,7              44,6                 7,9            34,8            901.426        42.635           47,3          

Sardegna                  18,5              34,4                 7,4            21,3            291.617        11.308           38,8          

Italia                         19,2              38,3                 8,8            14,0        11.615.702       496.148           42,7

 

 

 

Su queste basi, tuttavia, giungere ora alla individuazione di uno standard di offerta univoco sull’intero territorio nazionale appare difficile e potenzialmente pericoloso.

In conclusione la Commissione non ritiene che esistano oggi standard di offerta applicabili perché: non esistono atti programmatori nazionali che li individuano; i dati esistenti sono incompleti e spesso disomogenei; non è ben definita la relazione tra i fattori che condizionano la domanda; le Regioni non appaiono propense ad accettare standard di offerta definiti a livello nazionale prima che sia entrato a regime un sistema informativo completo sulla residenzialità e, soprattutto, la reale capienza del Fondo sanitario o di altri fondi per garantire un livello di offerta omogeneo.

Si ritiene quindi di dover proporre alcuni “standard” che qualifichino i diversi livelli del servizio, ed una serie di “indicatori” finalizzati ad una rilevazione omogenea e di lungo periodo di alcuni parametri di offerta (posti letto, pazienti in attesa, tempi di attesa) che consentano di monitorare i livelli assistenziali erogati e potranno supportare le regioni a fissare propri standard programmatori.

5.2. Indicatori

Gli indicatori di verifica (verifica di erogazione del livello assistenziale) sono riferiti al livello di adesione agli standard, nonché alla disponibilità ed accessibilità del servizio: questi rientrano propriamente nella sfera di verifica dei Lea e devono essere deducibili da un flusso informativo nazionale continuo e coerente.

Su queste basi è stato stilato il seguente elenco di indicatori:

 

tabella 4

Prestazioni             indicatori

R1      - Numero posti letto per 1.000 anziani

          - Numero di assistiti

          - Tasso occupazione annuo medio

          - Numero pazienti in lista di attesa

          - Durata media attesa      

R2      - Numero posti letto per 1.000 anziani

          - Numero di assistiti

          - Tasso occupazione annuo medio

          - Numero pazienti in lista di attesa

          - Durata media attesa      

R2D   - Numero posti letto per 1.000 anziani

          - Numero pazienti in lista di attesa

          - Durata media attesa      

R3      - Numero posti letto per 1.000 anziani

          - Numero pazienti in lista di attesa

          - Durata media attesa      

SR     - Numero posti letto per 1.000 anziani

          - Numero pazienti in lista di attesa

          - Durata media attesa      

SRD   - Numero posti letto per 1.000 anziani

          - Numero pazienti in lista di attesa

          - Durata media attesa      

 

Gli indicatori potranno inoltre essere completati con i seguenti parametri:

- Tasso di occupazione medio dei posti letto accreditati

- Numero di nuove ammissioni annue su popolazione

- Numero giornate di degenza su popolazione

- Durata media della degenza

- % di ospiti provenienti da degenza per acuti

- % di ospiti provenienti da unità di lungodenza/riabilitazione

- % di ospiti provenienti dal domicilio

- % di ospiti dimessi e reinseriti a domicilio.

 

5.3. Valorizzazione dell’impatto economico delle prestazioni residenziali per anziani

Solo a fini previsionali viene di seguito analizzato l’impatto economico un modello di sviluppo del sistema residenziale.

Per la stima dell’impatto sono stati utilizzati parametri di costo standard moltiplicati su un parametro di offerta pari a 35 posti letto occupati per 1.000 anziani, individuato ipotizzando che nell’arco di 5 anni si realizzi un incremento dell’offerta tale da coprire l’80% del fabbisogno stimato sulla base degli standard internazionali (42,7 per 1.000): con questo modello di simulazione, si ottiene una spesa globale di circa 12.600 milioni di euro l’anno (tabella 5).

 

Tabella 5 - VALUTAZIONE DI SPESA ASSISTENZA RESIDENZIALE A REGIME  

Prestazioni                      standard                             popolazione > 65 anni                             Posti letto                               Spesa

R1                               0,3                               10.901.318                             3.270                     253.619.163      

R2                               6,7                               10.901.318                           73.039                  2.988.748.948      

R2D                               5                               10.901.318                           54.507                  2.230.409.663      

R3                                20                               10.901.318                         218.026                  6.475.382.892      

SR                              1,5                               10.901.318                           16.352                     404.711.431      

SRD                            1,5                               10.901.318                           16.352               269.807.679.717      

Totale                          35                     Popolazione > 65 anni                  381.546                12.622.679.717

 

 

È necessario sottolineare che l’impatto di questi servizi sul Fondo sanitario nazionale è strettamente legato alla quota di partecipazione dell’ospite, che può limitare in modo significativo il carico sul Fondo sanitario nazionale del settore.

