Interrogativi
SI PUÒ FERMARE
LA REGRESSIONE CIVILE TEMUTA DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA?
Nel messaggio del 2 giugno 2008 il Capo
dello Stato ha ricordato la nascita della Repubblica, avvenuta «tra grandi speranze e potendo contare sulla
volontà allora diffusa tra gli italiani di ricostruire e far rinascere il
Paese, in un clima di libertà, attraverso uno sforzo straordinario di
solidarietà e unità». Ha espresso tutta la sua preoccupazione «in questo momento per il crescere di
fenomeni che costituiscono invece la negazione dei principi e valori
costituzionali», chiudendo il discorso con un importante appello: «Chiedo a
quanti, cittadini e istituzioni, condividano questa preoccupazione, di fare la
loro parte nell’interesse generale, per fermare ogni rischio di regressione
civile in questa nostra Italia, che sente sempre vive le sue più profonde
tradizioni storiche e radici umanistiche. Costruiamo insieme un costume di
rispetto reciproco, nella libertà e nella legalità, mettiamo a frutto le grandi
risorse di generosità e dinamismo che l’Italia mostra di possedere».
Il Presidente Napolitano chiede di «fermare ogni rischio di regressione civile
in questa nostra Italia». Ma non siamo già ora in una condizione di
regressione civile?
I valori della tabella sottostante si riferiscono alle
somme che lo Stato dà ai suoi manager più prestigiosi. Sono raffrontate con
quanto, invece, offre a chi, infrasessantenne, ha un handicap gravemente invalidante, è incapace di svolgere
qualsiasi attività lavorativa e la pensione è la sua sola risorsa per vivere.
Nome e cognome |
Titolo |
Redditi 2006 manager pubblici * |
Reddito 2006 soggetto con handicap gravemente invalidante |
Rapporto tra colonna 3 e colonna 4 |
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euro |
euro |
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1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
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Piero Gnudi |
Presidente Enel |
3.309.048 |
3.095 |
1069 a 1 |
Roberto Poli |
Presidente Eni |
3.244.654 |
» |
1048 a 1 |
Andrea Monorchio |
Presidente Consap |
3.074.873 |
» |
993 a 1 |
Pier Fr. Guarguaglini |
Presidente Finmeccanica |
2.838.492 |
» |
917 a 1 |
Paolo Scaroni |
Ammin. Delegato Eni |
2.248.088 |
» |
726 a 1 |
Vittorio Mincato |
Presidente Poste Italiane |
920.639 |
» |
297 a 1 |
Mario
Draghi |
Governatore
Banca d’Italia |
723.148 |
» |
234 a 1 |
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* Dati tratti da “Stipendi dei
manager pubblici”, Il Giornale, 28
giugno 2008 |
Per ragioni di omogeneità i dati
confrontati sono quelli del 2006. I 3.095 euro annui (corrispondenti a € 238,07
per 13 mensilità) percepiti da un soggetto con handicap nel 2008 diventano €
3.469.
Il rapporto di 234 a 1 è il più basso di
quelli in tabella, ma non per questo è meno impietoso del clamoroso 1069 a 1.
Sono numeri che potrebbero essere la codifica delle parole indifferenza,
ingiustizia, egoismo. Eppure a rappresentare da solo tutte le accezioni del
termine inciviltà è l’importo di 3.095 euro all’anno quando, e lo vogliamo
ribadire, è la sola fonte di reddito.
Ma di raffronti come questi, purtroppo,
se ne potrebbero fare migliaia, non manca l’abbondanza e neppure la varietà.
Che cosa ne pensa il Presidente della Repubblica?
La macchina dello Stato il nostro
Presidente la conosce molto bene. Dal 1953, anno in cui per la prima volta
diventa deputato, ha ricoperto ruoli istituzionali sempre più importanti. La sua attività parlamentare si è svolta nella fase
iniziale in seno alla Commissione bilancio e partecipazioni statali. Nell’XI legislatura, il 3 giugno 1992, è stato eletto Presidente
della Camera dei Deputati. Dal giugno 1999 al giugno 2004 è stato Presidente
della Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo.
Quando gli iniqui modi di
agire dello Stato sono così radicati e diffusi non c’è forse il timore
che anche l’indignazione con l’abitudine a poco a poco si ottunda? Se la temuta regressione civile nasce anche da qui,
dall’immutabilità delle cose, il senso etico non potrebbe rischiare
un’implosione proprio a causa dei disvalori, dalle sacche di privilegio che si
annidano in certi apparati statali? La rinascita di un forte senso etico,
baluardo contro la regressione civile, non potrebbe cominciare proprio dalle
principali istituzioni dello Stato? Non sarebbe questo un modo per indurre i
cittadini a seguire valori positivi?
Anche la situazione dei più deboli,
specchio proprio della civiltà in una nazione, non è la stessa in tutta Europa.
