Prospettive assistenziali, n. 161, gennaio-marzo 2008

 

 

Notiziario dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

 

 

CONGEDI ESTESI A TUTTI I LAVORATORI CHE ADOTTANO O ACCOLGONO UN MINORE IN AFFIDAMENTO INDIPENDENTEMENTE DALL’ETÀ del suo ingresso IN FAMIGLIA

Finalmente un positivo risultato conseguito dopo anni di rivendicazioni dell’Anfaa!

Nuove regole per i periodi di congedo per maternità e sui congedi parentali in caso di adozione o affidamento sono stati inseriti nella finanziaria 2008 (articolo 2, commi 452-456 della legge 24 dicembre 2007 n. 244) (1).

Il congedo di maternità spetta alle lavoratrici per un massimo di cinque mesi. In caso di adozioni na­zio­nali il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del mi­nore in famiglia, mentre in caso di adozioni internazionali può essere fruito anche prima dell’ingresso del minore in casa, nel periodo di permanenza all’estero richiesto per incontrare il minore e per gli adem­pimenti legati alla procedura di adozione (il con­gedo può essere fruito anche nei primi cinque mesi successivi all’ingresso del minore in Italia). Può essere anche fruito dal padre se la lavoratrice rinuncia.

La lavoratrice e il lavoratore che adottano un bambino se nel periodo di permanenza all’estero per l’adozione non usufruiscono del congedo di maternità hanno diritto al congedo non retribuito, senza diritto a indennità. L’ente autorizzato che cura la procedura di adozione deve certificare la durata di permanenza all’estero della lavoratrice o del lavoratore.

In caso di affidamento di un minore il congedo può essere fruito entro i primi cinque mesi dall’affidamento, per un periodo massimo di tre (non cinque) mesi.

Il congedo parentale spetta anche in caso di adozione nazionale o internazionale e di affidamento e può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del minore entro otto anni dall’ingresso del minore in famiglia e, comunque, non oltre il raggiungimento della maggiore età.

L’indennità, pari al 30 per cento della retribuzione, è dovuta, per un periodo massimo complessivo tra i genitori, di sei mesi; è fruibile nei primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia.

 

IL GRUPPO DELLE FAMIGLIE AFFIDATARIE DI NEONATI RACCONTA

Nel corso del convegno nazionale “Affido: legami per crescere”, tenutosi a Torino il 21-22 febbraio 2008, è stato presentato questo significativo e toccante intervento del gruppo delle famiglie del progetto affidi neonati del Comune di Torino, alcune delle quali associate all’Anfaa.

Per approfondimenti sul progetto rimandiamo alla delibera istitutiva del Comune di Torino in Pro­spet­tive assistenziali, n. 113, 1996, al Protocollo ope­ra­tivo, pubblicato nel Notiziario Anfaa, Ibidem, n. 138, 2002 e all’articolo “Il progetto neonati del Comune di Torino: la testimonianza di una famiglia affidataria”, Ibidem, n. 144, 2003.

 

Buongiorno a tutti.

Ci presentiamo: siamo 2 mamme affidatarie e oggi qui rappresentiamo e diamo voce al gruppo di famiglie che in questi anni hanno accolto un neonato nella loro casa, ma soprattutto nei loro cuori.

Abbiamo pensato di proporvi il nostro intervento articolandolo in due parti: una parte di relazione ed una di testimonianze delle famiglie.

Ci siamo chiesti, nel preparare questo intervento, che cosa avremmo voluto trasmettervi, quale messaggio volevamo lanciare, cosa di importante e si­gnificativo potevamo raccontare di tutte le nostre esperienze e anche che cosa vi sareste aspettati da noi…

Non è stato facile preparare questo contributo: le cose da dire sono tante, tantissime le esperienze ed era arduo condensarle in pochi minuti, ma ci pro­viamo…

Dal confronto fra di noi è emerso che il punto di partenza di tutto quello che oggi vi diremo è sicuramente il progetto in sé (progetto fortissimamente voluto e rilanciato negli ultimi anni dal Comune di Torino, dalle associazioni e dalle famiglie affidatarie), il valore grandissimo di questa esperienza, che mette al centro un piccolo esserino che si affaccia alla vita, una vita che presenta già al suo inizio una serie di situazioni critiche difficili (l’abbandono, la tossicodipendenza, la malattia psichica, le difficoltà educative…).

