Prospettive assistenziali
n. 166 aprile
giugno 2009
EMARGINANTE
LA NORMATIVA DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO concernente gli ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI
Alle
pagine 95 e 96 del volume edito da Carocci e curato da
Cristiano Gori Le riforme regionali per i
non autosufficienti - Gli interventi realizzati e i rapporti con lo Stato, Graziano
Giorgi ed Emanuele Ranci Ortigosa, dopo aver affermato che «nessuna Regione riesce a qualificare gli interventi previsti come
livelli essenziali di assistenza, che costituiscono un elemento essenziale di
qualità delle politiche sociali, affermando diritti esigibili e non solo
esigenze a soddisfacimento condizionato» (1), hanno sostenuto che la
Provincia autonoma di Bolzano si muove nella direzione dei Lea, Livelli
essenziali di assistenza, poiché avrebbe definito «il diritto all’assistenza del non autosufficiente» e stabilito «precise misure assistenziali, secondo il
diverso grado di non autosufficienza della persona».
Delimitazione emarginante degli utenti
La legge
della Provincia autonoma di Bolzano 12 ottobre 2007, n. 9 “Interventi per
l’assistenza alle persone non autosufficienti” stabilisce all’articolo 1 che «hanno diritto
alle prestazioni di cui alla presente legge i cittadini e le cittadine
italiani/e e dell’Unione europea (…) con residenza ininterrotta e dimora
stabile in Provincia di Bolzano da almeno cinque anni», mentre «in alternativa ai cinque anni di residenza
è riconosciuta la residenza storica di 15 anni, di cui almeno uno
immediatamente antecedente la richiesta di riconoscimento dello stato di non
autosufficienza». Ne deriva che, in
violazione della Costituzione (2), coloro che non sono in possesso dei requisiti di cui sopra
non hanno alcun diritto alle prestazioni previste dalla legge provinciale in
oggetto.
Non ci
sembra quindi che, come affermano Giorgi e Ranci Ortigosa, che la Provincia
autonoma di Bolzano si muova nella direzione dei Lea.
Violazione
delle norme
sulle
contribuzioni economiche
L’articolo
1 della legge 9/2007 della Provincia autonoma di
Bolzano stabilisce che «le disposizione
della presente legge non esonerano i familiari né gli altri soggetti dai doveri
di solidarietà nei confronti dell’assistito di cui all’articolo 7 della legge
provinciale 30 aprile 1991, n. 13 e successive modificazioni».
A sua
volta l’articolo 7 della succitata legge 13/1991, come
risulta modificato dall’articolo 3 della legge provinciale 16/1997, è così
redatto:
«1. L’accesso
alle prestazioni prescinde dalle condizioni economiche e sociali degli utenti. In relazione alle prestazioni di natura economica si
osservano i limiti di reddito fissati dalla vigente normativa.
«2. Con
regolamento di esecuzione anche delle leggi provinciali di settore, sono fissati criteri e modalità omogenei
per il concorso nel pagamento delle prestazioni da parte degli assistiti e
delle persone tenute al loro mantenimento od obbligate a prestare gli alimenti
secondo le norme del Codice civile. Il regolamento di esecuzione tiene conto:
a) dell’obbligo al mantenimento o a prestare
gli alimenti di cui alle disposizioni del Codice civile;
b) delle condizioni economiche dei soggetti
interessati;
c) della rilevanza sociale delle prestazioni.
«3. Deve
comunque essere garantita agli assistiti la conservazione di una quota delle
pensioni e dei redditi, tale da permettere loro di far fronte in modo adeguato
alle esigenze personali. Detta quota non dovrà essere inferiore al 50 per cento
della quota base di minimo vitale di cui alla legge
provinciale 26 ottobre 1973, n. 69».
Orbene,
come segnaliamo da molti anni, le Province
autonome di Bolzano e Trento, nonché le Regioni a
statuto ordinario e speciale non hanno alcuna competenza in merito alle
contribuzioni economiche, com’è chiaramente stabilito dall’articolo 23
della Costituzione che recita: «Nessuna
prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla
legge».
