CARATTERISTICHE SALIENTI DEI CONTRATTI CON
PRIVATI RELATIVI
ALLE ATTIVITÀ SANITARIE E SOCIALI SVOLTE IN
STRUTTURE RESIDENZIALI
MAURO PERINO
*
Presentazione
Molto spesso il funzionamento delle strutture
residenziali per minori, per anziani e per soggetti con handicap, soprattutto
nei frequenti casi di utenti incapaci di autodifendersi, presentano
criticità anche rilevanti, che si ripercuotono sulla salute e sulla qualità
della vita dei ricoverati (ad esempio: carenze quantitative e qualificative del
personale e turnover eccessivo) per
arrivare a veri e propri maltrattamenti come risulta da ispezioni svolte dai
Nas e da sentenze della magistratura.
Inoltre, abbastanza sovente, vengono
rilevati abusi anche gravi: richieste illegittime di supplementi delle rette e
rimborsi non dovuti per medicinali, trasporti in ambulanza alle strutture
ospedaliere, lavaggio degli indumenti, ecc.
Queste situazioni sono causate soprattutto dalle carenze delle condizioni contrattuali presenti nelle
convenzioni stipulate dagli enti pubblici con società private.
Questo articolo ha lo scopo di fornire concrete indicazioni
volte ad evitare i succitati inconvenienti.
Gestione dei servizi e tutela degli utenti
Nell’ambito del sistema dei servizi sanitari e sociali
operano sia i soggetti pubblici che i soggetti privati
(aventi, o meno, finalità di lucro). Nella sanità strettamente intesa è
prevalente la presenza di servizi gestiti direttamente dalle Aziende sanitarie
mentre, in ambito socio-sanitario e socio-assistenziale, la gran parte delle
attività è ormai da tempo conferita o acquistata
all’esterno.
Si tratta di un processo – consolidato e difficilmente
reversibile – che pone il problema della tutela degli utenti con riferimento alla adeguatezza ed alla qualità di servizi che le istituzioni
titolari hanno, comunque, il dovere di garantire: a prescindere dalle forme di
gestione adottate. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29
novembre 2001 “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”, all’allegato 1.C, sancisce infatti il diritto soggettivo dei cittadini ad
accedere alle prestazioni afferenti all’area dell’integrazione socio-sanitaria
pur con l’onere di contribuire al costo dei servizi erogati. Sono perciò
esigibili tutte le prestazioni a carattere domiciliare, semi-residenziale e
residenziale previste dalla legge 328/2000 ove le stesse siano rivolte a
persone con handicap grave e ad anziani non autosufficienti.
Tale diritto viene ribadito –
per quanto attiene alla Regione Piemonte e con riferimento anche ai servizi
socio-assistenziali – dalla legge regionale 1/2004 che «identifica nel bisogno il criterio di accesso al sistema integrato di
interventi e servizi sociali» e riconosce, a ciascun cittadino, «il diritto di esigere, secondo le modalità
previste dall’ente gestore istituzionale, le prestazioni sociali di livello
essenziale» (1). L’erogazione delle quali «è organizzata
mediante la valutazione multidisciplinare del bisogno, la definizione del piano
di lavoro integrato e individualizzato, il monitoraggio costante, la verifica
periodica e la valutazione finale dei risultati» (2).
L’accreditamento e la concessione dei servizi
Da tutto ciò consegue che l’Azienda sanitaria e l’Ente
gestore delle funzioni socio-assistenziali – ove non siano in condizione di
erogare direttamente le prestazioni di livello essenziale delle quali sono, in
ogni caso, pienamente responsabili – non possono limitarsi a finanziare il
sistema di offerta delegandone l’organizzazione, ma devono esercitare i propri
poteri di intervento – specie in merito ai criteri
gestionali generali – nei confronti dei
soggetti privati chiamati ad espletare i servizi in qualità di organi indiretti
delle amministrazioni. Ed a tal fine occorre che, in
ambito regionale sia dia piena attuazione al disposto dell’articolo 29 della
legge regionale 1/2004 che individua «l’accreditamento
dei servizi e delle strutture» come il «titolo
necessario per l’instaurazione di accordi contrattuali con il sistema pubblico
e presuppone il possesso di ulteriori specifici requisiti di qualità rispetto a
quelli previsti dall’autorizzazione». Un istituto – quello
dell’accreditamento – che deve dunque essere utilizzato nella valenza di «procedimento concessorio
attraverso il quale l’ente pubblico attribuisce ai servizi sociali accreditati
la natura di servizi pubblici, ed al soggetto
accreditato quello di concessionario della pubblica amministrazione» (3).
A supportare la tesi che l’oggetto del sistema di
accreditamento è rappresentato proprio da servizi
pubblici contribuisce la definizione – contenuta
nell’articolo 112 del decreto legislativo 267/2000 (4) – in base alla quale il
servizio pubblico si configura quando ha «per
oggetto la produzione di beni ed
attività rivolte a realizzare fini sociali o a promuovere lo sviluppo economico
e civile delle comunità». Ed essendo la finalità sociale dei servizi
preposti ad erogare prestazioni di livello essenziale
puntualmente tale, ne consegue che è opportuno raccordare strettamente
l’istituto dell’accreditamento con quello della concessione di pubblico
servizio: strumento di cui la legge si serve per delegare a privati l’esercizio
dei servizi di esclusiva pertinenza, relativamente alla titolarità, delle
pubbliche Amministrazioni. L’istituto della concessione trova infatti fondamento normativo nell’articolo 41 della
Costituzione, in cui è prevista una espressa riserva di legge per determinare «i programmi ed i controlli opportuni perché
l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a
fini sociali». La concessione di pubblici servizi è dunque uno dei mezzi
con cui è attribuito l’esercizio di pubbliche funzioni a soggetti privati; esso
si fonda su due presupposti: l’esistenza di un pubblico servizio – cioè di una attività economica indirizzata a fini sociali – e il
fatto che l’attività possa essere esercitata in regime di monopolio. Inoltre, come la Corte di Cassazione a
sezioni riunite ha avuto modo di chiarire, «l’accreditamento
nei servizi sanitari, ospedalieri (e socio-sanitari) ha natura di concessione
amministrativa: infatti, l’articolo 8 bis del decreto
legislativo 502/1992 (così come
modificato ad opera del decreto legislativo 229/1999) afferma che “la realizzazione di strutture sanitarie e
l’esercizio di attività sanitarie, l’esercizio di attività sanitarie per conto
del Servizio sanitario nazionale e l’esercizio di attività sanitarie a carico
del Servizio sanitario nazionale sono subordinate, rispettivamente, al rilascio
delle autorizzazioni di cui all’articolo 8 ter, dell’accreditamento
istituzionale di cui all’articolo 8 quater, nonché alla stipulazione degli
accordi contrattuali di cui all’articolo 8 quinquies”»
(5).
