Prospettive assistenziali n. 160/2007
PROSPETTIVE
ASSISTENZIALI COMPIE QUARANT’ANNI:
DAI RISULTATI RAGGIUNTI DAL
VOLONTARIATO DEI DIRITTI UN FORTE INCITAMENTO A CONTINUARE NELLA TUTELA DEI
SOGGETTI DEBOLI
Innegabili e rilevanti sono i positivi
risultati raggiunti dal volontariato dei diritti nei cui riguardi Prospettive assistenziali, fin
dall’uscita del primo numero (1968), ne ha raccolto le esperienze ed ha
contribuito ad elaborarne la le linee di intervento partendo dalle esigenze
della fascia più debole della popolazione.
Elenchiamo i principali risultati
raggiunti dal volontariato dei diritti affinché i lettori non solo possano verificare
l’importanza delle attività svolte, ma soprattutto siano invogliate altre
persone e nuovi gruppi a scegliere questo metodo di lavoro rivolto alla effettiva
tutela delle esigenze dei soggetti impossibilitati ad autodifendersi.
Come ripetiamo da anni, ognuno di noi
può precipitare anche all’improvviso in una situazione di totale incapacità. Dunque
coloro che operano secondo i principi del volontariato dei diritti agiscono per
la tutela sia delle esigenze altrui, sia di quelle proprie e dei loro cari.
Tenendo presenti le nostre eventuali
personali necessità, è molto più difficile compiere errori rispetto a chi
agisce senza valutare su se stesso le conseguenze delle proprie azioni.
I principali
risultati raggiunti dal volontariato dei diritti
Prima dell’uscita di Prospettive assistenziali[1] l’Anfaa, Associazione nazionale
famiglie adottive e affidatarie,[2]
costituita nel dicembre 1962, preso atto che l’adozione aveva lo scopo di
assicurare discendenti alle persone singole e ai coniugi senza prole, avviò
iniziative volte a denunciare le nefaste conseguenze della carenza di cure
familiari sofferte dagli oltre 300 mila minori ricoverati in istituto ed a
proporre norme giuridiche finalizzate a dare una famiglia vera ai bambini che
ne erano privi.
Per evitare che mediante la nuova
configurazione dell’adozione potessero essere sottratti fanciulli alle famiglie
che, pur in gravi difficoltà, avevano rapporti affettivi con i loro figli,
venne ideata la dichiarazione dello stato di adottabilità[3]
consistente in una specifica pronuncia da parte dei Tribunali per i minorenni a
conclusione di accurate indagini.
Ulteriore garanzia venne prevista a
favore dei genitori e degli altri congiunti assicurando la possibilità della
presentazione dell’opposizione alla dichiarazione dello stato di adottabilità,
nonché di ricorsi alle Corti di appello e di Cassazione.
Com’è noto, a seguito delle leggi
431/1967 e 184/1983 sull’adozione legittimante, sono stati adottati oltre 100
mila minori italiani e stranieri. Nel contempo i fanciulli ricoverati in
istituto, anche a seguito del calo delle nascite, sono diminuiti dai 310 mila
degli anni ’60 agli attuali 20 mila circa.
Poiché le condizioni dei Tribunali per i
minorenni erano semplicemente disastrose, l’Anfaa collaborò attivamente con l’Associazione
dei giudici minorili per ottenere la definizione delle piante organiche di
detti uffici giudiziari, come venne stabilito dalle leggi 181/1968 e 35/1971.