Oggi abbiamo saputo che ci sei. Ci sei e non sai che nel tuo destino è scritto che farai “un pezzo di strada” con noi…

Stasera, senza sapere nulla di te, penso a come sarai, all’emozione che proveremo quando ti vedremo e un mare di sensazioni si alternano nel mio cuore.

Penso che ti vogliamo già bene e che faremo per te tutto ciò che meriti. So che sarà per poco tempo, ma va bene così: “Nulla e nessuno ci appartiene per sempre”, ma possiamo sperare che il tempo insieme sia un buon tempo e che l’Amore che diamo lasci una traccia che, lei sì, può essere per sempre…

Quando andiamo a prendere Paolo in ospedale ha due mesi: dà grande emozione sapere che i bimbi escono e “respirano l’aria” per la prima volta con te, che il sacchetto che porti a casa è la loro valigia e che quando andranno via avranno una valigia vera piena di cose, sì, ma, soprattutto, di sentimento e di affetto…

 

Esperienze e commenti

Abbiamo passato con Giulia Natale e Santo Stefano ed ecco finalmente il 27 dicembre arriva a casa. R. esulta dicendo: “È proprio il giorno del mio compleanno!”. La coincidenza è che anche lei era arrivata da noi in affido un anno prima proprio il giorno del compleanno di nostra figlia…

Questa esperienza, l’accoglienza dei bimbi, è anche un pezzo della nostra vita, è il nostro essere totalmente genitori per un arco di tempo breve/brevissimo e ciò che ci muove in questa direzione e che emerge quando (soprattutto nel gruppo di sostegno) ci raccontiamo è la consapevolezza di quanto, nella costruzione della storia dei piccoli, sia fondamentale creare per loro delle relazioni affettive significative così importanti nei primissimi mesi di vita e per quello che sarà poi la loro vita futura.

Giada ha 5 mesi, è catatonica, dorme molto, mangia e quando si sveglia non piange, ma resta nel lettino immobile a fissare il soffitto, i giochini. Impiega 2 mesi per iniziare a gorgogliare e a sorridere. Andiamo continuamente a vedere se è viva… Quando lo raccontiamo ci sentiamo dire: “Chissà quanto ha pianto… forse sa che è inutile, è rassegnata”.

Francesco è arrivato da noi un mattino del 2003 all’ora di pranzo: aveva circa 20 mesi. Proveniva da una comunità per mamma e bambino dove era vissuto fin dalla nascita. Non ci eravamo mai incontrati prima. Era accompagnato dall’assistente sociale e da un’educatrice della comunità. Il bambino ha fatto subito il giro della casa e si è soffermato in cucina. Avevamo preparato per lui le cose che gli piacevano (lo avevamo chiesto all’ assistente sociale). Terminato il pasto ha ricominciato a girare per la casa, mentre l’assistente sociale suggeriva all’educatrice che era ora di dire a Francesco che quella sarebbe stata la sua casa per un po’ di tempo… Il piccolo è ritornato, ha preso mio marito per mano e se ne sono andati in camera: è stato chiaro per tutti che per loro era ora di andare…

Siamo consapevoli di quanto il legame che si crea con il piccolo sia coinvolgente ed anche di quanto questo coinvolgimento sia fonte di preoccupazione per gli operatori e i giudici, ma vogliamo rassicurarvi/tranquillizzarvi, perché oggi ci sentiamo di dire che quello che fa funzionare questo progetto è proprio quel legame, è proprio la possibilità che i bimbi hanno di sperimentare questa intensità di relazione, di amore e di attaccamento.

