Prospettive assistenziali, n. 162, aprile-giugno 2008
DELUDENTE
IL DISCORSO PRONUNCIATO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA IN OCCASIONE DELLA
GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE PERSONE CON HANDICAP
In occasione della celebrazione
(3 dicembre 2007) della “Giornata europea ed internazionale delle persone con
handicap”, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
ha pronunciato un discorso assolutamente generico, senza alcun riferimento
alle persone più bisognose e cioè agli individui
incapaci di provvedere autonomamente alle loro esigenze fondamentali di vita a
causa della gravità del loro handicap intellettivo e quindi dipendenti in tutto
e per tutto dagli altri. È vero che la Commissione europea ha scelto come tema
centrale della conferenza annuale l’analisi delle condizioni lavorative dei
soggetti con handicap, ma è altrettanto vero che sotto tutti i punti di vista
(personali, familiari, etici, economici, sociali, ecc.) la situazione più
vergognosa del nostro Paese riguarda l’importo da fame (euro 246,73 al mese) delle pensioni erogate attualmente a coloro che,
privi di qualsiasi altra risorsa economica, sono colpiti da handicap in misura
così invalidante da determinare l’assoluta impossibilità di svolgere qualsiasi
attività lavorativa proficua. Qualora questi soggetti necessitino
di interventi continui 24 ore su 24, come purtroppo avviene soprattutto a
coloro che sono colpiti gravemente sul piano intellettivo, lo Stato versa
l’assegno di accompagnamento il cui importo mensile è di euro 465,09,
corrispondente a 15 euro al giorno!
Di fronte a questa
immorale situazione il Capo dello Stato ha evocato lo strumentale e
logoro luogo comune secondo cui le mutilazioni «servono ad acuire altre capacità, altre attenzioni e sensibilità» ed
ha affermato di aver «voluto dare un
esempio di queste capacità con la piccola mostra nella quale abbiamo esposto:
un quadro realizzato dal centro diurno “Il Girasole” di Terni e una selezione
di opere realizzate dall’Anffas (Associazione di
persone con disabilità intellettiva e relazionale) e dal laboratorio artistico
de “Gli amici della Comunità di Sant’Egidio”». Com’e
ovvio, le sopra ricordate iniziative, che hanno un valore emblematico
molto limitato, non mitigano sotto nessun aspetto la quotidiana angoscia dei
congiunti dei soggetti con limitata o nulla autonomia e non forniscono rassicurazioni
di sorta nei riguardi del presente e soprattutto nel futuro di coloro che da
anni sono abbandonati a loro stessi dalle istituzioni.
Il Presidente della Repubblica ha
anche ricordato che «la disabilità
costituisce, tuttavia, anche e soprattutto un pesante fardello per chi ne è affetto e per i familiari» e che «ai familiari è affidata nel nostro Paese in
larga misura la gestione concreta di situazioni complesse e difficili». Di
fronte a questa allarmante situazione, che è diretta
conseguenza di ultradecennali carenze legislative, il Capo dello Stato si è
limitato ad osservare quanto segue: «Perché
le famiglie possano collaborare al fine di produrre una buona qualità di vita
per i loro parenti in condizioni di disabilità, esse devono a loro volta essere
sostenute, alleviate, accompagnate», aggiungendo che occorre tener «conto di disuguaglianze che pesano, a
cominciare da quelle di reddito, e di difficoltà che debbono
in particolare modo affrontare le donne, che sono le prime a prestare aiuto».
È vero, come ha affermato il Capo
dello Stato, che la famiglia con soggetti con handicap devono
essere «sostenute, alleviate,
accompagnate». Ma è assolutamente indispensabile che detti sostegni non
siano saltuari, magari affidati alla buona volontà di volontari, ma si
concretizzino nell’effettiva possibilità del pieno utilizzo di tutti i servizi di interesse sociale (dagli asili nido alle scuole
superiori, dalla sanità ai trasporti, dalla casa alla cultura e al tempo
libero, ecc.) tenendo conto delle eventuali esigenze specifiche dei soggetti
con handicap e degli altri cittadini con difficoltà permanenti o transitorie:
altrimenti il risultato è l’emarginazione di detti soggetti e dei loro
congiunti. Occorrendo, le prestazioni dei servizi
sociali di cui sopra devono essere integrate (ma non sostituite) da interventi
socio-assistenziali.
A questo riguardo occorre tener
conto, in primo luogo da parte del Capo dello Stato, che dal 1948 ad oggi non è
stato approvato nemmeno un articolo di legge che sancisca diritti esigibili in
materia assistenziale, per cui è tuttora lettera morta
il primo comma dell’articolo 38 della Costituzione in cui viene affermato che «ogni cittadino inabile al lavoro e
sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e
all’assistenza sociale».
Si sono registrati addirittura
arretramenti rispetto al periodo precedente. Infatti, da un lato le uniche
norme, alle quali si può far riferimento come diritto esigibile, sono gli
articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) in base ai quale gli inabili al lavoro non in grado di provvedere
alle loro esigenze fondamentali di vita hanno il diritto esigibile al ricovero
presso strutture residenziali (ma non sono previsti interventi alternativi
all’istituzionalizzazione!) e d’altro lato la legge 8 gennaio 1979, n.
Mentre nei settori della sanità,
della casa, del lavoro, dei trasporti e soprattutto nei settori prescolastico e
scolastico il Parlamento ha approvato provvedimenti validi, anche se non sempre
adeguati rispetto alle necessità (sono particolarmente carenti le risorse
economiche messe a disposizione), nulla di positivo
nel campo assistenziale è stato fatto sul piano legislativo per quanto concerne
i diritti esigibili dei cittadini più bisognosi, compresi quelli colpiti da
handicap gravemente invalidanti.
Un’ultima osservazione. Nel
discorso tenuto in occasione della “Giornata europea ed internazionale delle
persone con handicap”, il Presidente della Repubblica ha fatto anche
riferimento agli anziani non autosufficienti. Poiché
molto spesso la non autosufficienza è la diretta conseguenza di patologie in
atto, non si dovrebbe dimenticare il diritto esigibile alle cure sanitarie
sancito dalle vigenti leggi anche alle persone inguaribili. Come più volte è
stato ricordato su questa rivista la prima legge, la n. 692, risale addirittura
al 1955, la cui validità è confermata dall’articolo 54
della legge 289/2002. A questo riguardo ricordiamo i tentativi che continuano
ad essere messi in atto (si veda il disegno di legge presentato dal Governo
alla Camera dei Deputati il 3 dicembre 2007) (1) per trasferire dalla sanità
all’assistenza le competenze nei confronti di dette persone, negando di fatto la loro condizione di malati.
(1) Cfr. “Disegno di legge delega
sulla non autosufficienza: il Governo vuole togliere diritti ai più deboli e
imporre contributi economici ai loro congiunti”, Prospettive assistenziali, n. 160, 2007.