Per legge, quindi, nei servizi sanitari e
socio-sanitari vi è corrispondenza tra: realizzazione
di strutture sanitarie ed esercizio di attività sanitarie e autorizzazione; esercizio di attività
sanitarie per conto del servizio sanitario pubblico e accreditamento; remunerazione dei servizi a carico del fondo
sanitario pubblico – attraverso la definizione di apposite tariffe – e accordo
contrattuale.
In questa chiave di lettura l’istituto
dell’accreditamento/concessione consente di coniugare efficacemente il
“principio di sussidiarietà” – che prevede il coinvolgimento di soggetti
privati nella gestione dei servizi – con la necessità di affermare che la titolarità
– e quindi la responsabilità – dei servizi preposti ad
erogare prestazioni di livello essenziale deve rimanere pubblica (6).
L’accreditamento declinato in termini di concessione è
infatti uno strumento che garantisce all’amministrazione penetranti
poteri di intervento, specie in merito ai criteri gestionali, nei confronti dei
soggetti privati chiamati ad espletare i servizi non gestiti direttamente dalla
struttura pubblica. Nella concessione di pubblico servizio il concessionario –
al quale vengono trasferite potestà pubbliche –
sostituisce la pubblica amministrazione nell’erogazione del servizio, ossia
nello svolgimento dell’attività diretta al soddisfacimento dell’interesse
collettivo (7). Non è così nel caso dell’appaltatore che svolge un’attività
economica a beneficio del committente pubblico o nel caso del soggetto
“autorizzato” che – pur svolgendo la sua attività economica a beneficio degli
utenti – non è individuabile come organo indiretto dell’amministrazione.
Infine non va dimenticata la disciplina dell’aspetto
dinamico dell’istituto dell’accreditamento come sopra
inteso (8). La norma, di fatto, stabilisce che, esercitando quei poteri di
supremazia che sono tipici del rapporto di concessione, l’Amministrazione possa
apportare variazioni alle caratteristiche del servizio – e dunque, al contenuto
del contratto – durante il corso della sua validità. In tal senso è necessario
che vengano preventivamente definite le norme
destinate a disciplinare proprio i momenti di revisione. Il carattere “incrementale”
dell’accordo contrattuale che conclude la procedura di
accreditamento consente, dunque, di rispondere efficacemente all’esigenza di
conferire dinamicità ed elasticità alle caratteristiche dei servizi, in
relazione all’esperienza fatta ed alle variazioni nei bisogni dell’utenza.
Le disposizioni regionali
L’articolo 29 della legge
1/2004 rinviava alla Giunta della Regione Piemonte la definizione delle «procedure del processo di accreditamento,
che viene coordinato con i meccanismi previsti per l’accreditamento delle
strutture sanitarie, nonché gli ulteriori requisiti (…) sulla base dei seguenti
criteri: a) adozione della carta dei servizi e di strumenti di comunicazione e
trasparenza; b) localizzazione idonea ad assicurare l’integrazione e la fruizione
degli altri servizi di territorio; c) l’eliminazione delle barriere
architettoniche; d) la qualificazione del personale; e) il coordinamento con i
servizi sanitari e con gli altri servizi sociali del territorio; f) adozione di
programmi e di progetti assistenziali individualizzati, calibrati sulle
necessità delle singole persone; g) adozione degli strumenti di valutazione e
di verifica dei servizi erogati».
Purtroppo, nelle linee guida regionali che definiscono
i sistemi per l’affidamento a terzi della gestione dei servizi alla persona
(9), ci si limita a dare atto che le procedure «che comportano corresponsione di tariffe e/o concessione di titoli per l’acquisto di servizi» hanno «natura concessoria» e che pertanto «dal punto di vista contrattuale i soggetti a tal fine accreditati
divengono, a tutti gli effetti, concessionari del servizio». Ogni ulteriore approfondimento relativo istituti menzionati agli
articoli 15 (“Accreditamento e affidamento a terzi”) e 17 (“Corresponsione di tariffe”) dell’allegato
alla deliberazione regionale viene nuovamente rinviato a «specifici provvedimenti di Giunta regionale per un’ulteriore
disciplina di maggior dettaglio».
La ragione di tale rinvio non è facilmente
comprensibile. Tanto più se si considera che – nonostante si ammetta che gli
istituti di cui sopra sono semplicemente «richiamati
nelle loro linee essenziali» – l’applicabilità del provvedimento deliberato
dalla Giunta regionale viene estesa «alla generalità dei rapporti con gli enti
pubblici del territorio ivi compresi le Asl e gli enti del Servizio sanitario
regionale», «considerato il carattere
regolamentare dello stesso e l’implicita finalità di interesse pubblico a
garantire rapporti corretti tra soggetti privati “non profit” ed enti pubblici».
Siamo dunque di fronte a norme regolamentari vincolanti nelle quali da un lato
si afferma che l’accreditamento rappresenta «il
titolo necessario per l’instaurazione di rapporti contrattuali con qualsiasi
fornitore di servizi» e, dall’altro, si rinvia una puntuale definizione
dell’istituto.
Se la cosa è tollerabile per «le Asl e gli enti del Servizio sanitario regionale», che sono già
tenuti, ai sensi del decreto legislativo n. 229/1999, a rispettare delle
procedure di affidamento dei servizi sanitari e socio-sanitari che declinano
l’istituto dell’accreditamento in termini di concessione amministrativa (il
cosiddetto “accreditamento istituzionale”), non altrettanto si può dire per gli
altri enti pubblici interessati dal provvedimento, ai quali
non vengono forniti gli strumenti regolamentari necessari per qualificare i
servizi. L’accreditamento presuppone infatti – come si
è detto – «il possesso di ulteriori
specifici requisiti di qualità rispetto a quelli previsti dall’autorizzazione»,
ed è proprio attraverso la definizione di standard assistenziali
quantitativamente e qualitativamente più adeguati rispetto a quelli previsti
per l’autorizzazione al funzionamento, che le Amministrazioni locali e gli enti
gestori delle funzioni socio-assistenziali possono operare efficacemente per la
tutela dell’utenza.
