Prospettive assistenziali, n. 162, aprile-giugno 2008
Interrogativi
LITE NELLA CGIL DI BOLOGNA:
ANZIANI CONTRO BADANTI
su
Secondo l’Autore la questione
emerge «dalle lettere di protesta degli
iscritti arrivate alla Cgil di Bologna, che segue
cinquecento badanti, contro gli anziani e le loro famiglie».
In sostanza c’è guerra tra le badanti dell’Est e gli
anziani. Lo scontro ha luogo anche dentro il Sindacato
«dove dall’oggi al domani» – precisa
Luigi Spezia – «un iscritto costretto ad
assumere una badante dell’Est si trova sul banco degli imputati, anzi peggio:
su quello dei “datori di lavoro” o “padroni”».
Il problema scoppia quasi sempre
«quando muore la persona da assistere. Il
contratto si interrompe e le badanti si rivolgono al
Sindacato per rivendicare i loro diritti contro la famiglia che le aveva
assunte, magari in nero, magari quando erano ancora clandestine. Chiedono il
conto delle ore non pagate, ferie e festività non godute, Tfr,
contributi non versati».
Un iscritto alla Cgil che aveva assunto una badante ucraina per assistere i genitori,
scrive: «Dopo il lutto questa signora è
andata alla Cgil e mi è arrivato a casa un foglio con
i soldi che le aspetterebbero secondo la sua versione».
Sanno gli iscritti alla Cgil
che gli anziani malati cronici non autosufficienti hanno il diritto esigibile
alle cure sanitarie senza limiti di durata?
Ritengono anch’essi, come aveva
dichiarato Sergio Cofferati quando era
segretario generale della Cgil, che «essere anziano cronico non è una malattia» (1)
e che si tratterebbe di un evento non coperto dal Servizio sanitario nazionale
e pertanto di competenza dei congiunti.
Perché non sono stati informati dal
Sindacato che dal 1955 gli anziani cronici non autosufficienti hanno il diritto
esigibile delle cure sanitarie senza limiti di durata?
In base a quale principio è ammesso che
gli iscritti alla Cgil (o a qualsiasi altra
organizzazione) possano assumere clandestini?
Le assunzioni in nero non sono un abuso che deve essere
colpito, qualunque sia il datore di lavoro?
Perché non è stato rispettato l’orario di lavoro delle
badanti e cioè 40 ore settimanali e 54 nei casi in cui
alloggino presso la persona da accudire?
I servizi sanitari e sociali hanno informato le persone
con congiunti colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza sui
diritti dei malati e sulle condizioni contrattuali di lavoro delle badanti?
PUò ESSERE CONSIDERATA VALIDA
nell’articolo “Una legge regionale a sostegno dei
minori”, apparso su Servizi sociali oggi,
n. 2/2008, Barbara Rosenberg, Cesarina Colombini e Ornella Fusé della
Direzione generale famiglia e solidarietà sociale della Regione Lombardia
sostengono la validità della legge lombarda 14 dicembre 2004, n. 34 “Politiche
regionali per i minori” che, secondo le Autrici, «definisce il focus dell’intervento della
Regione» che avrebbe come punto di riferimento «non il minore portatore di bisogno, ma anche il suo contesto
familiare e sociale».
A conferma della loro affermazione, le Autrici citano
l’articolo 1 della legge in oggetto che recita quanto segue: «
Per valutare le modalità di applicazione
della norma sopra riportata, le Autrici non si rivolgono né all’utenza, né ai
responsabili e agli operatori dei servizi, ma interrogano due dirigenti
dell’Assessorato di cui dipendono.
La risposta è fuorviante: «Partire sempre dalla persona e non dalla problematica: questo è il
cambiamento più grande portato dalla legge» (2).
Per quanto riguarda i minori che vivono in nuclei
familiari in condizioni di grave disagio psico-socio-educativo,
nulla viene detto circa le prestazioni fornite,
essendo solamente segnalato che «il
sistema precedente è stato riorganizzato. Sono stati superati gli istituti e
accanto alle comunità educative sono state introdotte le comunità
familiari in cui le funzioni educative sono sostenute da famiglie supportate da
educatori».
Non solo non c’è una sola parola sugli aiuti
effettivamente forniti ai nuclei familiari in difficoltà, ma non sono nemmeno
menzionati l’affidamento familiare a scopo educativo e l’adozione.