I primi mesi con Miriam sono stati una lotta o, almeno, è così che li ricordo. Miriam urlava spesso: forse era la rabbia per la gravidanza piena di sostanze stupefacenti, rabbia per la solitudine in ospedale, dolore e ancora rabbia perché le attenzioni erano intermittenti. Io mi sono imposta: sopportavo con fatica il suo addormentarsi improvvisamente, quasi volesse apposta evitare gli incontri con gli adulti, preferivo che non succhiasse il pollice in una sorta di consolazione continua che mi estraniava. L’ho tenuta in braccio sempre: mentre facevo da mangiare, mentre aiutavo le mie figlie nei compiti… e mentre curavo l’orto o facevo le pulizie la tenevo nel marsupio. Il suo carattere imperioso, prepotente, forse non le avrebbe permesso di entrare in sintonia con il mondo…Ci siamo stati anche quando molti intorno ci dicevano che la viziavamo, ma le sue erano provocazioni per imparare che si può essere amati così come siamo e che vale la pena amare qualcuno, fidarsi, attaccarsi ad un’ancora che ti farà sentire sicuro di affrontare l’acqua del bagnetto e il cucchiaino… le scarpe per camminare e i bambini con cui giocare. L’ancora cambierà viso, avrà un’altra voce, ma è un’ancora e Miriam sa cosa significa…

Vogliamo sottolineare quanto sia importante lavorare tutti insieme, servizi e famiglie (ognuno sicuramente per la parte che gli compete), per costruire insieme la storia del bambino, sapendoci ascoltare e dandoci reciprocamente fiducia. Instaurando un dialogo costruttivo costante, come deve avvenire in particolare nel luogo neutro, in modo che la famiglia possa riferire anche i problemi che il bambino evidenzia prima e dopo le visite. Questo confronto consente di integrare gli elementi di professionalità con la quotidianità che la famiglia affidataria raccoglie stando a stretto contatto, vivendo con il bambino.

Dopo qualche giorno di conoscenza in comunità Paola è entrata a far parte della nostra famiglia. Tutto il periodo dell’affido è stata un’esperienza bellissima: molto intenso il rapporto con la bimba, molto proficui i rapporti con tutti i vari soggetti del progetto. Abbiamo avuto la netta sensazione di lavorare insieme per il bene della bambina. Durante l’affidamento molto importanti sono stati gli incontri con il gruppo di sostegno, perché è lo spazio dove abbiamo potuto “raccontarci” sapendo di essere ascoltati e capiti e perché abbiamo imparato molto anche ascoltando le esperienze delle altre famiglie.

Ci muove la consapevolezza che “guardiamo tutti nella stessa direzione” e che siamo tutti parte di una rete intorno al bambino: la funzione della rete è di protezione, di sostegno, è una rete tessuta che non deve avere buchi e ogni punto deve essere collegato agli altri.

Gli incontri di Carlo con la mamma andavano male, malissimo, sempre peggio. Lo comunichiamo all’ assistente sociale e, anche se era il 1° di agosto, lei e la responsabile del Servizio ci accompagnano al luogo neutro. Come vedono la reazione del bambino prendono una decisione. È bello vedere il bambino al centro del progetto! Daniele è arrivato da noi a 8 mesi, dopo essere stato in comunità mamma-bambino sin dalla nascita. I rapporti con i Servizi sono stati molto buoni: l’assistente sociale si è dimostrata competente e decisa a fare in modo che i tempi fossero i più brevi possibili. La psicologa ci ha seguiti da vicino, con frequenti visite domiciliari e telefonate, occupandosi anche del benessere di nostra figlia.

Noi siamo “famiglie ponte”, siamo un tassello di collegamento nella storia dei piccini.

Sappiamo quanto sia importante accogliere il bambino e sappiamo anche quanto lo sia lasciarlo andare, tirarsi indietro, permettendo ad altri genitori (naturali, adottivi o parenti) di subentrare nel ruolo.