Ma se per la generalità dei servizi conferiti o
acquistati all’esterno ben poco si è mosso, qualcosa di importante
si è invece compiuto con l’approvazione della deliberazione della Giunta
regionale del Piemonte 30 marzo 2005, n.17-15226 che detta gli indirizzi e le
linee guida per il nuovo modello integrato di assistenza residenziale
socio-sanitaria a favore delle persone anziane non autosufficienti (10). Un
modello – da perseguire «mediante il
superamento dell’attuale articolazione degli interventi nelle tipologie
Residenza sanitaria assistenziale (Rsa) e Residenza
assistenziale flessibile (Raf) in funzione di una maggiore flessibilità del
servizio, fermi restando i requisiti strutturali» ed in cui «la risposta residenziale viene
personalizzata e calibrata su un livello più adeguato al complesso dei bisogni
di salute e di assistenza dell’anziano» – che si fonda «sul
riconoscimento di un congruo livello di autonomia organizzativo-gestionale agli
enti erogatori degli interventi residenziali, introducendo elementi di
flessibilità funzionali al miglioramento qualitativo dell’assistenza erogata,
al razionale utilizzo delle risorse e, in linea generale, ad una più completa
espressione dell’efficienza gestionale degli enti».
Pur essendo calibrate sulle problematiche delle cure
sanitarie e dell’assistenza residenziale agli anziani non autosufficienti, le
linee guida possono rappresentare – in attesa di auspicabili ulteriori
indicazioni regionali – un importante riferimento per la definizione degli
standard organizzativi e gestionali che dovrebbero essere sempre previsti negli
accordi contrattuali volti a regolamentare i rapporti tra i soggetti pubblici
titolari delle funzioni ed i soggetti privati che – in ambito sanitario,
socio-sanitario e socio-assistenziale – gestiscono servizi residenziali.
Caratteristiche salienti degli accordi contrattuali
L’accordo contrattuale è lo strumento attraverso il
quale si conclude il procedimento finalizzato
all’accreditamento. In ogni caso è all’interno del contratto che devono essere
indicati tutti gli impegni che il soggetto gestore assume nei confronti
dell’Amministrazione responsabile dell’erogazione delle
prestazioni conferite alla gestione di altri soggetti. Ma il contratto
rappresenta soprattutto un quadro di regole indispensabile per la tutela degli
utenti da parte dell’istituzione accreditante o che conferisce i servizi: per
questo è importante che nell’accordo venga
puntualmente definito tutto quanto rileva per la qualità della vita degli assistiti
all’interno delle strutture.
Disciplina
dei servizi
In primo luogo occorre che sia puntualmente definito
l’oggetto dell’accordo con riferimento alle persone da assistere ed ai servizi che ad
esse necessitano. Deve essere perciò individuata l’utenza alla quale è
destinata l’attività ed esplicitata, con riferimento
alla normativa vigente, la tipologia della struttura indicandone le finalità
sanitarie, socio-sanitarie, socio-assistenziali e/o educative.
Centri di
responsabilità
Ogni struttura deve garantire un centro di
responsabilità del coordinamento gestionale ed
organizzativo complessivo. Al soggetto gestore deve quindi venire
richiesto di prevedere la presenza di un responsabile, in possesso di
comprovati requisiti di professionalità, al quale sono affidati i compiti di
organizzazione delle attività, la verifica del raggiungimento degli obiettivi e
la vigilanza sugli aspetti qualitativi dei servizi forniti agli ospiti. Il
responsabile rappresenta inoltre il principale interlocutore e punto di riferimento
per i familiari degli ospiti delle strutture e per i
servizi sanitari e sociali che hanno in carico gli assistiti.
Nelle strutture
sanitarie e socio-sanitarie ad alta intensità assistenziale
deve essere previsto un centro di responsabilità, affidato ad un medico, che si
occupi del coordinamento delle attività sanitarie ed assicuri il raccordo e
l’armonizzazione degli interventi sanitari agevolandone l’integrazione. Inoltre
alla direzione sanitaria competono: la valutazione delle condizioni psico-fisiche
dell’ospite all’ingresso nella struttura; la verifica dell’espletamento dei
compiti di cura e assistenza da parte del personale e
del regolare approvvigionamento e tenuta dei farmaci, dei presidi, delle
protesi e degli ausili per gli ospiti; la verifica del regolare funzionamento
delle apparecchiature e delle attrezzature sanitarie. La direzione sanitaria
garantisce infine che agli ospiti sia assicurata l’erogazione degli interventi
indispensabili e che vengano rilasciate le
certificazioni necessarie.
Prestazioni
L’accordo deve dettagliare, secondo quanto previsto
dalla normativa vigente in materia, le prestazioni che devono essere assicurate
agli assistiti ed i soggetti preposti ad erogarle. Occorre dunque che vengano esplicitate le funzioni che l’Amministrazione
contraente riserva a sé e quelle poste a carico del soggetto gestore, con
riferimento: alle prestazioni mediche, all’assistenza infermieristica e alle
altre attività sanitarie – in particolare nelle residenze per persone affette
da patologie che determinano la non autosufficienza – ed
all’assistenza tutelare, alle attività educative o di animazione e di
riabilitazione/mantenimento psico-fisico e supporto psicologico che si
intendono garantire.
In base alle disposizioni regionali le prestazioni
mediche vengono garantite attraverso i medici di
medicina generale. Queste prestazioni devono però raccordarsi con le altre
attività sanitarie eventualmente erogate nell’ambito della struttura e, a tal
fine, deve essere prevista nell’accordo contrattuale la definizione –
concordata con la direzione sanitaria ove prevista – dell’orario settimanale di
effettiva presenza medica che deve essere pubblicizzato all’interno della
struttura, anche allo scopo di consentire ai malati ed
ai loro congiunti di compiere le opportune verifiche. È inoltre necessario che
la struttura predisponga un registro per i medici di medicina generale su cui
annotare, a cura degli interessati, il giorno e l’ora di ingresso
e di uscita.