Altri
risultati positivi[4]
Fra gli altri concreti risultati
raggiunti dal volontariato dei diritti segnaliamo i seguenti:
· le iniziative volte ad un pronunciamento
del Concilio Ecumenico Vaticano II a favore dell’adozione, ottenendo, grazie ad
alcune influenti personalità (soprattutto il Cardinale Lercaro e Monsignor Fiordelli)
che nel decreto sull’apostolato dei laici fosse precisato quanto segue: «fra
le varie opere di apostolato familiare ci sia concesso di enumerare le
seguenti: adottare i bambini in situazione di abbandono rendendoli propri
figli»[5];
· la modifica, tramite la legge 274/1978, delle
norme dell’ordinamento dello stato civile per quanto riguarda le indicazioni «nato presumibilmente nel mese di…» (il
giorno non era precisato) e «trovato» oppure
«ignorasi» in merito al luogo di
nascita. Dette indicazioni erano trascritte nei certificati di nascita, nelle
pagelle scolastiche, nei libretti di lavoro, nelle carte di identità, nei
passaporti e negli altri documenti delle persone abbandonate in tenera età, di
cui non erano noti i genitori o altri congiunti;
· varie iniziative da parte dell’Anfaa e
dell’Ulces, Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale,[6] per
impedire la costruzione da parte dell’Amministrazione provinciale di Torino
prima di un villaggio con 500 posti e in seguito un istituto per 144 soggetti colpiti
da handicap intellettivo, proponendo in alternativa interventi di sostegno ai
nuclei familiari di origine, l’affido a congiunti o a terze persone e le
comunità alloggio di 8-10 posti;
· promozione dell’affidamento familiare di
minori a scopo educativo. La prima delibera è stata approvata dalla Provincia
di Torino in data 17 maggio 1971;
· collaborazione alla realizzazione e
stesura dell’accordo, sottoscritto il 13 luglio 1973, intervenendo fra
· stesura della deliberazione, tuttora in
vigore, approvata dal Consiglio comunale di Torino il 14 settembre 1976 che:
a)
definisce le priorità di intervento in
campo assistenziale, privilegiando le iniziative che eliminano o riducono le cause
che provocano le richieste di assistenza;
b)
unifica le linee di intervento nei
confronti dei minori, degli adulti, degli anziani, degli handicappati,
ponendosi in reale alternativa ai servizi settoriali;
c)
trasferire alla gestione del Comune gli
interventi di competenza delle Province;
d)
riconosce il ruolo del volontariato;
· assunzione da parte della Provincia di
Torino di 18 soggetti con handicap intellettivo lieve e medio-lieve, realizzata
con deliberazione del 15 marzo 1977;
· chiusura dell’istituto Mainiero della
Provincia di Torino e creazione, in alternativa, di centri diurni e di comunità
alloggio per soggetti con handicap intellettivo. A questo riguardo si segnala
che, se per detti servizi semiresidenziali e residenziali non vi sono in Torino
e Provincia liste di attesa, non sono ancora state predisposte dalle
istituzioni procedure certe che possano garantire l’attuazione tempestiva delle
richieste avanzate dall’utenza sulla base dei diritti riconosciuti dalle
amministrazioni tenute ad intervenire. Inoltre sono ancora numerosi i ricoveri
presso strutture aventi 20 posti letto;
· collaborazione alla stesura dei
provvedimenti del Comune di Torino riguardanti la determinazione dei criteri
generali di erogazione dell’assistenza economica e delle indicazioni programmatiche
degli interventi a favore delle persone con handicap di età superiore ai 15
anni (deliberazioni del Consiglio comunale del 21 giugno e del 12 settembre
1978);
· campagna, tuttora in corso, per
l’attuazione del diritto senza limiti di durata alle cure residenziali degli
adulti e degli anziani cronici non autosufficienti nei casi in cui non sia possibile provvedere alle cure
domiciliari. Nell’ambito delle numerose iniziative assunte al riguardo si
segnala la gestione da parte di alcune Asl del Piemonte di strutture
residenziali per anziani cronici non autosufficienti e per persone colpite da
demenza senile;
· stesura della deliberazione sul servizio
di aiuto domestico, approvata dal Consiglio comunale di Torino il 14 marzo
1979;
· assunzione da parte del Comune di Torino
di 40 soggetti con handicap intellettivo lieve e medio lieve (delibera del
Consiglio comunale del 27 marzo 1979). Altri soggetti (complessivamente più di 500)
con handicap intellettivo o con gravi menomazioni fisiche sono stati assunti in
Piemonte da aziende pubbliche e private su iniziativa del Csa;
· riconoscimento da parte della Provincia
di Torino (delibera del 5 ottobre 1979) di una commissione di controllo
costituita da rappresentanti di organizzazioni di volontariato. Analogo
riconoscimento è stato successivamente ottenuto dal Comune di Torino;
· assegnazione di alloggi dell’edilizia economica e popolare a persone
