Prospettive assistenziali,
n. 161, gennaio-marzo 2008
Interrogativi
CURARE GLI ANZIANI CON PATOLOGIE INVALIDANTI: UN COMPITO DEL
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE?
Nell’editoriale del
n. 2, dicembre 2007 della rivista Il Welfare dell’Italia, Pier Natale Mingozzi,
Presidente nazionale di Federsanità Anci, scrive quanto segue: «Nessuno, credo, mette in discussione che il sistema socio-sanitario
pubblico in Italia stia garantendo la salute dei cittadini con livelli di
qualità ed efficacia tra i più alti del mondo».
Mentre si può
riconoscere che la suddetta dichiarazione sia valida per quanto riguarda gran
parte delle prestazioni sanitarie fornite nel centro-nord ai malati acuti, non
è forse vero che in tutto il nostro Paese, salvo rarissime esperienze positive, la situazione è disastrosa per quanto attiene i
soggetti (adulti e soprattutto anziani) colpiti da patologie invalidanti e da
non autosufficienza?
Basti pensare alle
dimissioni imposte a Prato, a Siena e in altre città di tutte le Regioni
italiane di anziani cronici non autosufficienti con la
minaccia dell’intervento dei carabinieri, nonostante che i malati necessitano
ancora di cure sanitarie.
Se è corretta
l’affermazione del Presidente nazionale di Federsanità
Anci secondo cui «è
giunto il tempo di leggere la sanità, il sociale, la salute globalmente intera,
come elementi fondanti del modello di sviluppo del Paese», non occorre
tener conto a pieno titolo anche dei servizi rivolti
ai malati non autosufficienti?
È vero, come
sostiene Pier Natale Mingozzi che «il diritto alla salute sarà davvero
garantito se i processi e le scelte saranno riconducibili a
elementi di condivisone collettiva come il confronto tra le Regioni e i
Sindaci, la centralità delle istituzioni come collante tra i vari attori del
sistema per definire modelli organizzativi ed economici, autonomia manageriale
ed amministrativa».
Tuttavia, detto
diritto alla salute non deve essere garantito a tutti i malati, compresi quelli
inguaribili?
Per quanto concerne
l’integrazione del sanitario con il sociale, è accettabile che nella pratica
questo principio venga attuato scaricando le
prestazioni sull’assistenza/badanza e sulle famiglie?
Che cosa intende
fare Federsanità Anci
perché venga percorsa una strada diversa che porti
effettivamente ad una effettiva presa in carico dei malati cronici non
autosufficienti non solo e in primo luogo da parte del settore sanitario, ma
anche da quelli della casa (sovente condizione indispensabile per attuare le
cure domiciliari), dei trasporti (per evitare che la degenza presso ospedali,
case di cura private convenzionate, residenze sanitarie assistenziali, ecc.,
determini, come accade spesso a Torino, l’impossibilità dei congiunti di
fornire ai loro familiari malati il necessario sostegno materiale e morale),
della comunicazione (tanti sono i guai che i malati ed i loro congiunti subiscono a causa delle errate informazioni – mai
scritte e quindi non controllabili – fornite da amministratori e operatori),
della cultura (ancora incentrata sul sapere per il piacere e non in primo
luogo, sul sapere per non subire)?
Come abbiamo
ripetuto più volte, la scelta dell’integrazione fra sanità e assistenza è stata
e molto spesso continua ad essere un disastro.
Infatti, come ha
precisato il Ministro per la solidarietà sociale nel documento “Legge quadro
per la realizzazione del sistema integrato di interventi
e servizi sociali”, Roma, ottobre 2000, «nel
corso del 1999, 2 milioni di famiglie italiane sono scese sotto la soglia della
povertà a fronte del carico di spese sostenute per la “cura” di un componente
affetto da una malattia cronica».
Assicurando
fin d’ora la nostra massima disponibilità, chiediamo a Federsanità
Anci se intende assumere iniziative concrete affinché
ai vecchi malati cronici vengano fornite le necessarie
cure sanitarie e socio-sanitarie a cui hanno diritto.
PERCHÉ
Secondo quanto è
stato pubblicato da Paola baroni
su Il sole
24 Ore del 24 settembre 2007,
Scopo della
fondazione è l’attuazione di «più
strutture sul territorio, una sorta di case fami-
glia».
A Simone Naldoni, Presidente della Società della salute nord-ovest
di Firenze e a Caterina Canti, Assessore ai servizi sociali del Comune di Sesto
Fiorentino, che segue la costituzione della fondazione, il Csa
ha indirizzato una lettera in data 4 ottobre 2007, rimasta finora senza
risposta, in cui si pongono alcuni interrogativi di fondo.