Anche l’assistenza infermieristica può essere erogata
dalle strutture ospitanti, in via diretta o indiretta, o posta a disposizione
da parte dell’Azienda sanitaria sulla base del fabbisogno individuato nel
progetto individuale dell’assistito. Della fattispecie assistenziale
adottata si deve dare atto nell’accordo contrattuale affinché siano chiare le
responsabilità poste in capo ai contraenti.
In modo analogo occorre che si proceda per
l’assistenza specialistica, farmaceutica e protesica, nonché
per ogni altra prestazione diagnostico-terapeutica per le quali il testo
dell’accordo deve indicare quali prestazioni vengono erogate direttamente o
indirettamente (e, quindi, con quali tariffe) dall’Azienda sanitaria e quali –
invece – sono garantite direttamente dalla struttura. In particolare è
necessario che venga esplicitata la responsabilità
delle prestazioni relative ai trasferimenti in ambulanza per l’effettuazione di
prestazioni diagnostiche e specialistiche non erogabili nell’ambito della
struttura e quelle relative alla
fornitura diretta dei farmaci (anche non presenti nel Prontuario terapeutico
aziendale) per gli ospiti delle strutture accreditate. Il tutto nell’ovvio
rispetto delle disposizioni regionali in materia. Di fondamentale importanza
per tutte le tipologie di struttura è l’erogazione delle prestazioni di
assistenza tutelare alla persona da garantirsi nell’arco delle 24 ore e per i tempi indicati dagli standard che la Regione
e/o l’Amministrazione accreditante ritiene idonei. Di ciò deve esser chiesta
garanzia al soggetto gestore prevedendo, nel testo dell’accordo, oltre alle
prestazioni da svolgere nella struttura anche quelle relative ad ulteriori specifiche esigenze degli ospiti. Ai soggetti inseriti nelle strutture residenziali è infatti opportuno che venga garantito
l’accompagnamento per l’effettuazione di esami diagnostici o in caso di ricovero in ospedale e tutta
l’assistenza personale necessaria durante il periodo di degenza, evitando ogni
richiesta di “assistenza aggiuntiva” ai familiari durante la permanenza in
ospedale.
Le attività educative o di animazione e di
riabilitazione/mantenimento psico-fisico e supporto psicologico devono essere
definite con specifico riferimento alla tipologia degli assistiti. Occorre
quindi che nel testo dell’accordo si faccia esplicita menzione delle attività
che si intende vengano svolte dalle strutture a
beneficio delle fasce di utenza oggetto d’intervento definendo ed indicando,
inoltre, i tempi e le modalità di
realizzazione di tutte le ulteriori prestazioni che devono essere assicurate
dal soggetto gestore in funzione del programma assistenziale complessivo e dei
singoli progetti individuali (ad esempio attività di soggiorno ed uscite
socializzanti per persone con handicap). Le attività occupazionali e di
animazione devono essere opportunamente indicate in un tabellone settimanale
esposto presso la struttura perché, in tal modo, si consente a tutti i soggetti
interessati (o a ciò preposti) di verificarne l’effettivo svolgimento.
Infine devono essere declinate con precisione tutte le
attività alberghiere (vitto, lavanderia, pulizia, ecc.) che sono poste a carico
dell’Amministrazione contraente (e remunerate al soggetto gestore nell’ambito
della tariffa residenziale) e quelle che sono destinate a gravare sull’utente.
Una particolare attenzione deve essere dedicata alla tipologia ed alla qualità della ristorazione sotto il profilo
dietetico e nutritivo, della sicurezza alimentare e come importante momento di
socializzazione. È appena il caso di dire che la tabella settimanale dei pasti
forniti deve essere puntualmente esposta, onde consentire le opportune
verifiche da parte degli assistiti e dei loro famigliari o rappresentanti.
Standard di
personale
Dall’ormai consolidata prassi di conferimento a
soggetti privati delle attività residenziali si rileva
quanto sia importante che le Amministrazioni responsabili dell’erogazione delle
prestazioni si dotino di efficaci strumenti per garantire che, nelle strutture,
sia sempre assicurata la presenza del personale necessario. Occorre anche
ricordare che, nei servizi alla persona, la qualità non può
che coincidere con la qualità dell’operatore che lo eroga. Più è adeguata la
personalità e valida la professionalità, migliore è la qualità dell’intervento.
Ma, per costruire una adeguata professionalità, è
necessario che si ponga molta attenzione alla “qualità della persona” candidata
ad operare nel servizio ed al ruolo che ad essa viene assegnato. È inoltre
indispensabile prevedere un organizzazione che si
prenda cura, in modo permanente, dell’operatore, assicurandogli una “qualità
del lavoro” che sia tale da garantire la “qualità degli interventi” e, quindi,
“la qualità della vita degli utenti” nell’ambito dei servizi.
Per la realizzazione di questo
obiettivo, è assolutamente necessario che – a monte – venga resa obbligatoria
l’adozione di standard adeguati di personale da parte dei soggetti che aspirano
ad accreditarsi per la gestione dei servizi. Solo attraverso l’adozione di
efficaci procedure di selezione, di supporto e di verifica del personale e la
definizione di dotazioni organiche più ampie rispetto ai contingenti minimi attualmente previsti dalla normativa regionale per ottenere
l’autorizzazione al funzionamento è possibile operare per una effettiva tutela
dei diritti dell’utenza e degli operatori (11).
Per quanto sia importante disporre
di un valido impianto contrattuale che detti le regole dei rapporti tra
l’Ente pubblico ed il gestore privato, non si può infatti prescindere dalla
necessità di disporre di un quadro normativo regionale che definisca i
requisiti per l’accreditamento dei servizi: anche considerando che, a fronte
delle maggiori risorse finanziarie che si dovranno investire, sarà possibile
prevedere una maggiore continuità dei rapporti contrattuali con i soggetti
privati. E ciò rappresenta un vantaggio per le imprese – che possono
programmare meglio la propria attività – ma, soprattutto, per gli operatori
addetti ai servizi ai quali è potenzialmente assicurata una continuità di impiego.