Al Presidente Napolitano, fine conoscitore del diritto, della storia
comunitaria, certo non può sfuggire questo aspetto.
Riportiamo l’articolo di Carmen
Sorrentino apparso sul sito di Luca Coscioni in data
5 maggio 2008, http://www.lucacoscioni.it/invalidi_ne_poveri_ne_sottomessi,
per un semplice confronto tra Italia e Francia. «Nelle scorse settimane la stampa francese
ha riportato la notizia di un’imponente manifestazione organizzata il 29 marzo
a Parigi, cui hanno preso parte circa 30mila persone con disabilità, malati
cronici, invalidi e invalidi sul lavoro. Il dato che colpisce è la quantità di
organizzazioni che l’Association des
paralysés de France (Associazione dei paralizzati di
Francia) è riuscita a coinvolgere in un unico collettivo. Rispondendo
all’appello “Ni pauvre, ni soumis” (“né
povero né sottomesso”), circa ottanta associazioni di origine diversa si sono
unite per chiedere un aumento sostanziale delle pensioni di invalidità. Questo
evento offre l’occasione per cominciare ad affrontare il tema delle pensioni di
invalidità in Italia e in Europa. Dal 2005, “l’allocation
aux adultes handicapés” (“la pensione di invalidità in Francia”), è di
628,10 euro, senza contare le prestazioni assistenziali e la fornitura di
ausili».
E allora, ritornando alle parole del
nostro Capo di Stato pronunciate in occasione della festa della Repubblica, a «fare la loro parte nell’interesse generale»
non dovrebbero essere prima di tutto proprio le istituzioni? Non è forse
compito dello Stato tracciare quelle linee guida che consentono, come ha detto
il Presidente Napolitano, di mettere «a frutto le grandi risorse di generosità e
dinamismo»?
Nel suo discorso del 3 dicembre 2007, in occasione
della giornata internazionale delle persone con disabilità, il Capo di Stato si
dimostra sensibile al problema. «È
impossibile non capire che tali eventi riguardano e possono riguardare tutti,
direttamente o nelle persone dei propri famigliari. Sono poche le famiglie
italiane che non abbiano o non abbiano avuto tra i loro parenti una persona
disabile o un anziano non autosufficiente. Perciò non impegnarsi a costruire un
habitat giuridico, fisico e culturale amico della disabilità significa ignorare
una grande questione di umanità e civiltà».
Perché allora la sua Segreteria generale non gli fa
pervenire le istanze che giungono dai cittadini?
Roberto Tarditi, presidente
dell’Associazione “Mai più istituti di assistenza”, colpito da handicap
grave, il 6 ottobre 2006 ha inviato una
lettera al Capo dello Stato (1) affinché solleciti le istituzioni competenti a
prendere iniziative volte al rispetto dei diritti delle persone con patologie
invalidanti. Nella sua missiva Tarditi sottolinea la
sua storia di emancipazione dal Cottolengo (2), la
misera pensione al di sotto del limite vitale (3), che costantemente mette in
pericolo la sua indipendenza costruita faticosamente. Domanda al Presidente
Napolitano «dove sia finito egualitarismo
e garantismo del diritto dal momento che chi ha maggiori difficoltà percepisce
economicamente minori aiuti!».
Lo stesso Csa (Coordinamento
sanità e assistenza fra i movimenti di base) che raggruppa 23 associazioni di
volontari, in data 4 ottobre 2006 ha chiesto un incontro con il Presidente per
evidenziare la drammatica situazione delle «persone
incapaci a causa di malattie o di handicap invalidanti». C’è stato un
sollecito in data 31 maggio 2007 e il 23 luglio 2007 il Consigliere del
Presidente risponde che «il programma
degli impegni non consente al Presidente Napolitano di ricevere in udienza una
delegazione del Csa». Nella replica al
Consigliere Ruffo non resta al Csa
che esprimere la delusione per come si chiude l’epistolario.
Non dovrebbe il Presidente della Repubblica poter
valutare personalmente le richieste provenienti dalla società civile? Non
sarebbe questo il primo passo per «fermare
ogni rischio di regressione civile in questa nostra Italia»?
Le
famiglie adottive impongono ai loro figli di dimenticare
le loro radici?
Non è preoccupante che, nell’intervista pubblicata sul
n. 2/2008 (e-mail 28/4/08, vedere lettera a Lidia Goldoni) di Servizi Sociali Oggi, Franco Occhiogrosso, che riveste le funzioni pubbliche di Presidente
del Tribunale per i minorenni di Bari e del Centro nazionale di documentazione
ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza, rivolga accuse infamanti alle
famiglie adottive asserendo che ve ne sarebbero che ai loro figli imporrebbero «ferocemente» di dimenticare le loro
radici?