con handicap o in condizione di disagio socio-economico;
· istituzione da parte del Comune di
Torino del servizio taxi per i soggetti impossibilitati a usufruire dei mezzi
pubblici di trasporto;
· predisposizione del testo base della
legge della Regione Piemonte n. 20/1982 sui servizi socio-assistenziali;
· attiva collaborazione per la
realizzazione e approvazione della legge 184/1983 sull’adozione e l’affidamento
familiare a scopo educativo;
· ideazione e promozione dei corsi
prelavorativi per allievi con handicap intellettivo lieve o medio-lieve,
istituiti dal Comune di Torino sulla base di una delibera della Giunta della
Regione Piemonte;
· attività dirette all’attuazione delle
leggi 482/1968 e 68/1999 concernenti il collocamento al lavoro dei soggetti con
handicap;
· azioni nei confronti della Regione
Piemonte per l’estinzione di Ipab, Istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza. Finora ne sono state soppresse oltre trecento, compresa una,
l’Istituto di riposo per la vecchiaia di Torino, avente un patrimonio del
valore di oltre mille miliardi delle ex lire;
· sollecitazioni rivolte al Comune di
Torino per l’istituzione del servizio di consulenza educativa domiciliare,
attivato a partire dal settembre 1984, gestito dall’Assessorato all’istruzione
per intervenire nei riguardi delle famiglie con bambini colpiti da handicap, prioritariamente
quelli in età inferiore ai tre anni;
· promozione di adozioni e di affidamenti
a scopo educativo di minori con handicap fisici o sensoriali o con altre gravi
difficoltà;
· iniziative per la creazione a Torino del
primo centro sanitario diurno per malati di Alzheimer;
· attività volte alla modifica del decreto
legislativo 109/1998 relativo alle contribuzioni economiche degli assistiti e
collaborazione alla stesura delle modifiche migliorative inserite nel decreto
legislativo 130/2000;
· promozione della delibera della Giunta
comunale di Torino del 18 aprile
· organizzazione di numerosi convegni,
dibattiti nonché di corsi di informazione e formazione sulle problematiche
delle esigenze e dei diritti dei soggetti deboli;
· molteplici iniziative volte ad ottenere
l’approvazione dei Lea, Livelli essenziali di assistenza sanitaria;
· promozione della costituzione degli
uffici provinciali di pubblica tutela previsti dalla legge della Regione
Piemonte n. 1/2004;
· azione congiunta con l’Istituto di
geriatria dell’Università di Torino per l’istituzione da parte dell’Usl 1-23
del capoluogo piemontese del servizio (gratuito) di ospedalizzazione a domicilio
rivolto agli adulti e agli anziani colpiti da patologie acute e/o croniche.
Detto servizio funziona ininterrottamente dal 1984;
· promozione della legge della Regione
Piemonte n. 16/2006 concernente il sostegno delle gestanti e madri in
difficoltà anche allo scopo che il riconoscimento o non riconoscimento dei nati
venga deciso con la loro massima responsabilizzazione possibile;
· iniziative per l’approvazione da parte
della Giunta della Regione Piemonte della delibera del 23 luglio 2007, n. 37-
· campagna ancora in corso per il rispetto
delle leggi vigenti che non consentono agli enti pubblici di pretendere
contributi economici dai parenti, compresi quelli conviventi, degli assistiti
ultrasessantacinquenni non autosufficienti e dei soggetti con handicap in
situazione di gravità;
· promozione da parte dell’Anfaa del Ciai
(Centro italiano per l’adozione internazionale);
· costituzione del Csa (Coordinamento
sanità e assistenza fra i movimenti di base);
· attiva partecipazione del Csa per
l’istituzione dell’Utim (Unione per la tutela degli insufficienti mentali),
dell’Asvad (Associazione solidarietà e volontariato a domicilio), delle Associazioni
“Promozione sociale”, “Tutori volontari”, “Mai più istituti di assistenza”, Ggl
(Gruppo genitori per il diritto al lavoro degli handicappati intellettivi),
nonché della Fondazione promozione sociale;
· creazione del comitato per la difesa dei diritti degli assistiti e della
Scuola dei diritti “Daniela Sessano”, attualmente gestiti dalla Fondazione
promozione sociale;
· costituzione dell’Ulces come parte
civile in alcuni processi contro persone responsabili di aver inflitto violenze
agli assistiti (bambini, soggetti con handicap, anziani cronici non
autosufficienti);
· attività di consulenza da parte
dell’Utim in materia di amministrazione di sostegno, nonché di interdizione delle
persone completamente e definitivamente incapaci di tutelare i propri interessi
morali e materiali e presentazione, se richiesta, delle relative pratiche
all’autorità giudiziaria;
· promozione di iniziative volte al
riconoscimento da parte degli enti pubblici del volontariato intrafamiliare
svolto a favore dei congiunti con limitata o nulla autonomia.
