LA CORTE COSTITUZIONALE RESPINGE L’UTILIZZO
DELL’ADOZIONE IN CASI
PARTICOLARI FINALIZZATA ALLA SOTTRAZIONE DI UN
MINORE AL PROPRIO GENITORE
Nello scorso numero di Prospettive assistenziali sono state
evidenziate le gravissime conseguenze della sentenza del Tribunale per i
minorenni di Torino in base alla quale «l’adozione
in casi particolari del minore A. è stata disposta nonostante non fosse
intervenuta la dichiarazione di adottabilità, pronunciamento (…) stabilito dal
Parlamento per evitare la sottrazione ai nuclei familiari in difficoltà dei
minori non totalmente privi di assistenza materiale e morale da parte del loro
nucleo familiare di origine» (1). Da notare, inoltre, che, in netto
contrasto con le vigenti norme, detta adozione è stata disposta nonostante
l’opposizione della madre esercente i poteri parentali.
La sentenza del Tribunale per i minorenni di Torino e
le iniziative di quello di Bari concernenti la cosiddetta adozione mite (2)
dimostrano che è in atto una tendenza volta a inserire in via definitiva presso
famiglie adottive i minori di nuclei familiari in gravi condizioni di disagio
psico-socio-economico, utilizzando in modo strumentale la lettera d)
dell’articolo 44 della legge 184/1983 (3).
Al riguardo, pur riconoscendo che le disposizioni di
cui sopra sono contraddittorie, ci sembra di dover rilevare che esse non
dovrebbero essere interpretate a favore di coloro che richiedono detta forma di
adozione, ma valutate in modo da evitare la sottrazione dei minori non
dichiarati adottabili ai loro nuclei d’origine, soprattutto se si considera che
le vigenti leggi nazionali e regionali non prevedono alcun diritto esigibile
alle persone e ai nuclei familiari in difficoltà (4).
La sentenza
della Corte costituzionale
Di particolare rilievo la sentenza della Corte
costituzionale n. 315 del 10 luglio 2007, depositata in Cancelleria il 20 dello
stesso mese, che ha impedito la sottrazione di un figlio al proprio padre
biologico, sottrazione che era stata disposta dal Tribunale per i minorenni di
Venezia mediante una strumentale interpretazione, anche in questo caso,
dell’articolo 44 della legge 184/1983, ma riferita alla let-tera b) (5).
La richiesta di adozione nei casi particolari era
stata presentata dal signor P.A. il quale «in
data 21 febbraio 2004 aveva contratto matrimonio con N.D., che già da otto anni
con lui conviveva unitamente ai figli B., F. e N., nati dal precedente
matrimonio con B.L.».
La separazione consensuale tra N.D. e B.L. era
avvenuta nel 1996 e la cessazione degli effetti civili del loro matrimonio era
stata dichiarata nel 2003.
I figli B., F. e N. erano stati affidati alla madre
N.D. con l’obbligo del padre B.L. di concorrere al loro mantenimento, obbligo
che da quanto risulta nel provvedimento in oggetto, quest’ultimo «non vi aveva mai ottemperato, tralasciando
di curare anche il rapporto affettivo con essi ed in particolare con N., nato
il 3 settembre 1992, limitandosi a pochi incontri con il figlio minore
nonostante la previsione del suo diritto di visita sia nella separazione sia
nel divorzio».
Nella sentenza viene, altresì, precisato che N. «dall’età di due anni, aveva prima vissuto
solo con la madre e poi dal 1996, con la nuova famiglia composta, oltre che
dalla madre e dal fratello maggiore F., anche da esso ricorrente» e cioè
dal secondo marito signor P.A.
Allo scopo di «tutelare
al meglio i figli», la signora N.D., nonostante una grave malattia in atto,
aveva contratto matrimonio con detto signor P.A.
Ciò premesso il signor P.A. presentava istanza di
adozione sostenendo che «era interesse
primario del minore N. vivere nell’habitat attuale, presso la famiglia dello stesso sempre conosciuta, vale a dire
quella costituita da esso ricorrente, dal fratello F. e dalla sorella
maggiorenne B., anch’essa andata a stare in tale nucleo».
Ad avviso del ricorrente, la richiesta di adozione,
presentata al Tribunale per i minorenni di Venezia, doveva essere accolta ai
sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera b) della legge 184/1983 «affermando l’esistenza dei presupposti di
legge e l’irrilevanza dell’eventuale dissenso del padre biologico B.L.».
Nonostante l’opposizione del padre, il Tribunale per i
minorenni di Venezia «dichiarava farsi
luogo all’adozione del minore B. da parte di P.A.» con la sorprendente (a
nostro avviso) motivazione che il signor P.A. ne era legittimato in quanto «la morte della donna non aveva fatto
cessare tutti gli effetti che la legge riconosce al matrimonio».
