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NO ALLA CULLA/RUOTA DI GENOVA

Riportiamo il testo della lettera inviata in data 22 maggio 2008 dal Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base), all’Arcivescovo di Genova Cardinale Angelo Bagnasco e Presidente dell’ospedale Galliera; al Direttore generale di detto ospedale, Adriano Lagostena; al Presidente Lions Club Genova Eur, Giorgio Curti e per conoscenza al Direttore di Avvenire, Dino Boffo.

In merito alla notizia apparsa su Avvenire dell’8 maggio 2008 concernente l’inaugurazione presso l’Ospedale Galliera di una “culla della vita”, questo Coordinamento, che funziona ininterrottamente dal 1970, osserva che detta iniziativa, al di là delle in­tenzioni, è del tutto negativa in quanto non tiene conto né delle esigenze fondamentali delle partorienti in gravi condizioni di disagio, né delle leggi vigenti. L’installazione di culle, pur essendo attrezzate secondo le tecniche più moderne, ha uno scopo analogo a quelle delle ruote medioevali. Una volta, secoli fa, le ruote erano state create, com’è noto, per assicurare la sopravvivenza ai bambini che le partorienti non intendevano allevare. Allora il parto avveniva soprattutto in casa o presso donne che, spesso senza alcuna preparazione professionale, svolgevano il compito di ostetriche: le partorienti che non volevano o non potevano provvedere al bambino, lo depositavano sulla ruota esse stesse o tramite persone di loro fiducia. Attualmente la stragrande maggioranza dei parti ha luogo in ospedale, assicurando in tal modo alle donne e ai loro nati la necessaria tutela sanitaria. Se il neonato non viene riconosciuto, com’è facoltà di tutte le donne, comprese quelle sposate (cfr. la sentenza della Corte costituzionale n. 171/1994), la legge garantisce il segreto del parto.

A questo riguardo si ricorda che l’ancora vigente legge 6 dicembre 1928, n. 2838, richiamata dal quinto comma dell’articolo 8 della legge 328/2000, stabilisce che le Amministrazioni provinciali devono assistere i fanciulli figli di ignoti ed i bambini nati fuori dal matrimonio riconosciuti dalla madre in condizioni di disagio socio-economico; prevede altresì che «nelle Province, nelle quali lo consiglino le condizioni locali, l’assistenza al fanciullo deve, ove sia possibile, avere inizio all’epoca della gestazione della madre».

Ciò premesso, si segnala alle S.V. che, su iniziativa di questo Coordinamento, tenuto conto che le esigenze delle donne in gravi difficoltà anche economiche e dei bambini esigono che il parto avvenga in ospedale e che esse non possono uscire da dette strutture con un bambino non riconosciuto, l’Asses­sorato alla solidarietà sociale della Provincia di Torino e l’Associazione promozione sociale hanno organizzato il convegno nazionale “Il diritto di tutti i bambini fin dalla nascita alla famiglia e la prevenzione dell’abbandono” che si è svolto a Torino il 21 ottobre 2005 con la partecipazione di oltre trecentocinquanta persone (amministratori di Regioni, Province e Comuni; magistrati; operatori sanitari e sociali; volontari, ecc.) (1).

Le disposizioni emanate dalla Regione Piemonte

A seguito delle risultanze emerse dal suddetto convegno, di cui si allega una sintesi dei lavori, la Regione Piemonte ha approvato sia la legge 2 maggio 2006, n. 16, sia la delibera n. 22-4914 del 18 dicembre 2006. Mediante detti atti ha trasferito dalle otto Province piemontesi a quattro istituzioni (Comu­ni di Torino e di Novara, Consorzi dei servizi socio-assistenziali dell’alessandrino e del cuneese) le funzioni relative alle gestanti e alle madri (comprese quelle prive del permesso di soggiorno), nonché ai minori. I sopra citati enti sono tenuti ad applicare le seguenti “linee guida” precisate nella sopra richiamata delibera:

«a) gli interventi devono essere erogati sulla base di un progetto individuale che tenga conto delle varie tipologie di donne che si trovano a vivere una gravidanza accidentale, non desiderata e non desiderabile, e pertanto della casistica delle utenti e di come tali situazioni possono riguardare contesti diversi. Occorre inoltre considerare che le gravidanze non volute provocano quasi sempre traumi gravi alle donne, lasciate in solitudine, spesso anche dal proprio partner. Gli interventi devono essere finalizzati ad offrire alle gestanti la possibilità anticipata di riflettere, di verificarsi e di decidere con serenità e autonomia. Devono, inoltre, consentire agli operatori sanitari e sociali di effettuare una valutazione delle capacità e potenzialità personali e sociali delle donne interessate, con riferimento alla possibilità di accudire il proprio nato e di seguirne in modo adeguato il processo di crescita.  Al fine di consentire la realizzazione di tale percorso di maturazione e valutazione è da prevedere che il sostegno delle gestanti avvenga anche mediante l’inserimento – per le donne che richiedano di vivere lontano dal normale ambiente di vita – nelle strutture individuate tra le tipologie previste dalla delibera della Giunta regionale n. 41-12003 del 15 marzo 2004 “Tipologia, requisiti strutturali e gestionali delle strutture residenziali e semiresidenziali per minori”. Al riguardo occorre tenere conto della opportunità di tenere separate le gestanti che hanno deciso il riconoscimento da quelle incerte e da quelle che hanno deciso il non riconoscimento. Durante la fase del parto, alle gestanti deve essere assicurato il necessario sostegno finalizzato a far sì che le problematiche relative al riconoscimento o meno del nascituro vengano affrontate nei tempi e nei modi adeguati».

Conclusioni e richieste

Dalle disposizioni regionali sopra riportate risulta evidente la necessità della predisposizione di interventi volti alle gestanti in difficoltà e l’illogicità della predisposizione di culle/ruote, iniziativa che contrasta nettamente con il diritto delle partorienti, delle madri e dei bambini di ricevere le necessarie prestazioni presso idonee strutture. Ad avviso di questo Coordinamento, sarebbe auspicabile che le S.V. operassero affinché anche la Regione Liguria assumesse provvedimenti analoghi a quelli approvati dalla Regione Piemonte. Un ruolo importante può, inoltre, essere svolto dalle S.V. per fornire una corretta informazione circa la legislazione vigente in Italia sulle funzioni assegnate agli ospedali, nonché in merito agli interventi che gli enti pubblici, preposti all’assistenza delle gestanti, delle madri e dei bambini, sono tenuti a fornire a titolo gratuito e con l’assoluta garanzia del segreto del parto.

 

ANCHE LE ASL E IL COMUNE DI TORINO RICONOSCONO IL DIRITTO ALLE CURE

SANITARIE E SOCIO-SANITARIE DEGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI

Dopo  anni  di  insistenze  da  parte  del  Csa (Coor­di­na­mento sanità e assistenza fra i movimenti di base),  le Asl To 1 e To 2 ed il Comune di Torino hanno predisposto una “Rubrica dei presidi per anziani” contenente le informazioni concernenti i diritti di detti soggetti, il relativo percorso socio-sanitario, le notizie sulle strutture residenziali (indirizzi, capienza, prestazioni, retta giornaliera, ecc.).

Di particolare importanza il paragrafo concernente i diritti che riportiamo integralmente: «Il Servizio sanitario nazionale, in applicazione del decreto legislativo 502/1992 e del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001 recepito in Piemonte dalla delibera della Giunta regionale 11389 del 23 dicembre 2003 “Accordo Regione-territorio per l’applicazione dei Lea sull’area socio-sanitaria”, assicura a tutti i cittadini le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. Contestualmente, a livello territoriale con la legge regionale 1/2004 in conformità alla legge di riforma dell’assistenza n. 328/2000, vengono attribuiti al sistema integrato di interventi e servizi sociali le funzioni di prevenire, eliminare o ridurre le condizioni di disabilità, di bisogno nonché di disagio sociale e familiare derivante da situazioni di inadeguatezza socio-economica e culturale. Con gli atti amministrativi specifici la Regione Piemonte ha indicato un percorso di sostegno per le persone anziane non autonome, assicurando risposte assistenziali alle loro necessità di tutela della salute e continuità delle cure, attraverso la presa in carico globale da parte di tutti i servizi socio-sanitari zonali e sovrazonali. Tale percorso, denominato di continuità assistenziale, comprende la rete delle risposte erogate sia nelle fasi di acuzie e post acuzie (interventi di dimissioni protette, ospedalizzazione domiciliare, cure domiciliari) sia nella fase di lungoassistenza.