Con riferimento al personale addetto, occorre inoltre
prevedere che – nell’ambito delle procedure finalizzate all’individuazione dei
soggetti da accreditare – si sottopongano a valutazione le metodologie di
reclutamento del personale e le strategie di impresa
adottate dai soggetti gestori per “fidelizzare” i dipendenti e per contenere il
turnover nei servizi. A tale
proposito sarebbe utile sperimentare un “sistema premiante” prevedendo, nel
contratto, l’erogazione di un incentivo economico rapportato alla percentuale
di turnover che – nell’anno – si è
verificata nei singoli nuclei assistenziali della
struttura: alla minore rotazione di personale, corrisponde una maggiore “quota
premio” (sino alla concorrenza del massimale economico preventivamente
stabilito) che il soggetto gestore può destinare agli operatori addetti. In ogni
caso è urgente che – così come si è provveduto alla definizione di un modello assistenziale per la residenzialità socio-sanitaria per gli
anziani – anche per quanto attiene alle strutture per i soggetti con handicap
si proceda all’adeguamento degli standard minimi regionali fissati dalla
deliberazione della Giunta regionale del Piemonte n. 230/1997 prevedendo
l’attivazione – in ambiti territoriali adeguati – di gruppi appartamento da 4/6
posti e di comunità alloggio da 8/10 posti, inseriti nel vivo del contesto
sociale in modo da evitare – o almeno di ridurre – i nefasti effetti
dell’emarginazione e da consentire – per quanto possibile – un continuo
interscambio con la popolazione. Ma in attesa che il problema
dell’accreditamento o, quantomeno, dell’adeguamento degli standard assistenziali di riferimento venga affrontato nelle sedi
delle istituzioni preposte – responsabili (in base alla legge) della
definizione e della erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni alle
quali i cittadini hanno (almeno formalmente) già da oggi diritto – è doveroso
utilizzare appieno lo strumento dell’accordo contrattuale: prevedendo in esso
tutte le clausole necessarie ad assicurare gli standard di personale che i
contraenti di parte pubblica ritengono indispensabili.
Oltre alla “quantità” del personale in servizio è
d’uopo che all’Amministrazione responsabile possa verificare che tutti gli
operatori impiegati siano in possesso dei requisiti
professionali e formativi previsti dalle attuali normative e che gli stessi vengano
selezionati con procedure volte ad accertarne l’idoneità, le motivazioni
personali, le aspettative e le capacità relazionali con i colleghi e con
l’utenza. Inoltre è opportuno che l’inserimento dei nuovi operatori avvenga con
procedure che consentano il passaggio delle informazioni relative
al servizio e alle singole situazioni degli assistiti. Infine è
necessario che, in corso d’impiego, venga assicurato a
tutto il personale l’accesso alla documentazione di pertinenza del servizio
(procedure operative ed istruzioni di lavoro, circolari e disposizioni, ecc.),
la necessaria supervisione ed una formazione programmata.
Per poter effettuare le opportune verifiche sul funzionamento
dei servizi è inoltre necessario che i contratti indichino le modalità di controllo
che l’Amministrazione adotta relativamente al personale che deve essere
impiegato in base agli accordi (numero, qualifica ed orari, documentazione
attestante il possesso dei requisiti di studio e professionali, attestazioni
comprovanti il regolare inquadramento contrattuale ed il versamento degli oneri
contributivi, ecc.). È poi di fondamentale importanza che – in sede di accordo
contrattuale – si
stabilisca che, in ogni struttura, deve essere adottato ed esposto il prospetto
settimanale dei turni del personale in servizio nei singoli nuclei
residenziali: con il numero e la qualifica degli operatori che devono garantire
la presenza. Il prospetto è infatti – insieme alle
targhette personali che consentono di identificare gli operatori – un efficace strumento
per la verifica dell’effettivo rispetto degli standard professionali e numerici
di personale da parte degli assistiti, dei famigliari e degli operatori
pubblici incaricati del controllo sulle attività.
Accesso ai servizi e monitoraggio
del percorso assistenziale
La definizione di un efficace sistema di
accreditamento delle strutture implica che – a monte –
sia regolamentato l’intero percorso assistenziale del cittadino richiedente:
con particolare riferimento alla valutazione del bisogno assistenziale e
all’individuazione delle risposte dal livello domiciliare a quello
residenziale, alla organizzazione di tali risposte, al monitoraggio del
complesso degli interventi assistenziali attivati che si espletano
necessariamente attraverso il raccordo tra servizi pubblici e servizi
territoriali e/o residenziali privati.
Oltre a indicare il percorso assistenziale
di riferimento, nel testo dell’accordo contrattuale devono essere
specificamente dettagliati i momenti relativi: all’accesso alla struttura, alla
definizione ed all’attuazione da parte della stessa del piano di assistenza
individualizzato (copia del quale deve essere fornita all’utente o a chi lo
rappresenta) che costituisce la traduzione operativa del progetto assistenziale
definito dai servizi pubblici a seguito della valutazione dell’assistito, al
monitoraggio, da parte dei suddetti servizi dell’andamento degli interventi
svolti in ambito residenziale e delle variazioni dei bisogni espressi
dall’utente. Ciò che più rileva, in sostanza, è che siano previste efficaci modalità di raccordo tra i servizi preposti all’inserimento
ed al monitoraggio – che conservano la responsabilità complessiva
sull’assistito – e quelli della struttura (anche al fine di adattare gli
interventi al mutare delle condizioni dell’ospite) e che venga formalmente chiarito che ai servizi di parte
pubblica è riservata ogni possibilità di verifica della coerenza tra le
prestazioni erogate nell’ambito della struttura e le esigenze assistenziali
dell’ospite. A tal fine – oltre alla documentazione che deve essere depositata
presso la struttura in base alla normativa vigente – è opportuno che, in sede
di accordo, si provveda all’elencazione dell’ulteriore
documentazione relativa agli ospiti che si ritiene opportuno che la struttura
ospitante detenga ed aggiorni (ad esempio: diario giornaliero relativo alla
vita degli ospiti da compilare alla fine del turno dagli operatori, quaderno
dei singoli ospiti in cui vengano periodicamente riportati i fatti più
significativi della persona, agenda per la registrazione delle comunicazioni
interne tra gli operatori, ecc.).