L’impatto della spesa sul Servizio sanitario nazionale dipende quindi dalle differenti modalità di determinazione delle quote a carico dell’ospite e/o dei Comuni.

Indicativamente, tenendo conto delle diverse modalità di attribuzione degli oneri in uso nelle singole regioni, si può stimare nel quinquennio una spesa a regime (calcolata a valori 2007) di circa 6.800-7.800 milioni di euro a carico del Servizio sanitario nazionale (circa 7,8% del Fondo sanitario nazionale) e 4.800-5.800 milioni a carico delle famiglie e/o dei servizi sociali dei Comuni.

Poiché l’attuale spesa sanitaria per servizi residenziali ad anziani non autosufficienti si attesterebbe intorno ai 2.500 milioni di euro annui, l’incremento effettivo di spesa per il Servizio sanitario nazionale è stimabile nell’ordine di 5.300 milioni di euro, pari a poco più del 5% del Fondo sanitario nazionale e a circa lo 0,3 % del Pil.

La copertura di questi maggiori oneri potrebbe avvenire in parte con azioni di redistribuzione della spesa sanitaria (spostamento dal livello assistenziale ospedaliero a quello residenziale), in parte attraverso la istituzione di un “Fondo” vincolato.

5.4. Il problema strutturale e della valorizzazione del patrimonio delle Ipab

È necessario peraltro rilevare che l’obiettivo intermedio di 381.000 posti letto occupati nel quinquennio deve essere riferito alla totalità delle strutture residenziali per anziani non autosufficienti accreditate con il Servizio sanitario nazionale per livelli di assistenza che prevedono una partecipazione alla spesa da parte del Fondo sanitario nazionale.

Il raffronto con i dati Istat di strutture esistenti sconta invece il fatto che in quella rilevazione sono conteggiati servizi che solo in parte sono oggi riconosciuti come residenze sanitarie assistenziali (Rsa) o residenze protette (Rp) o comunque strutture accreditate con il Servizio sanitario nazionale.

Molte di queste strutture (per lo più ex Ipab) sono oggi “sociali” – pur assistendo prevalentemente soggetti non autosufficienti – e costituiscono un patrimonio edilizio e professionale di primaria impor­tanza.

Per queste strutture si pone la necessità di una scelta cruciale:

a) adeguarsi agli standard strutturali ed operativi delle residenze sanitarie (con parallelo riconoscimento della “quota sanitaria”);

b) rinunciare ad assistere soggetti non autosufficienti, portatori di un diritto soggettivo a ricevere un livello di assistenza adeguato ai propri bisogni.

Qualunque azione di sviluppo della rete residenziale non può prescindere da questo problema, che in molte regioni riguarda più del 70% dell’offerta di servizi agli anziani e che sarebbe un errore sostituire integralmente con realtà di nuova istituzione.

 

 

 

 

 

(1) La Commissione è composta da Enrico Brizioli (Coordinatore), Gianlorenzo Scaccabarozzi, Anna Maria Banchero, Ketty Vaccaro, Vincenzo Pomo e Patrizia Vittori. Il gruppo si è avvalso della collaborazione dei dottori Furio Zucco, Giovanni Zaninetto e Franca Benini, nonché della professoressa Paola Facchin. Hanno partecipato le dottoresse Silvia Arcà in rappresentanza del Ministero della salute e Maria Donata Bellettani per l’Agenzia dei servizi sanitari regionali.

(2) Ricordiamo che le norme del decreto del Presidente del consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001 hanno assunto il valore di legge in base all’articolo 54 della legge 289/2002.

(3) Per la descrizione delle prestazioni vedi capitolo 4.1.

(4) Per Guardia medica h 24, si intende la presenza del medico su 24 ore nella struttura nel suo insieme. L’assistenza indicata come copertura oraria (h) è riferita alle ore di copertura per nucleo. L’assistenza globale è riferita al totale dei minuti lavorati giornalmente da infermieri, operatori socio-sanitari, terapisti, per nucleo, per ospite (totale minuti/20); la specifica “assistenza infermieristica” è un “di cui”.

(5) Vengono considerati i soli posti letto “occupati”.

(6) Il numero delle persone povere è calcolato sulla base dell’indagine sui consumi delle famiglie condotta annualmente dall’Istat. La stima dell’incidenza della povertà relativa è calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. Per una famiglia di due componenti, la soglia di povertà relativa è pari alla spesa media procapite nel Paese (nel 2005 questa spesa è risultata pari a 936,58 euro mensili).

 

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