Perché le Autrici non dicono che
la legge n. 34/2004 della Regione Lombardia non prevede nessun diritto
esigibile per i minori in condizioni di disagio, per cui, nei casi in cui sia
necessario provvedere al loro ricovero, si devono ancora richiamare gli
articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931 (Testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza)?
Per quali motivi viene ignorato
che, in base alla sopra citata legge, permangono alle Province lombarde le
competenze assistenziali concernenti le persone (minori e adulti) «disabili sensoriali», che siano «poveri e rieducabili» come stabilito
dal regio decreto 383/1934?
Che senso ha la separazione dei «disabili sensoriali poveri e rieducabili» da
quelli aventi lo stesso handicap ma non in condizioni di povertà?
Inoltre, sulla base di quali
motivazioni nell’articolo in oggetto non viene ricordato che nella legge lombarda
34/2004 viene stabilito (articolo 4) il trasferimento a tutti i Comuni,
compresi quelli con poche centinaia di abitanti, delle funzioni delle Province
riguardanti l’assistenza alle gestanti e madri in gravi difficoltà psico-socio-economiche, non tenendo pertanto in alcuna
considerazione il loro diritto, siano esse nubili o coniugate, al segreto del
parto?
Infatti, com’è possibile assicurare detto diritto alle
donne che abitano in Comuni con un numero limitato di abitanti?
PERCHé IL MINISTRO
PAOLO FERRERO NON HA
RISPOSTO AL DIRETTORE GENERALE DELL’INPS?
Con lettera del 17 settembre 2007 Ruggero Golino, Direttore generale dell’Inps,
ha informato Paolo Ferrero, all’epoca Ministro della
solidarietà sociale, che il Garante per la protezione dei dati personali aveva
richiesto con nota del 24 marzo 2006, prot. 6251, che
le certificazioni Isee (Indicatore della situazione
economica equivalente) venissero predisposte per i
soggetti con handicap grave e per gli ultrasessantacinquenni non
autosufficienti con la sola indicazione delle loro personali risorse
economiche, e quindi senza alcun riferimento ai congiunti.
Più volte il Ministro Ferrero è
stato sollecitato dal Csa a rispondere al Direttore
generale dell’Inps, che continua, in assenza
dell’intervento del Ministro, a rilasciare la documentazione comprendente i
redditi e beni mobili e immobili di tutti i componenti
del nucleo familiare, dando in tal modo un pretesto in più ai Comuni che
pretendono illegittimamente il versamento di contributi economici anche da
parte dei congiunti dell’assistito.
Il Ministro doveva semplicemente comunicare all’Inps il «nulla osta
da parte del Ministero della solidarietà sociale in merito all’attuazione da
parte dell’Inps della richiesta avanzata dal Garante
per la protezione dei dati personali circa l’evidenziazione nella
certificazione Isee della situazione economica del
solo assistito, qualora si tratti di persona con handicap permanente grave o di
soggetto ultrasessantacinquenne non autosufficiente».
Per quali motivi non ha voluto inviare all’Inps le quattro righe sopra riportate?
Il rispetto delle leggi vigenti sulla riservatezza dei
dati personali non rientrava fra le competenze dell’ex Ministro della
solidarietà sociale?
PERCHé
Sorprendenti e inquietanti le risposte fornite da Gabriella Salvini Porro, Presidente della Federazione Alzheimer
Italia, alle domande poste da Vita in
merito alla situazione delle persone affette da demenza senile e al fatto che
esse «sono quasi sempre
a carico delle famiglie».
Perché anche questa volta (cfr. Prospettive assistenziali, n. 130, 2000 e
n. 145, 2004)
Per quali motivi continua a non informare i propri associati in merito a detti
diritti che sono esigibili su semplice richiesta dei congiunti?
Come mai non rivendica dalle Asl
aiuti concreti, anche di natura economica, per consentire la cura a
domicilio dei malati?
Per quali ragioni non segnala che con due lettere raccomandate Ar si ottiene sempre la continuità terapeutica con
trasferimento a carico del Servizio sanitario nazionale del paziente
dall’ospedale o dalla casa di cura convenzionata alla Rsa (Residenza sanitaria
assistenziale)?
(1) Cfr. l’editoriale “Cgil, Cisl e Uil
negano lo stato di malattia degli anziani cronici non autosufficienti”, Prospettive assistenziali, n. 119, 1997.
(2) Le
nostre critiche sono riportate nell’articolo “Legge della Regione Lombardia
concernente i minori: poche luci, molte ombre”, Ibidem, n. 151, 2005.