Prospettive assistenziali, n. 162, aprile-giugno 2008
Notizie
CURE SOCIO-SANITARIE DOMICILIARI PER ANZIANI NON
AUTOSUFFICIENTI E MALATI DI
ALZHEIMER: PRIMI RISULTATI
POSITIVI DELL’INIZIATIVA DELL’ASL TO 5
Nello scorso numero
avevamo rilevato con molta soddisfazione la decisione delle Asl
To 3 e To 5 di erogare
prestazioni economiche ai soggetti «che
assistono volontariamente al domicilio un familiare non autosufficiente» (1).
Per quanto riguarda
l’Asl To 5 i risultati
dell’iniziativa sono molto positivi come risulta dal
monitoraggio dei dati della sperimentazione relativa al primo trimestre 2008.
Complessivamente i
richiedenti sono stati 116, di cui 57 erano già seguiti dall’Asl To 5 con assistenza tutelare
per un impegno complessivo mensile di euro 11.013,04.
Per 110 soggetti su
116 è stato erogato l’assegno di cura per un impegno mensile a carico dell’Asl To 5 di euro
38.286, 96.
Dunque vi è stato un
aumento del numero degli interventi da
Da notare che,
mentre 110 pazienti hanno ottenuto sostegni domiciliari da parte dell’Als To 5, i Consorzi
socio-assistenziali sono intervenuti solamente nei
riguardi di 52.
Viene così confermato, come d’altronde
è ovvio, che la maggior parte degli anziani cronici non autosufficienti e dei
malati di Alzheimer viene curato a domicilio senza alcuna prestazione da parte
del settore socio-assistenziale.
Infatti, mentre la sanità deve coprire
il 100 per 100 delle esigenze dei malati, l’assistenza agisce giustamente solo
nei confronti dei soggetti con limitate risorse economiche.
Quanto sopra vale non solo per le
prestazioni domiciliari, ma anche per quelle ambulatoriali, semiresidenziali e
residenziali.
Ne deriva la necessità di un profondo ripensamento della
validità dell’integrazione socio-sanitaria e dei limiti oggettivi che
impediscono l’estensione dell’applicazione al settore assistenziale
dei principi della sanità per quanto concerne le persone colpite da patologie
invalidanti e da non autosufficienza.
SENTENZA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE: AUTORIZZATA
In base alla
sentenza n. 21748, pronunciata dalla Corte di Cassazione in data 16 ottobre
2007, «qualora una persona malata giaccia
da moltissimi anni (nella specie, oltre 15 anni) in stato vegetativo
permanente, con conseguente radicale incapacità di rapportarsi, in qualsiasi
modo, con il mondo esterno, e sia tenuta artificialmente in vita mediante un
sondino nasogastrico che provvede alla sua
alimentazione ed idratazione, il giudice – su
richiesta del tutore del malato ed in contraddittorio con un curatore speciale
– può autorizzare la disattivazione di tale presidio sanitario (fatta salva
l’applicazione delle misure suggerite dalla scienza e dalla pratica medica
nell’interesse del paziente) unicamente in presenza dei seguenti presupposti
essenziali ed inderogabili:
«a) quando la condizione di stato vegetativo sia, in base
ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile, e non vi sia alcun
fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello
internazionale, che lasci supporre la benché minima possibilità di un qualche,
sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del
mondo esterno;
«b) sempre che l’istanza del
tutore sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e
convincenti, della volontà del paziente medesimo, tratta da sue precedenti
dichiarazioni, ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi
convincimenti, corrispondenti al suo modo di concepire, prima di cadere in
stato di incoscienza, l’idea stessa di “dignità della persona” e della “qualità
della vita”.
«Ove l’uno o
l’altro presupposto non sussista, il giudice deve negare l’autorizzazione,
dovendo allora essere data incondizionata prevalenza al diritto alla vita,
indipendentemente dal grado di salute, di autonomia e
di capacità di intendere e di volere del soggetto interessato e dalla
percezione che altri possano avere della “qualità della vita” stessa».