Oggi abbiamo saputo che andrai via. Ancora una settimana e poi il nostro viaggio insieme finirà. E’ da quando abbiamo saputo che saresti arrivato che ci prepariamo a questo momento ma, devo dire la verità, non è facile essere preparati. Ci mancherai molto, ma sappiamo che altri ora ti ameranno e ti faranno crescere e questo ci dà tanta serenità. L’assistente sociale ci ha chiesto due foto della piccola… Stanno preparando l’abbinamento… Che emo­­­zione! Che dire?

Nessuno appartiene ad un altro e questo deve essere sempre presente nei rapporti tra marito e moglie, nel rapporto con i figli, nelle relazioni amicali o parentali.

Gli altri sono tutti affidati. Affidati alle nostre cure, affidati al nostro ricordo se lontani, alla nostra tenerezza. L’affidamento rammenta questa verità in ogni momento.

Francesca a dicembre, dopo 4 mesi e mezzo, in occasione delle vacanze di Natale lascia la famiglia affidataria per trasferirsi definitivamente dagli zii. So che è il posto giusto per lei, ma Francesca ha occupato il suo spazio nella mia vita e ha lasciato un piccolo buco… È il momento di lasciarsi un po’ andare… Sono andata da Mari (del mio gruppo di Auto mutuo aiuto) per piangere…

Noi lavoriamo affinché al più presto (e sottolineiamo al più presto per il bene dei bambini) prendano il volo: non c’è abbandono perché noi li accompagniamo e i bambini lo sentono, hanno fiducia nei grandi, una fiducia che hanno “assorbito”/sperimentato nella relazione d’amore.

 “Mi presti la tua famiglia?” – “Volentieri!”, è la nostra risposta ed è proprio quel “prestare” che non rende il distacco un “lutto”.

Ecco! Ci sentiamo di dire che per noi non c’è lutto: c’è sofferenza, c’è nostalgia, ma, come avviene nel parto, c’è la gioia di “vederlo alla luce” della sua vita che continua.

Per Natale la famiglia adottiva ci ha inviato un biglietto: “‘Per fare un bambino ci vuole un intero villaggio’ , dice un proverbio africano, ed è proprio vero: c’è bisogno del contributo di tutti. Con Marco è stato così! Grazie!” I genitori adottivi di Lucia coltivano fiori. Come augurio per il primo Natale che il bambino ha trascorso con loro ci hanno portato una bella pianta di orchidee con questo biglietto: “Tanti auguri con uno dei fiori più belli che abbiamo a chi con tanto amore ha saputo coltivare il fiore più bello del nostro giardino. Grazie…”

Certo vorremmo, saremmo felici di poter continuare con leggerezza, discrezione, sensibilità il rapporto con la famiglia e con il bambino, per far sì che la sua storia appena iniziata non sia e non diventi una storia frammentata, spezzata, interrotta o negata, perché pensiamo che sia importante per il bambino poter continuare per un certo tempo, sfumando magari pian piano…, a vedere le persone con cui è vissuto, magari anche i luoghi, perché non perda i suoi riferimenti e la fiducia e non debba ricostruire sull’abbandono per strategia di sopravvivenza.

Si può anche provare ad essere amici per il bene dei bambini.

Quando venne aperta l’adottabilità di Antonio fummo coinvolti nell’organizzazione del passaggio e, dal momento della conoscenza della coppia al momento del distacco, fummo sempre supportati efficacemente dalla psicologa e dagli educatori. Anche se il distacco da Antonio, che aveva ormai 13 mesi, è stato particolarmente doloroso, siamo riusciti dopo 15 giorni di convivenza con i genitori adottivi a far sì che il bimbo vivesse con serenità questo momento e che si instaurasse un  ottimo rapporto tra noi e la sua nuova famiglia, rapporto che continua tuttora in modo molto equilibrato e sereno. Siamo “amici” per il bene del bimbo che cresce sereno.