Questa affermazione, non suffragata da alcuna prova, è
stata diffusa dallo stesso Occhiogrosso con lo scopo
di screditare l’adozione legittimante ponendo il suddetto termine «ferocemente» in contrapposizione con
l’adozione cosiddetta mite, fra l’altro inesistente nel nostro sistema
giuridico.
Se vi sono famiglie inidonee, la responsabilità non
ricade soprattutto sui tribunali
per i minorenni ai quali la legge vigente attribuisce il compito di accertare
l’idoneità di coloro che presentano istanza di adozione?
D’altra parte se vi sono famiglie adottive inidonee,
occorre tener presente che spetta al Tribunale per i minorenni la loro
selezione/preparazione e che la questione dell’informazione all’adottato della
sua situazione di figlio adottivo è un aspetto di fondamentale importanza per
la valutazione dell’idoneità delle famiglie adottive.
Nelle problematiche riguardanti il presente e il
futuro di qualsiasi persona, nel caso in esame le decine di migliaia di
famiglie adottive (figli, genitori, altri congiunti), non occorrerebbe
utilizzare argomentazioni serie e non offensive, evitando superficialità,
facilonerie e inganni?
In merito all’adozione il dotto giurista-moralista
Padre Salvatore Lener, fra l’altro anche autorevole
redattore di Civiltà cattolica, ha
sostenuto che l’adozione di un bambino è equiparabile a un innesto,
affermazione che trova positivo riscontro nella natura.
Infatti se si procede, ad esempio, all’innesto di un
pesco su un susino, tutti i frutti, belli o brutti, buoni o cattivi, sono
sempre e solo pesche, allo stesso modo di ciò che avviene quando le radici sono
di pesco.
dottor Occhiogrosso, non è
questo il vero concetto dell’adozione? Mentre la base biologica dei figli
adottivi è fornita da coloro che li hanno generati, la loro personalità, i loro
sentimenti, le loro concezioni etiche e sociali, non sono il frutto dei
rapporti affettivi stabiliti con coloro che si sono fatti carico della loro
vita e della loro formazione?
A ben vedere, superando concezioni antiquate ma ancora
presenti nella nostra cultura, il rapporto tra i genitori e figli non influisce
notevolmente sulla personalità degli stessi genitori per cui si può affermare
che le relazioni fra i genitori e i figli (biologici o adottivi) sono
reciprocamente formative?
Il concetto di vera filiazione e autentica maternità e
paternità è stato accolto dal Concilio ecumenico vaticano II che, nel decreto
sull’apostolato dei laici, fra le varie opere di apostolato familiare ha
indicato al primo posto l’adozione.
Occorre, però, puntualizzare che l’espressione
ufficiale «infantes
derelictos in filios adoptare» esprime, diversamente dalla traduzione
italiana («adottare come figli i bambini
abbandonati») non il semplice paragone «come
figli», ma «la risultanza effettiva
di piena filiazione».
Quali valutazioni dà il Presidente del Tribunale per i
minorenni di Bari alle considerazioni espresse dal Papa Giovanni Paolo II
nell’incontro del 5 settembre 2000 con le famiglie adottive, visto che ha
dichiarato che «adottare dei bambini,
sentendoli e trattandoli come veri figli, significa riconoscere che il rapporto
tra i genitori e figli non si misura solo sui parametri genetici. L’amore che
genera è innanzitutto dono di sé. C’è una “generazione” che avviene, attraverso
l’accoglienza, la premura, la dedizione. Il rapporto che ne scaturisce è così
intimo e duraturo, da non essere per nulla inferiore a quello fondato
sull’appartenenza biologica. Quando esso, come nell’adozione, è anche
giuridicamente tutelato, in una famiglia stabilmente legata da vincolo matrimoniale,
esso assicura al bambino quel clima sereno e quell’affetto, insieme paterno e
materno, di cui egli ha bisogno per il suo pieno sviluppo umano. Proprio questo
emerge dalla vostra esperienza. La vostra scelta e il vostro impegno sono un
invito al coraggio e alla generosità per tutta la società, perché questo dono
sia sempre più stimato, favorito e anche legalmente sostenuto»?
Che cosa pensa, infine, del messaggio inviato dal
Cardinale Carlo Maria Martini ai partecipanti del convegno “Bambini senza famiglia
e adozione” svoltosi a Milano il 15-16 maggio 1997 in cui ha precisato che «la maternità e la paternità non si
identificano semplicemente con la procreazione biologica, perché “nato da” non
è sinonimo di “figlio di”»?
(1) Cfr.
“Lettera al Presidente della Repubblica”, Prospettive
assistenziali, n. 156, 2006.
(2) Cfr. Emilia
De Rienzo e Claudia Figueiredo, Anni senza vita al Cottolengo, Rosenberg
& Sellier, Torino.
(3) Cfr. Roberto Tarditi, “Come si fa a vivere con 242,84 euro al mese”, Prospettive assistenziali, n. 158, 2007.