I diritti
degli ospiti
L’accordo contrattuale deve indicare chiaramente i
diritti degli ospiti che la struttura è impegnata a rispettare. Con riferimento
alla citata deliberazione della Giunta regionale del Piemonte 30 marzo 2005,
n.17-15226 è possibile proporre un “decalogo” di tali diritti:
• diritto alla vita: ogni ospite deve ricevere la
tempestiva, necessaria ed appropriata assistenza per
il soddisfacimento dei bisogni fondamentali;
• diritto alla cura ed
assistenza: ognuno deve essere curato in scienza e coscienza nel rispetto della
sua volontà;
• diritto di prevenzione: ad
ogni persona devono essere assicurati gli interventi necessari a prevenire
rischi e danni alla salute ed all’autonomia;
• diritto di protezione: l’assistito deve essere
difeso da speculazioni e raggiri;
• diritto di parola e di ascolto:
tutti devono essere ascoltati e devono poter formulare richieste che, nei
limiti del possibile, devono essere soddisfatte:
• diritto di informazione:
ogni utente deve essere informato sulle procedure e sulle motivazioni relative
agli interventi ai quali viene sottoposto e deve poter agevolmente verificare,
attraverso i tabelloni esposti nella struttura, il rispetto degli standard di
cura ed assistenza (personale, alimenti, attività programmate, ecc.);
• diritto di partecipazione: ogni persona deve essere
coinvolta sulle decisioni che la riguardano;
• diritto di espressione: ogni individuo in quanto portatore di idee e valori ha il diritto di
esprimere le proprie opinioni;
• diritto di critica: l’assistito deve poter
dichiarare il suo pensiero ed esprimere le sue valutazioni sulle attività e
sulle disposizioni che lo riguardano;
• diritto al rispetto ed al
pudore: tutti gli ospiti devono essere chiamati con il loro nome e cognome, nel
rispetto del senso del pudore che ad ognuno è dovuto;
• diritto alla riservatezza:ad ogni assistito va garantito il rispetto del
segreto su notizie personali da parte di chi eroga direttamente o indirettamente
l’assistenza;
• diritto di pensiero e di religione: ogni persona
deve poter esplicitare le sue convinzioni filosofiche,
sociali e politiche nonché praticare le propria confessione religiosa.
Il
ruolo degli utenti, dei famigliari,
degli amministratori di sostegno, dei tutori
Nell’ambito dell’accordo contrattuale devono essere
previste norme atte a favorire il rapporto di relazione tra gli ospiti ed i loro famigliari o rappresentanti. La validità del
modello assistenziale adottato si misura, infatti,
anche sulla capacità di favorire il mantenimento delle relazioni con i
congiunti e con gli esercenti delle funzioni di sostegno o di tutela
all’interno delle quali l’ospite può ritrovare importanti elementi di
protezione e di sicurezza. È quindi di fondamentale importanza che il personale
addetto all’assistenza sia sensibilizzato a non considerare la presenza di
questi soggetti come una interferenza ma, al
contrario, a collegarsi in modo produttivo con essi, favorendone il rapporto ed
il collegamento con l’assistito. A tal fine è necessario – come si è detto più
volte – che le
famiglie e le persone che sostengono o tutelano l’assistito sappiano sempre
esattamente a chi rivolgersi per ogni aspetto assistenziale (facendo
riferimento ai centri di responsabilità) e possano agevolmente verificare: il
rispetto dei turni di presenza del personale appartenente al nucleo nel quale è
inserito l’utente; la qualità e la quantità degli alimenti ad esso
somministrati; lo svolgimento delle attività di animazione e di riabilitazione/mantenimento
psico-fisico (consultando le tabelle esposte). Inoltre è doveroso che le stesse
vengano correttamente e puntualmente informate sulle condizioni del congiunto o
del tutelato secondo procedure predefinite in sede di accordo. L’obiettivo da
perseguire è, in definitiva, di creare le condizioni per una buona integrazione
tra le prestazioni assistenziali dispensate dalla
struttura e la partecipazione attiva delle persone che costituiscono un
riferimento per l’ospite.
Il ruolo del
volontariato
È auspicabile che all’attività generale della
struttura cooperino anche gli appartenenti ad associazioni di volontariato o di
promozione sociale – iscritte negli appositi registri
regionali – che siano caratterizzate dall’agire nella logica della gratuità,
della solidarietà, della tutela dei diritti degli ospiti. Il loro
coinvolgimento deve però configurarsi come complementare e non sostitutivo
delle attività assistenziali che la struttura è tenuta
ad assicurare. La presenza del volontariato deve pertanto caratterizzarsi per
lo svolgimento di interventi volti all’intrattenimento
e supporto alle attività di animazione, occupazionali e relazionali in genere;
quella delle associazioni rappresentative dell’utenza nella tutela e nella
promozione dei diritti degli assistiti attraverso la verifica delle loro
condizioni di vita.
Le modalità di presenza delle
suddette organizzazioni nelle strutture devono essere definite nell’accordo
contrattuale e successivamente regolamentate nell’ambito di convenzioni tra i
soggetti gestori e i rappresentanti delle associazioni. Occorre infatti precisare se tale presenza si esprime in termini di
supporto alle attività e/o di accesso finalizzato a verificare le condizioni di
permanenza degli ospiti. In ogni caso è opportuno che i volontari ed i rappresentanti delle associazioni degli utenti siano
nominativamente individuati e che – nello svolgimento delle loro attività –
adottino modalità di rapporto con il personale della struttura preventivamente
concordate. Quanto alle risultanze derivanti dalle
visite effettuate dalle associazioni di tutela è importante prevedere che esse
abbiano la facoltà di formulare osservazioni scritte ai responsabili della
struttura i quali, a loro volta, si impegnano a rispondere nella stessa forma. Di
tale carteggio è opportuno che venga trasmessa copia
all’Amministrazione che intrattiene il rapporto contrattuale con la struttura.
Il
regolamento
L’Amministrazione che stipula l’accordo contrattuale
con la struttura deve poter intervenire nel merito del regolamento della stessa
in quanto, in base alle leggi vigenti, la titolarità delle prestazioni e dei
servizi alla persona è posta in capo alle Aziende sanitarie o agli Enti gestori
delle funzioni socio-assistenziali: i soli deputati a mantenere il rapporto con
i cittadini/utenti ai quali devono garantire i diritti e dai quali devono
pretendere il rispetto dei doveri.