La famiglia di Alessandra la conosciamo ai Servizi. Sono ansiosi, sanno che inizierà il periodo di conoscenza ma quanto durerà? La loro assistente sociale gli dice: “Fidatevi della famiglia affidataria, vi aiuteranno e saprete vedere quando la bambina sarà pronta”. Facciamo un programma e dopo alcuni giorni ci accorgiamo che Alessandra “è figlia loro”! Gli assomiglia persino! Vanno a casa con il suo seggiolino, la sua culla, con tutto ciò che la circondava e vengono a trovarci tutti i giorni. Ci telefonano dicendoci di aver messo la culla nella cameretta, così si abitua a vedere la stanza nuova da un luogo conosciuto. Il 6 ci salutiamo definitivamente: Alessandra compirà un anno il 9. Con grande sorpresa tornano l’8 con una grande torta e una candela: “La prima candelina vogliamo la spenga anche con voi”, ci dicono… Claudio è arrivato quando aveva sei mesi ed è rimasto con noi fino ai dodici, quando è tornato con la sua mamma. I rapporti sono continuati anche quando lei è tornata nel suo paese di origine. Li ho ospitati e aiutati. Ora il bambino ha quattro anni, ci sentiamo ancora e dice sempre che vuole venirci a trovare.

Qui c’è molto di quanto abbiamo raccolto dalle nostre esperienze, la strada fatta è tanta ma, purtroppo, non tutte le esperienze finiscono bene e allora, sì, siamo tristi.

Siamo tristi quando un bambino da una famiglia affidataria va in comunità, siamo tristi quando il rientro in famiglia di origine non è abbastanza sostenuto e allora non ce la fanno…

Siamo tristi quando da una famiglia affidataria il bambino va in una famiglia affidataria a rischio giuridico, per poi tornare nella famiglia naturale.

Siamo tristi quando il bambino non è al centro del progetto e tutti si contendono la soluzione del problema.

Ci chiediamo perché. Cerchiamo insieme le risposte…

Ci sentiamo pienamente inseriti, attori nel progetto, un progetto in cui crediamo davvero e siamo consapevoli di svolgere un ruolo sociale nel lavorare per i bambini, perché sono loro il punto focale/centrale attorno a cui tutto deve ruotare.

Sappiamo di avere una grande responsabilità e di poter essere per i piccoli una grande ricchezza: una mamma, un papà, un fratello, una sorella, una famiglia “in più”… “in prestito” per un tratto di strada…

La famiglia adottiva, alla vigilia della partenza, ci ha scritto: “Questa è la nostra ultima notte da soli e la vostra ultima notte insieme… Abbiamo letto le prime pagine del diario e siamo rimasti ancora una volta colpiti dall’amore, la generosità, la pazienza che avete dimostrato nei confronti dei bambini. Avete preso due creature spaventate e diffidenti e siete riusciti a trasformarle in due bimbi sani, sorridenti e solari, preparandoli per una nuova avventura con una famiglia tutta loro. Vorremmo tenervi informati sullo sviluppo dei bimbi strada facendo… Questo è l’inizio di un nuovo capitolo in una lunga storia ancora tutta da vivere, con la speranza che questo legame viva e continui nel futuro di tutti noi. Non ci stancheremo mai di ringraziarvi per aver dimostrato la forza dell’amore che viene dato senza chiedere nulla in cambio.”

Noi speriamo che questo nostro contributo sia servito per chiarire meglio le nostre sensazioni, le no­stre emozioni, i nostri pensieri di famiglie affidatarie.

Ogni giorno è una pagina del libro della vita dei bambini: non strappiamo nessuna pagina, facciamo in modo, come esprime bene il titolo di questo convegno, che ci sia continuità nei loro “legami per crescere”.

 

 

 

(1) Vedere al riguardo anche la circolare Inps n. 16 del 4 febbraio 2008.

 

www.fondazionepromozionesociale.it