Prospettive assistenziali, n. 160, ottobre - dicembre 2007
DARE UNA FAMIGLIA AD UN’ALTRA FAMIGLIA
GIUSEPPINA GANIO MEGO
Carla è mamma di Luca (9 anni) e di Marco (5 anni). Il marito se n’è andato da due anni
e si è reso irreperibile. Carla lavora con un contratto di sei mesi. Ha
iscritto entrambi i bambini al prescuola per poter
arrivare in orario in ufficio. Ha però difficoltà con le uscite da scuola e per
i giorni di vacanza. Inoltre, Carla attraversa momenti di grande sconforto, e
ha anche pensato di “farla finita” per lei e per i suoi bambini.
Gianna è una mamma sola. A causa di una grave malattia è
in sedia a rotelle. Marta, la figlia di 11 anni, soffre molto e si sente anche
lei “diversa”. Ha bisogno di essere accompagnata a scuola, in piscina: di poter
avere una “vita normale” che la madre immobilizzata in casa non le può dare. Alla
chiusura psicologica e sociale della figlia, corrisponde una profonda
depressione e sfiducia nella vita della madre.
Entrambe le madri hanno bisogno di sostegno, di accompagnamento, di amicizia, di relazioni significative,
di aiuti concreti nell’accudimento dei figli, di
solidarietà che le loro famiglie “naturali”, per motivi diversi, non sono in
grado di offrire. I figli hanno necessità di scoprire che la società non è loro
ostile; che in essa vi sono persone ed istituzioni
attente a loro, desiderose di aiutarli; che molte persone adulte sanno voler
bene in modo disinteressato.
Per situazioni come queste occorre pensare ed immaginare
sostegni nuovi che rispondano alle loro necessità complessive: dei minori e dei
genitori. Solo tenendo uniti genitori e figli, creando loro attorno
un clima di accoglienza e di attenzione è possibile infondere la fiducia
indispensabile per un’esistenza degna di essere chiamata vita.
Così Carla e Gianna hanno al loro fianco due famiglie che
le sostengono nelle loro traversie e su loro richiesta
vanno a prendere i bambini a scuola e li accolgono nelle vacanze scolastiche.
Due famiglie per una è un ampliamento del progetto
“inventato” dalla Caritas. Quest’ampliamento
ha dato ottimi risultati. A fianco della famiglia in difficoltà si crea un
clima di “famiglia normale”. In ognuna delle due “storie” vi è una famiglia di
pari età della madre reperita tra i genitori dei compagni di scuola dei figli, ed un’altra famiglia “senior”. Non è più un
rapporto stretto a due, ma si riproduce la “famiglia allargata” dove nonni e
zii aiutano la figlia, la sorella durante i periodi di maggior fatica. Inoltre,
le famiglie solidali si sentono meno cariche di responsabilità perché la
condividono.
Questo stile di “genitorialità
condivisa” che si crea, permette alle mamme di conservare l’unione con i loro
figli, di essere sempre loro le “titolari” della loro educazione, del ménage familiare, di avere al fianco famiglie accoglienti e
disponibili ad aiutarle e sostenerle senza mai giudicarle. Si sentono
circondate d’affetto sincero ed incoraggiate. I loro
figli “respirano amore e giustizia sociale” e vedono le loro madri sostenute ed
apprezzate e anche loro acquisiscono fiducia nelle altre persone e nelle
istituzioni.
La prima sperimentazione doveva svolgersi su otto
situazioni familiari. Dopo il primo anno si è già giunti a 25 nuclei aiutati e
40 minori coinvolti. Il soddisfacimento è generale: di chi è stato aiutato, ma
anche delle famiglie “risorsa”. Il Comune di Torino e
Questo progetto, come tutti quelli nuovi, necessita di un cambiamento culturale, della società civile
e delle istituzioni. Esso pone:
• in primo luogo al centro la famiglia
anziché solo il minore considerato sovente come soggetto a se stante;
• in seconda battuta necessita
di una stretta collaborazione del servizio pubblico e del volontariato,
riducendo così la diffidenza e la paura tipica delle famiglie in difficoltà;
• richiede un’ottica preventiva del disagio familiare non
solo nei servizi socio-assistenziali, ma anche scolastici e civili in senso
ampio. Difatti, se le famiglie vengono aiutate ai
primi segnali di disagio attraverso una solidarietà diffusa e condivisa tra
pubblico e privato, si evita l’aggravamento e la cronicizzazione. Inoltre si
contribuisce a creare una società dove ogni persona si senta “appartenente alla
propria comunità territoriale”;
• indispensabile è poi il coinvolgimento dei mezzi
d’informazione affinché parlino di questa nuova opportunità di
aiuto alla famiglia. Neppure tanto nuova!
Ritengo, a conclusione di questa breve esposizione,
riportare alcuni brani della lettera che Carla ha voluto scrivere per il libro
citato: «... non posso che ringraziare le famiglie che mi sono state vicine in
questo progetto che ha consentito a me ed ai miei bambini di affrontare momenti
veramente difficili... l’aiuto delle due famiglie nella gestione quotidiana dei
miei è fondamentale e mi consente di poter lavorare per provvedere al loro
sostentamento senza privarli della loro famiglia. Il
successo di tale iniziativa è testimoniato dall’atteggiamento sereno e consono
alla loro età dei miei bambini malgrado l’abbandono
paterno.
«A parer
mio questo tipo di aiuto ha dei risvolti più umani e
meno traumatici dell’affidamento: aiuta una famiglia a mantenersi unita. Il suo
principio è legato al passato: la vita delle famiglie non era chiusa, c’era
sempre una mamma disposta ad occuparsi dei figli di un’altra nella necessità. Nel contempo si fonde con il concetto
“moderno” e “civile” della responsabilità che tutta la società nel suo insieme
ha verso tutti i bambini, non solo i nostri “biologici”.
«Dall’infanzia
siamo tutti responsabili come collettività. Secondo me tutto ciò che non
dimentica il passato e sa legarsi al futuro non può che
portare positività nella vita dell’uomo. Un aspetto
fondamentale è inoltre il suo alto
valore preventivo: certe situazioni familiari lasciate a se stesse sono
destinate a degenerare sempre di più sfociando a volte in tragedie. La mia
esperienza è che progetti come questo non vengano
abbandonati nell’interesse di tutti quei bambini e genitori che, loro malgrado,
vivono situazioni difficili. Essi hanno comunque il
diritto di vivere con la speranza di
un domani sereno. Grazie alle due
famiglie».
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