Iniziative
varie
· Azioni di varia natura (elaborazione
testi, volantinaggi, dibattiti, ecc.) volti ad ottenere l’abbattimento e la non
creazione di barriere architettoniche, nonché servizi adeguati a specifiche
esigenze (ad esempio quelli odontoiatrici per soggetti con handicap);
· realizzazione di volumi sui temi di cui
sopra predisposti da esponenti del volontariato dei diritti. Quattro titoli
sono stati pubblicati dall’Editore Guaraldi, venti da Rosenberg & Sellier e
quindici dall’Utet Libreria e Università. Inoltre sono stati predisposti
numerosi opuscoli da parte delle organizzazioni aderenti al Csa;
· pubblicazione dal 1968 della rivista Prospettive assistenziali e dal 1976 del
notiziario Controcittà;
· predisposizione e collaborazione alla
raccolta delle firme per la presentazione con iniziativa popolare delle
proposte di legge:
a)
“Interventi per gli handicappati
psichici, fisici, sensoriali e per i disadattati sociali”, presentata al Senato
il 2 aprile 1970 con oltre 220 mila firme. Questa iniziativa ha favorito
l’approvazione della legge 30 marzo 1971, n. 118;
b)
“Competenze regionali in materia di
servizi e scioglimento degli enti assistenziali” (Camera dei Deputati, 8 marzo
1976, firme oltre 100 mila);
c)
“Riorganizzazione dei servizi sanitari e
sociali e costituzione delle Unità locali di tutti i servizi” (Consiglio
regionale del Piemonte, 21 luglio 1979, firme oltre 13 mila);
d)
“Riordino degli interventi sanitari a
favore degli anziani cronici non
autosufficienti e realizzazione delle residenze sanitarie” (Consiglio regionale
del Piemonte, mai discussa, 21 luglio 1991, firme raccolte oltre 8 mila).
Identiche proposte di legge sono state presentate da altri gruppi di base ai
Consigli regionali dell’Emilia Romagna (che l’ha respinta) e della Lombardia
(che non l’ha nemmeno presa in esame). A questa proposta di legge di iniziativa
popolare avevano aderito fra gli altri: Norberto Bobbio, filosofo e Senatore a vita; Achille
Ardigò, Sociologo; Mons. Giovanni Nervo, Presidente della Fondazione Zancan; Don
Giannino Piana, Docente di Teologia; Alessandro Galante Garrone, Giurista;
Mario Umberto Dianzani, Rettore dell’Università di Torino; Alberto Conte,
Pro-Rettore dell’Università di Torino; Luigi De Rosa, Provveditore agli studi
di Torino; Fabrizio Fabris, Direttore dell’Istituto di Geriatria dell’Università
di Torino; Gian Maria Bravo, Presidente della Facoltà di Scienze politiche
all’Università di Torino; Ludovico Bergamini, Direttore dell’Istituto di
Clinica delle malattie nervose e Presidente della Società di Neurologia; Franco
Bolgiani della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino; Nicola
Tranfaglia del Dipartimento di Storia dell’Università di Torino; Luigi Ciotti,
Coordinatore del Gruppo Abele; Luciano Tavazza, Presidente del Movi (Movimento volontariato
italiano); Don Oreste Benzi, Presidente dell’Associazione Papa Giovanni XXIII.
