Interrogativi
PERCHÉ
REMO RIZA NON SI ESPRIME SULLA POVERTÀ IMPOSTA DAL GOVERNO,
DAL
PARLAMENTO E DALLE REGIONI?
Nell’articolo “Privatizzare la povertà è impoverente.
Priorità per un piano nazionale di contrasto alla povertà”, apparso sul numero
5, maggio 2009, di Animazione sociale, Remo
Riza, già direttore generale delle politiche sociali della Regione Sardegna e
docente di politica sociale presso l’Università di Cagliari, dopo aver
giustamente premesso che «i programmi di
lotta alla povertà hanno avuto spesso dei risultati deludenti, non hanno inciso
efficacemente sulla sua riproduzione» precisa che «in Italia esistono interventi specifici, quali la pensione o l’assegno
sociale per le persone ultrasessantacinquenni prive di reddito o l’assegno ai
nuclei familiari a basso reddito con almeno tre figli minori, ma è assente una
misura generalizzata di aiuto economico estesa a tutta la popolazione in
condizione di povertà».
Mentre l’Autore si sofferma sulle complesse questioni
dei lavoratori più poveri e pone correttamente l’attenzione sulla necessità di
politiche sociali attive volte alla promozione dell’autonomia delle persone e
dei nuclei familiari in difficoltà, ignora completamente la assai più
drammatica situazione delle persone con handicap invalidanti impossibilitate, a
causa della gravità delle loro condizioni psico-fisiche, a procacciarsi il
necessario per vivere con il lavoro.
Come ripetiamo da anni è un affronto alla dignità di
queste persone che dai 18 ai 59 anni ricevono la pensione di invalidità di 255
euro al mese, nonché, per i soggetti che necessitano di essere assistiti 24 ore
su 24, la corresponsione dell’assegno di accompagnamento di 472 euro al mese,
il cui importo, in base alla legge 18/1980, dovrebbe compensare le maggiori
spese sostenute a causa delle limitazioni dell’autonomia personale.
Per queste persone è giusto affermare, come sostiene
Remo Riza, che «la povertà assume ora
dimensioni e tempi molto differenti anche rispetto a un passato recente»?
Non si tratta, invece, di una situazione
sostanzialmente uguale da decenni e decenni?
Se le persone con handicap invalidanti non sono in
grado di procurarsi con il lavoro il necessario per vivere, non è colpa grave
dei Governi e dei Parlamentari, passati e presenti, non garantire li-velli pensionistici
sufficienti per un’esistenza accettabile?
Inoltre, non è un dovere di tutti i cittadini, ma
soprattutto degli esperti, la denuncia delle povertà imposte dalle istituzioni?
Nell’articolo in oggetto Remo Riza accenna anche alle «misure di sostegno ai compiti di cura».
Perché nulla dice in merito alle dimissioni coatte da
ospedali e da case di cura private degli anziani colpiti da malattie croniche
in modo così grave da determinare anche condizioni di totale non
autosufficienza?
Non si tratta di povertà imposta dalle Regioni e dalle
Asl in violazione alle leggi vigenti?
Come abbiamo documentato in questa rivista con gli
articoli di Mauro Perino (1), la povertà ha numerosi risvolti e quindi sono
anche complesse le risposte. Tuttavia sono invece molto semplici e risolutivi
gli interventi idonei a debellare la povertà delle persone colpite da gravi
handicap invalidanti e dei congiunti degli anziani cronici non autosufficienti.
Certamente occorrono finanziamenti adeguati, ma gli
importi sono reperibili purché Governo, Parlamentari, Regioni e Comuni,
debitamente informati dagli esperti, assumano – come dovrebbero – questo
impegno come assolutamente prioritario.
LA CONVENZIONE DELLE NAZIONI
UNITE
SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON
HANDICAP CONTIENE NORME VALIDE ANCHE PER I
SOGGETTI COLPITI SUL PIANO
INTELLETTIVO?
1. Nell’articolo “I diritti umani delle persone con
disabilità”, apparso sul n. 5 di Nuova
proposta, Andrea Cofelice, del Centro di ricerca diritti umani
dell’Università di Padova, afferma che «la
Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea
generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006 ed entrata in vigore il 3
maggio 2008» ha lo scopo «di
promuovere, proteggere e assicurare le libertà fondamentali e il pieno ed uguale
godimento di tutti i diritti umani da parte dei disabili, nonché promuovere il
rispetto per la loro inerente dignità».
In primo luogo gradiremmo sapere da Andrea Cofelice
perché utilizza il termine “disabile”,
che esprime un concetto nettamente negativo sulle capacità delle persone.