«La fase della post acuzie (fase “estensiva” dell’assistenza in regime di ricovero) è connotata da un rilevante impegno terapeutico e riabilitativo e prevede la titolarità e la totale presa in carico da parte dei servizi sanitari delle Asl; questo comporta l’esigibilità del diritto alla prestazione da parte dell’utente e l’assunzione della totalità degli oneri a carico delle Asl per un periodo massimo di due mesi.

«La fase della lungoassistenza è invece connotata da un minore impegno terapeutico e/o riabilitativo e prevede la titolarità sanitaria e la presa in carico congiunta socio-sanitaria. Presupposto indispensabile è la valutazione congiunta socio-sanitaria delle persone da parte delle Unità di valutazione geriatrica (Uvg). La duplice valenza sanitaria e sociale di tutti gli interventi attivati in questa fase comporta l’assunzione degli oneri in parte a carico della sanità e in parte a carico del cittadino, con eventuale supporto del Comune, se di diritto».

Segnaliamo inoltre che nella pubblicazione in og­getto viene confermato che la quota alberghiera è a carico della persona ricoverata nell’ambito delle sue personali risorse economiche, senza alcun onere per i suoi congiunti conviventi o non conviventi.

 

FONDI DEL 5 PER MILLE 2008:

SOLIDARIETÀ ALL’AGA KHAN & C.

Come la prendereste se vi dicessero che il vostro 5 per mille potrebbe andare allo Yacht Club Costa Smeralda (Yccs) di proprietà del sovrano ismailita, oppure ad ingrossare il bicipite di un culturista? Probabilmente non bene, però è meglio che cominciate a farci l’abitudine perché a partire da quest’anno tutte le associazioni sportive che non hanno fini di lucro – e tra queste c’è anche lo Yccs e il Pevero Golf Club, sempre di Porto Cervo – hanno diritto a sedersi alla tavola della solidarietà imbandita con il contributo del 5 per mille. L’invito, come era prevedibile, è stato accolto con entusiasmo da altre organizzazioni: 61 Golf Club, 37 Yacht Club, 294 palestre, migliaia di altre associazioni sportive dilettantistiche, per un totale di 43.583; il 56%  degli aventi diritto, diecimila più delle Onlus. A fornire questi dati sconcertanti è la rivista del non profit Vita del 18 aprile 2008, che girando il coltello nella piaga sottolinea come sia sufficiente un’autocertificazione convalidata dal Coni provinciale (salvo poi una verifica a posteriori da parte della Guardia di Finanza) per godere dell’ammissione al contributo. E allora, come sostiene anche Carlo Mazzini, esperto del settore, occorre sperare che dietro questa improvvida decisione non ci sia lo squallido  intento da parte di qualcuno di garantirsi un facile consenso elettorale.

In ogni caso, per ragioni di evidente giustizia, occorrerebbe che i proventi del 5 per mille venissero destinati esclusivamente agli enti che operano nel settore  della solidarietà sociale.

 

IL CONSIGLIO DI STATO CONFERMA LA COMPETENZA DELLE PROVINCE

PER IL TRASPORTO DEGLI ALLIEVI NON DEAMBULANTI FREQUENTANTI

LA SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE

Nello scorso numero abbiamo segnalato il parere emesso dalla Corte dei Conti della Lombardia il 18 febbraio 2008 secondo cui «la Provincia ha l’obbligo di attivarsi per lo svolgimento del servizio» di trasporto dall’abitazione alla sede scolastica e viceversa degli allievi non deambulanti frequentanti la scuola secondaria superiore e abbiamo altresì ricordato che con sentenza del 22 febbraio 2006 (cfr. Prospettive assistenziali, n. 155, 2006) il Tar di Salerno aveva ordinato «alla Provincia di Salerno di provvedere alla assicurazione, in favore della ricorrente, del servizio di trasporto a titolo gratuito dalla abitazione alla sede scolastica» di una ragazza «portatrice di handicap con invalidità al 100% ed inserita all’istituto magistrale di S. [che] non era in grado di usufruire degli ordinari mezzi pubblici di trasporto dal proprio Comune di residenza, B., a quello di S., ove la scuola era localizzata».