D’altra
parte è ovvio che le competenze assegnate alle Province autonome di Bolzano e
Trieste e alle Regioni a statuto ordinario e speciale in materia di assistenza
sociale e di sanità riguardano soltanto le persone assistite o curate
e non i loro congiunti o le altre persone conviventi o non conviventi che non
ricevono direttamente alcuna prestazione.
sono quindi palesemente illegittime le norme della Provincia autonoma
di Bolzano che impongono contributi economici ai soggetti indicati
nell’articolo 433 del Codice civile e cioè coniugi, figli, ascendenti, generi, nuore, suocero e suocera, fratelli e sorelle.
A conferma
dell’illegittimità delle succitate norme del comma 2
della legge provinciale 16/1997, si ricorda che la Corte costituzionale con la
sentenza n. 106, decisa il 7 giugno 2005 e depositata in Cancelleria il 18
dello stesso mese, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo
12 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 3 ottobre 2003 n. 15,
precisando che la materia trattata riguardava «un istituto del diritto civile» che rientra «nella nozione di ordinamento civile di cui all’articolo 117, secondo
comma, lettera e) della Costituzione», nozione di cui lo Stato ha «legislazione esclusiva».
Poiché
anche la disciplina relativa agli alimenti (articolo
433 e seguenti del Codice civile) rientra nella «nozione di ordinamento civile» ne consegue che le Province
autonome e le Regioni a statuto ordinario e speciale non hanno alcun potere
legislativo in merito alla richiesta di contributi economici nei riguardi dei
parenti degli assistiti; devono quindi attenersi alle disposizioni
dell’articolo 25 della legge 328/2000 e ai decreti legislativi 109/1998 e 130/2000
in base ai quali non può essere chiesto alcun contributo economico ai parenti,
compresi quelli conviventi, degli assistiti non autosufficienti di età
superiore ai 65 anni, nonché ai soggetti con handicap in situazione di gravità.
Segnaliamo
inoltre che le norme della legge in oggetto della Provincia autonoma di Bolzano
non tengono neanche conto delle disposizioni relative alla
riservatezza dei dati personali (3).
Sconcertante
definizione
della non
autosufficienza
L’articolo
2 della legge provinciale 9/2007 prevede quanto segue:
«Ai fini della presente legge si intende
per non autosufficiente una persona incapace in misura rilevante e permanente,
a causa di patologie o disabilità fisiche, psichiche o mentali, di svolgere le
attività della vita quotidiana negli ambiti costituiti da alimentazione, igiene
personale, funzioni escretorie, mobilità, vita psico-sociale e conduzione
dell’economia domestica, e che necessita pertanto dell’aiuto regolare di
un’altra persona, mediamente per più di due ore al giorno alla settimana; al
riguardo va tenuta presente la possibilità di migliorare l’autonomia personale
del richiedente mediante l’utilizzo di ausili tecnici». Detta definizione è sconcertante perché
mette sullo stesso piano i soggetti non autosufficienti a causa di patologie in
atto e coloro la cui limitazione dell’autonomia è causata da menomazioni e non
da malattie (4).
Al
riguardo si ricorda che, partendo dalle differenti esigenze degli individui
malati e di quelli colpiti da menomazioni, sotto la sigla Icidh-2, l’Organizzazione
mondiale della sanità (cfr. il volume edito nel 2000 da Erickson Classificazione internazionale del
funzionamento e della disabilità) ha precisato che «malattia e disabilità sono costrutti distinti che possono essere
considerati indipendentemente. Quello di malattia (per esempio, il morbillo,
che possiede un agente eziologico e una patogenesi specifica) è un costrutto;
quello di disabilità (per esempio, rush cutaneo, limitazione nelle attività
quotidiane o il fatto che alla persona è vietato
l’accesso a scuola per impedire il contagio) è un altro. I due costrutti –
precisa l’Oms – possono non essere legati
da una relazione biunivoca predicibile in quanto
ciascuno ha caratteristiche indipendenti».
Inoltre,
nello stesso volume viene affermato che «il concetto di menomazione è più ampio e
comprensivo rispetto a quello di disturbo o malattia; per esempio, la perdita
di una gamba è una menomazione della struttura corporea, non un disturbo o una
malattia». Ciò premesso, il nostro sconcerto deriva dalla
assoluta mancanza, nella
succitata definizione della persona non autosufficiente, di precisazioni circa le esigenze sanitarie, a nostro avviso
assolutamente prioritarie per i soggetti colpiti da patologie invalidanti. Ci
riferiamo alle diagnosi, alle cure, alla prevenzione degli aggravamenti, alla
riabilitazione, nonché agli interventi da garantire
nei frequenti casi di insorgenza di affezioni acute e di eventi di emergenza
sanitaria.