In primo luogo
perché viene costituita una fondazione quando i
Comuni, ai sensi degli ancora vigenti articoli 154 e 155 del regio decreto 773
del 1931, sono obbligati a provvedere al ricovero degli inabili al lavoro e
quindi anche dei soggetti con handicap invalidanti con limitata o nulla
autonomia?
Dal 1931 al 2007
sono trascorsi ben 76 anni: è un periodo troppo limitato per
dare attuazione a disposizioni di legge?
Il mancato rispetto
delle norme sopra citate giustificano la creazione di
un organismo privato, nei cui confronti i cittadini non possono rivendicare
alcun diritto?
La
costituzione della fondazione è una scappatoia affinché i Comuni interessati
del Nord-ovest di Firenze, con oltre 200 mila abitanti, possono continuare a ignorare la legge?
PER QUALI MOTIVI
Sul numero
4-5-6/2007 del notiziario Anch’io,
trimestrale dell’Associazione Laziale Motulesi, una lettrice segnala
che «ci sono in Italia centinaia di
migliaia di famiglie che con sacrifici economici pesanti, oltre a un impegno
giornaliero, assistono i loro cari colpiti dall’Alzheimer o affetti da gravi
patologie mentali» e che «in più
occasioni i Governi di destra e di sinistra hanno sostenuto la necessità di un
pesante intervento economico a loro difesa, ma poi in realtà nulla o quasi
nulla di concreto è stato fatto».
Maria Bruno risponde affermando che «il Ministro Turco ha faticato non poco ad
inserire lo stanziamento di 100 milioni» prospettato nella citata lettera
(forse si tratta dei 100 milioni destinati per il 2007 al fondo per le non
autosufficienze), e che «al Ministero
della salute è stato recentemente istituito un tavolo di lavoro su demenza e
autismo» e che «le famiglie non
riescono più ad affrontare da sole questo dramma».
Tuttavia, nei due
articoli pubblicati su Anch’io nulla viene detto in merito ai compiti obbligatori, sanciti dalle
leggi vigenti, del Servizio sanitario nazionale di provvedere gratuitamente e
senza limiti di durata alla cura dei malati di Alzheimer e delle persone
colpite da altre forme di demenza senile.
Perché questa omissione su una questione di così grande importanza,
visto che nello stesso numero del notiziario in questione viene ricordato che «il malato di Alzheimer costa
complessivamente 60 mila euro l’anno»?
In data 17 agosto
2007 il Csa ha scritto alla redazione di Anch’io segnalando che, ferma restando
la priorità della permanenza a domicilio dei malati di Alzheimer,
«le cure devono essere assicurate anche a
livello ospedaliero e, terminata la fase acuta, presso le Rsa (Residenze
sanitarie assistenziali)».
Per quali motivi le informazioni
sugli obblighi del Servizio sanitario nazionale non vengono
pubblicati su Anch’io?
NON SONO MALTRATTATI GLI ANZIANI MALATI CRONICI NON
AUTOSUFFICIENTI ESPULSI DAGLI OSPEDALI?
Alessandro Pigatto, Direttore dei servizi sociali dell’Azienda Ulss 3 del Veneto, nell’articolo “Appunti sul
maltrattamento dell’anziano”, pubblicato sul n. 22/2007 di Prospettive sociali e sanitarie afferma
giustamente che «uno dei segni traccianti
lo stato di civiltà di una comunità» è costituito dal «prendersi cura delle persone più fragili» e che «il maltrattamento deve essere considerato
un deterioramento dell’effettività dei diritti, fino addirittura
all’annullamento degli stessi, nel senso che la violenza viola appunto
l’esercizio degli stessi da parte della persona che ne è portatrice, impedendone
un possesso efficace».
Dopo aver rilevato
che da una indagine condotta sul personale delle case
di riposo «è emerso come il 36% abbia
assistito a violenze fisiche e l’81% abbia osservato violenze di tipo
psicologico», l’Autore riferisce che «secondo
fonti ufficiali del Ministero della salute (…) su 685 istituti sottoposti a
ispezione, 281 (41%) risultavano fuori norma».
Perché Alessandro Pigatto, mentre sostiene che il maltrattamento è sempre un
atto «commesso come azione o come
omissione all’interno di un rapporto umano e, come tale, possiede tutte le
caratteristiche che contraddistinguono l’incontro tra persone», non ricorda
le decine di migliaia di anziani malati cronici non
autosufficienti che, in violazione alle leggi vigenti, vengono espulsi da
ospedali e da case di cura private convenzionate pur necessitando ancora di
indispensabili cure socio-sanitarie?
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