Prospettive assistenziali, n. 162, aprile-giugno 2008

 

 

Specchio nero

 

 

IL COMUNE DI TORINO SOTTRAE RILEVANTI RISORSE ECONOMICHE ALLE ESIGENZE VITALI DELLA FASCIA Più DEBOLE DELLA POPOLAZIONE

 

A partire dalla sua costituzione (1970) il Csa, Coor­dinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, ha svolto anche una intensa azione volta al trasferimento ai Comuni delle attività e dei beni delle Ipab, Istituzioni pubbliche di assistenza e benefi­cenza.

Grazie soprattutto al Csa, il Comune di Torino ha acquisito a titolo assolutamente gratuito un insieme imponente di patrimoni immobiliari e mobiliari già appartenenti a disciolte Ipab. Inoltre al Comune di torino sono stati trasferiti, anche in questo caso a titolo gratuito, i beni degli enti assistenziali soppressi (Eca, Onmi, Enaoli, Onpi, ecc.).

Nel volantino del Csa, datato 29 novembre 1996, il valore complessivo di detti patrimoni era valutato in almeno mille miliardi delle ex lire.

Da notare che finora il Comune di Torino non ha fornito alcuna notizia circa i beni mobili acquisiti: denaro contante, azioni, obbligazioni, oggetti artistici e di pregio, ecc. Nulla viene detto: sono stati inventariati? Sono spariti?

In base alla legge, tutti i beni mobiliari e immobiliari assegnati ai Comuni e provenienti dalle Ipab disciolte sono obbligatoriamente vincolati alle attività assistenziali.

Se non vengono utilizzati da detto settore, i proventi derivanti dalla locazione degli immobili o dalle loro vendite devono, quindi, essere destinati alla fascia più debole della popolazione, anche allo scopo di rispettare la volontà dei donatori e di incentivare nuovi lasciti.

Fra le centinaia di stabili interi, alloggi, negozi e terreni diventati di proprietà del Comune di Torino, come risulta dalla delibera della Giunta comunale del 14 dicembre 2007, sono stati venduti alla Società Pirelli Real Estate per la somma di 43 milioni di euro i seguenti beni:

- palazzo sito in Torino, Piazza San Carlo 161 - Valore euro 23.466.496,00 - Reddito annuo euro 434.252,00;

- edificio di Piazza Albarello 8 - Valore euro 8.498.520 - Reddito annuo euro 163.643,32;

- fabbricato sito in Torino, Via Bogino 4 - Valore accertato dal Comune euro 1.699.704,00;

- 51% dello stabile di Via Accademia Albertina 38, Torino - Valore euro 3.312.84,68;

- villa Moglia sita in Chieri, Torino  - Valore accertato dal Comune euro 5.995.080,00.

 

Un deplorevole espediente

Nonostante che ai sensi della legge 6972/1890 e della legge della Regione Piemonte 62/1995 i beni delle ex Ipab e degli altri enti disciolti devono, come già precisato, essere obbligatoriamente destinati alle attività socio-assistenziali, la Giunta del Comune di Torino non ha utilizzato i 43 milioni di euro incassati per le esigenze della fascia più debole della popolazione.

Infatti ha trasferito il vincolo di destinazione al settore socio-assistenziale degli immobili di cui sopra ad altri edifici.

Detta sottrazione è stata attuata nonostante che nella città di Torino manchino circa duemila posti letto per gli anziani cronici non autosufficienti e le persone colpite dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile.

A causa della carenza di posti letto, i suddetti malati vengono ricoverati anche a cento chilometri dalla città con le conseguenti rilevanti difficoltà imposte ai loro congiunti (spesso si tratta di persone che hanno superato 80-90 anni) e agli altri familiari di fornire in misura adeguata l’importantissimo sostegno materiale e morale ai ricoverati.

Di fatto si configura una situazione di separazione obbligata volutamente creata dalle autorità comu­nali.

E pensare che il principale responsabile del trasferimento del vincolo di destinazione dei 43 milioni di euro è l’Assessore preposto non solo ai servizi sociali, ma anche al benessere delle famiglie.

Occorre altresì tener conto che nella città di Torino vi sono strutture vuote da anni, facilmente ristrutturabili in residenze per anziani non autosufficienti. Si tratta dell’ex ospedale Martini di Via Cigna, del fabbricato posto nell’area dell’Asses­sorato regionale alla sanità (ex Buon Pastore) di Villa Primule, di un’ala dell’Istituto di riposo per la vecchiaia.

 

Un autorevole parere etico-sociale

In merito alla vicenda in oggetto, ricordiamo che nel dibattito svoltosi a Torino il 12 dicembre 1988 “Principi etici e giuridici in merito al disegno di legge n. 512 della Giunta della Regione Piemonte per la privatizzazione delle Ipab”, organizzato dal Csa e da Prospettive assistenziali, Mons. Giovanni Nervo, all’epoca Coordinatore della Conferenza episcopale italiana per i rapporti chiesa-territorio e Presidente della Fondazione Zancan (1), aveva affermato quanto segue:

«Il primo principio etico, equivale per i credenti ad un Comandamento di Dio: non rubare. I patrimoni delle Ipab sono stati donati da privati cittadini per i poveri. Prima che fossero donati erano di proprietà dei privati, dopo che sono stati donati sono diventati proprietà dei poveri. Questo principio rimane, qualunque siano state le vicissitudini storiche e giuridiche. Ripeto qui quello che ho avuto modo di scrivere su Italia Caritas Documentazione del novembre 1988 e che Santanera ha fedelmente riportato in una sua nota sul problema che dibattiamo oggi: “Come Caritas e come Chiesa mi sembra che dovremmo essere vigilanti e decisi su un punto: sia che i patrimoni delle Ipab passino ai Comuni, sia che passino ai privati, è doveroso e necessario che venga rispettata la volontà dei donatori e che i patrimoni rimangano destinati ai poveri. La cosa non è scontata e finora non c’è nessuna garanzia. Non sarebbe accettabile che il Comune nell’edificio della Ipab facesse il museo, o il centro culturale, o il centro sportivo. Sarebbe ancora meno accettabile che il Consiglio di amministrazione di una Ipab privatizzata ne ricavasse un albergo, o vendesse il patrimonio per investirlo in speculazione edilizia per altri scopi e per interessi diversi da quelli fissati dal donatore. Certo le finalità devono essere aggiornate e adeguate ai bisogni attuali, ma non disattese e stravolte. La Chiesa su questo punto ha una precisa responsabilità morale perché questi patrimoni sono stati messi a disposizione dai donatori nelle sue mani per i poveri”».

 

 

CONTINUANO I FINANZIAMENTI CLIENTELARI ALL’ANMIC, ENS, UNMS, ANMIL E UIC

 

Con l’approvazione della legge 29 novembre 2007, n. 222 i partiti presenti nel Parlamento hanno concesso, con riferimento al 2007, un contributo di un milione di euro a ciascuna delle seguenti organizzazioni: Anmic (Associazione nazionale mutilati e invalidi civili), Ens (Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordi), Unms (Unione nazionale invalidi per servizio), Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) e Uic (Unione italiana ciechi).

Com’è noto si tratta di organizzazioni private che, in base alle norme costituzionali, sono sullo stesso identico livello delle altre strutture che si occupano di persone colpite da handicap.

Pertanto il finanziamento di queste organizzazioni, e non delle altre che svolgono le medesime attività, costituisce non solo un evidente favoritismo, privilegio che è praticato anche da numerose Regioni, ma anche uno spreco del denaro pubblico.

Da notare che alcuni di questi enti, ad esempio l’Anmic, godono di un altro privilegio: quello di ricevere dalle Commissioni sanitarie preposte all’accertamento dell’handicap i nominativi delle persone che presentano istanza per ottenere il riconoscimento dei diritti sanciti dalle leggi vigenti.

Si tratta di una procedura illegittima da parte delle Regioni, che hanno in materia ampie competenze anche legislative, delle Asl, delle sopra citate Commissioni e dell’Anmic in quanto vengono violate le vigenti norme sulla riservatezza dei dati personali.

Molto blanda è stata finora l’azione del Garante per la riservatezza dei dati personali, come si evince anche dal fatto che non ha ancora risposto al reclamo presentato in data 9 luglio 2004 dall’avvocato Federico Cipolla e sollecitato mediante una raccomandata a/r del 7 aprile 2005.

Detto reclamo era motivato dalla comunicazione inviata dall’Anmic di Torino al minore  A. B., con la quale i genitori del fanciullo erano invitati a recarsi presso la sede dell’Anmic per ricevere chiarimenti in merito alla domanda di invalidità.

Da notare che anni or sono una Commissione, costituita dai presidenti dell’Anmic e dell’Unms, nonché dalla libera Associazione mutilati e invalidi civili, dell’Opera nazionale mutilati e invalidi di guerra e dell’Associazione nazionale vittime civili di guerra aveva predisposto un allucinante documento in cui veniva richiesta una estesa esclusione sociale delle persone colpite da handicap.

Infatti, dopo aver premesso che «la generalità dei cittadini invalidi costituisce nel suo complesso un insieme nettamente distinto del popolo italiano» la Commissione «addita pertanto, come indispensabile ed indilazionabile, una radicale e completa riforma di struttura nel settore degli invalidi che, prescindendo dalla causa invalidante, sia attuata differenziando chiaramente i cittadini portatori di invalidità permanenti dai cittadini sani o incidentalmente malati, distinguendosi sotto questo aspetto dalle riforme che oggi lodevolmente la Repubblica affronta nei campi del lavoro, dell’assistenza sanitaria, della istruzione e della casa».

Veniva quindi chiesto che l’auspicata riforma di struttura «preveda la delega dello Stato ad un unico ente di diritto pubblico di ogni azione di pubblico intervento, e quindi dell’istruzione e l’addestramento professionale degli invalidi e del loro collocamento al lavoro, dell’assistenza sanitaria, limitatamente agli esiti dell’invalidità permanente, di quella sociale, morale e giuridica e della cura e di ogni altra provvidenza che possa essere a loro rivolta».

L’amministrazione di questo ente di diritto pubblico doveva «essere espressione diretta ed esclusiva delle associazioni di categoria».

Dunque, sono state finanziate anche organizzazioni che nel recente passato non hanno affatto operato a favore dell’integrazione sociale delle persone con handicap.

 

 

 

(1) Cfr. Prospettive assistenziali, n. 90, 1990.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it