Un esempio di tale rapporto è l’impegno al pagamento
della quota, posta a carico dell’utente, che viene
determinata in base a criteri dettati dalla vigente normativa regionale sia per
la componente sanitaria che per l’eventuale integrazione da parte dei servizi
socio-assistenziali. L’obbligo al pagamento di detta quota da parte dell’utente
non deve assumere la connotazione di contratto nei confronti della struttura,
ma essere la conferma dell’impegno dell’utente nei confronti dell’Amministrazione
responsabile dell’erogazione delle prestazioni di livello essenziale. Dal punto
di vista pratico nulla osta a che nell’accordo contrattuale si preveda che essa
venga versata direttamente alla struttura, ma deve
esser chiaro che – in termini di obbligazioni – il rapporto è tra assistito ed
Amministrazione titolare dell’intervento.
Il regolamento – che dovrebbe essere elaborato sulla base di contenuti definiti a livello regionale – deve in ogni caso specificare: la tipologia e
la finalità della struttura; l’organigramma del personale; le modalità di
inserimento e di dimissione degli ospiti; le regole da osservare nel corso
della permanenza in struttura da parte degli assistiti, dei famigliari o delle
persone di riferimento e del personale addetto all’assistenza; la descrizione
puntuale dei servizi resi compresi nella retta e di quelli aggiuntivi posti a
carico dell’assistito; l’indicazione degli uffici interni ai quali l’ospite e/o
i famigliari/rappresentanti possono rivolgersi; gli orari di accesso per i
visitatori – prevedendo, così come indicato nella deliberazione della Giunta
regionale del Piemonte 30 marzo 2005, n.17-15226, un orario di apertura non
inferiore a 8 ore – e le norme da rispettare per l’uscita ed il rientro in
struttura; le procedure adottate per la tutela della privacy delle persone
inserite. Il regolamento deve inoltre contenere le informazioni sui
collegamenti, le convenzioni e le collaborazioni in atto con altri Enti
(ospedali, centri diagnostici, ecc.) o associazioni (di volontariato e/o di
tutela e difesa degli assistiti).
Nel regolamento deve essere infine stabilito – per le
ragioni più volte espresse – l’impegno a rendere conoscibile ad
utenti e familiari il numero, il profilo professionale, l’orario ed i turni del
personale appartenente ai singoli nuclei assistenziali attraverso l’esposizione
di apposite tabelle. Anche i giorni e gli orari di svolgimento delle attività
di animazione e di riabilitazione/mantenimento psico-fisico ed
il menù degli alimenti somministrati devono essere obbligatoriamente ed
efficacemente pubblicizzati.
La carta dei
servizi
La vigente normativa nazionale e regionale prevede
l’obbligo di adozione della carta dei servizi da parte
delle strutture che intendono concorrere all’accreditamento. Ciò in quanto la carta dei servizi può rappresentare uno
strumento rilevante per la tutela dei diritti degli utenti. A condizione però
che la stessa offra non solo una corretta informazione sulle prestazioni
erogate e sul modo di accedervi, ma garantisca agli assistiti ed ai loro famigliari e rappresentanti una effettiva
possibilità di partecipare e di contribuire al miglioramento della qualità dei
servizi.
Delle caratteristiche che deve avere la carta dei servizi è opportuno che si tratti nell’accordo contrattuale,
ove deve essere stabilito che agli utenti ed a chi li rappresenta deve esser
dato modo di verificare la correttezza dei comportamenti, la qualità dei
servizi e l’osservanza delle norme di legge e dei regolamenti. Il rispetto del
principio della partecipazione comporta infatti che
agli ospiti siano garantiti precisi diritti, dai quali conseguono i doveri
degli operatori della struttura.
Oltre ai diritti precedentemente
elencati, la carta deve in ogni caso assicurare agli assistiti ed a chi li
rappresenta il diritto a presentare reclamo, ad ottenere risposta scritta ed
all’eventuale riparazione del torto in tempi brevi ed in misura congrua. La
possibilità di formulare osservazioni e di effettuare
reclami – anche indirizzati direttamente alle Aziende sanitarie o agli Enti
gestori delle funzioni socio-assistenziali responsabili – è lo strumento che
consente di evitare che i diritti previsti dalla carta dei servizi della
struttura «si trasformino, nella realtà,
in una somma di “diritti di carta”» (12). L’osservazione ed
il reclamo servono infatti al miglioramento continuo dei servizi, sono il segno
dell’interesse per l’attività o il servizio offerto e rappresentano perciò una
componente insostituibile della tutela dei diritti dei cittadini.
Occorre pertanto che le osservazioni ed i reclami vengano trasmessi ai responsabili delle
strutture che provvedono ad effettuare le opportune verifiche. Il centro di
responsabilità deve essere impegnato a correggere l’errore segnalato,
all’eventuale variazione della procedura adottata al fine di non ripeterlo, a
fornire risposta scritta a chi ha inoltrato il reclamo
entro un termine di giorni stabilito. La struttura deve inoltre provvedere
all’archiviazione dei reclami per mantenere una cronistoria di tutto ciò che viene eccepito o segnalato ed a tale documentazione deve
poter accedere l’Amministrazione che contrae l’accordo contrattuale con il
gestore.
Per l’Azienda sanitaria e per l’Ente
socio-assistenziale la corretta gestione dei reclami e dei suggerimenti – così
come l’attento monitoraggio dei ricorsi e delle motivazioni che ne sono alla
base – rappresenta infatti un indicatore, sicuramente
importante, della indispensabile capacità di apprendere e di modificare gli
impianti operativi in funzione del miglioramento dei servizi da parte della
struttura. Capacità che dovrebbe caratterizzare, in modo peculiare, proprio i
soggetti che – attraverso il sistema dell’accreditamento – vengono
investiti delle funzioni di tutela delle persone più deboli e meno in grado di
rappresentarsi.