Inoltre lo stesso Tribunale riteneva non ostativa
all’adozione di cui al citato articolo 44 della legge 184/1983 «la mancanza di assenso da parte del B.L.,
padre legittimo del minore, in quanto, se anche egli non era decaduto dalla
potestà sul figlio, tuttavia, non avendola di fatto esercitata, venendo meno al
dovere di responsabilità che l’istituto richiede, non poteva essere ritenuto il
genitore esercente la potestà, essendo stata ex articolo 155 del codice civile
solo la madre, fino alla morte, a curarsi del figlio, mentre egli pur dopo la
morte della moglie divorziata, non aveva mai, appunto, esercitato in concreto
quei poteri, doveri e oneri che integrano l’esercizio della potestà
genitoriale».
Le affermazioni del Tribunale per i minorenni di
Venezia erano state contestate dal signor B.L. il quale, come risulta dalla
sentenza della Corte costituzionale, aveva precisato che l’esercizio della
patria potestà sul figlio gli era stato «illegittimamente
impedito dall’atteggiamento ostativo» dell’ex moglie e aveva affermato «di aver sempre avuto un ottimo rapporto con
il figlio e di avere, dopo al morte della madre, inutilmente chiesto la
consegna del minore».
A seguito del ricorso del padre del minore contro la
sentenza del Tribunale per i minorenni, la Corte di Appello di Venezia con
ordinanza depositata il 21 aprile 2006 «ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 44, comma 1,
lettera h) della legge 4 maggio 1983, n. 144 (…) nella parte in cui non consente al coniuge sopravvissuto,
in caso di morte dell’altro coniuge, genitore del minore che s’intende adottare,
di chiedere l’adozione del medesimo», in quanto il secondo comma
dell’articolo 46 della succitata legge 184/1983 «esclude che il Tribunale possa superare il diniego di assenso del
genitore del minore adottando, che sia nel pieno possesso della potestà
genitoriale, anche quando detto diniego sia contrario al primario
interesse del minore».
Dopo aver stabilito che condizione indispensabile
affinché possa essere pronunciata l’adozione nei casi particolari è l’esistenza
«del rapporto di coniugio fra chi intende
procedere all’adozione e il genitore del minore adottando», rapporto che
era venuto meno a seguito del decesso della madre di N., la Corte
costituzionale ha confermato che non può essere superato «il diniego di assenso del genitore del minore adottando, che sia nel
pieno possesso della potestà genitoriale».
(1) Cfr.
Francesco Santanera, “Preoccupante sentenza del Tribunale per i minorenni di
Torino sull’adozione nei casi particolari”, Prospettive
assistenziali, n. 162, 2008.
(2) In merito
all’adozione mite (o aperta) sono stati pubblicati su Prospettive assistenziali i seguenti articoli: Francesco Santanera,
“L’adozione mite: come valorizzare la vera adozione”, n. 147, 2004; Francesco
Santanera, “Un disegno di legge del Governo contrario alle esigenze di minori
stranieri senza famiglia”, n. 150, 2005; Francesco Santanera, “Ordinanza della
Corte costituzionale in merito all’adozione di minori stranieri da parte di
persone singole”, n. 151, 2005; “Chiesto il ritiro delle proposte di legge n.
5724 e 5725 sulle adozioni aperte e miti e sull’affidamento familiare
internazionale” e “Altre prese di posizioni contrarie al disegno di legge del
Governo su adozione e affido internazionali” n. 152, 2005; Francesco Santanera,
“L’adozione mite: una iniziativa allarmante e illegittima, mai autorizzata dal
Consiglio superiore della magistratura”, n. 154, 2006; “L’adozione da parte di
persone sole: travisate le dichiarazioni del Cardinale Martini”, n. 155, 2006;
Francesco Santanera, “Gravemente inadeguate le proposte di legge presentate al
Parlamento in materia di adozione e di affidamento di minori a scopo
educativo”, n. 156, 2006; Francesco Santanera, “L’affidamento familiare a scopo
educativo: le condizioni per non sottrarre indebitamente i minori ai loro
nuclei di origine”, n. 157, 2007; “L’adozione mite: una inquietante iniziativa
del Presidente della Corte di appello di Bari”, n. 158, 2007; “Considerazioni
in merito alle linee guida della Regione Puglia sull’affidamento familiare”, n.
159, 2007; Luigi Fadiga, “Adozione mite: sì? o no?”, n. 161, 2008.
(3) L’articolo
44 della legge 184/1983 riguardante l’adozione in casi particolari, è così
redatto: «I minori possono essere
adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1
dell’articolo 7 [e cioè anche nei casi in cui non sia stata pronunciata la
dichiarazione di adottabilità, n.d.r.]: (…) d) quando vi sia la constatata
impossibilità di affidamento preadottivo». Da notare che l’affidamento
preadottivo può essere disposto esclusivamente nei confronti di minori
dichiarati in stato di adottabilità.
(4) L’articolo
22 della legge della Regione Piemonte n. 1/2004 prevede che le condizioni di
bisogno dei soggetti in difficoltà diventino diritti esigibili solo quando gli
Enti gestori delle attività socio-assistenziali ne abbiano definito le modalità
di accesso. A questo proposito si vedano su Prospettive
assistenziali gli articoli “La nuova legge regionale piemontese
sull’assistenza” di Giuseppe D’Angelo, n. 147, 2004 e “Delibera del Consorzio
tra i Comuni di Collegno e Grugliasco per l’individuazione dei diritti dei
destinatari degli interventi socio-assistenziali”, n. 153, 2006.