Per quanto
concerne dette prestazioni nella legge provinciale in oggetto è solamente
presente nell’articolo 10 il seguente richiamo: «il
servizio sanitario assicura la prestazioni preventive, curative e
riabilitative, nonché l’assistenza protesica e farmaceutica, tenuto conto dei
livelli essenziali di assistenza», senza alcuna altra precisazione.
Com’è
evidente si tratta di un riferimento assai generico, anche perché non sono
precisati i livelli essenziali di assistenza sanitaria riconosciuti come
diritti esigibili, in quanto è solamente indicato che
di detti livelli viene «tenuto conto».
La
sottovalutazione della priorità delle prestazioni sanitarie è confermata
dall’articolo 9 in base al quale «i servizi di assistenza domiciliare, di assistenza semiresidenziale e
i servizi residenziali sono gestiti ed erogati dagli enti gestori dei servizi
sociali (…) nonché dagli enti privati».
La mancata
considerazione dell’assoluta preminenza delle competenze sanitarie è
ulteriormente confermata dalla composizione delle unità preposte alla
valutazione dello stato di non autosufficienza. Infatti è «composta da
infermieri e da operatori socio-assistenziali od operatori specializzati dei
servizi sociali» che «nell’esercizio
delle proprie funzioni sono coadiuvate dal
medico di base competente».
Competenze
sanitarie attribuite
al settore socio-assistenziale
Com’è noto tutte le prestazioni sanitarie sono gratuite salvo
ticket, mentre quelle socio-assistenziali sono a pagamento sulla base delle
risorse economiche dell’assistito. Ne consegue che spesso coloro
che hanno risorse anche appena sufficienti per vivere sono esclusi da
ogni intervento socio-assistenziale. Occorre quindi valutare con estrema attenzione le conseguenze operative ed economiche della
delibera della Giunta provinciale di Bolzano 21 gennaio 2008, n. 145
“Determinazione delle attività della vita quotidiana rilevanti ai fini della
valutazione del fabbisogno di assistenza in stato di non autosufficienza, nonché determinazione dei criteri e delle modalità di
rilevamento”, in quanto sono considerate funzioni socio-assistenziali,
rientranti nella citata legge provinciale 9/2007, la somministrazione di
medicinali, l’igiene del corpo, la profilassi antipolmonite e trombosi, il
controllo dei parametri vitali, il cambio e smaltimento dei pannoloni a persone
con incontinenza urinaria e fecale comprese l’igiene intima collegata,
l’assistenza alla persona stomatizzata (uro- ecolostomia), la mobilizzazione,
nonché praticamente tutte le altre attività assicurate nelle residenze
sanitarie assistenziali ai malati cronici non autosufficienti.
Prestazioni
del fondo per l’assistenza
ai non autosufficienti
In base
all’articolo 8 della legge della Provincia autonoma di
Bolzano n. 9/2007 «le prestazioni del
fondo sono erogate all’interessato o al suo rappresentante legale sotto forma
di assegno di cura mensile» il cui ammontare «è determinato in base al livello di non autosufficienza, valutato
secondo i criteri stabiliti dalla Giunta provinciale, ed è differenziato nei
seguenti quattro livelli: a) 1° livello - euro 510; b) 2° livello - euro 900; c)
3° livello - euro 1.350; d) 4° livello - euro 1.800» (5).
Per quanto
concerne «l’assistenza nelle case di
riposo e nei centri di degenza, l’assegno mensile è integrato con un ulteriore importo fissato dalla Giunta provinciale in base
all’entità e alla qualità dei servizi di assistenza e di cura offerti ai sensi
dell’articolo 12, comma 1, lettera f» (6).