Infatti disabile significa non abile. Non contrasta con la dignità delle
persone definirle con questa terminologia?
Nell’articolo in oggetto l’Autore richiama l’articolo
1 della Convenzione delle Nazioni Unite il cui testo comprende fra le persone
con handicap «quanti hanno minorazioni
fisiche, mentali, intellettive o sensoriali».
Visto che, com’è evidente, i soggetti con handicap
intellettivo grave e gravissimo hanno limitazioni di notevole intensità (a
volte – purtroppo – anche quasi totale) delle loro capacità, che senso hanno le
norme della Convenzione in cui si sostiene il diritto alla «autonomia personale», alla «libertà
di compiere le proprie scelte» e alla «indipendenza
delle persone»?
Per poter vivere gli individui seriamente colpiti sul
piano cognitivo non necessitano di essere continuamente assistiti e
sorvegliati?
Siamo intervenuti con due documentati articoli di
Mauro Perino (2) e con richieste verbali e scritte rivolte ad organizzazioni
che operano nel settore dell’handicap perché la Convenzione venisse approvata
formulando gli emendamenti necessari per il rispetto delle esigenze delle
persone con handicap intellettivo.
Il rifiuto di considerare le condizioni specifiche di
questi soggetti non è un atto di discriminazione, tanto più grave in quanto
appoggiato o non contestato dalle organizzazioni dirette e composte da persone
colpite da handicap fisici?
Preso atto che, insieme all’autorizzazione alla
ratifica della Convenzione, il Parlamento italiano ha disposto l’istituzione
dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, il
Centro di ricerca sui diritti umani dell’Università di Padova si impegna a
sostenere la predisposizione di iniziative volte anche all’effettiva tutela dei
soggetti con handicap intellettivo grave e gravissimo e, quindi, con limitata o
nulla autonomia?
2. Giampiero Griffo, componente dell’Esecutivo mondiale
del Dpi (Disabled Peoples International), nell’articolo “Se le persone con
disabilità vengono incluse nella società” (www.superando.it) sostiene che la
Convenzione delle Nazioni Unite riconosce il diritto di tutte le persone con
handicap di vivere nella società «con la
stessa libertà di scelta delle altre», nonché il diritto di entrare «nella comunità con pieni poteri».
Dunque, anche Giampiero Griffo non tiene conto della
situazione di limitatissima o nulla autonomia dei soggetti colpiti da handicap
intellettivo grave e gravissimo.
PER QUALI MOTIVI LA FONDAZIONE
“L’ALBERO DELLA VITA” NON RISPONDE?
Sul n. 165 di questa rivista avevamo segnalato che la
Fondazione “L’albero della vita” Onlus, con sede a Basiglio (Milano), in
occasione delle festività natalizie del 2008, aveva inviato numerose lettere in
cui era contenuto il seguente invito: «A
Natale apra il suo cuore ai bambini che soffrono. Sono soli, abbandonati, non
amati. A volte lasciati al freddo, senza cibo, maltrattati. Ora hanno bisogno
anche di lei».
Venivano quindi presentate alcune situazioni molto
allarmanti: vi erano «15.000 minori senza
una famiglia vera», fra i quali «neonati
che necessitano giorno e notte dell’assistenza del personale specializzato».
Era altresì segnalato il caso di Sara, una bambina di
cinque anni che «una famiglia vera non
l’ha mai conosciuta» e che prima di essere assistita dalla Fondazione
“L’albero della vita” era «denutrita e
con un visino magro e pieno di terrore». La sua situazione era così grave
che «non aveva nemmeno il coraggio di
muoversi e di parlare».
Finora sono rimasti, purtroppo, senza alcuna risposta
i pressanti interrogativi da noi posti nell’articolo “Sono corrette le
richieste di denaro avanzate dalla Fondazione “L’albero della vita”?
Il suddetto ente, nelle brevissime lettere inviateci
il 2 aprile e il 15 maggio 2009, ha soltanto proposto un incontro a Basiglio,
mentre non è stata accolta la nostra richiesta di tenerlo a Torino per
verificare l’operato degli enti tenuti ad assistere e individuare le iniziative
da assumere per l’effettiva tutela dei minori e dei nuclei familiari in gravi
difficoltà.
(1) Su Prospettive assistenziali sono stati pubblicati i seguenti articoli
di Mauro Perino: “Considerazioni sulla disuguaglianza economica e sulla povertà
in Italia”, n. 162, 2008; “La dignità dei poveri e i loro diritti”, n. 163, 2008; “Cause, effetti
e responsabilità delle diverse povertà”, n. 165, 2009.