· Elaborazione e raccolta delle firme di petizioni,
fra le quali quelle presentate:
a)
Al Ministro per la solidarietà sociale,
Livia Turco, il 21 gennaio 2000 (4.384 le firme raccolte dal Csa) in cui veniva
chiesto la modifica del decreto legislativo 109/1998 concernente i contributi
economici a carico degli assistiti, ottenendo la promulgazione del decreto
legislativo 130/2000 le cui disposizioni sono notevolmente migliorative
rispetto alle precedenti;
b)
il 21 giugno 2001 al Consiglio regionale
piemontese (firme raccolte 12.566) concernente i servizi per i minori, per i
soggetti con handicap intellettivo, gli anziani cronici non autosufficienti, la
prevenzione dell’emarginazione, l’istituzione degli uffici provinciali di
pubblica tutela, il trasferimento ai Comuni delle residue competenze
assistenziali svolte dalle Province. Il testo della petizione è stato
pubblicato sul n. 133, 2001 di Prospettive
assistenziali. L’iniziativa ha favorito l’approvazione della legge della
Regione Piemonte n. 1/2004 “Norme per la realizzazione del sistema regionale
integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di
riferimento”, i cui aspetti positivi sono stati evidenziati nell’articolo di
Giuseppe D’Angelo pubblicato sul n. 147, 2004 della nostra rivista;
c)
al Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, nonché alle autorità regionali e locali, per chiedere che alle
famiglie con congiunti colpiti da handicap in situazione di gravità o con
anziani ultrassantacinquenni non venissero più richiesti contributi economici
per la loro assistenza e cura presso strutture residenziali o semiresidenziali,
come previsto dai decreti legislativi 109/1998 e 130/2000. l’iniziativa ha consentito di bloccare
il tentativo di abrogare il sopra citato decreto legislativo 130/2000. Le 13.496 firme
raccolte sono state inviate al Ministro del lavoro e delle politiche sociali in
data 9 gennaio 2004. Il testo della petizione è stato riportato nel n. 142,
2003 di Prospettive assistenziali;
d)
al Presidente della Regione Piemonte e
ai Sindaci della stessa Regione contro le illegittime richieste di contributi
economici ai congiunti degli assistiti maggiorenni. La petizione è stata
promossa da un Comitato composto da Alzheimer Piemonte, Auser, Avo
(Associazione volontari ospedalieri), Sea Italia (Servizio emergenza anziani),
Utim (Unione per la tutela degli insufficienti mentali), Cpd (Consulta delle
persone in difficoltà), Diapsi (Difesa ammalati psichici), Csa, Gruppi di
volontariato vincenziano e Società di San Vincenzo de’ Paoli. Le firme raccolte
sono state oltre 43 mila, consegnate a più riprese al Presidente della Giunta
della Regione Piemonte e l’ultima consegna è stata fatta il 14 dicembre 2004.
Il testo della petizione è stato allegato al numero 145, 2004 di Prospettive assistenziali. A seguito
delle iniziative assunte per la raccolta delle firme (volantinaggi, dibattiti,
articoli su giornali e riviste, ecc.) è stato istituito dalla Regione Piemonte
un tavolo di confronto che ha prodotto la delibera della Giunta regionale n.
17-15226 del 30 marzo 2005[7];
e)
predisposizione da parte di numerose
organizzazioni di una petizione, la cui raccolta delle firme è ancora in corso,
indirizzata al Presidente della Regione Piemonte; ai Sindaci; ai Presidenti
delle Province, delle comunità montane e dei Consorzi socio-assistenziali; ai
Direttori delle Asl e delle Aso con lo scopo di ottenere diritti esigibili a
favore della fascia più debole della popolazione. Al 3 settembre 2007 sono
state consegnate al Presidente della Regione Piemonte le prime 15 mila firme. Il
testo della petizione è stato allegato al numero 153, 2006 di Prospettive assistenziali[8]. Alla petizione
hanno aderito anche i Consigli comunali di Borgaro Torinese, Collegno,
Una
precisazione
Come avevamo già segnalato (cfr. il n.
120, 1997) in Prospettive assistenziali vengono
spesso descritte e analizzate le iniziative assunte per ottenere il
riconoscimento dei diritti non ancora sanciti dalla legge e il rispetto delle
norme disposte dal legislatore a tutela della fascia più debole della popolazione.
Ne consegue che numerose sono le
ripetizioni riguardanti le leggi e le delibere citate, i documenti menzionati e
le altre situazioni note ai lettori.
Purtroppo, il raggiungimento dei nostri
obiettivi è, salvo casi del tutto eccezionali, una conquista estremamente lunga
e difficile a causa degli ostacoli frapposti (quasi sempre in modo non
esplicito) dalle istituzioni e dai loro fiancheggiatori. I pretesti sono sempre
gli stessi: mancanza di fondi, scarsità del personale, non chiarezza delle
leggi, ecc.
Da parte nostra, crediamo sia necessario
trasmettere notizie e commenti anche quando ricalcano informazioni già fornite,
ma indispensabili per essere aggiornati sull’evoluzione della situazione.