Dalle
succitate norme emerge in modo evidente che la Provincia autonoma di Bolzano non garantisce tutte le prestazioni
necessarie alle persone non autosufficienti, ma si limita – fatto estremamente preoccupante – a stabilire l’importo mensile
dell’assegno di cura che viene erogato al soggetto per le prestazioni
domiciliari e per quelle residenziali. Ne deriva che, non contenendo la legge
provinciale n. 9/2007 alcuna norma volta a garantire l’istituzione da parte di
un soggetto pubblico dei servizi (ad esempio la predisposizione dei posti letto
necessari per gli adulti e gli anziani colpiti da patologie invalidanti e da
non autosufficienza), al cittadino non è di fatto riconosciuto alcun diritto
esigibile: se il servizio c’è
e può accedervi bene (7), se non c’è la legge in oggetto non
riconosce al cittadino alcun strumento per ottenere la prestazione.
Dall’esame
della legge in oggetto non risulta la presenza di
disposizioni che consentano alle persone non autosufficienti e a coloro che li
rappresentano di intervenire per ottenere sia la tempestiva erogazione delle
prestazioni, sia il rispetto di accettabili requisiti di qualità degli
interventi: in ogni caso gli utenti devono sottostare alla disponibilità dei
servizi, nonché a disposizioni che non prevedono diritti esigibili.
Conclusioni
Dalle
considerazioni esposte riteniamo che la
legge della provincia autonoma di
Bolzano non sia idonea a rispondere alle esigenze delle persone non
autosufficienti.
Siamo
anche molto preoccupati per il riferimento continuo alla loro assistenza,
mentre a nostro avviso la priorità assoluta deve essere riconosciuta alle cure
dei soggetti la cui non autosufficienza è causata da patologie. A questo
riguardo è significativo che nel terzo comma
dell’articolo 8 riguardanti le prestazioni, venga fatto riferimento alla «assistenza nelle case di riposo».
Come
abbiamo segnalato nello scorso numero, continuiamo a ritenere valido il modello
della Regione Piemonte per quanto concerne non solo gli adulti e gli anziani
affetti da malattie invalidanti e da non autosufficienza, ma anche le persone
colpite da gravissimi handicap e conseguente limitata o nulla autonomia
personale, modello che giustamente si fonda sulle
cause della dipendenza e non interviene soltanto sui relativi effetti (8).
(1) Detta affermazione è stata
contestata nella rubrica “Specchio nero” dello scorso numero di questa rivista,
rilevando che, per la cura degli adulti e degli anziani non autosufficienti, la
Regione Piemonte ha assunto come riferimento proprio i livelli essenziali di
assistenza sanitaria, com’è dimostrato dai contenuti della delibera della
Giunta regionale n. 37/2005.
(2) L’articolo 3 della
Costituzione sancisce che «tutti i
cittadini hanno pari opportunità sociale e sono eguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali».
(3) Ancora una volta ricordiamo
che il Garante per la protezione dei dati personali ha confermato che nessuna
informazione può essere richiesta nei riguardi dei congiunti conviventi o non
conviventi degli ultrasessantacinquenni non autosufficienti e dei soggetti con
handicap in situazione di gravità.
(4) Da notare che le
menomazioni possono essere di natura intellettiva e comportare quindi, nei casi
di rilevante gravità, la totale incapacità dei soggetti a individuare le loro
esigenze fondamentali di vita; tuttavia possono anche essere seriamente invalidanti
senza compromettere la corretta comprensione delle proprie necessità e degli
interventi da effettuare da parte del personale di sostegno.
(5) Il 7° comma dell’articolo
10 della legge in oggetto stabilisce che «in
caso di ricovero nelle strutture residenziali del servizio sanitario l’assegno
continua ad essere corrisposto nella misura corrispondente al 1° livello. Alle
persone non autosufficienti inquadrate nel 2° livello o in un livello superiore
l’assegno può essere corrisposto per la
durata massima di 30 giorni».
(6) L’articolo 12 è così
redatto: «La Giunta provinciale, con
deliberazione da pubblicarsi nel Bollettino ufficiale della Regione, determina…
f) la definizione delle prestazioni di cura e assistenza rilevanti ai fini
della presente legge».
(7) Com’è ovvio, mentre le
prestazioni devono essere garantite da un soggetto pubblico, la loro erogazione
può essere disposta direttamente da detto soggetto oppure da un organismo
privato convenzionato.