Prospettive assistenziali
n. 166 aprile
giugno 2009
Notiziario dell’Associazione nazionale famiglie
adottive e affidatarie
LE
INIZIATIVE DELLA RAI SVILISCONO IL VALORE DELL’ADOZIONE
è stato necessario l’intervento di un avvocato per
bloccare la ripetuta violazione della privacy di Maria (nome di fantasia),
figlia adottiva adulta, importunata a più riprese da un giornalista della
trasmissione “Festa italiana”(Rai 1, pomeriggio) che voleva convincerla a
partecipare a questa trasmissione per incontrare la sua “vera madre”. Nella
diffida inviata dall’avvocato ai dirigenti della Rai e della stessa trasmissione sono riassunti i fatti: ne riportiamo un ampio
stralcio, segnalando che alcune modifiche sono state apportate per rispettare
la riservatezza dovuta alla signora Maria.
«Il giorno ..., al
mattino, un signore, qualificatosi come giornalista Rai, chiamando al numero di
telefono di casa della signora Maria (intestato peraltro al marito), le
annunciava, senza alcuna prudenza o rispetto per la sua sconosciuta
interlocutrice, che alcune persone la stavano cercando: si sarebbe trattato di
una signora e del di lei figlio, che affermerebbero di avere una parente, nella
fattispecie loro figlia e sorella, che “mancava all’appello”.
«La mia
cliente a fronte di tale inaspettata quanto inopportuna rivelazione domandava
scocciatissima se si trattasse di uno scherzo di pessimo gusto.
«Il
giornalista resosi probabilmente conto dello sconcerto provocato e non pago del
danno creato, dichiarava alla mia cliente che la “madre” naturale ed il “fratello” la stavano cercando affermando che “avrebbe dovuto esserne contenta”. Di fronte alla reazione comprensibilmente attonita della mia cliente
che chiedeva comunque maggiori informazioni soprattutto su come fosse stata
rintracciata il giornalista, affermando di “non avere la scheda davanti”, proponeva di richiamarla nel pomeriggio.
La mia cliente annotava quindi il numero telefonico dicendo che semmai avrebbe
richiamato lei. Ciò nonostante nel pomeriggio dello
stesso giorno, e sempre al numero di casa, la stessa veniva richiamata altre
due volte dal giornalista che voleva sapere se fosse serena e stesse bene (!) e
raccomandarle di seguire la trasmissione il giorno seguente ove sarebbe stato
trattato “un caso simile”.
«Nel corso di
queste tre telefonate il giornalista proponeva alla mia cliente dapprima di
recarsi a Roma il giorno successivo ad un incontro con
la redazione per ascoltare l’appello registrato in video della signora X per
poi, il giorno successivo, incontrare la stessa ed il di lei figlio e quindi,
nel pomeriggio medesimo, registrare la puntata, che sarebbe stata mandata in
onda. La mia cliente veniva richiamata alle ore 19
dello stesso giorno: in questa quarta telefonata le veniva letta la sua
“scheda” contenente, a dire del conduttore, la sua vera storia – ovviamente
narrata dalla sua supposta madre naturale – con le ragioni e le circostanze del
suo abbandono.
«In sostanza
la signora in questione avrebbe riferito che, a causa di sue temporanee
difficoltà, la bambina sarebbe stata in un primo tempo collocata in un istituto
di una città del Nord Italia e poi le sarebbe stata
portata via, con l’inganno, da una famiglia benestante che si era offerta di
mantenerla. Al termine della lettura della scheda la mia cliente, comprensibilmente
confusa, faceva presente di avere necessità di tempo per pensare circa quanto riferitole e
consultarsi con i familiari e chiedeva al suo interlocutore di lasciarle semmai
il numero di cellulare ma di non richiamarla più. Ciò nonostante il giorno
successivo la mia cliente veniva nuovamente contattata
dal sedicente giornalista che si informava se avesse visto la trasmissione del
giorno precedente come da lui suggerito. A quel punto la mia cliente chiedeva
di non essere più disturbata.
«Dalla narrativa
di cui sopra emergono fatti costituenti reato e gravi violazioni della privacy.
A norma dell’articolo art. 36 della legge 149/2001 che ha riprodotto l’articolo
73 della legge 184 del 1983 infatti “chiunque essendone a conoscenza in ragione del proprio
ufficio fornisce qualsiasi notizia atta a rintracciare un minore nei cui
confronti sia stata pronunciata adozione o rivela in qualsiasi modo notizie
circa lo stato di figlio legittimo per adozione è punito con la reclusione fino
a sei mesi o con la multa da lire 200.000 a lire 2.000.000”.