PARERE DELLA CORTE DEI CONTI DELLA
LOMBARDIA: COMPETE ALLA PROVINCIA PROVVEDERE AL
TRASPORTO DEGLI ALLIEVI CON HANDICAP DELLE SCUOLE SECONDARIE SUPERIORI
Su richiesta del Sindaco del Comune
di Brembate (Bergamo), circa la competenza degli
oneri nel caso in cui il servizio di assistenza scolastica debba essere
assicurato ad alunni con handicap frequentanti la scuola secondaria superiore,
con parere della Corte dei Conti della Lombardia depositato il 18 febbraio
Inoltre ha precisato che, poiché «la frequenza della scuola anche superiore costituisce un diritto
costituzionalmente garantito per i portatori di handicap (…) non può essere
interrotto un servizio reso, interruzione costituente una immotivata
lesione di un diritto costituzionalmente garantito».
Ricordiamo che con sentenza del 22 febbraio 2006 (cfr. Prospettive assistenziali, n. 155, 2006) il Tar
di Salerno aveva ordinato «alla Provincia
di Salerno di provvedere alla assicurazione, in favore della ricorrente, del
servizio di trasporto a titolo gratuito dalla abitazione alla sede scolastica» di
una ragazza «portatrice di handicap con
invalidità al 100% ed iscritta all’Istituto magistrale di S. [che] non era in grado di usufruire degli ordinari
mezzi pubblici di trasporto dal proprio Comune di residenza, B., a quello di
S., ove la scuola era localizzata».
I VEICOLI DEI SOGGETTI CON HANDICAP POSSONO CIRCOLARE IN
TUTTI I COMUNI ITALIANI
Libero accesso ai veicoli delle
persone con disabilità nelle zone a traffico limitato in tutta Italia. Lo ha stabilito
INUTILE L’ISTITUZIONE DI UN GARANTE PER L’INFANZIA
L’Unicef Italia (cfr. Conquiste del
lavoro del 21 marzo 2008) ha proposto al Governo l’istituzione del Garante
per l’infanzia, preposto alla tutela dei diritti dei bambini e degli
adolescenti.
È incredibile che gli esperti del settore, come sono (o
dovrebbero esserlo) i dirigenti dell’Unicef Italia,
si preoccupino della nomina di un Garante per l’infanzia che ne tuteli i
diritti, quando le leggi italiane non riconoscono ai soggetti più deboli (i
minori ed i loro nuclei familiari) alcun diritto esigibile in materia di assistenza sociale.
Come ripetiamo da anni, in materia socio-assistenziale ci
sono solamente gli articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931 (Testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza!) che obbligano i Comuni ad assicurare il
ricovero agli inabili al lavoro privi di mezzi necessari per vivere e cioè ai fanciulli, agli anziani ed ai soggetti con handicap.
Ricordiamo, in particolare all’Unicef
Italia e alla Cisl che fa parte dell’Osservatorio
nazionale per l’infanzia e che sostiene l’istituzione del garante, che nella legislazione vigente
è ancora presente (si veda il 5° comma dell’articolo 8 della legge di riforma
dell’assistenza e dei servizi sociali n. 328/2000) l’odiosa distinzione fra
l’assistenza ai minori nati nel matrimonio (di competenza dei Comuni) e gli
interventi diretti ai fanciulli nati al di fuori di
esso, le cui funzioni continuano ad essere assegnate alle Province dall’ancora
vigente legge 2838 del 1928.
Purtroppo non vi sono Regioni che hanno cancellato detta
assurda separazione, nonostante siano trascorsi quasi otto anni dall’entrata in
vigore della legge 328/2000.
(1) Cfr. gli articoli “Cure
socio-sanitarie domiciliari: una positiva svolta a favore degli anziani cronici
non autosufficienti e dei malati di Alzheimer”; Mauro Perino,
“Cure domiciliari delle persone colpite da patologie invalidanti e da non
autosufficienza: dai buoni di servizio socio-assistenziali agli assegni di cura
sanitaria”; “Accordo dell’Asl To
5 con i Consorzi socio-assistenziali sull’assegno di cura per anziani non
autosufficienti”; “Regolamento per l’erogazione sperimentale di assegni di cura
a beneficio di anziani e persone non autosufficienti”, Prospettive assistenziali, n. 161, 2008.