Contro il provvedimento di cui sopra, la Provincia di Salerno ha presentato ricorso al Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 2361/2008 dell’11 dicembre 2007, depositata in Segreteria il 20 maggio 2008, ha confermato la decisione del Tar di Salerno, ribadendo che «il supporto organizzativo all’integrazione scolastica nelle scuole superiori deve essere assicurato dalle Province».

 

ANZIANI MALATI NON AUTOSUFFICIENTI

NELLE MARCHE

Riportiamo la prima parte del comunicato stampa emesso il 23 giugno 2008 dal Cat (Comitato associazioni tutela) a cui aderiscono le seguenti organizzazioni: Aism Regionale, Ascoli Piceno; Associa­zione La Meridiana, Ascoli Piceno; Associazione La Crisalide, Porto S. Elpidio; Alzheimer Marche, An­cona; Anglat Marche, Ancona; Anffas, Jesi; Angsa Marche, Ancona; Associazione Free Woman, Anco­na; Associazione Libera Mente, Fano; Associazione Paraplegici Marche, Ascoli Piceno; Centro H., Ancona; Gruppo solidarietà, Moie di Maiolati (An); Tribunale della salute, Ancona; Uildm, Ancona.

«Con stupore e rammarico il Comitato associazioni tutela (Cat) ha preso visione della pubblicità con la quale la Regione Marche ha reclamizzato con il titolo “SICURAMENTE vicini agli anziani e alle loro famiglie”, il recente accordo con le organizzazioni sindacali sui temi della non autosufficienza. Lo stupore nasce dal fatto che la Regione conosce bene quale sia l’attuale risposta a situazioni di bisogno sanitario e sociosanitario rivolta a soggetti anziani colpiti da gravi malattie e necessitanti di assistenza continua. Sa bene il fortissimo scarto presente tra risposta ed esigenze. È consapevole di quanto la gran parte degli anziani marchigiani e le loro famiglie spendano per interventi e servizi che dovrebbero essere finanziati dal fondo sanitario regionale.

«Questo Comitato, costituito da 14 organizzazioni di volontariato e di utenti operanti a livello regionale che da molti anni è vicino ai bisogni e alle sofferenze di molte famiglie, non può accettare il contenuto di una campagna pubblicitaria che, informando su un provvedimento che dovrà essere emanato, si rivela fuorviante rispetto alla situazione dei servizi riguardanti gli anziani malati nella nostra Regione e sugli effettivi impegni dell’amministrazione regionale. Diventa pertanto indispensabile che i cittadini marchigiani (…) ricevano una informazione completa al riguardo.

«La prima riguarda la somma, destinata agli anziani non autosufficienti, indicata dalla pubblicità regionale; la seconda lo stato dei servizi regionali loro rivolti. Dei 58,7 milioni di euro indicati, 52,2 derivano da fondi europei (28,7) e nazionali (23,5); soltanto 6,5, poco più del 10%, da finanziamenti regionali; tutto questo in una situazione in cui ad oggi:

- solo il 10% dei malati non autosufficienti ospiti delle residenze sociosanitarie riceve l’assistenza prevista dalla normativa regionale;

- sono solo qualche decina i posti letto rivolti a malati d’Alzheimer presenti in Regione;

- il fondo sanitario che dovrebbe finanziare almeno al 50% il costo della retta per gli anziani malati non autosufficienti ospiti di residenze sociosanitarie lo fa per 350 anziani su oltre 4.000, per altri 2.200 il finanziamento è ridotto della metà (16 euro anziché 33), per i restanti il contributo è ridotto di un ulteriore 50% (circa 8 euro invece di 33);

- la gran parte del fondo per le cure a domicilio viene impiegato per l’assistenza residenziale invece che a domicilio delle persone (…)».

 

 

(1) Alla lettera è stato allegato il n. 153 bis di Prospettive assistenziali, contenente una sintesi dei lavori del convegno di Torino del 21 ottobre 2005.