«La mia
cliente in tale senso procederà a dare notizia
all’autorità giudiziaria penale di quanto sopra, al fine dell’accertamento
delle responsabilità penali connesse alla violazione ed al concorso nella
violazione dell’articolo 36 di cui sopra, dando contestualmente avviso al
Garante della privacy relativamente alla violazione delle norme poste a tutela
della mia cliente. Tutto ciò premesso, Vi invito e
diffido a cessare immediatamente la condotta lesiva, e dunque a contattare la
mia cliente nuovamente nonché a comunicare alla famiglia X ed a chiunque le
nuove generalità della mia assistita, il suo indirizzo telefonico, ecc. con riserva di chiedere il risarcimento dei danni esistenziali
derivati e derivandi dalla Vostra assai inopportuna
iniziativa».
Dopo l’invio della diffida la
signora Maria non è più stata
importunata.
Ci chiediamo però quante altre persone prese alla sprovvista e
intimoriti da un forte pressing telefonico e
mediatico si sono lasciate o si lasceranno convincere, senza pensarci
troppo, sottovalutando le conseguenze di questi “rintracci” sulla loro vita
futura. Di questo i redattori sembrano proprio non preoccuparsi, l’importante è
mandare in onda le interviste .
Alla redazione di “Festa italiana” aveva scritto nel gennaio scorso anche il sociologo
Domenico Pagliara richiamandola a
valutare attentamente le conseguenze giuridiche e morali degli appelli lanciati nel corso della trasmissione
da parte di donne che cercavano di
rintracciare i loro nati, che erano stati adottati decenni prima, anche
perché «la ripresa dei rapporti fra adottati e procreatori hanno avuto il più
delle volte conseguenze negative e spesso devastanti». Si augurava inoltre
che «nel trattare un argomento così
delicato prevalgano le ragioni del buon senso e anche il senso di
responsabilità tenuto conto che i giornalisti devono anche rispondere al
“Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio
dell’attività giornalistica” come previsto dall’art. 2
della legge 675 del 31 dicembre 1996 che garantisce che il trattamento dei dati
personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali nonché della dignità delle persone fisiche con particolare
riferimento alla riservatezza e all’identità personale».
La redazione della trasmissione non ha risposto a
questa lettera, ma ha continuato purtroppo a mandare in onda queste interviste.
Su questi temi va ancora segnalata
la deleteria campagna portata avanti in diverse puntate dalla
trasmissione “Ricomincio da qui” con obiettivi analoghi a quelli di
“Festa italiana”, entrambe impegnate, in nome della presunta indissolubilità
del legame di sangue, a presentare ai telespettatori i procreatori dei minori
dichiarati adottabili quali “veri” genitori, e come loro “surrogati”
invece quelli che sono diventati genitori attraverso l’affetto e l’amore con
cui hanno allevato i figli che hanno adottato.
Vengono poi
ospitati in questa trasmissione anche
figli adottivi che ricercano le donne che li hanno partoriti e che,
avvalendosi del diritto alla segretezza del parto, hanno deciso alla loro
nascita di non riconoscerli ; viene sovente anche invitata in studio
la presidente dell’associazione Faegn (Figli adottivi
e genitori naturali) che sostiene queste richieste.
è necessario al riguardo ricordare che ai sensi
dell’articolo 93 del decreto legislativo 30 giugno
2003 n. 196 “Codice in materia di protezione dei dati personali” il certificato
di assistenza al parto e la cartella clinica in cui sono contenuti dati
personali che rendono identificabile la donna che non ha riconosciuto il
proprio nato possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi ha interesse
decorsi cento anni dalla formazione del documento.
Alla Tv di Stato chiediamo non solo di rispettare
la normativa vigente in materia di adozione, ma anche di attivarsi per
prevenire gli abbandoni e gli infanticidi, promuovendo campagne informative e
servizi giornalistici che informino sul diritto alla segretezza del parto e
valorizzino l’adozione .
Nonostante le leggi 431/1967 e 184/1983 abbiano dato
un salutare scossone alla ormai obsoleta cultura incentrata sulla filiazione
quale atto preminentemente biologico, moltissimo resta ancora da fare per
ottenere il riconoscimento che l’adozione di un bambino è equiparabile
all’innesto di un pesco su un susino o su un mandorlo. I frutti, belli o
brutti, buoni o cattivi, sono sempre e solo pesche, allo stesso modo di quel
che avviene quando le radici sono di pesco. Non si tratta di una concezione
nuova. Già Fedro e S. Giovanni Crisostomo, ad esempio, mettevano
in evidenza secoli fa l’apporto determinante della relazione
affettiva-formativa fra genitori (biologici o adottivi) ed i propri figli.