Ce ne scusiamo, ma riteniamo che questa
ulteriore fatica dei nostri lettori sia compensata dalla conoscenza non solo
degli obiettivi perseguiti, ma soprattutto delle difficoltà incontrate.
Un invito
Poiché le esperienze sono un patrimonio
utilissimo, saremo ben lieti di riportare in Prospettive assistenziali le iniziative assunte da amministratori
pubblici e privati, da operatori, dal volontariato e da altri organismi per la
tutela delle esigenze dei diritti delle persone non in grado di autodifendersi.
Fin d’ora li ringraziamo per la collaborazione.
[1] Il primo numero di Prospettive assistenziali riguardava il trimestre gennaio-marzo 1968. I numeri doppi finora usciti sono i seguenti: 3/4, 1968; 5/6, 1969; 8/9 e 11/12, 1970. I supplementi hanno trattato questioni specifiche: il 29 bis, 1975 è stato dedicato alla proposta di legge di iniziativa popolare “Competenze regionali in materia di servizi sociali e scioglimento degli enti assistenziali”; il 34 bis, 1976 raccoglie gli indici di Prospettive assistenziali dal n. 1 al n. 32; il 36 bis, 1976 reca il titolo “Libro bianco sull’operato della Regione Piemonte in materia di sanità, assistenza e formazione di base, aggiornamento e riqualificazione degli operatori”; il 49 bis, 1980 riporta gli atti del seminario “Interventi sanitari e assistenziali per gli anziani autosufficienti e cronici nelle unità locali dei servizi”; il 57 bis, 1982 riproduce gli atti del convegno “Adozione, adozione internazionale, affidamento familiare: a che punto siamo con le riforme legislative”; il 61 bis, 1983 presenta la documentazione esposta nella mostra “L’assistenza psichiatrica in Valle d’Aosta”; il 67 bis, 1984 raccoglie gli articoli riguardanti le comunità alloggio pubblicati da Prospettive assistenziali; il 71 bis, 1985 riproduce gli atti del convegno “Enti locali e cooperazione nei servizi socio-assistenziali”; il 116 bis, 1997 raccoglie le proposte di legge presentate al Senato e alla Camera dei Deputati in materia di riforma dell’assistenza dall’inizio della XIII legislatura al 31 gennaio 1997; il 153 bis, 2006 contiene una sintesi del convegno nazionale “Il diritto di tutti i bambini fin dalla nascita alla famiglia e la prevenzione dell’abbandono”, svoltosi a Torino il 21 ottobre 2006.
[2] Al momento dell’istituzione la denominazione era: Associazione nazionale famiglie adottive e affilianti.
[3] La dichiarazione di adottabilità è stata introdotta nella legislazione francese prima del nostro Paese, ma detta normativa era stata proposta dall’Anfaa in un incontro svoltosi a Parigi.
[4] Un
elenco più completo dei risultati raggiunti dal volontariato dei diritti è
contenuto nel volume di Giuseppe D’Angelo, Anna Maria Gallo e Francesco
Santanera, Il volontariato dei diritti -
Quarant’anni di esperienze nei settori della sanità e dell’assistenza, Utet
Libreria. Si ricorda, altresì, che nel sito www.fondazionepromozionesociale.it
sono inseriti gli articoli pubblicati su Prospettive
assistenziali dal n. 61 (gennaio-marzo 1983) esclusi gli ultimi otto numeri
della rivista.
[5] Si
osservi che l’espressione latina del testo «infantes
derelictos in filios adoptare» dice molto di più di quanto reciti la
traduzione italiana autentica «rendendoli
propri figli». «In filios» esprime, e giustamente, la risultanza affettiva
di piena filiazione, mentre «come figli»
può sembrare un semplice paragone.
[6] All’epoca la denominazione dell’Ulces era Unione italiana per la promozione dei diritti del minore.
[7] Cfr.
Maria Grazia Breda, “I livelli essenziali di assistenza sanitaria: i positivi
risultati raggiunti dal volontariato dei diritti nella vertenza con
[8] Cfr. Maria Grazia Breda, “Petizione popolare per il Piemonte: i primi risultati ottenuti”, Ibidem, n. 157, 2007. Nell’articolo è anche contenuto l’elenco delle numerose organizzazioni che hanno promosso la petizione.