Considerazioni conclusive
Nelle pagine precedenti si è ampiamente sottolineata l’importanza del controllo che le istituzioni
pubbliche devono garantire nei confronti del soggetto privato chiamato a
gestire i servizi residenziali e di come l’accordo contrattuale rappresenti uno
strumento fondamentale per lo svolgimento di tale funzione. Ma
questo strumento da solo non basta. Perché potrebbe anche accadere che l’istituzione
pubblica contraente – dovendo contenere, per le annose questioni di bilancio,
le spese che sostiene per il pagamento delle rette
della struttura alla quale affida i propri assistiti – non abbia “interesse” a
definire un accordo contrattuale sufficientemente attento ad elevare la qualità
dei servizi da rendere.
Apparentemente è possibile ovviare a tale
“inconveniente” attraverso l’esercizio della funzione di vigilanza che, secondo
il dettato dell’articolo 26 della legge regionale del
Piemonte 1/2004, consiste «nel controllo
della rispondenza alla normativa vigente dei requisiti strutturali, gestionali
e organizzativi dei servizi e delle strutture socio-assistenziali,
socio-educative e socio-sanitarie pubbliche e private a ciclo residenziale e
semiresidenziale e, in particolare, nella verifica della qualità e
dell’appropriatezza dei servizi e
delle prestazioni erogate, al fine di promuovere la qualità della vita e il
benessere fisico e psichico delle persone che usufruiscono dei servizi o sono
ospitate nelle strutture». Una funzione – quella della vigilanza – che
viene però attribuita dalla legge regionale agli stessi soggetti pubblici
(Comuni che la esercitano obbligatoriamente in forma associata ove non siano
capoluoghi di provincia ed Aziende sanitarie) che
contraggono accordi con i gestori privati da vigilare. Ancora più significativa è la situazione delle strutture a gestione
pubblica, per le quali è prevista una ancor più perfetta coincidenza tra il
controllore ed il controllato.
È evidente che a tale paradosso occorre porre rimedio,
modificando la legge regionale al fine di prevedere – come richiesto nella
petizione popolare promossa dalle associazioni di
volontariato piemontesi e sottoscritta, ad oggi, da oltre 23mila
cittadini (13) – che sia la Provincia, in quanto soggetto istituzionale non
coinvolto nella gestione (diretta o indiretta) dei servizi, ad esercitare – in
posizione di opportuna terzietà – le attività tecnico-amministrative attraverso
le quali si concretizza l’esercizio della vigilanza sui presidi residenziali e
semiresidenziali.
* Direttore del Cisap,
Consorzio dei servizi alla persona dei Comuni di Collegno e Grugliasco
(Torino).
(1) Articolo 22, comma 1, legge
regionale del Piemonte 8 gennaio 2004, n. 1 “Norme per la realizzazione del
sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della
legislazione di riferimento”.
(2) Articolo 20, comma 4, legge
regionale del Piemonte n. 1/2004.
(3) Paolo Ferrario, “I servizi
socio-sanitari e le politiche amministrative dell’accreditamento”, sito
Internet del “Gruppo Solidarietà”, www.grusol.it.
(4) Decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267: “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti
locali”.
(5) Franco Dalla Mura, Pubblica Amministrazione e non profit,
Carocci Faber, Roma, 2003, p. 150.
(6) Il dettato dell’articolo
113 del decreto legislativo 267/2000 – prevedendo la concessione tra le varie
forme di gestione dei servizi pubblici locali – dà facoltà ai Comuni,
attraverso il rilascio della concessione,
di trasferire ad un soggetto privato non
la titolarità del servizio, che rimane comunque all’ente pubblico, ma il suo esercizio doveroso.
(7) Angelo Massari, Appalti e contratti, Maggioli Editore,
Bologna, p. 72.
(8) Franco dalla Mura, Pubblica Amministrazione e non profit,
Carocci Faber, Roma, 2003, p. 90.
(9) Deliberazione della Giunta
regionale del Piemonte 22 maggio 2006, n. 79/2953, “Legge regionale 8 gennaio
2004 n. 1, articolo 31 - Atto di indirizzo per regolamentare i rapporti tra gli
enti pubblici e il terzo settore: approvazione”. Si tratta del provvedimento
con il quale si dà attuazione al comma 2 dell’articolo
31 (modalità di affidamento dei servizi alla persona) della legge regionale 8
gennaio 2004, n. 1, “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato
di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento”.
L’atto di indirizzo regionale affronta il problema
della regolamentazione dei rapporti tra enti locali e terzo settore, con
riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona e alle modalità
per valorizzare l’apporto del volontariato nell’erogazione dei servizi.
(10) Deliberazione della Giunta
regionale del Piemonte 30 marzo 2005, n. 17-15226, “Il nuovo modello integrato
di assistenza residenziale socio-sanitaria a favore delle persone anziane non
autosufficienti. Modifiche e integrazioni alla Deliberazione della Giunta
regionale n. 51-11389 del 23 dicembre 2003 Decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri 29.11.2001, Allegato 1, punto 1.C. Applicazione dei Livelli essenziali di
assistenza all’area dell’integrazione socio-sanitaria”.
(11) «È ovvio che le condizioni di vita delle persone assistite dipendono in
larghissima misura dalle capacità (e anche dal numero) del personale addetto.
Le professionalità degli operatori (…) è dunque un elemento della massima
importanza. Ma la professionalità non si acquisisce una volta
per tutte: essa deve essere continuamente aggiornata. La scelta del
personale e la determinazione del numero minimo degli addetti sono condizioni
di fondamentale importanza per un’idonea qualità della vita dell’assistito. Per
raggiungere questo obiettivo è, altresì, necessario
evitare, per quanto possibile, che sia assunto personale con gravi disturbi
della personalità. Infatti, i soggetti con handicap intellettivo grave» – così
come gli anziani affetti da demenza –
«non sono in grado né di reagire alle
violenze subite, né di segnalarle. È pertanto necessario che tutti gli
operatori, prima di essere assunti per lo svolgimento di attività, siano
sottoposti, con tutte le garanzie di riservatezza del caso, ad
un esame approfondito della loro personalità». Cfr.
Vincenzo Bozza, Maria Grazia Breda, Giuseppe D’Angelo, Handicap: come garantire una reale integrazione, Utet Università,
Torino, 2007, p. 189.
(12) “Due forti discorsi del
Cardinale Martini”, Prospettive
assistenziali, n. 129, 2000.